In un Mondiale si ha bisogno di giocare un buon calcio, magari meno bello ma quantomeno redditizio, serve avere un gruppo solido e sano, servono senza dubbio alcune individualità che possano fare la differenza, ma poi ciò che può cambiare il destino in una competizione di così breve durata è sicuramente la solita Dea Bendata, la Fortuna. Chiedetelo alla Russia e alla Croazia che si sono ritrovate ai quarti grazie alla lotteria dei calci di rigore: per carità, chi è in porta ha il compito di pararli i rigori, quindi onore ad Akinfeev e a Subasic (e in realtà anche a Schmeichel, che ha parato il parabile e anche qualcosa in più), ma un pizzico di sorte favorevole c’è sempre.
La Croazia l’ha sfangata. Si è liberata di un’ostica Danimarca che allunga la sua serie di partite senza sconfitte a 19, sebbene se ne debba tornare mestamente a casa, e adesso la squadra di Dalic se la vedrà contro i sorprendenti padroni di casa della Russia. Una Croazia che non ha mostrato la brillantezza delle prime partite, non ha fatto vedere la fluidità del gioco che l’ha contraddistinta nella fase a gironi e che ha stupito tutto il mondo del calcio, ma che in compenso ha mostrato a tutti un giocatore che ha fatto anche presenza in Italia senza far sgranare gli occhi a nessuno, o forse soltanto a pochi: Ante Rebic.

L’AVVENTURA ITALIANA
Sì, quel Rebic. Ante da Spalato, che arrivo in pompa magna a Firenze come uno dei più promettenti attaccanti classe ’93 d’Europa, ma che ha fatto vedere poco o niente. Sì, proprio lui, nessun caso di omonimia. 1 milione di spesa per la coppia Pradè-Macia, che lo acquista a 20 anni poco più (2013): un anno tra le mani di Vincenzo Montella che lo sfrutta e lo alleva come attaccante di riserva, ma un brutto infortunio lo terrà fuori per 3 mesi, il che lo costringerà ad un’interruzione del suo processo di crescita. Poi un anno a Lipsia dove fa più la comparsa che il protagonista, per poi tornare alla casa base nel 2015-16 dove finisce tra le mani di Paulo Sousa. Il portoghese gli dà fiducia, ed addirittura lo plasma in un ruolo che già parzialmente conosceva ovvero quello di esterno destro. La differenza è che Rebic era abituato a farlo come esterno offensivo, e non come laterale di un centrocampo a 4 di un 3-4-2-1. Ante cresce fisicamente, tatticamente e riesce a trovare anche più spazio rispetto al passato: di certo non fa faville e non fa stropicciare gli occhi a nessuno ma una crescita si intravede.
Convince solo a metà a Firenze, poi parte per un nuovo prestito in quel di Verona dove non combina praticamente niente, un prestito che non lascia più alcun dubbio alla dirigenza viola: Rebic non è pronto, meglio sfruttare il suo cartellino per monetizzare un po’. La mossa azzeccata dai viola non è stata tanto il venderlo – visto che l’Eintracht lo acquista per una cifra che tocca a malapena i 2 milioni – quanto il tenersi il 50% sulla futura rivendita. Bella mossa.
DALLA GERMANIA AL MONDIALE
Come avete letto, Eintracht Francoforte: finisce in Germania il possente Ante, tra le mani di Robert Kovac, uno dei talenti più cristallini della storia calcistica croata, la stessa di Rebic. Lo aveva già conosciuto in nazionale, lo aveva addirittura portato al Mondiale in Brasile dove peraltro Rebic lo ripagò con una “geniale” espulsione, che ne mostrò la più totale inesperienza e anche l’incapacità di resistere mentalmente in certi palcoscenici. A Francoforte sotto l’ala protettiva di chi lo ha lanciato cresce, migliora, si sviluppa calcisticamente e non solo, diventando un giocatore offensivo duttile ed intelligente. Oggi Rebic è senza alcun problema un ottimo esterno destro d’attacco, una seconda punta di movimento che può aiutare un attaccante più fisico e statico ed anche un’unica punta che attacca lo spazio ed allunga le difese avversarie a suon di allunghi e spallate a destra e a manca.

Quest’anno 25 partite e 6 gol, 3 assist e, unica pecca, 8 gialli, sinonimo di un caratterino non certo semplice da controllare ma che tutto sommato può piacere a chi lo vede giocare. In questo Mondiale ha dimostrato di non essere più quel ragazzino ancora troppo sgraziato (fisicamente e caratterialmente) del 2014: lotta, combatte, tiene palloni contro ogni genere di avversario, e come detto aiuta tantissimo la Croazia nei momenti di difficoltà. Infatti anche in quei pochi casi in cui non si arriva ai palleggiatori fenomenali del centrocampo a scacchi rossi e bianchi, sulla pallata lunga in avanti state tranquilli che Rebic ci sarà: ha segnato contro l’Argentina grazie ad un regalo di Caballero, ma alla fine se non pressi il portiere, il pallone non può arrivarti. Contro la Danimarca ha fatto impazzire Zanka Jorgensen e Kjaer, addirittura nei supplementari ha avuto la forza di bruciare i due centrali su un’illuminante verticalizzazione del solito Modric, la lucidità di saltare il portiere e di arrivare da solo davanti alla porta sguarnita. Peccato che poi Jorgensen lo abbia steso, impedendo a Rebic di segnare il suo secondo gol in Russia.
Una crescita che in pochi avrebbero pronosticato: in molti avevano visto una fisicità imponente ma un carattere poco controllabile. Una tecnica molto interessante ad un’andatura talvolta troppo ciondolante, sinonimo di poca voglia di volersi mettere in gioco. Niko Kovac ha saputo veramente toccare i tasti giusti, perchè il Rebic di oggi sembra lontano parente di quello che i fiorentini avevano visto al Franchi. Oggi il ragazzo pare che valga tra i 20 ed i 30 milioni, e visto il mondiale che sta facendo il prezzo può soltanto crescere. Certo è l’interesse dell’Everton, pare che ci sia anche un sondaggio del Tottenham, ma quel che è sicuro è che il giocatore è apprezzatissimo dalle squadre di Premier League, che di certo non si risparmieranno un’eventuale battaglia a suon di sterline, in quella che potrebbe un’asta che farebbe felicissima la famiglia Della Valle e il buon Corvino.
Rebic è maturato calcisticamente ed umanamente, ha finalmente dimostrato che quei milioni che valeva da ragazzino non erano certo un azzardo ma un giusto investimento. Oggi è diventato un attaccante moderno, totale, capace di adattarsi ad ogni sistema di gioco e ad ogni tipo di compagno che gli gravita attorno. Rebic oggi è davvero calciatore, e la Croazia in primis se ne sta accorgendo.
