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Football is coming home

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5 anni fa:
Manchester United, Manchester City, Tottenham e Liverpool. Queste le quattro società che hanno guadagnato il diritto di poter disputare i quarti di Champions League. Su otto società totali, si può quindi facilmente riscontrare che ben quattro provengano dall’Inghilterra. Inghilterra Paese che negli ultimi anni non ha di certo effettuato quel salto di qualità tanto atteso e sperato. Indubbio che squadre come Liverpool e Manchester City lo scorso anno abbiano effettuato un torneo molto più che discreto, oppure che il Chelsea nel 2012 avesse ben figurato tanto da vincere la manifestazione. Tuttavia, relazionando lo spessore tecnico delle varie squadre ed i risultati raggiunti si potrà facilmente notare come qualcosa non quadri. Era dal 2009 che quattro compagini britanniche non approdavano ai quarti di finale. Una distanza temporale di certo giustificata da varie motivazioni.
COMPETITIVITÀ DEL CAMPIONATO
Da sempre la Premier League si è ritrovata ad essere il campionato più avvincente d’Europa. Partecipandovi la maggior parte dei campioni individuali del gioco, lo spettacolo del campionato mai ha perso di valore ed anzi spesso si è ritrovato ad essere il principale obiettivo di un club. Disputando ogni weekend partite ad alto tasso nervoso, dove un minimo errore non è tollerabile, si bruciano parecchie energie fisiche e mentali. Conquistare la Premier League non porta solamente un grande introito economico alle varie squadre, bensì un ritorno di immagine difficilmente riscontrabile in altre competizioni. Chiaro che, avendo poi tanti match di cartello magari prima di una sfida europea, la Champions possa andare leggermente in sordina. I calciatori non arrivano fisicamente e mentalmente pronti allo scontro e quindi non riescono a dare il meglio di sé in ogni singolo match.
Da almeno due stagioni a questa parte, il campionato invece è trofeo dedicato a poche compagini. Poche le squadre che riescono ad avere un rendimento continuo nell’arco di tutta una stagione. Due stagioni fa furono Chelsea e Tottenham a darsi battaglia per l’ottenimento dello scudetto, lo scorso anno il Manchester City non ebbe rivali che si interposero sulla propria strada. Quest’anno invece Liverpool e Manchester City sono le due squadre meglio attrezzate e più accreditate per la vittoria del campionato. Abbassando le pretendenti alla vittoria, inevitabilmente qualche squadra cercherà di porre il proprio focus su altre manifestazioni. È il caso di Manchester United e Tottenham, che nulla hanno da chiedere al campionato, se non un piazzamento valevole per la qualificazione alla Champions del prossimo anno. Le forze di entrambe le squadre possono facilmente concernere con la massima competizione europea.
CALENDARIO ECCESSIVAMENTE FITTO
Premier League, FA Cup e Coppa di Lega. Questi i tre impegni stagionali di ogni club inglese. Seppure ben spalmati nell’arco di tutto l’anno, affrontare tre competizioni a livello mentale è assai provante. Chiaramente poi le squadre ai vertici tecnici e storici d’Inghilterra, tenderanno sempre a puntare alla vittoria su tutti i fronti. La Champions, per chiunque, rappresenta sicuramente un dolce obiettivo e probabilmente la competizione alla quale si attribuisce maggiore importanza, ma un calo di forza verso febbraio/marzo è inevitabile. Preparare tutta questa serie di incontri non è semplice da sostenere per una squadra. Bisogna prima di tutto avere un gruppo di forte personalità, che possa uscire indenne anche da eventuali fallimenti che nel corso di una stagione possono incorrere.
Assai importante è inoltre avere una rosa profondamente lunga. Avere per ogni ruolo due profili di marginale distanza tecnica a fine anno può rivelarsi fondamentale. Grazie alla presenza di ventidue, ventitré calciatori assai validi, il mister può permettersi un’ampia rotazione nell’undici titolare in modo da dare dei continui stimoli a tutta la rosa. L’esempio emblematico di tutto ciò è il Manchester City. Seppur giochi quasi sempre con le stesse individualità nei match di una certa rilevanza, nel corso della stagione Guardiola può variare di molto le carte in tavola. Non è un caso se già da due anni vince la Coppa di Lega e si ritrova ad essere estremamente competitivo in campionato.
TRASFERIMENTI OCULATI
Negli anni scorsi spesso il calciomercato della Premier League si è ritrovato ad esser un calciomercato fine a se stesso: grosse cifre investite senza un reale riscontro sul campo. Tanto fumo negli occhi degli spettatori della Premier ma di concreto ben poco. Emblematici i casi di Angel Di Maria al Manchester United, Eliaquim Mangala al Manchester City, Joël Matip al Liverpool e Luke Shaw sempre al Manchester United. Tutti trasferimenti in sé non eccessivamente sconsiderati ma che comportavano periodicamente una pesante sopravvalutazione del giocatore.
Da qualche anno a questa parte invece i trasferimenti, pur continuando ad essere leggermente sconsiderati economicamente, ritrovano un forte riscontro nel calcio giocato. Ciò di certo è avvenuto grazie anche all’arrivo in Premier di allenatori assai competenti quali Conte, Guardiola, Klopp. Personalità che conoscono bene il materiale umano di cui hanno bisogno e non faticano ad identificarlo altrove. I casi principali sono di certo Virgil Van Dijk, acquistato dal Liverpool per poco più di 75 milioni, ma che ha completamente rivoluzionato il rendimento difensivo della propria squadra. Lo stesso si può dire di Salah, Bernardo Silva, Leroy Sané, Paul Pogba e via discorrendo.
COMPLETAMENTO DI UN PERCORSO
Tre delle quattro squadre inglesi qualificate ai quarti possiedono il medesimo allenatore da almeno tre anni. (Pochettino è l’allenatore del Tottenham addirittura dal 2014). Ciò implica che il lavoro sui singoli dettami tattici di ogni allenatore nei confronti della rispettiva squadra è stato assai forte e duraturo. Non si giunge ad esprimere un bel calcio dal nulla. Alla base c’è una forte programmazione sia societaria che manageriale. Pochettino, Klopp, Guardiola sono tutti tecnici che oltre alla funzionalità del proprio gioco, tendono ad attribuire ai propri ragazzi un calcio esteticamente bello. Quando si lavora a fondo su ogni singolo movimento da attuare, la squadra inizia ad avere dei forti automatismi che inevitabilmente sfociano nelle vittorie.
Per Solskjær il discorso da effettuare è leggermente differente. Il tecnico norvegese si è ritrovato alla conduzione di una grande squadra in maniera piuttosto casuale ma subito è riuscito a dimostrare una profonda conoscenza professionale, tramutatasi in risultati immediati. La squadra conserva comunque alcune testimonianze della modellazione attuata da Mourinho nel corso del suo operato. Ciò di certo è inevitabile, data anche la forte influenza tattica ed emotiva che l’allenatore portoghese possiede all’interno della società di appartenenza.
Nessuno può dire sin dove si spingeranno le inglesi in questa stagione ma di certo il calcio europeo torna ad avere delle nuove (o forse vecchie) protagoniste.
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Si ferma Vlahovic: costretto al cambio in Juventus-Napoli

Pubblicato
12 ore fa:
Dicembre 8, 2023
Problemi per Dusan Vlahovic durante Juventus-Napoli, il serbo è stato sostituito al 70° minuto al suo posto Milik. Secondo quanto riportato da DAZN, potrebbe essere un falso allarme e solamente questione di crampi o indurimento del muscolo.
La Juventus è in vantaggio 1-0 grazie al gol di testa di Gatti, il terzo in stagione.
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Ancora problemi per Baldanzi: potrebbe saltare anche Empoli-Lecce

Pubblicato
13 ore fa:
Dicembre 8, 2023
BALDANZI – Lunedì alle 18.30 ci sarà il calcio di inizio di Empoli-Lecce. Partita delicata in chiave salvezza, con due squadre che si trovano attualmente fuori dalle zone più calde ma a ridosso di quest’ultime. L’Empoli in primis, in quanto è solo a +1 rispetto il terzultimo posto con i suoi 11 punti. Lecce che invece respira di più con il suo 13esimo posto a 16 punti. I toscani quest’anno stanno giocando senza il totale contributo del suo talento più brillante. Stiamo parlando di Tommaso Baldanzi, che finora ha saltato 4 partite nelle prime 14 e spesso si è dovuto accontentare della panchina. Sempre la caviglia a dare fastidio al trequartista italiano, sia nel primo stop, sia in quello attuale.
L’EMPOLI SENZA BALDANZI – LA SITUAZIONE
Tra ottobre e novembre rimase fermo per una settimana, ora siamo già a un mese ai box. La distorsione subita a inizio dicembre potrebbe costargli anche la prossima sfida del Castellani. Secondo Tuttomercatoweb il numero 33 sta andando incontro alla possibilità di non indossare una casacca da titolare, ma non solo. Per lui potrebbe esserci la non convocazione e quindi la non disponibilità per la quindicesima giornata. Questa sarebbe un’altra brutta notizia che incrementerebbe le note negative dell’inizio di stagione del giocatore dell’Under 21 dell’Italia.
ESCLUSIVE
ESCLUSIVA – L’ex Milan e Inter Sapienza si racconta: “Ecco com’è nata la passione per la comunicazione”

Pubblicato
16 ore fa:
Dicembre 8, 2023Di
Elio Granito
Un viaggio emozionante, un momento di trasporto totale: sono queste le sensazioni che ci lasciano le parole, mai banali, rilasciate ai microfoni della nostra redazione da un colosso della comunicazione calcistica italiana, Giuseppe Sapienza.
“Nasce tutto per amore, il sentimento che muove tutto. L’amore per il gioco del calcio e la passione per Diego Armando Maradona, il più grande Numero Diez, nato, come me, il 30 ottobre”.
Per raccontare questo amore, Sapienza sceglie la strada del giornalismo, partendo dai campi di periferia fino a raggiungere Milano.
È il 3 giugno del 1996 quando inizia uno stage di tre mesi all’Inter. I mesi diventeranno anni – sette per l’esattezza – e si riveleranno lunghi e formativi. Col passare del tempo, diventerà capo ufficio stampa dei nerazzurri e fonderà, insieme alla moglie del presidente Moratti e due ingegneri del Politecnico di Milano, il sito www.inter.it.
Quello stagista ha avuto “la fortuna, la grazia e le coincidenze” che gli hanno permesso di restare nel mondo del calcio e osservare tutti i cambiamenti degli ultimi 30 anni.
L’INTERVISTA ESCLUSIVA
Comunicazione: cosa è cambiato? Quanto è diventata importante all’interno del calcio?
“Bisogna fare una prima distinzione tra Paesi di classe A e di classe B.
- Classe A (USA, UK, Francia, Spagna, Germania, ecc.): considerano la comunicazione come primo asset, strategico e fondamentale, extra-sportivo;
- Classe B (Italia): ritengono la comunicazione importante quando la si fa, molto meno quando la si subisce. Non si investe né sui mezzi di contrasto per evitare di subire una pessima comunicazione, né sulle iniziative propositive.
Ai nostri dirigenti piace comunicare ad personam, delegare pochissimo e affidarsi ancor meno a strutture aziendali che siano in grado di gestire le situazioni di crisi. Responsabilizzare le persone “sotto di noi è sempre stato uno degli impegni più importanti da prendere col club. Vedo figure alto-dirigenziali che accentrano sempre di più su di sé i poteri senza la voglia di delegarli. Secondo me, la delega resta uno dei primi strumenti, forse il migliore, per far crescere le altre figure e di conseguenza tutto il calcio italiano. Qualcosa si sta intravedendo grazie all’arrivo delle proprietà esterne ma anche di imprenditori illuminati italiani.
La comunicazione può spostare completamente gli equilibri e migliorare aspetti strategici, tra cui la vendita di calciatori. A parità di livello tecnico, un giocatore che comunica male ha un prezzo di mercato inferiore rispetto a chi possiede proprietà di comunicazione, tale da consentire al club, grazie ai diritti d’immagine, lo sviluppo di ricavi. In un mondo concentrato sui social, la comunicazione, pur essendo in continua evoluzione, non abbandona mai i pilastri della tradizione: l’esempio lampante è un’intervista old-style fatta a Paolo Maldini, in grado di generare un numero elevatissimo di commenti in Italia e nel mondo rossonero”.
Lei si è dovuto “ricreare” per poter stare a passo coi tempi?
“L’aggiornamento e lo stare al passo coi tempi risultano determinanti. Ognuno di noi non può avere una conoscenza a 360°, vi sono punti di forza e di debolezza. Ragion per cui, chiunque voglia occuparsi di comunicazione deve costruire una squadra che replichi il modello allenatore-squadra a livello di comunicazione. Occorre scegliere persone smart, che abbiano la tua stessa ‘solarità’, capacità di: relazionarsi, interagire, essere trasversali. Individui capaci di coniugare lo sviluppo delle relazioni interpersonali e umane, col club e il mondo esterno. Non dimentichiamoci che ogni centro sportivo ha un ‘recinto’ e la comunicazione deve lavorare ogni giorno per far sì che non esista. Senza ciò, si casca nell’errore di comunicazione, ergo il silenzio: subire senza dire.
A distanza di 27 anni, vi dico che le relazioni umane torneranno a essere le più importanti. Senza squadre di comunicazione non si potrà mai elevare il livello di comunicazione attuale”.
Inter e Milan nel suo passato. Che rapporto ha avuto con Moratti e il compianto Berlusconi?
“Lo stile dell’alta borghesia-aristocrazia imprenditoriale milanese non esiste più. Le famiglie Moratti e Berlusconi incarnavano perfettamente la milanesità che diventa imprenditoria su tutti i livelli: nazionali e internazionali.
Vi è una differenza profonda tra le due famiglie:
- nell’Inter di Massimo Moratti si respirava l’importanza del grande club, ma vi era un’atmosfera familiare;
- al Milan ho riscontrato una realtà basata su una formazione aziendale e piramidale. Tutti rispettavano i propri incarichi. L’impatto era di una perfetta organizzazione. Il giocatore non doveva quasi pensare a nulla ed era tutto ben coordinato da Adriano Galliani che resta, alla soglia degli ottant’anni, il miglior dirigente sportivo dell’intera area UEFA, non mi limito all’Italia. Un uomo marketing straordinario. Non a caso, il Milan è stato primo nel ranking europeo per quattro anni su cinque (2003-2008). Credo che la nuova società stia facendo delle buonissime cose, quantomeno dal punto di vista della comunicazione.
Può raccontarci un aneddoto che le è capitato nel corso della sua carriera?
“Ce ne sarebbero tanti. Il 3 gennaio 2013 giocammo un’amichevole a Busto Arsizio con la Pro Patria e improvvisamente si udirono ululati, fischi, espressioni a sfondo razzista nei confronti dei nostri calciatori di colore. Intorno al 20’, Boateng perde la pazienza e scaglia il pallone verso quel manipolo di tifosi che proferivano tali espressioni. Al che tutta la squadra decide, per solidarietà, di abbandonare il campo terminando anzitempo l’incontro. Da questo evento nasce un filone estremamente positivo.
Vi era una sola telecamera (Milan Channel) che produceva la partita in differita. Mi reco immediatamente dal cameraman dicendogli di non muoversi; telefono Galliani e gli spiego brevemente la situazione. Mi dice di operare nella massima attenzione e delicatezza. Capisco di avere in mano qualcosa di importante e delicato: gestisco la notizia facendo uscire le immagini sulla CNN (emittente televisiva statunitense all-news n. d. r.) che rilancia direttamente la notizia. Il messaggio rimbalza su tutte le agenzie: ‘il Milan è la prima squadra a effettuare una simbolica e forte presa di posizione sul tema del razzismo’. Il calciatore Boateng verrà successivamente invitato all’ONU per raccontare all’assemblea generale tale problema presente nel calcio. Il Milan viene così identificato come squadra dal forte richiamo antirazzista”.
È un po’ la potenza di una comunicazione sana che, grazie alla strumentalizzazione del calcio, trova modo di divenire veicolo di valori positivi e di princìpi etici
Esatto. Un episodio del genere, che poteva essere gestito col silenzio, con la notizia breve, è servito a lanciare un messaggio forte a livello mondiale. La comunicazione è riuscita a spostare completamente gli equilibri e a far diventare un avvenimento locale, molto profondo e sensibile, un episodio di caratura mondiale e far diventare Boateng e il Milan paladini dell’antirazzismo”.
Grandi comunicatori del mondo del calcio
“È cresciuta moltissimo l’importanza della comunicazione soggettiva. Ho fatto parte del Milan di Ancelotti stracolmo di fenomeni che comunicavano esclusivamente attraverso iniziative concordate con l’area comunicazione. I calciatori di dimensioni planetaria come Kakà e Ronaldinho avevano bisogno di appoggiarsi a noi. Devo dire cha la gestione del campione era abbastanza semplice, eccetto qualche volta. Non posso dimenticare un’attesa di nove ore fatta fare a un giornalista da Ronaldo il Fenomeno. Alla fine, si convinse poiché riuscimmo a trovare un escamotage. Con l’avvento dei social, i giocatori hanno compreso la loro importanza aziendale.
Ad esempio, David Beckham è sempre stato un comunicatore mostruoso per tutta una serie di ragioni che si sono create intorno a lui, anche a livello familiare. Essere usciti con una serie televisiva così seguita e impattante per tutti gli appassionati rappresenta un ulteriore successo. Tra l’altro, io appaio in quella serie. Dissi a Beckham: “Vieni con me, hai una fermata con la stampa, rispondi a tutte le domande che ti faranno i giornalisti”. Lui, senza fare una piega, rispose: “Assolutamente sì”. C’erano anche gli ‘assolutamente no’, a loro bisognava far comprendere che si trattasse della sua immagine, ma anche di quella del club.
Oggi i grandi comunicatori devono essere gli allenatori, perché il loro ruolo è cambiato con l’aggiunta di nuove figure professionali. Tutti i messaggi che lancia sono indirizzati alla squadra, al mondo e ai tifosi. Un aspetto che non bisogna dimenticare è che l’azienda calcio comunica a degli stakeholder particolari. Se non ottieni risultati sei soggetto a critiche, contestazioni, situazioni da prevedere, prevenire e gestire. Il club deve trasferire la propria linea comunicativa o editoriale sull’allenatore che poi, attraverso il lavoro fatto con la squadra e le varie aree comunicative, determina il flusso di comunicazione”.
Un suggerimento per chi vuole intraprendere questo percorso
“Abbiate intraprendenza, curiosità e apertura verso gli altri. Vi sono due categorie di persone: quelli che costruiscono ponti e quelli che alzano muri. Chi vuole lavorare nella comunicazione non può conoscere la parola ‘muro’, deve provare ad abbatterli in tutti i modi. Un ulteriore aspetto fondamentale è la cultura, ossia sapere cosa accade intorno a noi. Informarsi, essere multimediali, senza disconoscere la tradizione. Una somma di tante cose che afferiscono al termine curiosità. Se non hai curiosità non hai cultura, non viaggi. Se non viaggi non conosci, non migliori le lingue e non vedi le differenze. Le differenze invece vanno sostenute e non combattute”.
Il messaggio finale di Giuseppe Sapienza
“Siate sempre numeri 10, un’ispirazione. Il numero 10 è fantasia, responsabilità e soprattutto squadra”.
Fonte immagine in evidenza: profilo Instagram Giuseppe Sapienza
Flash News
Ultimatum Real Madrid a Mbappé: il francese è a un bivio
Pubblicato
1 giorno fa:
Dicembre 8, 2023Di
Bjork Rajta
Come ogni telenovela degna del nome, anche quella tra il Real Madrid e Kylian Mbappé sembra non voler finire. Il francese ha continuato il suo limbo tra PSG e Blancos negli ultimi due anni ed ora gli spagnoli vogliono la risposta definitiva dal giocatore e dalla madre, agente dell’attaccante.
15 GENNAIO ULTIMA DATA DISPONIBILE
Secondo il noto quotidiano AS, Florentino Perez e i suoi collaboratori avrebbero comunicato a Kylian e a sua madre che vogliono una risposta definitiva entro il 15 gennaio. Il sogno delle Merengues sembrerebbe essere quello di portare il francese a Madrid a costo zero, ma non sarebbe escludere nemmeno uno sforzo importante dal punto di vista economico da parte di Florentino Perez. Il sogno di molti appassionati sarebbe quello di vedere Mbappé giocare con Bellingham: non dovrebbe mancare molto per scoprirlo.
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