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A tu per tu con Sergio Pellissier

A tu per tu

A tu per tu con Sergio Pellissier

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Bandiera da calciatore, guida dirigenziale dopo il ritiro. La storia tra il Chievo e Sergio Pellissier è di quelle inscindibili, che creano un livello di simbiosi per cui risulta difficile riconoscere il singolo componente. Pellissier ha rappresentato il Chievo da calciatore e continua a farlo da direttore sportivo e con lui abbiamo parlato del suo nuovo mestiere e di alcuni ricordi di campo.

DIRIGENTE

Sono ben 17 le stagioni vissute in maglia gialloblu da Sergio Pellissier. Dal 22 settembre 2002, giorno dell’esordio, all’addio del 25 maggio 2019. Una carriera dedicata al Chievo, un impegno mantenuto anche dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, quando entra nei quadri dirigenziali della società, prima come responsabile dell’area tecnica, poi ottenendo il diploma da direttore sportivo.

È un lavoro nuovo e come tutti i lavori nuovi bisogna imparare, avere pazienza e capire cosa richiede la nuova professione.

Il pensiero di un ruolo in area dirigenziale balenava già nella mente di Pellissier, anche quando giocava. Era una deriva naturale, necessaria conseguenza della sua personalità.

Sono più portato per questa area, piuttosto che per allenare. Sono molto diretto, mi da fastidio se qualcuno non fa quello che dico, mi prendo le mie responsabilità ma voglio che gli altri facciano quello che dico io e non sempre questo succede in una squadra. Bisogna anche saper gestire delle situazioni, io sono più schematico e quindi allenare non faceva per me. Da dirigente posso dire quello che penso, trovare le soluzioni, è la professione giusta per me.

Un modello, importante, Pellissier lo ha avuto per tutta la sua carriera a Verona e da lui non ha potuto fare altro che imparare.

Io ho avuto per 15 anni Sartori, per me è un esempio. Ha dimostrato di essere uno di più abili nel suo campo, è un esempio per me e per chiunque voglia intraprendere questa carriera.

Scegliere i giocatori è una delle peculiarità di un direttore sportivo, sicuramente è il nodo cruciale, almeno a livello mediatico. Anche se fa questa professione da poco, Pellissier ha le idee ben chiare sulle caratteristiche che cerca in un giocatore e sulla situazione del mercato.

Non tutti i giocatori sono adatti per tutte le squadre, ad esempio un giocatoreche va bene per il Chievo non è detto che vada bene per la Juventus. Bisogna valutare tante cose, ci sono i campioni, i giocatori normali. Oltre la tecnica va considerata la mentalità del giocatore, un giocatore va visto a 360 gradi.

Abbiamo portato il nostro calcio a dare un posto in squadra anche a giocatori che non lo avrebbero meritato. Con le nuove regole i nostri giovani sono obbligati a giocare, anche se non sono pronti, perché magari rientrano in determinate categorie. Il giocatore straniero invece quando arriva in Italia spesso prende meno, ma si impegna di più, perché vuole dimostrare il proprio valore. In Italia tutto è dovuto, negli ultimi anni si è pensato che facendo giocare i giovani, questi sarebbero esplosi, ma non è così. Nel calcio, come nella vita, ci sono le varie categorie, ognuno merita quel che merita. Se un ragazzo è forte, comunque giocherà. Se un giocatore non è forte prima o poi verranno fuori le difficoltà. I giocatori stranieri li selezioni, li prendi perché sono forti, sanno che devono conquistarsi il posto e niente gli è dovuto, come magari capita per i ragazzi italiani in Serie C e B. I ragazzi forti alla fine giocano, che siano italiani o stranieri. Noi ad esempio abbiamo Vignato, lui gioca tranquillamente, non ha problemi. Penso semplicemente che, italiano o straniero, un giocatore deve giocare se è forte. Il fatto di dover far giocare per forza determinati giocatori ha indebolito il calcio italiano. Tutti i mercati sono più evoluti del nostro, all’estero curano di più il settore giovanile, capiscono che è una fonte di guadagno fondamentale. Quasi tutti i campionati sotto quel punto di vista sono avanti, noi siamo rimasti indietro perché curiamo maggiormente altre cose. Più o meno ora sono tutti alla pari. Il Sudamerica pare in calo ma non perché non ci siano campioni, semplicemente perché il mercato lì è più caro. Ciò ha però aumentato il mercato europeo, dove ci sono davvero tanti giocatori forti.

LEGGENDA

Oggi Sergio Pellissier continua a lavorare per il bene del Chievo, come ha fatto per tutta la sua carriera. È stato uno dei protagonisti di una delle più belle favole del calcio italiano degli anni 2000. Favole che fanno bene al calcio.

È possibilissimo che possano esserci ancora favole come la nostra. Basta avere una società che ha entusiasmo, che lavora bene, che ha solide basi economiche. Oggi avere una società in A non è difficile, il livello di B e C è sceso molto negli ultimi anni e quindi si può salire anche senza squadre forti. Serve gente che sappia fare il proprio lavoro, che abbia passione, come quella che lavorava nel Chievo. Serve una società sana.

Pellissier è stato uno degli ultimi protagonisti di un calcio diverso, interprete di un ruolo che orami è cambiato. Bomber di provincia, come se ne vedono sempre di meno, segno che l’importanza della gavetta si è un po’ persa, i giocatori ormai vengono sempre più spesso catapultati in grandi realtà troppo presto.

Quando il giocatore non cresce come deve, non dimostra il suo valore, accade che scompaia. Ora basta un anno in cui fai qualche gol e subito diventi un giocatore fondamentale, anche per le big, e velocemente scompari. Ai miei tempi, prima di andare in una grande dovevi segnare per cinque anni. C’è anche il discorso che ora non ci sono molti giocatori forti e quindi si utilizzano anche quelli che esplodono subito ma spesso è solo fumo agli occhi.

Tutti i giocatori di una volta, come me, Di Natale, Inzaghi, Toni, attaccanti che piano piano sono cresciuto a suon di gol, hanno fatto la gavetta nelle serie minori, sono partiti dal basso. Si sono fatti la ossa, si sono conquistati la A e piano piano sono arrivati in una big. Ora si tende a partire dalla A, senza possibilità tra l’altro di poter andare poi in B o C perché gli stipendi della A sono troppo alti. O sei un campione che parti dalla A e ci rimani, ma se nella A ci stai un po’ stretto ti areni là, nemmeno hai la possibilità di scendere e fare esperienza. Ora nessuno vuole partire dalla C, tutti vogliono tutto e subito. Giocatori che fanno anche cinque minuti in A, non vogliono scendere e scompaiono.

Tantissimi i difensori affrontati in carriera, impossibile scegliere il più forte.

Ne ho affrontati tanti, soprattutto i primi tempi, gente come Nesta, Cannavaro, Thiago Silva, Ferrara, Samuel, Materazzi. Sono campioni che hanno vinto tutto in carriera, sarebbe limitativo dire un solo nome.

Non ci sono dubbi invece sull’attaccante più forte oggi.

Ovviamente Ronaldo è superiore a tutti, penso sia palese. Parlando di italiani, Immobile e Belotti credo che siano i due attaccanti italiani più forti, sanno calciare con entrambi i piedi, una qualità scomparsa negli ultimi anni.

Una carriera al Chievo quindi, riassunta nei tre momenti a cui è rimasto più legato,

Il primo anno, con l’esordio e il primo gol in A. Quei momenti mi hanno segnato la carriera, mi hanno fatto capire che potevo rimanere in Serie A. Poi l’anno della B, con la fascia da capitano, che siamo risaliti subito in A. Infine l’addio al calcio, è stato emozionante, sono stato applaudito in più stadi, ho ricevuto la festa nel mio stadio, nonostante quell’anno fosse andato tutto storto e siamo retrocessi.

Infine il suo diez preferito.

Ce ne sono stati tanti, da buon italiano però nomino un connazionale e per me il n numero 10 è Roberto Baggio. Era il mio giocatore preferito da piccolo, mi è rimasto come simbolo. Anche se ho giocato contro Totti, Del Piero. Ne ho incontrati tanti di numeri dieci.

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ESCLUSIVA – Marino: “Napoli e Frosinone molto simili, la Juve ora deve pensare solo al campo”

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Bari-Ascoli Marino, le parole del tecnico in conferenza stampa dopo la vittoria contro i marchigiani lo soddisfa a metà...

ESCLUSIVA MARINO – Pasquale Marino per diverse stagioni è stato uno degli allenatori italiani capace di far raggiungere alle proprie squadre risultati inaspettati. Tra i risultati di maggiore spicco nella sua carriera troviamo la promozione in Serie A del Catania nella stagione 2005-2006 (riportando i siculi dopo 23 anni nella massima serie), e l’approdo in Coppa Uefa dell’Udinese nella stagione 2007-2008. Marino si è concesso in esclusiva ai microfoni di NumeroDiez, toccando svariate tematiche tra Serie A e Serie B, con anche una chiosa finale sul suo futuro da allenatore.

L’INTERVISTA ESCLUSIVA A PASQUALE MARINO

Ieri è stato riaperto dalla procura federale il filone sportivo riguardante il caso plusvalenze, che ha portato alla penalizzazione di 15 punti in classifica per la Juventus inflitta dalla corte d’appello. Al netto di questa sanzione ricevuta, come pensa che reagiranno i bianconeri sul campo? 

“Dipende dal punto di vista caratteriale e di come possa essere affrontata una situazione insolita come questa. Può darsi che togliendosi grandi responsabilità circa le posizioni di vertice, la squadra giochi con più serenità e leggerezza psicologica. I giocatori devono ovattarsi e dare tutto in campo. In questo momento la squadra deve pensare solamente al campo e agli avversari, senza farsi influenzare dalla situazione. Sicuramente con l’esperienza che ha Allegri riuscirà a tenere fuori da questo tutto il gruppo squadra”.

Finora il Napoli si è mostrato solido sotto ogni punto di vista, soprattutto sul lato mentale. Crede che i partenopei possano tenere questo ritmo anche nella seconda parte di stagione, o ci sarà un calo vistoso?

Non credo che ci sarà un calo. Capiterà sicuramente qualche partita come quella contro l’Inter, ma poi ci sarà immediatamente la reazione. È una squadra che ormai ha uno spartito e degli automatismi che possono portare solo a ulteriori miglioramenti. Poi la qualità offensiva è impressionante, basta vedere che giocatori come Raspadori e Simeone fanno panchina, quando in altre squadre in Italia sarebbero titolari inamovibili. La forza del Napoli è l’organizzazione di gioco che Spalletti è riuscito a dare”.

La Serie B mai come questa stagione vanta la presenza di molte squadre blasonate, che hanno frequentato per diverso tempo anche la Serie A. Ma alcune di queste, tipo Benevento, Parma e Palermo per ora hanno deluso le aspettative iniziali. Da chi si aspettava di più in questo campionato?

Sicuramente ci si aspettava di più da Parma, Benevento, Cagliari e SPAL. La SPAL sicuramente è una squadra che può stare benissimo nella medio-alta classifica. Il Palermo sta iniziando ad avere da tempo una continuità di risultati, imponendosi anche ieri contro un ottimo Bari. Dal mercato che stanno facendo stanno cercando di rinforzare ulteriormente la rosa, come ad esempio con l’acquisto di Tutino che è un lusso per la B. Genoa, Reggina e Bari stanno andando molto bene, ma bisogna stare sull’attenti perché questo campionato può riservare molte sorprese. Mi aspetto di più dal Cagliari di Ranieri e dal Benevento“.

In Serie B, la squadra da battere è il Frosinone, che sta viaggiando a vele spiegate. C’è qualche squadra che potrebbe impensierire il cammino dei laziali, oppure si aspetta una promozione serena in Serie A?

Il Frosinone in Serie B sta compiendo lo stesso percorso del Napoli in Serie A. Anche il Frosinone è stato sempre costante, con un’ottima organizzazione offensiva e difensiva. L’anno scorso hanno avuto la delusione di mancare i playoff al fotofinish, ma da questa delusione hanno saputo ripartire alla grande. Hanno inserito molti giocatori importanti ed hanno la stessa guida tecnica, mostrando un’ottima programmazione”.

Infine una domanda che la riguarda personalmente. Ormai lei non siede in panchina da oltre un anno, dopo l’ultima esperienza a Crotone. In questo anno ha avuto l’occasione di ritornare in panchina? E in ottica futura potrebbero esserci novità su questo fronte?

Ho avuto qualche proposta, ma non ci sono state le condizioni per accettare. Ho comunque molto entusiasmo che è importante personalmente. Crotone è stata una scelta sbagliata, ma non me ne pento perché ho conosciuto una dirigenza eccezionale.

L’anno precedente ancora ero alla SPAL, dove sono stato fino a marzo posizionando la squadra in zona playoff, ma dopo il mio addio non sono riusciti a conquistare l’accesso definitivo. Auguro comunque alla SPAL di raggiungere i playoff perché sono affezionato alla piazza. Il rammarico è non aver potuto contare sulla forza del pubblico di Ferrara a causa della pandemia. In quella stagione abbiamo raggiunto comunque risultati importanti come i Quarti di finale di Coppa Italia, dove ci siamo arresi solo alla Juventus. Ci sono state poi delle “difficoltà” a gennaio, con la società che non ha rispettato gli impegni prefissati, ovvero trattenere i giocatori importanti e rafforzare la rosa nel mercato se fossimo stati in lotta per la promozione. Così non è stato, con la società che ha ceduto D’alessandro, Castro, Salamon, sostituendoli con giocatori che venivano da infortuni. 

Spero di ritornare in panchina, ma bisogna essere d’accordo in due. La passione per il lavoro è importante, ma a volte l’eccessiva voglia fa commettere errori come quello dell’anno scorso. Sono cresciuto dall’esperienza precedente, valutando attentamente le proposte che sono arrivate, e a malincuore ho dovuto rifiutarle”.

 

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Aggiornamento Roma: Dybala oggi di nuovo in gruppo!

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Dybala

Mancano ormai poco più di 48 ore al big match Inter-Roma, partita di cartello dell’ottava giornata di campionato di Serie A che si disputerà Sabato a San Siro alle ore 18:00.

Buone notizie per la Roma: nella giornata di oggi Paulo Dybala si allenerà a Trigoria. Le condizioni del fuoriclasse argentino, però, non lasciano per nulla tranquilli Mourinho ed il suo staff tecnico.

Nelle prossime ore dunque sapremo come starà Dybala; probabilmente quest’oggi effettuerà solo una seduta defaticante. L’ipotesi più concreta rimane comunque la convocazione del trequartista classe 1993 con però partenza dalla panchina e non dall’inizio.

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ESCLUSIVA – Umberto Zapelloni tra Milan e F1: “Leao come Rivera, preoccupato per il GP di Monza”

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Leao

Umberto Zapelloni è oggi una delle migliori firme sportive in Italia. Con un’esperienza pluridecennale sul campo e sulla pista, ha parlato, in esclusiva per Numero Diez, della sua passione per il Milan e di Formula 1, lo sport più rappresentativo nella sua carriera giornalistica.

In un’intervista disse di essersi innamorato del Milan grazie a Rivera. C’è oggi un calciatore rossonero di cui i ragazzi possano innamorarsi per iniziare a tifare Milan?

I milanisti sono sempre stati abituati bene. Giocatori come Maldini e Kakà, oltre a Rivera, facevano innamorare per il loro atteggiamento dentro e fuori dal campo. Oggi è diverso ed è più difficile. Sicuramente c’è Calabria, che ha iniziato al Milan e darebbe tutto per la maglia. Anche Tonali è un vero tifoso rossonero, ma è più facile innamorarsi di un Leao che si prende la copertina, o di un De Ketelaere che è molto in crescita. Ormai è comunque difficile innamorarsi dei singoli giocatori più che dell’intera squadra. Non è neanche così scontato tifare un club italiano considerando quanto è appetibile il calcio estero. La verità però è che io mi sono innamorato del Milan grazie a Fabio Cudicini (portiere rossonero titolare nella finale di Coppa dei Campioni 1968-1969, NdR)”.

Lei ha scritto un libro sulla storia del Milan (Sempre Milan 1899-2019, con Carlo Pellegatti, NdR). Alla luce di questo racconto, qual è il suo Milan preferito?

Il primo Milan non si scorda mai. Certamente quello della seconda Coppa dei Campioni del 1968-1969 con Cudicini, appunto, oltre a Rivera e Prati. Poi il Milan degli olandesi con Sacchi e Capello. Ed infine quello delle tre finali di Champions League con Ancelotti, che resta il mio allenatore preferito“.

Adli, Dest, Thiaw, Vranckx: quattro acquisti che non hanno ancora avuto modo di mettersi in mostra. Su quale di questi lei punterebbe di più?

É ancora molto difficile perchè si sono visti veramente poco. Potrebbero rivelarsi dei giocatori che fanno bene nei loro campionati e poi combinano poco qui in Italia. Dest è forse il più curioso per la sua storia, ma ha una bella concorrenza. Certamente sono quattro nomi che fanno parte del credo della società e di Maldini. Basti pensare a Saelemaekers, che è arrivato da perfetto sconosciuto”. 

Cosa pensa di questo momento di transizione societaria del Milan? 

Si tratta di un passaggio societario molto misterioso, perchè chi acquista si fa prestare il 50% dei soldi da chi vende. Certamente collaborano personaggi di spicco. Alla fine Elliott ha contribuito a risanare la società e a ridare la solidità che si era persa dopo Berlusconi. La loro grandezza è stata di aver lasciato la gestione sportiva a chi di dovere, senza mai interferire. Sul passaggio societario scopriremo in seguito cosa c’è dietro. É importante e piacevole che abbiano confermato tutto il management che ha vinto lo Scudetto e che ha progettato il nuovo stadio“.

Lei è l’autore de La storia della Formula 1 in 50 ritratti. Di questa rassegna qual è il suo preferito?

Quello di Senna, che rimane il mio pilota del cuore. Anche quello di Schumacher gli si avvicina molto. Sono due personaggi molto diversi, giunti in Formula 1 in maniera opposta, che ho avuto la fortuna di conoscere“.

Il presidente Elkann dice che la Ferrari tornerà a vincere entro il 2026, lei cosa ne pensa?

Il discorso del presidente è corretto e sono d’accordo, ma è fuori dal mondo che non dica di dover provare a vincere già nel 2023. Soprattutto dopo una stagione come quella che stiamo vivendo e dopo tutto quello che la Ferrari ha dimostrato. Bisogna iniziare a responsabilizzare la scuderia, non a dare alibi“.

Lei ad inizio stagione pronosticava l’Alpha Tauri quarta, l’Aston Martin sesta e l’Alfa Romeo ultima. Dato l’andamento della stagione, quale delle tre scuderie l’ha stupita maggiormente?

L’Alpha Tauri è la delusione maggiore perchè ha fatto degli ottimi test a inizio stagione che però non sono mai stati rispettati. Era la mia sorpresa di stagione, ma come la scuderia anche i piloti sono stati sottotono. Tsunoda ci ha dimostrato di essere un pilota mediocre. Discorso simile per l’Aston Martin, che con un potenziale economico infinitamente superiore non ha comunque combinato nulla di buono. Sono rimasto sorpreso dall’Alfa Romeo soprattutto all’inizio della stagione, ora si è un po’ plafonata. Zhou ha certamente preso il posto con i soldi, ma non ha fatto cose disastrose come ci potevamo aspettare. Rimango dell’idea che Giovinazzi avrebbe fatto meglio in alcune piste. Purtroppo è molto difficile un suo ritorno nel 2023: la Ferrari non spinge abbastanza e solo la Haas potrebbe dargli un sedile“.

Vista la poca organizzazione di quest’anno, dobbiamo temere un addio di Monza dal calendario dopo il 2025?

Dobbiamo essere molto preoccupati. Stefano Domenicali lo ha detto più volte: Monza non può più aspettare a fare i lavori. I soldi sono arrivati e vanno spesi, quindi va necessariamente rinnovato tutto ciò che sta intorno al circuito. Tra Regione Lombardia e Governo devono darsi una mossa. Soprattutto data l’agguerrita concorrenza mondiale non basta più la Storia. E non bastano nemmeno le scuse via social come hanno fatto dopo il weekend di gare“.

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ESCLUSIVA, Paolo Aghemo: “Per Dybala situazione delicata, Belotti non rinnoverà. Juve-Toro vale un’intera stagione”

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Chi meglio di Paolo Aghemo per delineare la stagione di Juventus e Torino fino a questo momento? Il giornalista di Sky Sport ci ha concesso un’intervista per parlare dell’annata che stanno attraversando le due società del capoluogo piemontese, spaziando tra il calciomercato appena concluso e la delicata situazione rinnovi. L’occhio è già sul Derby della Mole, che si disputerà all’Allianz Stadium il 18 febbraio.

Impossibile non cominciare dalla sessione di mercato invernale della Juventus, che ha riacceso l’entusiasmo dei tifosi e la lotta alla Champions League. Vlahovic e Zakaria i colpi in primo piano, ma non dimentichiamo il giovane Gatti, che si aggregherà alla rosa di Allegri a giugno:

Oltre a Vlahovic, Zakaria e Gatti, la Juventus aveva in mente qualche altro colpo, rimasto poi in secondo piano e che non è stato portato a termine?

“No, veri colpi non ce ne sono stati. La Juventus aveva bisogno di un centravanti, e ha sondato diversi profili, tra cui anche Icardi. Il PSG, però, non era convinto della cessione. Allegri ad un certo punto ha persino pensato di andare avanti solo con Morata e Kean. La svolta è arrivata quando la dirigenza ha presentato al Presidente Agnelli un valido piano per arrivare a Vlahovic. La trattativa con il serbo non è stata lampo, i primi contatti risalgono a prima dell’estate”.

Riguardo Denis Zakaria, per la Juventus rappresentava un vero obiettivo, o soprattutto un’occasione, visto il costo effettivo dell’operazione?

“Anche per quanto riguarda Zakaria non è stata una trattativa lampo. La Juve già ci aveva pensato, ma altre squadre, tra cui la Roma quest’estate e il Bayern Monaco a gennaio, erano più vicine all’accordo con il giocatore. L’unica squadra, però, che prometteva di ingaggiarlo già a gennaio è stata proprio la Juventus, che quindi se l’è aggiudicato ad una cifra minima, considerando il valore tecnico del giocatore.”

Dal punto di vista tattico, invece, come vedi il 4-3-3 schierato da Allegri contro l’Hellas Verona? Con Morata in sostituzione dell’infortunato Chiesa

“Parliamo di un’idea molto suggestiva. Il Verona è una squadra offensiva, e l’esperimento ha funzionato perfettamente. L’unico rischio è che la squadra propenda troppo verso l’attacco, ma Allegri è poi bravissimo a cambiare moduli in situazioni di emergenza. Morata in questo ruolo ricorda il Mandzukic del primo ciclo. Ora è molto più sereno, ha ritrovato il suo posto in campo e quindi la voglia di spaccare la partita.”

Nonostante l’arrivo di Zakaria e le cessioni di Bentancur e Ramsey, cosa manca ancora alla Juventus per riavere un centrocampo di massimo livello?

“Molto dipende da come vuole giocare Allegri. Se schiera un centrocampo a due, per esempio un 4-2-3-1, è a posto con Locatelli e Zakaria. Se gioca a tre con un 4-3-3, allora manca qualcosa. Proprio per questo il regista sarà l’obiettivo numero uno in estate, oltre ad un difensore centrale, perchè va monitorata la situazione di De Ligt“.

Per quanto riguarda i rinnovi dei giocatori in scadenza a giugno 2022, su chi continuerà a puntare la Juventus, e chi invece non farà più parte del progetto?

“Se ne inizia a parlare settimana prossima. Con Cuadrado c’è già l’accordo ed è un giocatore indispensabile per Allegri. Per De Sciglio c’è ottimismo, lo stesso Allegri è molto soddisfatto della sua stagione e lo vuole tenere con sè. Perin dovrà prendere una decisione di vita: se continuare ad essere un secondo portiere o tornare in prima linea in un’altra squadra. Con Bernardeschi, invece, il rinnovo potrà concretizzarsi solo al ribasso.”

Occhi puntati soprattutto su Paulo Dybala, cos’è successo nell’ultimo mese e mezzo?

La situazione è delicatissima. Il contratto era già pronto a 8 milioni annui più 2 di bonus, poi c’è stato un cambiamento in corsa. La Juventus ha fatto riflessioni tecniche, soprattutto sulla continuità del giocatore. I 7 milioni di Vlahovic sono la stella polare. Secondo me si arriverà ugualmente ad un accordo, anche perchè Dybala difficilmente troverà altre proposte così valide. Qui tutti gli vogliono bene, è il numero 10 e capitano del futuro in una squadra dal progetto promettente. La società si prende un rischio, perchè Dybala potrebbe firmare a zero con un altro club, ma ha comunque dato una grande prova di forza con gli investimenti di gennaio. Se l’argentino dovesse lasciare, la Juventus andrebbe comunque a rimpiazzarlo con un calciatore del di pari livello“.

In Coppa Italia contro il Sassuolo potrebbe giocare titolare Kaio Jorge. Come lo vedi questo giovanissimo classe 2002?

“Lo vedo molto bene, la Juventus ha fatto un ottimo investimento. E’ un brasiliano atipico: sta nel suo, è tranquillo sia dentro sia fuori dal campo. Allegri fa bene a dargli questa chance. Ha bisogno di giocare“.

Domenica c’è il big match contro l’Atalanta che vale un posto in Champions. Secondo te si può riproporre il 4-3-3?

“Contro il Verona il modulo ha funzionato bene, ma con l’Atalanta può essere un rischio. Gasperini aggredisce alto con i suoi esterni, devono svolgere un lavoro perfetto Morata e Dybala come ali d’attacco. Allegri potrebbe preferire una soluzione tipo 4-4-2 con Mckennie esterno, che dia stabilità sia in difesa, sia in attacco. Naturalmente Zakaria e Locatelli giocherebbero in mezzo al campo”.

Lato Torino, ci siamo concentrati maggiormente sulla delicatissima situazione Belotti, prossimo al rientro in campo, ma con le valigie pronte per salutare i granata a giugno. Spazio anche al nodo riscatti di Brekalo, Pjaca e Praet. In chiusura, un accenno al Derby del 18 febbraio:

Come giudichi la situazione di Belotti? Quando tornerà disponibile, Juric lo schiererà anche se il rinnovo di contratto è un’utopia?

“Non schierare un Belotti al 100% della forma sarebbe come un harakiri per Juric. Il discorso cambia a parità di rendimento: in quel caso allora il croato potrebbe preferirgli Sanabria o Pellegri, che giocheranno per il Torino anche la prossima stagione. Il discorso è anche tattico: paradossalmente è più congeniale al gioco di Juric proprio Sanabria, abile nel fraseggio nello stretto”.

E poi aggiunge: Belotti sicuramente non rinnoverà. Mancano proprio i termini per un possibile accordo. L’unica possibilità, che non gli auguro, è che non convinca nessuna acquirente in questi ultimi mesi. Ma il possibile rinnovo in quel caso arriverebbe a meno della metà della cifra che ora Il Gallo guadagna. Resta il fatto che Inter, Milan e non solo si sono mosse per tempo e tenteranno un affondo in estate.”

Parlando del mercato, si è vociferato molto su Gatti e Nandez. Cos’è mancato al Torino per aggiudicarsi questi due giocatori?

“Con Gatti era tutto fatto: è mancato solo il tempismo. Vagnati credeva di essere il solo pretendente al difensore, ma ad un certo punto è arrivata la Juventus con i soldi pronti e non ha dato possibilità di reazione al Torino. Per quanto riguarda Nandez, invece, il discorso si è chiuso in fretta. Il calciatore chiedeva 2.5 milioni e la società non aveva le disponibilità economiche in quel momento. E’ comunque arrivato Ricci e con il classe 2001 il centrocampo è completo.”

Passiamo al capitolo riscatti: Brekalo, Praet e Pjaca. Su chi il Torino punterà anche la prossima stagione?

“Parliamo di tre giocatori che indubbiamente andrebbero riscattati dal punto di vista tecnico. Su Brekalo non ho dubbi e il Torino non può privarsene. Per Praet bisogna solo capire la sua tenuta fisica fino a giugno, ma credo che verrà ugualmente riscattato. Il vero punto interrogativo è Pjaca: tutto dipende dal suo ginocchio. Ad oggi ho più di qualche dubbio”.

Per concludere, tema Derby: come arriveranno le squadre all’appuntamento del 18 febbraio?

Dipende molto dal Toro con il Venezia. Io sono convinto che la Juve farà una grande prestazione a Bergamo, l’Atalanta è in crisi. Se i granata fanno partita e punti questo weekend, allora vedremo una sfida a testa alta. Ma, in caso di un risultato negativo, tutta la pressione andrà sul Derby, visto come un incontro che vale l’intera stagione. E’ l’ultima cosa che serve a Juric per preparare con serenità la partita.”

 

 

(fonte immagine in evidenza: profilo IG @paoloaghemo)

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