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Adem Ljajic: il Diez dall'identità irrealizzata

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Adem Ljajic: il Diez dall’identità irrealizzata

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L’identità è ciò che, nel bene o nel male, ci caratterizza come esseri umani e sociali. La consapevolezza del proprio essere, il sapersi collocare in un determinato contesto che ben si sposa con le nostre peculiarità. Avere un’identità è uno stimolo primario, ma non sempre di facile realizzazione. Spesso la ricerca del proprio posto nel mondo si rivela assai ardua, costellata di illusioni, insuccessi e delusioni. Spesso, una volta trovata la giusta via, ci si accorge che quella strada che abbiamo imboccato ha una forza centrifuga rispetto al resto del mondo, tende ad allontanarci, a far cozzare la nostra identità col contesto in cui siamo collocati. Tutto si riduce a questo, saperci e farci riconoscere. L’identità dunque è ciò che ci caratterizza, nel bene o nel male, ed è ciò che ha caratterizzato la vita e la carriera di Adem Ljajic, uno che ha imboccato una di quelle strade centrifughe, rendendo la propria identità un limite alla propria realizzazione calcistica. Da quella personale a quella in campo, l’identità, tanto, troppo forte, del serbo ha finito per isolare un talento purissimo, annoverandolo tra i geni irrealizzati del nostro calcio. Quella di Ljajic è la storia di un ragazzo che non ha mai rinunciato alla propria identità, con tutto il carico di autodistruzione che ciò ha comportato. Un eroe romantico, incapace di vivere la propria esistenza come il Travis Bickle di De Niro in Taxi Driver. Una scelta che però ci ricorda quanto costi mantenere intatta la propria essenza, a qualunque costo.

RETAGGIO IDENTITARIO

Per comprendere la vera natura di Adem Ljajic occorre tuffarci in un piccolo excursus etno-storico. In uno dei punti più instabili dello scacchiere europeo, i Balcani, si estende un piccolo territorio di 8.686 km², il Sangiaccato. Suddivisa tra Serbia e Montenegro, la regione del Sangiaccato è la terra di una particolare minoranza religiosa, i musulmani bosniaci, noti come Bosgnacchi. I Bosgnacchi sono i bosniaci che si sono convertiti all’Islam durante l’occupazione ottomana, acquisendo dunque una forte identità religiosa, del tutto peculiare in una regione dove è ben radicato il cristianesimo ortodosso.

“Non ci viene concesso di chiamarci bošnjaci (bosgnacchi), ma ci viene invece offerto il nome di musulmani… Accettiamo, anche se questo è sbagliato, perché si apra il processo di riconoscimento della nostra identità”.

Con queste parole il noto politico Hamdija Pozderac, accoglie la decisione del Comitato Centrale del partito comunista bosniaco di riconoscere lo status di nazione ai bosniaci musulmani. È la prima affermazione identitaria di questo popolo, e le parole di Pozderac colgono subito il nodo centrale dell’essenza bosgnacca, l’identità. Correva l’anno 1968, i Balcani erano riuniti sotto l’egida della Jugoslavia, la questione delle minoranze era poco incalzante proprio per via della pretesa unitaria su cui si fondava lo Stato. Ma la pretesa identitaria c’era, era forte e ha sempre contrassegnato l’etnia bosgnacca, che dovrà aspettare il congresso di Sarajevo del ’93 per vedersi riconoscere la giusta pretesa di essere chiamati bošnjaci.

Una veduta del centro città di Novi Pazar

Nel cuore del Sangiaccato sorge la città più importante della regione, Novi Pazar, dove il 29 settembre 1991 viene alla luce Adem Ljajic. La questione dell’identità gli scorre nelle vene, fa parte del suo retaggio, è lo stigma della sua gente. È un fardello che il ragazzo porterà sempre con sé, come un tratto distintivo, quasi più un marchio di riconoscimento, la A che porta sul petto Hester Prynne nella Lettera Scarlatta.

IL MOVIMENTO DELLA BOCCA

28 maggio 2012. Serbia e Spagna si sfidano in una delle tante amichevoli tra nazionali, per lo più prive d’interesse per il grande pubblico mainstream. I giocatori sono schierati nella consueta formazione orizzontale prepartita, partono le note di Bože pravde, l’inno serbo, ma c’è una bocca che, mentre tutte le altre si muovono intonando le parole del canto nazionale, rimane serrata, impassibile. È la bocca di Ljajic, che si aprirà solo nel post partita, per affermare, in maniera concisa, la propria scelta.

Io amo la Serbia, ho sempre voluto giocare per questa nazionale sin da quando ero bambino. Rispetto tutti, ma prima ancora devo rispettare me stesso“.

C’è tutta l’identità di Ljajic in questa scelta che lo porta allo scontro col padre calcistico, Sinisa Mihajlovic, altro personaggio dalla personalità quanto mai definita, nazionalista tutto d’un pezzo, che nella sua selezione non può tollerare un ammutinamento del genere. Quel mutismo costa caro a Ljajic, che non vestirà più la maglia della nazionale nei successivi due anni, ma niente può scalfire la pretesa di identitaria di Adem. Sei anni dopo infatti, in un palcoscenico ben più ampio, il mondiale russo del 2018, la sua bocca rimane ancora chiusa sulle note di Bože pravde. A Ljajic non interessa ciò che questa sua scelta comporterà, una bufera di polemiche incredibile. Non può cantare l’inno che non rappresenta la sua identità profonda, tradirebbe se stesso e le sue radici. La sua storia con la Serbia è contrassegnata da questa diffidenza storica, 9 reti in 45 presenze, un mondiale, molto deludente, all’attivo, e un feeling mai sbocciato.

La bocca di Ljajic invece si muove, eccome, il 5 maggio 2012. In un ordinario Fiorentina-Novara di fine campionato, coi viola tranquilli a metà classifica e i piemontesi matematicamente in Serie B, il serbo viene sostituito e dice qualcosa di troppo all’indirizzo del tecnico Delio Rossi, che in un impeto di furia decisamente inusuale per un rettangolo verde si scaglia sul giocatore colpendolo. Una scena molto pulp, per gli stilemi del calcio, destinata a fare storia nell’almanacco degli avvenimenti più insoliti del nostro calcio. Un’ulteriore riprova del carattere decisamente spigoloso di Ljajic, la cui insofferenza per le regole lo porterà a limitare di parecchio le enormi potenzialità della stella serba.

REALIZZAZIONE IDENTITARIA

Una forte identità personale si accompagna a un’altrettanto indefinita collocazione tattica. Ljajic è quel che è, non si può adattare alle contingenza, il suo io è troppo forte per essere inglobato da esigenze esterne. Dopo aver mosso i primi passi in patria, il giovane Ljajic viene notato dal Manchester United, che lo mette sotto osservazione, ma poi alla fine rinuncia a ingaggiare il giocatore. Un grande uomo di campo come Sir Alex Ferguson deve aver notato qualche linea scheggiata nel disegno complessivo, una prima avvisaglia del destino che sarà. Sfumato lo United, la grande occasione di Ljajic è la Fiorentina. Nel gennaio 2010 i viola si assicurano il cartellino del serbo per 6 milioni di euro.

In Italia Ljajic trova Sinisa Mihajlovic, che crede fortemente nel connazionale, lo sprona a più riprese, lo mette in guardia dai pericoli rappresentati dalla nutella e dal computer, come un padre in apprensione per il futuro del figlio. Si danna, ci prova, ma non ci riesce. Ljajic non esplode, rimane chiuso nel suo guscio, lancia qualche sprazzo si luce, ma poi fa quieto ritorno nell’oscurità. Dopo Mihajlovic arriva Delio Rossi e con lui il fattaccio del 2 novembre. La stella di Ljajic sembra già eclissata, bollata come un fuoco di paglia, ma ecco che arriva l’uomo della provvidenza, l’unico che forse riesce a capire tatticamente il serbo: Vincenzo Montella.

La stagione 2012/2013 scrive una nuova pagina nella storia personale e identitaria di Adem Ljajic. 12 reti in 31 presenze, un accesso in Champions League sfiorato. Nel 3-5-2 il serbo occupa la posizione d’attacco a fianco di un altro slavo, Stevan Jovetic, andando a costituire una delle coppie gol più belle ammirate in Toscana negli ultimi anni. Poi col proseguire della stagione al duo slavo viene aggiunto anche Cuadrado, ma Ljajic mantiene la sua anima da seconda punta, facendo però la spola con la fascia sinistra. I primi due gol della stagione sono una sorta di laccio karmico che rida equilibrio al passato e spiana la strada al futuro. La prima rete arriva in Coppa Italia proprio contro il Novara, sparring partner nel RossiGate personale di Adem Ljajic. Il primo timbro in campionato arriva contro la Lazio, squadra contro cui il serbo aveva già messo a segno il primo gol in assoluto in Serie A, e che punirà di nuovo nel primo derby con la maglia della Roma.

La stagione 2012/2013 funge da manifesto di tutta la potenza del talento di Ljajic, le sue serpentine nello stretto sono un incubo per le difese avversarie, con quei passetti brevi e fulminanti. Da destra, da sinistra, in posizione centrale, Ljajic è ovunque e sempre pronto a far male a un avversario che prima fa sfiancare con la sua danza ritmica, poi infila con fendenti ben assestati. Come detto, però, l’impresa è solo sfiorata. 70 punti non bastano alla Fiorentina per ottenere un piazzamento in Champions League, che forse sarebbe anche meritato. Ma resta comunque il ritorno in Europa dopo tre stagioni di assenza.

DISCESA IDENTITARIA

Quella consacrazione tattica con l’aeroplano in panchina sarà poi la maledizione di Ljajic, che in tutta la carriera non troverà mai più un allenatore in grado di metterlo nelle condizioni ideali come ha fatto Montella a Firenze. Un problema anche personale, visto che il serbo non ha mai fatto niente per adattarsi alle soluzioni tattiche che i vari allenatori gli proponevano di volta in volta.

Dopo Firenze infatti Ljajic entra in un circolo di incomprensioni tattiche e caratteriali senza fine. Un po’ a sorpresa, dopo un’annata del genere e il crescente entusiasmo a Firenze per il grande acquisto di Mario Gomez, il serbo lascia la Toscana e accetta la corte di una Roma che vive uno dei momenti più bassi della sua storia. I giallorossi vengono infatti dalla tragedia sportiva del 26 maggio e Walter Sabatini mette in scena una vera e propria rivoluzione, che stavolta si rivelerà vincente, piazzando sulla panchina della lupa Rudi Garcia. La stagione della Roma è grandiosa a metà, poi si stabilizza, arriva il record di punti, ma la Juventus è sempre stata parecchio lontana. La squadra di Garcia è un meccanismo perfetto, inebriante quando è in campo, letale e armoniosa. Con gente come Totti, Pjanic e Maicon, uno col talento di Ljajic non dovrebbe faticare ad ambientarsi, ma il serbo nonostante un buon impatto rimane ancorato al suo ruolo di riserva di lusso, oscurato da uno Gervinho in evidente stato di grazia. L’anno successivo, con una Roma in palese difficoltà di gioco, Ljajic riesce ad essere più decisivo, concludendo la stagione con 8 gol.

Nonostante i numeri, il serbo non ha avuto mai una grande centralità a Roma, ingabbiato nel 4-3-3 disegnato da Garcia. L’esterno ideale per il tecnico francese è un velocista alla Gervinho, inoltre un giocatore tecnico da cui deve passare ogni pallone c’è già, e non è uno qualsiasi, visto che si tratta di Totti. Roma si fa stretta per Ljajic, che come a Firenze molla dopo la sua migliore stagione, anche se qui è il più il contesto ad espellerlo in maniera quasi naturale. La stagione seguente all‘Inter è molto opaca, resa anche più difficile da un contesto di squadra non all’altezza. Nonostante ciò però, l’estate successiva una figura torna direttamente dal passato di Ljajic, pronto a dargli una seconda possibilità. Quella figura è Sinisa Mihajlovic.

Al Torino Ljajic si ritrova, disputa una grandissima stagione, finendo con ben 12 gol, come a Firenze ma con più partite giocate. Qui viene schierato ancora esterno sinistro nel tridente, completato da Belotti e Iago Falque, ma recupera quella libertà di manovra che non poteva avere a Roma, potendo contare su un centravanti che facilita il suo gioco come il gallo. Mihajlovic lo conosce, sa come farlo rendere, è l’allenatore che più si avvicina a Montella in quanto a comprensione assoluta delle esigenze di Ljajic, anche se forse più dal punto di vista personale che tattico. Dopo due anni positivi però, il terzo anno in granata si rivela essere il canto del cigno del serbo. Mihajlovic viene esonerato, in panchina arriva Walter Mazzarri, uno che non può vedere di buon grado l’insofferenza tattica di Ljajic. I rapporti tra i due si fanno sempre più freddi, fino a esplodere quando il tecnico decide di lasciare in panchina il serbo nel derby contro la Juventus, preferendogli Edera. A fine anno Ljajic saluta, ha inizio l’esilio turco e il tramonto della stella serba nel palcoscenico calcistico.

IRREALIZZAZIONE IDENTITARIA

I fallimenti di Ljajic hanno un comune denominatore, la pretesa di imbrigliare il suo talento. Sia a Roma che a Torino con Mazzarri, il serbo non è riuscito a calarsi nelle disposizioni tattiche che gli venivano impartite, esaltando a baluardo della propria personalità quell’anarchia che poi è stata la carta vincente sfruttata da Montella prima, e da Mihajlovic poi, per farlo rendere al meglio. La forte identità di Ljajic non rendeva possibile un suo annullamento in un insieme di costrizioni e obblighi, il suo talento per esprimersi aveva bisogno di libertà, perché la cifra della sua personalità è l’affermazione dell’identità più propria, la scelta che deve essere propria per essere sentita e realizzata. Quando l’identità di Ljajic, che fosse personale o calcistica, è stata sotto assedio, il serbo ha reagito, negando la propria disponibilità, per salvaguardare intatta la propria identità.

Ciò che Adem Ljajic ha lasciato al nostro calcio è un atto di irrealizzazione identitaria davvero unico. Irrealizzazione identitaria, una sorta di ossimoro davvero incalzante perché ciò che ha impedito la piena realizzazione calcistica di Ljajic è stata quella forte identità personale a cui il serbo non ha mai voluto rinunciare. “Rispetto tutti, ma prima di tutto devo rispettare me stesso”. Queste parole sintetizzano alla perfezione la carriera di Adem Ljajic, un ragazzo che non hai mai piegato la testa, che non ha mai voluto adattarsi perché farlo avrebbe significato rinunciare alla propria parte più essenziale. Il paradosso di Ljajic sta nella realizzazione della sua irrealizzazione, che è stata pienamente coscienziosa, anche se autodistruttiva. Da Firenze a Torino, il Diez di Novi Pazar ci ha lasciato una serie di delizie da gustare, ma anche l’amaro in bocca per tutto ciò che non è riuscito a farci ammirare.

 

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Chi è Estevao Willian, il gioiellino brasiliano soprannominato “Messinho”

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Estevao Willian

CHI È ESTEVAO WILLIAN – Il Brasile, si sa, di talenti cristallini ne sforna in continuazione. L’esempio lampante è Neymar Jr., ma negli ultimi anni ce ne sono stati tanti. Basti pensare al Real Madrid, con la coppia tutta brasiliana formata da Vinicius Jr. e Rodrygo. Non bisogna poi dimenticare Endrick, classe 2006, pronto a vestire la camiseta blanca e già in gol con la maglia del Brasile. L’ultimo talento che sta attirando l’attenzione degli scout è quello di Estevao Willian, esterno offensivo del 2007, che sta brillando con il Palmeiras.

CHI È ESTEVAO WILLIAN – GLI INIZI E LA CARRIERA FINO A QUESTO MOMENTO

Se il tuo soprannome è “Messinho” vuol probabilmente dire che il potenziale è altissimo ed effettivamente il giovane talento brasiliano può diventare un grandissimo giocatore. Nasce come ala destra e si è già messo in mostra con la maglia della Nazionale Under 17 ai Mondiali, con la quale ha segnato tre gol e fornito tre assist. La sua avventura però si è interrotta contro l’Argentina di Echeverri, altro talentuosissimo giocatore sudamericano. Estevao Willian ha inoltre già firmato un contratto di sponsorizzazione con Nike, nonostante la giovanissima età. Aveva appena dieci anni quando ha accettato l’offerta, ma è destinato a diventare uno dei volti del marchio.

CHI È ESTEVAO WILLIAN – L’INTERESSE DELLE BIG EUROPEE

Come accaduto negli ultimi anni, le big europee non restano di certo a guardare. Il nome di Estevao Willian è già sui taccuini dei principali club in Europa e il PSG ci aveva provato concretamente in passato. La trattativa però non è andata in porto a causa della partenza di Endrick, vecchio pallino dei parigini, che volevano assicurarsi entrambi i talenti. “Messinho” ha un sogno: giocare nel Barcellona, club che tifa fin da bambino. C’è da dire però che Estevao Willian non potrà lasciare il Brasile fino al 2025 (quando compirà 18 anni), ma probabilmente sceglierà la sua squadra prima di quella data. Per lasciarlo partire si parla già di cifre vicine ai 50 milioni, ed è per questo che Chelsea, Barcellona, Manchester City e non solo osservano da vicino uno degli ultimi talenti sfornati dal calcio brasiliano.

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I 5 migliori marcatori U21 della Serie A nel 2023

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I 5 MIGLIORI MARCATORI U21 DELLA SERIE A NEL 2023 – Il 2023 è stato un altro anno in cui la Serie A ha scoperto nuovi talenti, che si sono messi in mostra nel nostro campionato. I nomi sono tanti: dall’MVP Khvicha Kvaratskhelia, passando per tutta la leggiadria mostrata da Joshua Zirkzee, senza dimenticare Rasmus Højlund, ora al Manchester United. Se dovessimo tirare le somme dell’anno 2023 in Italia, chi sarebbero i migliori marcatori under 21 della Serie A nell’anno solare?

I 5 MIGLIORI MARCATORI U21 DELLA SERIE A NEL 2023 – KHVICHA KVARATSKHELIA

L’MVP dell’ultima Serie A ha avuto un impatto straripante sul nostro campionato, contribuendo attivamente alla stagione strepitosa del Napoli di Spalletti. Bisogna considerare che nella seconda parte della scorsa annata ha fatto fatica, e i numeri sono calati notevolmente, ma nonostante questo il georgiano è l’U21 (nato a febbraio 2001) che ha segnato di più nel 2023 in Serie A. Sono ben 11 le reti messe a segno da gennaio fino a questo momento, cinque solo nella stagione attuale. Kvaratskhelia è stato un colpo di mercato incredibile da parte del Napoli, che in estate ha deciso di tenerlo per provare il back-to-back, traguardo che al momento appare abbastanza lontano.

I 5 MIGLIORI MARCATORI U21 DELLA SERIE A NEL 2023 – RASMUS HØJLUND

Parliamo adesso di chi ha lasciato la Serie A, ovvero Rasmus Højlund. Il centravanti danese si è trasferito a Manchester, sponda United, per una cifra che supera i 70 milioni di euro. I Red Devils hanno deciso di puntare su di lui dopo una seconda parte di stagione stellare con la maglia dell’Atalanta. Nel 2023 con la Dea, Højlund ha segnato 8 reti in A, un ottimo dato se si considera i sei mesi giocati in maglia nerazzurra. In questa stagione ha segnato appena una rete in Premier League, nel Boxing Day, ma è attualmente il capocannoniere della Champions League, nonostante lo United sia già fuori dalla competizione. L’Atalanta è comunque riuscita a sostituirlo con diversi acquisti, ma il giocatore ammirato nella prima parte di 2023 è senza dubbio un calciatore già di livello mondiale, ma con ampi margini di miglioramento.

I 5 MIGLIORI MARCATORI U21 DELLA SERIE A NEL 2023 – JOSHUA ZIRKZEE

Zirkzee è un giocatore che ha sorpreso un po’ tutti. Nella passata stagione aveva mostrato diversi lampi del suo talento, ma il dato sui gol messi a segno nel 2023 mostrava una sola rete. Nella seconda parte del 2023, ovvero nella stagione attuale, sono già 7 i gol del gigante olandese. Nell’anno solare sono dunque 8 in tutto, ma per capire l’impatto di Zirkzee è necessario andare anche oltre i gol. Parliamo di un centravanti di oltre 1,90 m, che gioca il pallone come un trequartista e che delizia il Dall’Ara con giocate fuori dal comune per un calciatore di questa stazza. I gol messi a referto in questo anno solare sono senza dubbio destinati ad aumentare già in vista della fine di questo campionato, che vede il Bologna nei primi quattro posti della classifica.

I 5 MIGLIORI MARCATORI U21 DELLA SERIE A NEL 2023 – MATIAS SOULÉ

Classe 2003, argentino, mancino, non ha ormai più bisogno di presentazioni. Dopo aver trovato la sua prima rete in Serie A il 12 marzo contro la Sampdoria, Matias Soulé è stato mandato in prestito dalla Juventus al Frosinone. L’esplosione del ragazzo di Mar del Plata è sotto gli occhi di tutti, dato che in questa stagione sono già 7 le reti messe a segno. Un talento cristallino che con tutta probabilità la Juventus riporterà a casa già nella prossima stagione, sperando magari che possa continuare a offrire prestazioni di questo livello anche all’inizio del 2024.

I 5 MIGLIORI MARCATORI U21 DELLA SERIE A NEL 2023 – LORENZO COLOMBO

Meno considerato magari rispetto agli altri citati in questa lista, Lorenzo Colombo si è ritagliato uno spazio importante in questa classifica. L’attaccante di proprietà del Milan ha giocato con due squadre diverse (Lecce e Monza), ma con entrambe è riuscito a incidere. Sono 5 i gol di Colombo nell’anno solare 2023 (3 con il Lecce e 2 con i brianzoli), ma i tifosi salentini se ne ricorderanno bene uno in particolare. Il 28 maggio Colombo ha segnato il gol decisivo per la salvezza del Lecce, proprio sul campo del Monza, trasformando un rigore al 101′. Una rete che è rimasta ancora oggi nel cuore dei tifosi giallorossi, che ha permesso all’attaccante classe 2002 di scrivere una piccola pagina di storia del club.

 

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10 giovani da tenere d’occhio in Bundesliga nel 2024

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Chi è Bynoe-Gittens

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA NEL 2024 – La Bundesliga è da sempre un campionato che sforna talenti cristallini per il calcio europeo e anche in questa stagione sono diversi i calciatori che si sono messi in mostra. Oggi andremo a vedere quali sono i 10 giovani principali su cui porre la propria attenzione in vista del 2024, con alcune sorprese.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – JAMIE BYNOE-GITTENS

L’esterno inglese del Borussia Dortmund è probabilmente tra i talenti più puri del calcio tedesco e sta progressivamente trovando continuità con la maglia giallonera. Bynoe-Gittens è il sostituto naturale di Sancho, ora in enorme difficoltà al Manchester United, e sta provando a seguire le sue orme in Germania. Esterno d’attacco classe 2004 dotato di ottimo dribbling e grande velocità. Un gol e un assist in questo inizio di Bundesliga, ma anche una rete, la prima della sua carriera, in Champions League.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – FARÈS CHAÏBI

Parliamo di un trequartista classe 2002 nato in Francia ma di nazionalità algerina, cresciuto nel settore giovanile del Tolosa. Ora Chaïbi gioca all’Eintracht Francoforte ed è diventato un punto fermo della squadra. Un gol in campionato, contro il Borussia Dortmund, e uno anche in Conference League, decisivo contro l’HJK Helsinki. Quello che stupisce però è la capacità di servire i compagni: parliamo di un giocatore che ha già raggiunto quota 8 assist tra Bundesliga e Conference League, un dato che dimostra tutto il suo potenziale.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – GRANT-LEON RANOS

Il Borussia Mönchengladbach l’ha prelevato dalle giovanili del Bayern Monaco in estate e Ranos sta piano piano guadagnando minuti in Bundesliga. Punta centrale di 1,80 m dall’ottimo potenziale, destinato ad una seconda parte di stagione importante. Il 2003 armeno ha segnato due reti con la seconda squadra del Borussia Mönchengladbach e con la prima squadra ha trovato il suo primo gol in DFB Pokal contro il TuS Bersenbrück.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – FABIO CHIARODIA

Un altro giocatore del Borussia Mönchengladbach, ma questa volta parliamo di un difensore centrale italiano. Chiarodia è ancora giovanissimo (2005) ma sta macinando minuti con la maglia della prima squadra e il 2024 potrebbe veramente essere il suo anno. Centrale di 1,86 m che può giocare anche da terzino o da mediano, che è diventato già un punto fermo della Nazionale Under 19. Chiarodia va tenuto d’occhio, e potrebbe diventare titolare anche nel Borussia Mönchengladbach entro la fine della stagione.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – TOM BISCHOF

Tom Bischof è un trequartista tedesco del 2005 che si sta mettendo in mostra con la maglia dell’Hoffenheim. 8 presenze in Bundesliga da inizio stagione e un assist messo a referto. Per dimostrare la sua leadership, Bischof è già il capitano della Germania Under 19, con la quale ha segnato 5 gol in 7 presenze. Un potenziale altissimo per il centrocampista offensivo tedesco, che si prepara a prendere in mano l’Hoffenheim e provare a portarlo in Europa, dato che si trova al settimo posto in classifica in questo momento.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – NOAH MBAMBA

In questo caso parliamo di una scommessa, perché Noah Mbamba gioca nella squadra che sta sorprendendo un po’ tutti. Il Bayer Leverkusen è probabilmente una delle squadre che gioca meglio in Europa e per questo motivo farà fatica a trovare minutaggio nella seconda parte di stagione, quando si entrerà nel vivo. Mbamba ha giocato appena due spezzoni in Bundesliga, ma ha segnato anche la sua prima rete con la prima squadra in Europa League, contro il Molde. Il mediano classe 2005 proverà a convincere Xabi Alonso in allenamento, e magari mettendosi in mostra nelle giovanili, dato che ha tutte le carte in regola per giocare nel Leverkusen.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – CASTELLO LUKEBA

Castello Lukeba è già una certezza di una delle squadre più forti di Germania, il Lipsia. Il club Red Bull l’ha acquistato dal Lione in estate e da quel momento è sempre stato titolare. Un gol contro il Bayern Monaco e prestazioni di livello altissimo per il roccioso centrale francese. Il 2024 dovrà essere l’anno della conferma, e poi magari potrebbe arrivare l’occasione in un club ancora più grande. Il percorso potrebbe ricordare quello di un altro grande difensore francese come Upamecano e magari se le sue prestazioni dovessero mantenersi su questo livello, una big europea potrebbe bussare alla porta del Lipsia.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – UMUT TOHUMCU

Il secondo centrocampista dell’Hoffenheim in questo approfondimento, ma questa volta parliamo di un 2004 di origini turche. Tohumcu ha saltato la preparazione estiva a causa di un problema alla caviglia, ma sta tornando in condizione e nelle ultime settimane sta ritrovando la continuità che sperava. Nell’anno nuovo ci si aspetta che diventi un punto fermo del centrocampo dell’Hoffenheim, che in questa stagione ha anche ambizioni europee.

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – EREN DINKÇI

Una delle sorprese di questa prima parte di stagione è senza dubbio Eren Dinkçi, ala offensiva dell’Heidenheim. Un impatto sorprendente sul campionato tedesco, con 6 gol in 15 presenze con la maglia rossoblù. Parliamo di un 2001, arrivato in prestito dal Werder Brema, che sta dimostrando tutto il suo talento in un club che ha senza dubbio meno pressioni. Il prossimo anno tornerà alla base e bisognerà capire se resterà o se una squadra più importante farà un tentativo. Intanto però l’Heidenheim se lo gode, come dimostra la posizione di classifica (nono posto).

10 GIOVANI DA TENERE D’OCCHIO IN BUNDESLIGA – MENZIONE D’ONORE – XAVI SIMONS

Per chiudere, una certezza, ma che ne ha dovuta fare di strada per arrivare fino a qui. Xavi Simons è sotto i riflettori di tutto il mondo fin da quando è bambino, e dopo l’arrivo al PSG il suo nome sembrava destinato a scomparire progressivamente dal mondo del calcio. L’anno in prestito al PSV ha però cambiato le carte in tavola: una stagione straripante, in cui è esploso definitivamente. In estate era tornato a Parigi, ma il desiderio di giocare l’ha portato in Germania, al Lipsia. C’erano molti dubbi sul suo rendimento in un campionato molto più complesso, ma il fantasista olandese ha risposto ancora una volta presente. 4 gol e 7 assist in Bundesliga, con anche due reti in Champions League. Questo è il bottino di Xavi Simons dopo la prima parte di stagione, e nella seconda parte è lecito aspettarsi un ulteriore miglioramento, perché stiamo parlando di un giocatore di appena 20 anni.

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Chi è Lewis Miley, il 2006 che ha segnato con il Newcastle

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CHI È LEWIS MILEY, IL 2006 CHE HA SEGNATO CON IL NEWCASTLE – La settimana scorsa, Jack Hinshelwood è diventato il marcatore più giovane nella stagione attuale di Premier League. Dopo appena dieci giorni, il record è stato battuto: ci ha pensato Lewis Miley del Newcastle. Il centrocampista classe 2006 ha trovato la sua prima rete in carriera in Premier League nella partita contro il Fulham, diventando il più giovane marcatore nella storia del campionato inglese da Federico Macheda.

CHI È LEWIS MILEY – LE CARATTERISTICHE TECNICHE E LA CARRIERA

Lewis Miley è un centrocampista classe 2006, alto 1,88, che si prepara a diventare un pilastro del Newcastle già in questa stagione. Miley ha esordito in Premier League nell’ultima giornata dello scorso campionato contro il Chelsea, e da quel momento è entrato nel giro della prima squadra. Quella contro il Fulham è stata la prima rete in Premier League e sicuramente non sarà l’ultima. La squalifica di Tonali ha permesso a Howe di promuoverlo sempre di più in prima squadra, e non la lascerà più. Cinque partite da titolare nelle ultime sei di Premier League, con un gol e un assist a referto per lui dovrebbero farci capire tutte le sue potenzialità. Al Newcastle da quando ha appena sette anni, Miley ha anche già esordito in Champions League nella sfida del 7 novembre contro il Borussia Dortmund.

CHI È LEWIS MILEY – LA PARTITA CONTRO IL MILAN

Lewis Miley è stato tra i protagonisti della partita contro il Milan. Il giovane centrocampista ha infatti messo a referto un assist, per la rete di Joelinton. Con il passaggio vincente, Miley è diventato il più giovane assistman inglese nella storia della Champions League. Una vera e propria rivelazione quella del 2006, di cui sentiremo sicuramente parlare in futuro ma anche nel presente.

 

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