Così cantava Tullio De Piscopo nel lontano 1988 sul palcoscenico del Festival di Sanremo, quasi ad anticipare quel modo di andare di tanti calciatori che da lì in poi avrebbero calcato i campi di calcio. Potrebbe essere additato a giocatori non dotati di grande velocità ma di ottima qualità tecnica, ma talvolta anche a coloro dai quali ci si aspetta una crescita in tempi brevi, che però mostrano miglioramenti troppo lievi nel tempo.
Un esempio chiaro e tondo di quest’ultima categoria è rappresentato dall’attuale numero 8 della Fiorentina, quel Gerson che tanti aspettano, ma che per ora sta tardando ad arrivare.
UN LAMPO E POCO ALTRO
26 agosto, Fiorentina-Chievo Verona. Dopo la sospensione della prima giornata dovuto al tragico crollo del ponte Morandi di Genova, la Fiorentina scende in campo davanti ai suoi tifosi e affronta il Chievo dell’allora allenatore Lorenzo D’Anna: i viola sono in palla, dominano dal primo all’ultimo minuto e schiantano i clivensi con un punteggio tennistico, 6-1. Mattatore di quella partita sarà il brasiliano Gerson, all’esordio con i gigliati, che segna il secondo gol e fornisce anche l’assist per il gol di Chiesa.
Uomo ovunque, sgroppate di 30-40 metri palla al piede, tasso tecnico elevato e visione di gioco degna dei più grandi registi. Gerson impressiona ed illumina una delle classiche afose serate dell’agosto fiorentino, facendo sognare i tifosi. Qualcuno già rimpiange il fatto che la formula che ha portato il brasiliano in viola sia quella del prestito secco, perchè un giocatore così può diventare devastante. Soprattutto perchè alla prima stagione da protagonista e a soli 21 anni.
Eppure quello è stato l’ultimo e dunque unico lampo di una scialba stagione.
Gerson ha illuso con quella prima partita da fenomeno, andando incontro ad un calo che lo ha portato in una mediocrità che ha toccato per larghi tratti della stagione tutta la compagine viola. Il brasiliano, acquistato per diventare il motore, il collante tra centrocampo e attacco della Fiorentina, non sta dando quanto da lui ci si aspettava. Spesso poco dentro alla partita, fatica a prendere scelte giuste e raramente si assume le responsabilità che un giocatore di tale caratura dovrebbe prendersi. Se Veretout sta riuscendo nel ruolo di regista (nonostante la maggior parte degli esperti lo preferirebbero nel suo vecchio ruolo di incursore), Benassi sta migliorando ed aiutando molto in fase realizzativa, e gregari quali Edimilson Fernandes e, nelle ultime uscite, Norgaard stanno dando il loro apporto, l’unico giocatore del centrocampo viola dal quale ci si aspetta di più è proprio Gerson.
Ma è un problema psicologico o di natura tattica?
IN GIRO PER IL CAMPO
Stefano Pioli ha dato fin dall’inizio il suo assenso per l’arrivo di Gerson, esaltandone tecnica, fisico e soprattutto duttilità. Detto che nelle idee iniziali del tecnico emiliano c’era come modulo base il 4-3-3, per lui il vestito ideale per il giocatore brasiliano era quello di mezzala tecnica, quella che serve da raccordo tra fase di impostazione e fase di conclusione. In poche parole quel giocatore addetto a strappi palla al piede e, perchè no, verticalizzazioni per i compagni d’attacco.
Il numero 8 ha perlopiù giocato in questa posizione, casualmente quella che all’epoca dei numeri dall’1 all’11 chiamavamo “numero 8”. Eppure, nei momenti in cui c’era da dare una scossa, Gerson è stato spostato anche in altre posizioni. Si è adattato in alcuni momenti nel ruolo di regista, ma soprattutto ha avanzato la sua posizione giocando a ridosso della prima punta in una sorta di 4-2-3-1. Risultati migliori? Neanche l’ombra.
Nelle ultime uscite Pioli ha cercato di sostituire anche un altro talento che sta deludendo (probabilmente ancora più di Gerson), ossia Marko Pjaca: ultimamente come terzo di destra in attacco ha giocato – con buoni risultati – Kevin Mirallas, ma lo stesso Gerson ha occupato quella posizione. La stessa nella quale lo faceva giocare Di Francesco, come per esempio nella partita che lo vide segnare una doppietta proprio a Firenze contro i viola.
In nessuna di queste posizioni ha dato l’idea di poter fare la differenza, e soprattutto in questo periodo di alti – pochi – e bassi – diversi – l’ambiente fiorentino si sta un po’ stancando. Le prime voci di un possibile ripensamento di Gerson al momento della firma con i viola non avevano fatto innamorare a prima vista il pubblico fiorentino del brasiliano, ma l’esordio sembrava aver fatto cambiare idea a tutti. Ma purtroppo, l’innamoramento è un processo che ha bisogno di tempo, e dunque non basta un semplice colpo di fulmine improvviso.
Gerson dà l’impressione di poter abbagliare con colpi di classe che in alcuni momenti mostrano le sue reali qualità, che passano sopra ad un’apparente indolenza nei suoi movimenti e nelle sue rincorse nei confronti degli avversari. Ma manca quella maledetta continuità, quella che permette il salto – enorme – da buon giocatore ad ottimo giocatore.
Gerson prova ad aumentare i giri del motore, Firenze aspetta, ma non sappiamo per quanto. Perchè l’andamento lento sta stancando, sia quello del brasiliano che quello di tutta la Fiorentina.