Nella serata di domenica 18 dicembre, precisamente alle ore 16.00 presso il Lusail Iconic Stadium, Argentina e Francia si sfideranno per contendersi la 22ª edizione della Coppa del Mondo. Un match dalle mille sfaccettature che vedrà protagonisti sul campo coloro che si sono messi in luce, ad oggi, come i migliori giocatori del Mondiale: Lionel Messi e Kylian Mbappé.
Ecco la nostra analisi.
DUE STORIE DIFFERENTI, UN EPILOGO TUTTO DA SCRIVERE
È stato un mondiale emozionante, sino ad oggi. Un Mondiale che ha regalato spunti, eliminazioni incredibili e che per certi versi ha rovesciato il concetto di calcio propositivo spesso elogiato, sino ad oggi, come unica fonte possibile di successo sul rettangolo verde. L’eliminazione della Germania per mano del gioco conservatore della nazionale nipponica, il trionfo di una Croazia che si chiude nella propria metà campo ai danni dello spumeggiante Brasile, il crollo certificato dello sterile possesso palla della Spagna o l’eccezionale percorso di un Marocco cinico e spietato in fase di contropiede. Questi sono solo alcuni tra i tanti spunti che la controversa edizione invernale del Mondiale qatariota ha regalato agli appassionati di pallone di tutto il mondo. Un percorso ormai giunto al termine e chiamato a decretare un vincitore: Francia o Argentina?
In entrambi i casi, la Coppa del Mondo si andrebbe ad aggiungere ad un palmarés che già annovera quel trofeo nelle bacheche di ambedue i movimenti calcistici. Sia per l’Argentina che per la Francia, questa vittoria significherebbe aggiungere la tanto agognata terza stella sul proprio petto. Per l’Argentina, vincere sarebbe storico nel modo più assoluto del termine: il protagonista ne sarebbe Lionel Messi, in grado di replicare a 35 anni le gesta di chi lo precedette nel 1986, l’anno in cui Diego Armando Maradona scrisse indelebilmente il suo nome nella storia del calcio tra le mura dell’Estadio Azteca di Città del Messico.
Per la Francia si tratterebbe di un successo leggendario sotto una luce diversa: l’eventuale trionfo rappresenterebbe la continuità di successi del movimento calcistico transpalpino e certificherebbe un’impresa che nella storia della competizione è riuscita solo ad Italia e Brasile (la vittoria di due titoli mondiali consecutivamente, ndr).
IL PERCORSO
Il percorso che ha condotto Francia e Argentina alla finale di Lusail è stato differente per sviluppo e per proposta di calcio e ha restituito al pubblico due immagini profondamente differenti di ciascuna nazionale.
La Selección intraprende il proprio cammino con un passo falso che, ad oggi, è l’unico intoppo di un percorso encomiabile. La sconfitta contro l’Arabia Saudita, effettivamente, ha il merito di sgonfiare agli occhi del mondo la squadra di Messi e i suoi, restituendo agli appassionati un immaginario che entra in netto contrasto con quella stessa squadra capace, poco prima, di arrivare a 36 risultati utili consecutivi. Già, perché attorno all’Argentina della last dance della Pulga l’aura è di quelle mitiche e sconfiggere quella stessa squadra, nella percezione comune, è un atto di lesa maestà nei confronti di colui che, quel Mondiale, è chiamato a vincerlo nel segno del fato. L’impresa di sconfiggere l’Argentina – contrariamente ad ogni aspettativa – si compie nel primo turno della competizione e finisce per risultare tutt’altro che complessa, scoraggiando qualsiasi retorica e narrativa attorno alla mitologica figura di Messi come erede del Pibe de Oro.
L’esordio fallimentare, alla fine, si rivela un evento tutto sommato positivo: umanizza la Selección e la riconcilia con una realtà che qualora dovesse incoronarla vincitrice lo farà solo in virtù del campo – unico giudice universale – e non nel nome di qualche rimando filosofico-metafisico alla leggenda di Diego. L’Argentina, difatti, risorge con orgoglio, collezionando una vittoria dopo l’altra e rischiando di inciampare solo contro una coriacea Olanda capace di farsi sotto fino alla lotteria dei rigori. La successiva vittoria per 3-0 contro la Croazia, infine, si rivelerà solo una passeggiata di salute per Messi e i suoi che, dopo aver annusato il pericolo della débâcle contro l’Oranje, chiudono i giochi in maniera netta, staccando il biglietto per la finalissima.
La Francia inaugura il percorso sul campo in modo decisamente più incoraggiante – specialmente se rapportato alle questioni immediatamente precedenti al fischio d’inizio della competizione. Già, perché la squadra transalpina si affaccia alla 22ª edizione della Coppa del Mondo con serie defezioni: l’assenza di due terzi del centrocampo titolare, composto da Paul Pogba e N’golo Kanté, ad esempio, il forfait dell’astro nascente Christopher Nkunku e, ciliegina sulla torta ed autentico smacco, il pesante infortunio di Karim Benzema che costringe la FFF a rinunciare all’apporto dell’attuale Pallone d’Oro in carica. Una serie di episodi sfortunati che avrebbero pregiudicato il percorso di chiunque, meno che della Francia che, disponendo di un bacino di talenti immenso, gestisce l’imprevisto e si reinventa in una nuova brillante veste. Così, les Bleus trovano proprio nei nuovi protagonisti – Tchouaméni, Rabiot e Giroud – e nelle antiche certezze – lo stradominio fisico e tecnico di Kylian Mbappé – le basi su cui costruire il percorso lastricato di successi che li conduce al capitolo finale della competizione. L’unico passo falso? Un’ininfluente sconfitta maturata durante l’ultima partita del girone D contro la Tunisia. Per il resto, Polonia, Inghilterra e Marocco poco hanno potuto contro le folate di Mbappé ed il killer instinct di un ritrovato Giroud.
IL TEMA TATTICO
I percorsi di Argentina e Francia ci raccontano come, al di là dei goal pesantissimi dei vari protagonisti, le due selezioni nazionali si siano aggrappate soprattutto ai loro leader e fenomeni: Lionel Messi e Kylian Mbappé. I due numeri dieci sono stati indiscutibilmente i due migliori giocatori della competizione. Entrambi sulla cima della classifica marcatori e della classifica degli assistman con cinque reti e tre assist ciascuno. Paradossalmente, sarà il francese classe ’98 ad essere maggiormente a proprio agio sul rettangolo di gioco al Lusail Iconic Stadium. Una finale dei Mondiali lui l’ha già raggiunta e vinta a soli 19 anni, mentre il diez dell’Albiceleste, con 35 primavere ed una finale persa sulle spalle, è all’ultima grande chiamata…
Al di là delle loro stelle, Francia e Argentina sono due squadre che si sono rivelate solide e che hanno trovato il loro equilibrio in maniera differente. La Francia, quadrata, spietata in velocità con Dembélé e Mbappé è ormai orientata a un 4-2-3-1 che vede protagonisti i soliti undici con qualche rotazione tra centrocampo e difesa. Lloris tra i pali, Koundé e Theo Hernandez ad agire ai lati dei centrali Varane e Upamecano, con quest’ultimo soggetto a rotazioni con il collega di reparto del Liverpool, Konaté. A centrocampo, la coppia Tchouaméni-Rabiot è apparsa insostituibile, salvo nell’ultima gara con il Marocco in cui il centrocampista della Juventus ha abdicato per un raffreddore dell’ultima ora. In attacco, i soliti tenori: Mbappé alto a sinistra, Dembélé a destra e Griezmann ad agire da collante tra centrocampo e attacco a dialogare con il fulcro offensivo, Olivier Giroud.
Se la Francia sposa il motto ‘squadra che vince non si cambia’, l’Argentina è invece più camaleontica e votata al rinnovamento. Di partita in partita, la squadra guidata da Scaloni è scesa in campo con uomini e moduli di gioco differenti. Se la variabile di cui andare certi era la difesa a quattro, la partita contro l’Olanda ha invece regalato un assetto con tre difensori che ricorda molto i 3-5-2 che si vedono spesso in Serie A. Ad agire a difesa della porta la certezza Emiliano Martinez, già protagonista in Copa America e decisivo in occasione dei rigori contro l’Olanda. La difesa, tendenzialmente composta da una linea a quattro prevede l’impiego di Molina (ex Udinese, ndr) e Acuña sulle fasce, con Romero e Otamendi ad agire da centrali di difesa. A centrocampo gli interpreti titolari sono de Paul e Mac Allister ai lati con Enzo Fernández in cabina di regia di un reparto a tre. Davanti, spazio alla fantasia.
Messi è l’unico certo del posto, Julian Álvarez è spesso in ballottaggio con Lautaro per il ruolo di punta, mentre Di Maria e il Papu si giocano il terzo slot in attacco in caso di 4-3-3; in caso contrario, spazio anche a Paredes in mediana per un 4-3-1-2 con Messi e Julian come terminali offensivi. Più indietro nelle gerarchie, almeno fino ad ora, Dybala e Correa.
Sarà interessante osservare come Francia e Argentina si sfideranno in campo, in virtù del fatto che nessuna delle due squadre è amante del possesso palla o, quantomeno, desideri comandare il gioco. Contro Olanda e Croazia, ad esempio, il possesso palla dell’Argentina si è attestato prima sul 48% e poi sul 39%. Idem per la Francia che contro Inghilterra e Marocco ha accumulato rispettivamente il 43% ed il 39%. Possibile, dunque, immaginare una finale piuttosto ‘tirata’, con ampi fasi di studio e con le giocate dei singoli chiamate a sbloccare il risultato che, già dopo la prima marcatura, potrebbe aprire a scenari di gara differenti.
Il clima, comunque, è già bollente in vista di domenica…
Comunque vada, sarà uno spettacolo.