“José Manuel Moreno Fernández (Buenos Aires, 3 agosto 1916 – Buenos Aires, 26 agosto 1978) è stato un calciatore argentino.
Soprannonimato “El Charro”, è considerato il miglior giocatore della storia, anche meglio di Pelé e Maradona, e uno dei giocatori più completi della storia del calcio argentino e il 5º giocatore sudamericano più forte di tutti i tempi, dopo Pelé, Maradona, Di Stefano e Garrincha”.
LEYENDA DESCONOCIDA
Con un incipit del genere (fonte: Wikipedia), è quantomeno probabile che un minimo di interesse nel lettore sia inconsapevolmente scattato. Pelé, Maradona, Cruyff, Van Basten, Garrincha sono tutti giocatori perlopiù comuni agli amanti del mondo del pallone: chi non ha mai sentito parlare delle gesta del diez argentino, dei mondiali vinti dal fuoriclasse brasiliano o dei ballon d’or vinti dalla stella olandese?
È quando, invece, si parla di José Manuel Moreno a calare in silenzio durante la discussione: mormorii, dubbi, sussurri; ma chi è questo calciatore? Chi ne ha mai sentito parlare? Eppure pensavo di sapere tutto sul pallone.

Questa storia, la storia del Charro, ve la racconta Numero Diez.
IL CONTESTO
Partiamo, innanzitutto, dal contesto storico e caliamoci in una realtà temporalmente assai lontana da quella attuale: sono gli anni ’40, un periodo tribolato ed infelice causato dell’avvento del secondo conflitto mondiale; durante questo periodo di tempo nasce, in Argentina, la leggenda de ‘La Maquina‘: un soprannome tanto presuntuoso quanto calzante per una squadra che dominerà il calcio all’interno dei propri confini, esibendo un gioco spettacolare ed efficace esaltato da interpreti straordinari. Il lasso di tempo coinciso coi successi sul territorio nazionale parte nel 1941 e termina nel 1947 quando Pedernera viene sostituito nel ruolo di centravanti dal baldanzoso Alfredo Di Stefano; quell’Alfredo Di Stefano che solleverà 5 coppe dei Campioni da protagonista assoluto con i blancos di Madrid.

La stella del macchinario perfetto, ideato ed assemblato con arguzia da Renato Cesarini e José Minella (anche se c’è chi attribuisce il merito a Carlos Peucelle), è l’attaccante/centrocampista José Manuel Moreno che si divide il fronte offensivo con altri quattro giocatori di grande caratura: Muñoz e Loustau si esibiscono sulle fasce, mentre El Charro si divide la trequarti con Labruna; i quattro davanti servono Adolfo Pedernera, un giovane centravanti che sarà ricordato come uno dei 100 giocatori più forti di sempre – precisamente il 58°, secondo la rivista 4-4-2.
Per darvi un’idea dello strapotere dei ‘Caballeros de la Angustia‘ – soprannome coniato per il numero notevole di reti segnate in zona Cesarini (in italiano ‘I cavalieri dell’angoscia‘) – il River Plate riuscì, in quegli anni, ad alzare al cielo 8 trofei nonostante la concorrenza assai agguerrita di Boca Juniors, Independiente e San Lorenzo. Quando la squadra riusciva ad alzare le braccia al cielo per la vittoria, inoltre, si assicurava di farlo con uno stile inconfondibile che gli fece guadagnare gli iconici ‘titoli’ sopracitati, di cui uno coniato da un giornalista di Montevideo, Borocotò:
“El tiempo, el buen entrenamiento, la moral que posee el equipo y el valor individual de sus componentes, todo ha contribuido para que River en los actuales momentos dé la sensación de ser una máquina“.
Ecco come nasce la leggenda de ‘La Maquina‘, l’organico che rivoluzionò il calcio argentino tanto da essere paragonato al calcio totale praticato dall’Olanda degli anni ’70; attraverso il 2-3-5, che poi divenne un 3-2-5, gli argentini misero in atto un dominio che li fece entrare di diritto nella storia pallonara, attraverso un gioco che innalzava al primo posto l’essenzialità del tasso tecnico.
JOSE MANUEL MORENO
Un predestinato già da ragazzino. Secondo le fonti dell’AFA, all’età di 15 anni il giovincello innamorato del pallone da calcio provò a farsi strada nello sport tra le fila giovanili del Boca Juniors; fu un fiasco, o forse fu il destino ad indirizzare gli eventi, tanto che il giovane Moreno non si scoraggiò e pare che, con frustrazione nella voce, aggiunse: ‘Un giorno ve ne pentirete!’.

Con un carattere ed una personalità così caliente, J. M. Moreno segnò per sempre la storia del calcio argentino: tecnica di livello superiore, visione di gioco e freddezza in area di rigore fecero di lui il giocatore totale che gli consentì di ricoprire più ruoli ottenendo il medesimo successo ovunque; è, infatti, conosciuto per aver vinto il titolo nazionale in quattro paesi diversi d’America: Argentina, Cile, Colombia e Messico. Il primo in assoluto a compiere un’impresa del genere.
Il suo primato più noto, però, è da ricercarsi altrove, nell’avventura con la Nazionale: in una delle due Copa America in cui ha trionfato, infatti, Moreno è riuscito a segnare ben 5 goal nel corso di un’unica gara: l’avversario di allora era l’Ecuador, umiliato con un passivo totale di dodici reti a zero. Tale record rimane, tutt’ora, imbattuto e forse irraggiungibile.
Statisticamente parlando, El Charro – soprannome guadagnatosi durante l’esperienza vincente in Messico – è considerato il 5° miglior giocatore sudamericano del 20° secolo, (dietro a Pelé, Maradona, Di Stefano e Garrincha) e tra i primi 25 giocatori più forti del mondo. Questo, nonostante la sua reputazione non si riveli impeccabile a livello professionale: il fuoriclasse argentino, d’altronde, sarebbe considerato un bad boy ai giorni nostri, visto che attività come fumare, bere e non presentarsi agli allenamenti non sarebbero ben viste ora come ora.
Ciononostante – e ne è una prova Diego Armando Maradona – il talento, quello reale, di quelli che nascono una volta su mille, non si ferma nemmeno davanti a questi ostacoli e recita solo da comparsa nella narrazione della storia dei più grandi. Storia di cui, El Charro, è indubbiamente parte integrante.
