Una rivoluzione che si possa definire tale deve portare con se e dentro di se l’idea di un’interruzione violenta con l’assetto vigente, di una rottura traumatica e di un rovesciamento incontrovertibile di un dato ordine delle cose.
E rimanendo così sul vago ci sono buoni motivi di pensare che parlare di “rivoluzione Milan“, in seno a un calciomercato come non se ne vedeva da certe annate avvertite ormai come lontanissime (anche più lontane di quanto lo scorrere effettivo e matematico del tempo non riveli), non sia così esagerato.
Prendendo come criterio quanto scritto nel primo paragrafo, quella del Milan è per molti aspetti definibile come una vera rivoluzione: un movimento di intenti e di denari alimentato sia dall’alto (nuova società) che dal basso (tifosi) volto a chiudere definitivamente una parentesi sgradita della propria storia attraverso una scossa al roster, alla rosa – il vero oggetto rivoluzionario – che certo non può essere interpretata come una “piccola riforma”.
LA LUCE NEL BUIO
Di fatti, l’entusiasmo rossonero scaturito da queste vicende sovversive di acquisti, rinnovi e cessioni ricorda certe indimenticabili pagine di storia di fine ‘700, ma è proprio essa (la Storia, quella vera) che ci ricorda che la rivoluzione è un atto estremo, e porta con se conseguenze estremamente imprevedibili.
Una di queste riguarda Jesús Joaquín Fernández Sáez de la Torre, in arte Suso.
L’attaccante spagnolo classe ’93 è stata forse la nota più dolce della stonata stagione milanista, vissuta tra alti e bassi di classifica e di emozioni, in continuo pendolare tra la sorpresa di veder funzionare – a tratti – una squadra tecnicamente limitata e la disillusione nostalgica e deprimente in continuo flusso dai fantasmi dei tempi d’oro che furono.
In questo scompiglio emotivo e societario Suso si è ritagliato la sua approvazione a giudizio unanime, convincendo per tecnica, estro e disciplinamento tattico.
Si è inserito ai piani alti passando dalla porta di servizio genovese (sponda rossoblu), ma terminata la scalata sociale ha occupato senza contese l’importante poltrona di esterno destro di attacco del Milan, incantando per la facilità del suo tocco e per i lampi di genialità celati (ma neanche tanto) nelle sue giocate.
MANCATO RICONOSCIMENTO
Eppure adesso si ritrova messo in discussione per quelle che saranno le gerarchie del prossimo anno in quanto coinvolto, inevitabilmente, dalla rivoluzione che tutto disfa e tutto ricrea.
Non che Fassone e soci abbiano mai pensato che parte delle preoccupazioni del Milan dovesse essere come rimpiazzare Suso, perché Suso non va e non deve essere rimpiazzato, ma è innegabile che alcuni dei tanti nuovi acquisti rendano la poltrona prima citata più voluta, più contesa, più bramata.
Inoltre, anche qualora questa restasse solida nelle mani dell’ex Liverpool, è indubbio che il ruolo di fantasista e regista vero e proprio del prossimo Milan, che lui sperava legittimamente di possedere dopo una grande e solitaria stagione, abbia ancora più aspiranti, difensori col 19 compresi.
A proposito di numeri 19 e grandi colpi: si dice che il grande acquisto in attacco ancora debba arrivare.
Magari no, ma i nomi fatti sono pesanti: Morata (prima che firmasse col Chelsea), Aubameyang, Belotti.
Prime punte dalla personalità forte che si imporrebbero come faro della formazione tipo immaginata da Montella – tutta da verificare in quanto a modulo ed elementi chiave – in cui Suso potrebbe quindi rischiare di trovarsi più soffocato, limitato, che libero di inventare, vedere e provvedere.
POSSIBILE ALTERNATIVA
Ecco allora che prima ancora dei problemi arrivano le voci: alcune vedrebbero il talento in direzione Roma, a sostituire Salah e a farsi consegnare poteri illimitati da Di Francesco.
Un’opzione obbiettivamente affascinante per il genietto n°8, che gli consentirebbe di giocare la Champions League e di giocarsi il campionato, con la Juve sempre in testa e dietro, forse non così tanto indietro come prima, tutte le altre.
D’altronde anche la Serie A sta ponendo basi per una rivoluzione, tra innovazione tecnologica (VAR), niente soste natalizie e un posto in più in Europa.
Le squadre allora si muovono, si modificano, si guardano, interagiscono.
Il Milan è il sole di questo moto rivoluzionario e ogni sua mossa crea nuovi spazi e ne satura altri.
L’interrogativo sta nel vedere se, tra questi, lo spazio per Suso e per le sue giocate rimarrà invariato o se, come in ogni movimento estremo, verrà risucchiato dall’orbita rivoluzionaria del Milan che va creandosi, allorché potrebbe esser costretto a cercare un nuovo assetto, un nuovo ordine delle cose.
Più semplicemente, una nuova maglia.