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Nel nome di Madrid

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Nel nome di Madrid

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La Juventus fa cilecca nel match più importante della stagione e questo non può che far notizia, specie se una prestazione tanto scoraggiante pregiudica l’approdo alla fase successiva di una competizione così ardemente bramata. I bianconeri appaiono abulici, spaventati, statici e, se non fosse stato per il VAR, non è da escludere che il passivo potesse peggiorare ancor più. Ma andiamo con ordine.

L’ATLETICO FA L’ATLETICO, LA JUVE SI TIRA INDIETRO

La Juventus si presenta nella capitale spagnola schierando il consueto undici titolare – fatta eccezione per Mattia De Sciglio – ed affronta l’Atletico Madrid più arcigno e solido degli ultimi mesi. Le debolezze mostrate in Copa del Rey, difatti, sembrano appartenere ad un’altra epoca, in rapporto alla garra e alla concentrazione messe in mostra nel match del Wanda Metropolitano: l’organizzazione dei colchoneros è quasi poetica per coesione e gestione dello spazio; la squadra agisce come un blocco unico, appare mordace ed esegue a regola d’arte la manovra di pressing ed ostruzione delle linee di passaggio al fine ripartire in velocità, all’assedio dell’area di rigore nemica. Effettivamente, è proprio un astratto concetto di ‘lotta contro il nemico’ ciò che aleggia attorno agli animi rojiblancos e per quanto quest’ultimo giudizio possa apparire come un riferimento alla solita retorica spiccia del concetto di garra, è proprio allo spirito guerrigliero che si fa appello quando si cerca di definire, razionalmente, i contorni dell’undici condotto da Diego Pablo Simeone; non è un caso che le due marcature siano goal sporchi, reti realizzate in mischia che altro non fanno che sottolineare la tenacia che si trova alla base di questo gruppo.

A detta del tecnico bianconero, sarebbe stato importante trovare la marcatura in sede madrilena ma, ciononostante, le parole del toscano sembrano tradire la causa sposata nella serata di ieri, quando in campo scende una Juventus in affanno, raramente pericolosa e che difficilmente mette i propri attaccanti in condizione di segnare; di ciò ne è un emblema Mario Mandžukić: il tanto lodato centravanti croato è sembrato ai presenti null’altro che un ectoplasma; i palloni toccati si contano sulle dita di una mano e l’apporto difensivo del vice-campione del mondo è stato carente come raramente è mai avvenuto durante le ultime stagioni a tinte blackandwhite. Allegri paga anche la scelta di inserire De Sciglio – per quanto oculata al fine di potersi giocare la carta Cancelo nel finale – nella formazione titolare: il ragazzo, nonostante veda risiedere le proprie principali peculiarità nella cura della fase difensiva, scricchiola non poco, tanto da sbagliare diversi palloni ed interventi: è il provvedimento postumo – tramite VAR – addirittura, a salvare la squadra da un presunto rigore a cui sembrava averla condannata al 29esimo della prima frazione.

‘È una trasferta nata male’ si dirà di Massimiliano Allegri, il quale, ottimista come di consueto, apparirà speranzoso e lieto di aver evitato di subire un’ulteriore rete che avrebbe complicato in maniera quasi definitiva il possibile approdo ai quarti: i due professori di Harvard, tuttavia, non lo hanno certo aiutato, anzi, di fronte allo strapotere dei centrali avversari, sono sembrati più matricole che docenti veterani. Non è esente da colpe, inoltre, il centrocampo: il reparto guidato dal febbricitante Pjanić non è stato in grado di eccellere in alcuna delle due fasi; i pochi palloni per gli attaccanti arrivavano soprattutto dalle incursioni di Alex Sandro ed i contropiedi a cui la squadra bianconera è stata soggetta non possono che individuare un colpevole nel trio di metà campo: Matuidi, se non altro, ha corso come suo solito, mentre il giovane Bentancur è sembrato fuori luogo, garantendo un apporto tanto scarso quanto continuativo nella sua mediocrità.

L’asse Torino-Madrid, anche quest’anno, sembra essere motivo di spiacevoli vicissitudini per il popolo torinese.

SULLA PASSERELLA

I protagonisti della passerella della sfida non sarebbero stati altri all’infuori di Antoine Griezmann e Cristiano Ronaldo: delle due star, tuttavia, è solo la prima a brillare; le petit diable gioca con una leggiadria che sembra quasi tradire una superficialità ed una leggerezza che, in realtà, non gli appartengono: nonostante i tocchi delicati e la sfrenata eleganza, l’efficacia con cui colpisce la sfera non viene mai messa in discussione e ne sono un emblema la punizione dal limite, il tocco sotto con cui cerca di superare Szczesny o il colpo di tacco con cui tenta di suggellare la manovra d’assedio in atto in quel momento. Un giocatore splendido, ossimorico, per classe, in rapporto all’Atletico Madrid, ma con cui si riscopre perfettamente complementare per un binomio brutalmente letale.

Cristiano Ronaldo, dal canto suo, nella serata più attesa e per la quale è stato ingaggiato, floppa. Per quanto possa apparire come sacrilego abbinare ‘CR7’ a ‘flop’, è quantomeno doveroso, in termini di onestà intellettuale, sottolineare come l’asso portoghese non abbia avuto, sin qui, la rilevanza che ci si aspettava mettesse in mostra. Il goal realizzato contro il Manchester United, ad esempio, si è rivelato tanto incantevole quanto velleitario in relazione al risultato finale.

La Juventus, i campionati li ha vinti senza la necessità di acquistare il giocatore più forte in circolazione: appare vano il tentativo di raccontarsi che la UCL non sia un’ossessione e che l’acquisto di Ronaldo – il quale, a bilancio, pesa oltre 80 milioni di euro – non sia avvenuto con l’unico obiettivo di fare il colpo grosso; in che altro modo una società oculata e lungimirante come la Juventus spiegherebbe la realizzazione di un ingaggio così oneroso, soprattutto in relazione al documento anagrafico di quest’ultimo?

Non è più tempo di mettere le mani avanti e per Cristiano Ronaldo è giunta l’ora di iniziare a rimboccarsi le maniche: non è troppo tardi, ma dovrà essere lui stesso a suonare la carica, dall’alto della sua esperienza e del suo carisma. L’ambiente stesso ha confermato come il suo ingaggio abbia stravolto in positivo gli equilibri e, per quanto possa sembrare arduo, CR7 & co. avranno l’obbligo di provare a ribaltare la situazione: realizzare due reti all’Allianz Stadium, senza subirne, trascinando la gara ai supplementari/rigori è davvero una chimera? Martedì 12 marzo avremo l’attesa risposta, nella speranza che le coscienze dei protagonisti maturino – in virtù di un distacco di 13 punti dalla seconda e dall’uscita dalla Coppa Italia – la consapevolezza che abbandonare la competizione agli ottavi sarebbe devastante a livello psicologico e lascerebbe la squadra con la batteria scarica.

LE PAROLE DI ALLEGRI ED IL DISCORSO KARMA

“Abbiamo fatto un buon primo tempo, con ritmi alti e ottima circolazione di palla, ma poi ci siamo adeguati a loro, disputando una ripresa brutta e senza fare tiri in porta. Siamo stati puniti su due palle inattive, la loro forza, perché sanno essere cattivi anche quando la partita sembra senza sussulti. Ci siamo, però, fatti trovare impreparati anche un altro paio di volte, come sulla traversa e nell’occasione di Diego Costa. L’Atletico gioca sempre al limite. Penseremo a fare una grande gara a Torino. I gol presi? Non sono preoccupato, contro l’Atletico può capitare di prendere gol su calcio da fermo. Il risultato si può ribaltare al ritorno, anche perché peggio di così non possiamo fare e recupereremo qualche giocatore. Ci vorrà una grande partita, ovvio. Importante non aver preso il 3-0“.

Che peso avrà il karma?

Juventus-Atletico Madrid sarà un’opportunità di rivincita per realizzare fino in fondo una rimonta che l’anno scorso non è stata suggellata dal passaggio alle semifinali o l’ineluttabile forza travolgente del destino, ancora una volta, spezzerà le flebili speranze di remuntada bianconere, in nome della inimicizia di Madrid?

Alla Champions League l’ardua sentenza.

 

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Flash News

Jankto si racconta: “Coming out? Volevo mandare un messaggio, è andata molto bene”

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sampdoria, Jankto è in partenza

JANKTO – Dopo le esperienze al Getafe e allo Sparta Praga, Jakub Jankto ha scelto di tornare a giocare in Italia, dove aveva vestito le maglie di Udinese e Sampdoria, e iniziare un’avventura con il Cagliari. Il centrocampista ceco è stato intervistato da ESPN e ha parlato della sua nuova squadra, dei tifosi e del suo coming out annunciato qualche mese fa. Di seguito le sue parole riportate da TuttoCagliari.

LE DICHIARAZIONI DI JANKTO

IL COMING OUT – “La gente vuole che io sia il capitano di una certa comunità. Io dico sempre: guardate, io rispetto tutti, tutta la comunità, tutte le persone. Ma io voglio solo concentrarmi su me stesso, sulla mia squadra, sul Cagliari, forse anche sulla Nazionale. Non posso decidere per gli altri. Se vogliono parlare, bene, parlino. Volevo solo dare un messaggio a tutti. Penso che sia andata molto, molto bene. È finita lì. Volevo solo dare un messaggio e, sì, ora andiamo avanti”.

LO SPOGLIATOIO – “Di calcio. C’è differenza tra lo spogliatoio e il campo di allenamento. Dipende anche dalle persone: con i ragazzi di 18, 19, 20 anni forse non si può parlare di politica. Quando si è giovani, c’è un po’ di paura, troppo rispetto. Ora sono più rilassato, ho più esperienza. Ho una responsabilità maggiore. Ma non mi sento un capitano. Leonardo Pavoletti, Viola, Gianluca Lapadula: questi sono i leader. Un’ora prima della partita siamo qui a pensare a quello che può succedere”.

I TIFOSI –“I tifosi sono vicini: intensi, rumorosi, un 12° giocatore. Quando ci siamo trovati in una brutta situazione, non hanno fischiato, non hanno detto nulla. Invece ci sostengono. Qualche settimana fa, eravamo sotto per 3-0 e abbiamo sentito questa energia. Abbiamo vinto 4-3”.

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Coppa Italia

Pronostico Fiorentina-Parma, statistiche e consigli per la partita

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Pronostico Fiorentina-Parma

PRONOSTICO FIORENTINA-PARMA, STATISTICHE E CONSIGLI PER LA PARTITA – Mercoledì 6 dicembre, alle ore 21:00, la Fiorentina incontra il Parma per gli ottavi di finale di Coppa Italia, in un match che può nascondere insidie. Scopriamo, dunque, il pronostico per la partita insieme a qualche statistica e qualche consiglio per gli scommettitori.

COME ARRIVANO LE DUE SQUADRE

Partiamo dai padroni di casa. La Fiorentina ha vissuto tanti alti e bassi nell’ultimo periodo, con alcune cadute evitabili, come contro l’Empoli, ma anche vittorie prestigiose, come quella di Napoli. La squadra di Italiano si è imposta nel corso dell’ultima giornata per 3-0 contro la Salernitana e ha preparato al meglio la partita di Coppa Italia. Vedremo se la preparazione sarà ripagata anche dal verdetto del campo.

Il Parma viene da sei vittorie in otto partite nell’ultimo mese. Gli uomini di Pecchia procedono spediti verso la risalita nel massimo campionato e si trovano, ad oggi, a pari punti – 33 – col Venezia. Gli emiliani stanno facendo molto bene e ora sognano anche i quarti di finale di Coppa Italia, un risultato che sarebbe importantissimo per il loro morale. In mezzo c’è la Viola, che avrà tutte le intenzioni di battere i crociati.

IL PRONOSTICO DI FIORENTINA-PARMA

Per quanto sulla carta l’esito sembri scontato e i pronostici siano tutti a favore della Fiorentina, spesso la Coppa Italia ha regalato sorprese. Attenzione, dunque, al Parma, che vorrà fare uno scherzetto agli avversari. Per questo, non consigliamo alcun segno fisso, bensì una giocata sul numero complessivo di gol. Il pronostico che potrebbe essere meno rischioso e pagare di più è il MULTIGOL CASA 2-4, in quota 1.62. Benché l’esito finale non sia scontato, la Viola, infatti, potrebbe andare a segno più volte, data la tendenza dei giocatori di Italiano a tenere palla. In alternativa, anche il segno GOL, quotato, invece, 1.75 sui principali bookmakers, potrebbe essere fruttuoso, dato che entrambe le squadre sono decisamente inclini al gol.

PROBABILI FORMAZIONI

Fiorentina (4-2-3-1): Christensen; Kayode, Martinez, Ranieri, Parisi; Mandragora, M.Lopez; Ikone, Barak, Sottil; Nzola. All. Italiano

Parma (4-3-2-1): Chichizola; Delprato, Osorio, Circati, Di Chiara; Bernabé, Hernani, Estevez; Mihaila, Man; Benedyczak. All. Pecchia

 

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ESCLUSIVE

ESCLUSIVA – L’agente di Ikwuemesi: “Si sta adattando alla Serie A, la Salernitana sta lavorando nella giusta direzione”

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La Salernitana sta affrontando un periodo delicato, in piena lotta per la permanenza in Serie A. Nell’ultima giornata di campionato, i granata sono usciti sconfitti dal Franchi perdendo 3-0 contro la Fiorentina. Nonostante la sconfitta anche abbastanza netta, però, i campani sono reduci da un momento anche abbastanza positivo. A risollevare il morale infatti sono il pareggio preziosissimo in casa del Sassuolo e, soprattutto, la prima vittoria in campionato arrivata all’Arechi contro la Lazio.

Uno dei volti di quest’ultimo periodo in casa Salernitana, è sicuramente Chukwubuikem Ikwuemesi. Arrivato quest’estate dagli sloveni del Celje, l’attaccante nigeriano sotto la gestione Inzaghi sta trovando spazio ed anche i primi gol della sua avventura italiana. Per scoprirne di più sul classe 2001, noi della redazione di Numero Diez abbiamo intervistato Thaddeus Kennedy Idama, agente del calciatore facente parte del KCG Sporting Management.

Di seguito, la nostra intervista ESCLUSIVA.

L’INTERVISTA ESCLUSIVA A THADDEUS KENNEDY IDAMA, AGENTE DI IKWUEMESI

Parto chiedendole la sua opinione sul momento attuale di Ikwuemesi alla Salernitana.

“Sta provando a dare il massimo. Essendo calciatore giovane, che proviene da un campionato non molto noto in Europa, sta cercando di adattarsi. Credo farà meglio sul lungo termine”.

Crede che la Salernitana riuscirà a centrare l’obiettivo salvezza?

“Siamo in attesa di scoprirlo, perché la Salernitana è una buona squadra, staff e dirigenti hanno il compito di gestire la situazione e lo stanno facendo molto bene. Il club non sta ottenendo il miglior risultato, ma spetta all’organismo che lo rappresenta fare la cosa giusta. Credo siano nella giusta direzione“.

Di recente Ikwuemesi ha segnato il suo primo gol in Serie A, contro il Sassuolo. Quali sono state le sensazioni a riguardo?

È stato un bel momento. A Sassuolo erano partiti molto bene, andando in vantaggio per 0-2. È stato comunque un buon risultato per la squadra. È un momento in cui hanno ripreso il controllo e hanno realizzato di poter tornare ad una situazione normale. Io so che chi è ai vertici della società sta facendo molto per assicurarsi di mettere i calciatori sulla buona strada. Poi vincere le partite (contro la Lazio, n.d.r.) è un sollievo per la squadra“.

Con l’arrivo di Inzaghi in panchina sembrerebbe esserci stata una svolta: 5 presenze da titolare e 2 gol in 7 partite. Com’è il rapporto con il tecnico granata?

“Gli dico che dipende tutto dall’impostazione professionale. Il ragazzo è un professionista e conosce i suoi obblighi in campo. L’allenatore è stato un professionista di altissimo livello da calciatore. Sono contento perché metterà Ikwuemesi nelle condizioni migliori e lo preparerà per le partite. Inzaghi è stato un giocatore di punta, un top player. Quando giocava, ai suoi tempi, io tifavo la Juventus e lo guardavo tanto. L’ho guardato tanto all’Atalanta quando ha segnato 15 gol in Serie A prima di trasferirsi alla Juventus. Quindi lo conosco molto bene. Quando un’ex attaccante allena il tuo calciatore, che è anche lui un attaccante, secondo me è una cosa positiva. Sono felice di vedere Inzaghi fare le cose giuste da allenatore. Poi il calciatore ha l’obbligo di rispettarlo. È questa la sua responsabilità quando scende in campo”.

Tornando invece alla trattativa che ha portato Ikwuemesi alla Salernitana: com’è nata? Ci sono retroscena?

“Per me non c’è stato nessun aspetto negativo. Eravamo tutti d’accordo nel fargli accettare questa nuova sfida. Sapevamo che non sarebbe stato facile, ma quando un giocatore focalizza la mente su qualcosa è possibile. Quindi io penso che abbia deciso di andare in Serie A e noi, dopo, siamo andati a cogliere la sfida. Sapevamo che fosse  piuttosto impegnativa, ma finora tutto bene. Si abituerà a questa situazione e, a lungo termine, otterrà risultati”.

Qual è invece il sogno per il futuro?

“Ogni giocatore ha un sogno per il futuro. Noi li lasciamo a loro. Lui ha l’ambizione di diventare un top player, di giocare club famosi. Al momento siamo concentrati prima sulla Salernitana, e poi dopo lui pensa al suo meglio. Poi lasciamo che il futuro svolga il suo ruolo”. 

Fonte immagine in evidenza: profilo Instagram kcg_project

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Thauvin torna protagonista e si confessa: “Andai a giocare in Messico perché soffrivo di depressione”

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Thauvin

Un gol e un assist nelle ultime due partite per Florian Thauvin, indubbiamente uno degli uomini di maggior classe e talento a disposizione di Cioffi. La missione salvezza, in questa stagione, non sembra scontata come in altre annate per l’Udinese, che dovrà affidarsi anche (e non poco) al sinistro del francese, campione del mondo nel 2018. Neanche il più grande trionfo immaginabile nella carriera di un calciatore può però colmare i demoni interiori di una persona, come ammesso da Thauvin nel corso di un’intervista a Canal+.

DEPRESSIONE – Tre mesi prima di lasciare l’Olympique Marsiglia andai da una persona specializzata su consiglio di alcuni amici, che mi ascoltò e mi fece scoppiare a piangere. In quel momento capii di non stare bene. Ero nella fase iniziale ma già accertata di depressione. Per quello poi decisi di andare in Messico, per stare più tranquillo e avere meno pressioni nel giocare da parte di tifosi e media”.

UN PASSO INDIETRO – “Atleticamente mi sentivo al meglio, ma dal punto di vista mentale ero a pezzi. Quando questa persona mi ha fatto rendere conto della mia situazione, ho deciso che era meglio fare un passo indietro per la mia serenità. Per questo poi scelsi di andare a giocare al Tigres, in Messico”.

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