Guardando l’ambiente circostante alla Fiorentina, ponendo l’attenzione sull’entusiasmo dello stadio ogni volta che la maglia viola scende in campo a Firenze, verrebbe da pensare che il momento della squadra gigliata sia uno di quelli che porteranno a qualcosa di importante. 30 mila persone che mediamente riempiono il Franchi, una squadra che viene apprezzata e incoraggiata per lo spirito che viene messo sul campo ogni domenica, dove il cuore viene buttato sempre oltre l’ostacolo; eppure la Fiorentina naviga in acque calme, addirittura fin troppo quiete. Il 10° posto è, a 11 giornate dal termine, una posizione che spaventa il tifo viola, perchè risulta essere l’arma più pericolosa per spegnere il fuoco che circonda l’ambiente, quell’ardore che non si era visto neanche in momenti molto più felici e rosei.
Una squadra giovane e passionale che dimostra tanto cuore e voglia di emergere: ma nel calcio, si sa, non basta quella che oggi viene definita comunemente garra. Servirebbe un’idea di gioco chiara, un’evoluzione tattica logica che possa svilupparsi anche nell’arco di una o due stagioni. Tutto questo, però, a Firenze si continua a non vedere. Stefano Pioli è da tutti considerato un grandissimo uomo, una persona dai valori umani non scontati, quasi ormai irrintracciabili nel mondo calcistico; chiunque rende merito al tecnico emiliano di essere riuscito a compattare un gruppo di ragazzi frastornato per la morte del proprio capitano, creando un legame indissolubile tra la squadra e la piazza che raramente si era visto nella storia calcistica fiorentina.
Ma il calcio è crudele, e Pioli convince sempre meno quando si tratta di dare una svolta di stampo calcistico. Per questo motivo a Firenze, in molti si stanno iniziando a fare delle domande.

ALLA RICERCA DI UNA SVOLTA
L’obiettivo dichiarato dalla società e dallo staff tecnico durante l’estate è sempre stato uno: la Fiorentina deve tornare in Europa. Un mantra dettato fin dai primi giorni di luglio, quando la squadra fu sorpresa dalla decisione del TAS che reinserì il Milan in Europa League, dopo che l’ambiente fiorentino aveva assaporato (e non poco) la possibilità di essere ripescati nella seconda competizione continentale; “entreremo in Europa dalla porta principale” disse Pioli alla squadra durante il primo pranzo successivo al ripescaggio dei rossoneri, perchè la volontà dei viola è sempre stata quella, il ritorno in Europa League per ritrovare quella continuità europea che ormai manca da due stagioni.
Eppure, salvo qualche raro sprazzo di gioco nella prima parte di stagione, la Fiorentina non ha mai meritato di occupare le prime 7 posizioni del campionato: se all’inizio del campionato i viola sembravano una macchina in grado di mettere in difficoltà chiunque, dopo una decina di partite la squadra di Pioli si è sgonfiata, iniziando la sua interminabile serie di pareggi che l’ha portata in quel crudele limbo tra la zona Europa e la triste metà classifica, che ti lascia senza obiettivi reali e ti priva di ogni genere di emozione. Un girone fa, infatti, i viola misero in cascina ben 5 X consecutive, impattando contro Cagliari, Torino, Roma, Frosinone e Bologna. Cinque partite in cui la Fiorentina ha ottenuto altrettanti punti, perdendone almeno 6, potenzialmente conquistabili nelle due trasferte contro Frosinone e Bologna, e nella partita tra le mura amiche contro il Cagliari. Tre squadre che lottano per non retrocedere, e con le quali è doveroso portare a casa l’intera posta in palio.
Proprio con quei 6 punti in più, la Fiorentina sarebbe oggi appaiata a Torino, Sampdoria e Atalanta. Ma con i “se” e con i “ma”, la storia non si è mai costruita, ed è per questo motivo che ancora oggi a Firenze si rimpiange una prima parte di stagione da squadra noiosa e poco coraggiosa. Di certo non hanno aiutato le difficoltà in fase di costruzione – con Veretout mai totalmente a suo agio nel ruolo di playmaker – e di finalizzazione – Simeone in grande difficoltà nella prima parte di stagione, e in fase realizzativa anche i suoi compagni non hanno aiutato granchè – ma Pioli non è mai riuscito a dare una vera e propria impronta di gioco ai suoi giocatori.
E senza un’idea chiara è molto difficile raggiungere l’Europa.

I DUBBI DI/SU PIOLI
“Comunicherò tutto a fine campionato, non mi ha mai preoccupato l’essere a scadenza di contratto fin dall’inizio della stagione; non sarà l’opzione sul rinnovo a decidere il mio eventuale futuro a Firenze, ma saranno le mie decisioni, i miei stimoli e le mie motivazioni. (…) Ho già un’idea precisa e la comunicherò tra due mesi”.
Dichiarazioni pungenti e velenose. Pioli non le ha mandate a dire a chi gli chiedeva del suo futuro sulla panchina della Fiorentina: parole che sanno di polemica futile e poco costruttiva, dato che il momento che sta vivendo la squadra viola è tutto meno che convincente. L’arrivo di Muriel a gennaio ha riportato i gol e la verve offensiva che mancava da qualche mese, Chiesa ha iniziato quel percorso verso uno scontato salto di qualità che lo porterà a raggiungere il livello dei giocatori top, eppure qualcosa continua a non andare: se ad inizio stagione l’attacco non andava, la difesa aveva dimostrato un’insolita solidità per una retroguardia tanto giovane; oggi le cose sono cambiate, e la Fiorentina riesce a sopperire ai deficit difensivi grazie all’impeto offensivo, rigenerato dall’arrivo del sopracitato attaccante colombiano.
Nella prima parte di stagione si è vista una squadra fin troppo matura se si guarda la media età (23,7 anni di media a partita), con una difesa rocciosa e sicura ma con una fase offensiva timida, quasi disorganizzata. Oggi accade il contrario, dato che la fase difensiva è molto più sbadata, e viene mascherata soltanto dalla qualità e la velocità delle ripartenze viola. Pioli ha lavorato tanto, ha comunque aiutato la crescita di molti singoli all’interno della squadra, ma non è mai riuscito a dare un’identità vera e propria alla propria compagine: ad inizio campionato c’era la volontà di imporre il proprio gioco su tutti i campi, ma l’assenza di un regista ha impedito una costruzione e un possesso palla di livello. L’arrivo di Muriel e la presenza di giocatori veloci come Chiesa e Simeone, oltre all’aiuto di incursori quali Benassi e Gerson, ha permesso a Pioli di cambiare l’input, ordinando ai suoi di lavorare sul recupero palla in transizione, con improvviso attacco in verticale che ricercasse la rapidità dei suoi giocatori offensivi. Il tutto è stato facilitato anche dalla scelta di alzare nuovamente Veretout e arretrare Edimilson Fernandes nel ruolo di mediano (meno tecnico ma più fisico).
Tutte idee di calcio più o meno condivisibili, ma non si è mai vista una reale coerenza e fedeltà ai principi di gioco. La forza attuale della Fiorentina sta nel carattere e nella grinta, nella voglia di non mollare mai un centimetro, ed è proprio questo spirito battagliero che unisce la squadra alla sua gente; se oggi Pioli può ancora intravedere le posizioni europee è grazie alla “coltivazione” del seme lasciato dal compianto Davide Astori, dal quale è riuscito a far nascere un sentimento che non porterà mai ad un distacco tra tifoseria e giocatori.
La speranza è ultima a morire, ma l’occasione – unica? – europea della Fiorentina risiede quasi esclusivamente nella Coppa Italia: non sarà facile andare a vincere a Bergamo, contro un Atalanta che oggi si propone come squadra più in forma del campionato, ma non è detto che sia così a fine aprile. Pioli si aggrappa alla possibilità di riportare un titolo a Firenze dopo 18 anni, ed è proprio da quella coppa che potrebbe proseguire il ciclo dell’attuale allenatore della Viola.
Una coppa che avrebbe mille volti, e che potrebbe essere un lieto fine per un gruppo che ha visto il buio ad Udine in quella terribile mattinata di marzo, e che potrebbe condividere quella luce con chi li ha resi giocatori migliori.
