Difficilmente ci si trova a dedicare fiumi di parole alle nefaste avventure di qualche campione. Più solitamente è l’elogio il moto che porta a riempire le righe. Ma qualche volta bisogna pur lasciar spazio e dedicare l’attenzione a quei campioni che – per destino o semplice sfortuna – si ritrovano, riavvolgendo il nastro della propria carriera – nel pieno o già conclusa – ad appellarsi all’ingiustizia divina per gli ostacoli posti sul proprio cammino nella via per la fama personale e il successo sportivo.
Questa volta l’attenzione è dedicata totalmente a Sergio Asenjo. Il primo moto che spinge la nostra attenzione verso il numero 1 del Villarreal è la prestazione strabiliante sfoderata contro il Real Madrid. Prestazione catalizzatrice probabilmente di un momento, dell’inversione di marcia – dovuta e guadagnata – della sua carriera che di quanto lo ha ingiustamente privato, dovrebbe quantomeno restituire.
CRACK
Classe ’89. Non un personaggio da copertine, particolari attenzioni e folli cifre di mercato. Un predestinato nella sua adolescenza. Con l’Under 17 spagnola si affigge al collo il bronzo europeo nel 2006. Un anno dopo il passo – obbligatorio per anagrafica – nell’Under 19 e il bronzo che diventa oro. Guadagnato da protagonista. 2 presenze nel torneo. Ma decisive. In panchina fino alla semifinale contro la Francia per scendere in campo prendendosi la finale poi con 2 parate – decisive – ai rigori dopo lo 0-0 regolamentare.
E il passo importante e ancor più decisivo in finale contro la Grecia.
Impossibile non accorgersi dell’evidente prospetto che è Sergio Asenjo. E non compie l’errore di indifferenza la sua squadra, il Real Valladolid, che lo promuove in prima squadra affidandogli la porta. In due anni poco meno di 50 presenze da titolare. Due anni positivi e premonitori di rosea carriera.
Con una piccola parentesi nel 2008, seconda stagione: la rottura del menisco del ginocchio sinistro che lo tiene fuori 3 mesi fra gennaio e marzo. Piccolo, primo campanello d’allarme e principio di futuri calvari da non sottovalutare – si direbbe oggi leggendo le cronache della sua carriera. Fastidioso ma tutto sommato normale incidente di percorso nella carriera di un giocatore il ragionevole pensiero di allora.

L’investimento che l’Atletico Madrid fa nell’estate del 2009 non è di quelli che se ne legge ora, ma i 5 milioni versati su un mero giovane prospetto valgono un ottimo biglietto da visita nel momento di partenza del movimento Colchonero, oggi realtà.
A Madrid infatti Asenjo continua la strada della titolarità che aveva lasciato al Valladolid.
I preliminari di Champions League temporanei ostacoli che fanno approdare poi l’Atletico alla fase a gironi.
Gironi conclusi dietro – e di molto – a Chelsea e Porto e “retrocessione” nei sedicesimi di Europa League. La pressione di un David De Gea (più giovane) agli albori si fa sentire e la competizione interna è alta ma fino a quel momento è Asenjo il numero uno dell’Atletico. Fino a che al talento del collega più giovane non si somma Quique Sanchez Flores – nuovo allenatore – le cui idee sulla gerarchie della primissima linea dell’Atletico sono diverse. Opposte.
In porta la situazione cambia con il più giovane De Gea a subentrare nella titolarità e Asenjo costretto agli abiti della panchina.
E la sfortuna inizia a entrare pesantemente nella carriera fin lì promettente. Il primo campanello non più di tanto considerato – comprensibilmente – risuona alla porta. È ancora il ginocchio sinistro a cedere. Questa volta pesantemente, la diagnosi risuonerà come l’incubo di ogni giocatore. Rottura del legamento crociato anteriore. Intervento e mesi di inattività. Fortuna relativa che alleggerisce il peso dello stop – se possibile – visto che il crack colpisce Asenjo a maggio. A campionato praticamente finito con la speranza e fiducia di perdere meno partite possibili della stagione occupandosi della riabilitazione nel periodo estivo di stop ai campionati.

Dopo 185 giorni Asenjo rientra infatti fra gli arruolatili relativamente presto – già a novembre è agli ordini di Quique Sanchez Flores. Ma la titolarità è ovviamente unico possesso di De Gea e dal rientro mai il campo verrà calpestato in maglia Colchonera. Quindi la soluzione ovvia e più immediata è la cessione, il prestito almeno, addio momentaneo per tornare a giocare ed essere, a 21 anni, il prospetto di cui tanto si era parlato.
Malaga la direzione. Titolarità indubbia. Ma “crack” suono freddo e meschino che risuona ancora nell’orecchio di Asenjo. A febbraio 2010 seconda rottura del legamento crociato anteriore. Però cambia ginocchio, è il destro questa volta a cedere. Due volte il sinistro e ora il destro. Nessuna spiegazione possibile nella mente del portiere. Se non l’accanita e famelica sfortuna bramosa di prendersi la sua carriera.
Canonici sei/otto mesi di stop (tradotti poi nei finali 185 giorni) riducono a qualche partita l’esperienza dell’auspicata rinascita a Malaga e che a giugno lo riportano a Madrid. Ad assistere e collaborare alla nascita di un altro fenomeno dei pali in casa Colchonera. Thibaut Coutrois raccoglie l’eredità di De Gea volato verso Manchester.

Nelle due successive stagioni – libere da infortuni, novità assoluta – miseria di 15 presenze (sollevate dalle 8 in Europa League del 2012-13). Rimanere a Madrid sarebbe sofferenza prolungata per quelle che più che un prospetto dei pali, ormai, si porta sulle spalle la pesante croce di fragile numero uno.
La nuova sfida ha il nome di Villarreal. Gialli come le luce di speranza di far decollare la propria carriera. E la prima stagione restituisce – almeno personalmente – ad Asenjo quello che fio a quel momento non gli aveva mai permesso. Un intera stagione da titolare conclusa con la qualificazione in Europa League del sottomarino giallo. Quando Asenjo può parare, fa la differenza.
Gioia effimera. Nella stagione che frena il Villarreal agli ottavi di Europa League e solo in semifinale di Copa Del Rey il ginocchio del portiere si ripresenta. Questa volta in salsa paradossale, romanticamente crudele. Perché a fare crack è ancora il ginocchio destro. Come l’ultima volta. Ma il punto che colpisce è che l’occasione è la partita contro il suo Atletico. Quello che per poco lo aveva accolto, che di responsabilità non ne aveva se non quello di avere in organico delle promesse e futuri campioni che erano Courtois e De Gea.

In queste occasioni il limite fra sfortuna infame e predisposizione è molto labile, forse quasi inesistente. Quasi impossibile additare responsabilità a uno dei due.
Due volte il sinistro, due volte il destro. Terza rottura del legamento crociato. La più dura e più lunga che lo costringe fuori per 298 giorni.
Torna in campo a marzo 2016. Fermando il Barcellona sul 2-2. Quando Asenjo gioca, fa la differenza. In quella stagione però solo 4 presenze in campionato nonostante l’infortunio fosse archiviato già a Febbraio. Il fattore? Alphonse Areola, in prestito dal PSG, e inaspettato uomo chiave della stagione del Villarreal.
Archiviato il prestito del francese e ripresa la propria posizione gerarchica al Villarreal nella stagione 16/17 Asenjo sembra essere tornato il fattore in più del Villarreal in grado di frenare il Real Madrid nella gara d’andata, rimanere imbattuto nel 3-0 contro l’Atletico, e stoppare il Barcellona sull’1-1.
Ma se abbiamo imparato qualcosa sulla carriera di Sergio Asenjo è che nel momento decisivo, del lancio, del definitivo e atteso decollo, la reazione è inconsueta con le ginocchia che quasi si sciolgono come burro al sole estivo.
Clamorosamente il ginocchio fa crack per la quarta volta, nel ritorno con il Real Madrid, questa volta ritorna sul ginocchio sinistro, il principio dei mali. Stagione finita e rientro posticipato ulteriormente nella stagione in corso per problemi alla schiena che lo hanno tenuto fuori per altre 13 partite. Fino al nuovo esordio – sempre col Barcellona – nel dicembre scorso.
I NUMERI DELLA SFORTUNA
Ricapitolando in numeri, 4 sono le rotture del legamento crociato equidistribuite fra ginocchio destro e sinistro.
Dall’inizio della carriera nel 2006/07, in 11 anni e poco più ha collezionato solo 225 presenze. Calcolo presto fatto e media di 19 gare all’anno (nel calcolo coppe comprese).
Negli ultimi 7 anni Asenjo si è dovuto fermare per 943 giorni complessivi. Equivalente di 2.5 anni, più di 1/3 del tempo.
Nella sola esperienza del Villarreal sono 573 i giorni lontano dal campo.
REDENZIONE
Dal suo rientro per il Villarreal in 5 partite sono arrivati 1 pareggio e 3 vittorie, di cui la storica spedizione al Bernabeu. Con Asenjo assoluto protagonista.

Un’escalation di parate fino al capolavoro su Cristiano Ronaldo, climax ascendente di difficoltà e importanza. Principio l’intervento sul tiro da fuori di Marcelo.
Poi sulla punizione di Ronaldo.
E infine con l’autentico miracolo sempre sul pallone d’oro solitario dopo il rasoterra teso dalla destra.
La carriera di Asenjo – ormai 28enne – sembra ripartita per l’ennesima vuole con l’auspicio che il prologo non sia lo stesso degli anni precedenti.
Perché sarebbe un vero peccato, oltre che per Asenjo stesso, ma per lo spettacolo e e per il suo Villarreal.
Perché Asenjo, quando può parare, fa la differenza.