Nei giorni in cui tutte le emittenti televisive e testate giornalistiche caldeggiano l’ipotesi di un clamoroso ritorno alla Juventus dell’attuale difensore del Milan Leonardo Bonucci, lo stesso club rossonero si prepara a riaccogliere in società uno degli uomini cardine dell’epopoea berlusconiana: Ariedo Braida.
Conclusa la breve e drammatica parentesi Li Yonghong e inaugurata l’era Elliot, l’organigramma della società che ha sede in Via Aldo Rossi è in continuo rinnovamento e, licenziato Massimiliano Mirabelli, il nome più chiacchierato come futuro direttore sportivo è proprio quello dell’ex braccio destro di Adriano Galliani. Dopo aver messo la sua decennale esperienza a disposizione del Barcellona di Bartomeu, il dirigente friulano, nonostante la carta di identità non sia più così generosa (72 anni), ha confermato di esser pronto a tornare in quella che dal 1986 al 2013 è stata la sua casa.
GLI INIZI
“Ero un giocatore atipico, mi piaceva frequentare i dirigenti che erano sempre imprenditori di successo da cui poter imparare qualcosa”.
Attaccante modesto e capace di andare a segno solo 14 volte in Serie A in un’intera carriera, Ariedo Braida si è tolto in giacca e cravatta le soddisfazioni che il prato verde non gli ha regalato. Dopo un avvenire da calciatore, come detto, senza particolari squilli ed incentrato principalmente su buone stagioni in Serie B (Varese in primis), Braida ha esordito come dirigente nella società del Monza (81′-84′) prima di passare nella squadra più blasonata della sua regione nativa: l’Udinese.
MILANO COME SECONDA CASA
Nel 1986, con l’avvento di Silvio Berlusconi, l’ex dirigente dell’Udinese ha dato il via al suo sodalizio trionfale con i rossoneri nell’inedito ruolo di direttore generale, carica mantenuta fino al 2002 quando è tornato a rivestire i gradi di direttore sportivo.

La crescita societaria del primo Milan berlusconiano, orchestrata da Adriano Galliani, si sviluppa parallelamente a quella della squadra che, prima Sacchi e poi Capello, porteranno per tre volte sul tetto d’Europa. Dietro alla creazione di quell’organico da sogno c’è la mente sapiente di Ariedo Braida. Il primo grande colpo la triade rossonera lo fa in panchina: da Parma arriva Arrigo Sacchi e con lui la storia rossonera e la storia del calcio in generale subiscono una vertiginosa impennata. Assieme al tecnico di Fusignano giungono sotto la Madonnina i vari Donadoni, Ancelotti, Gullit e, a parametro zero, un certo Marco Van Basten, fiore all’occhiello degli acquisti targati Braida. Il celebre trio degli olandesi si cristallizza con l’arrivo rocambolesco di Frank Rijkaard, indimenticabile la fuga dello stesso Braida dalla sede dello Sporting Lisbona con il contratto nelle mutande per evitare l’ira dei supporters biancoverdi contrari alla cessione.
La fase conclusiva del XX secolo è sicuramente la meno brillante dell’Ariedo dirigente e a conferma di ciò c’è una dichiarazione datata 2006 del patron Berlusconi su uno dei suoi pochi flop in sede di mercato:
“Ancora oggi rimprovero al povero Braida di essere tornato da Bordeaux con Dugarry, mentre doveva tornare con Zidane”.
Il periodo di magra, dovuto anche ad un appagamento della presidenza, è terminato con l’arrivo di Carlo Ancelotti e, in primis, con l’approdo in rossonero degli ultimi due grandi colpi della scuderia braidiana: Ricardo Izecson Dos Santos Leite detto Kakà e Andry Shevchenko.

Da Berlusconi senior a Berlusconi junior: l’avventura di Braida a Milano si è conclusa quando l’ex patron ha abdicato in favore della figlia Barbara, rea di aver estromesso subito il friulano dai progetti societari. Nonostante l’amore che legava e lega tutt’ora l’ex calciatore e la squadra lombarda sia viscerale, i rapporti, come ci suggerisce questa dichiarazione, non si sono chiusi al meglio:
«Sono consapevole che con il tempo le storie finiscono. Però i modi e il garbo nel comunicare le decisioni sono importanti. Bisogna avere il rispetto della storia: penso alle vecchie glorie del Real Madrid che ancora conservano uffici nella sede del club».
A SERVIZIO DEL BARCELLONA
Dopo una brevissima parentesi a Genova sponda Samp su Braida si è fiondato il Barcellona del nuovo corso targato Bartomeu. Dopo anni di successi fondati sullo sviluppo della Masia, il Barça ha messo in campo tutto il suo potere economico acquistando a cifre macroscopiche alcuni dei migliori talenti sulla piazza (Coutinho, Dembelè, Malcom). Per questo lavoro di scouting il nome di Ariedo Braida non può che combaciare perfettamente con le necessità dei blaugrana ed infatti il suo giudizio sul Barcellona e su Barcellona non può che essere positivo:
«Confermo, più che un club. E’ una società fantastica, grandissima. La vivi in ogni dove, dagli uffici al campo. Trasmette uno straordinario senso di appartenenza»
L’ambizioso progetto del nuovo Milan sta come detto portando ad una rivoluzione dei ruoli dirigenziali più in vista e se come dice Jorge Valdano per costruire una società forte c’è bisogno di un uomo che sappia dire di no, un uomo di campo e un visionario, Ariedo Braida è in questo momento il visionario di cui i rossoneri hanno terribilmente bisogno.