AUSTERITY DEL CALCIO ITALIANO: ANALISI E CAUSE – Questa sessione di calciomercato è una delle più povere, dal punto di vista degli acquisti, negli ultimi venti anni. Se da una parte un simile trend era ampiamente prevedibile, è giusto comprenderne le cause e utilizzare i dati come strumento di confronto tra i top campionati europei.
IL CONFRONTO
Stando a quanto riportato da Transfermarkt, ad oggi, i club di Serie A hanno speso 19,42 milioni di euro in sede di calciomercato. Il dato delle spese, rapportato a quello delle entrate, genera un bilancio positivo di 20,33 milioni di euro. Quest’anno si è verificata una vera e propria politica di austerity del calcio italiano, indubbiamente indotta e non voluta. Il dato assume maggiore rilevanza se contestualizzato con quelli di Premier League, Liga e Ligue 1. Le società italiane, infatti, occupano il quarto ed ultimo posto di questa speciale classifica, che vede come regina indiscussa la principale lega inglese e i suoi 582,26 milioni. La differenza tra le spese della Serie A e quelle della Liga, infatti, è di circa 5 milioni, mentre i club francesi sino ad ora hanno fatto registrare movimenti in entrata per un totale di 73,90 milioni di euro.
AUSTERITY DEL CALCIO ITALIANO: LE CAUSE
Perché le squadre di Serie A non spendono più come prima?
Le cause di questa politica di austerity del calcio italiano sono, in primo luogo, da sovrascrivere alla pandemia. Il Covid ha inevitabilmente gettato sul lastrico gli introiti delle società sportive di tutta Europa ma, ha gravato inevitabilmente su coloro che avevano avuto scarsa lungimiranza negli anni precedenti. Bisogna ricordare infatti che, quando la Serie A negli anni 90 era la lega più ricca del mondo, i club investivano sul mercato tutti gli incassi, tralasciando le infrastrutture e la differenziazione dei ricavi.
Nello scenario odierno, in cui i diritti tv e le sponsorizzazioni influiscono sulla maggior parte degli incassi, la Serie A occupa il penultimo posto nella classifica dei Top 5 campionati europei per gli introiti derivati dai contratti con le emittenti televisive. Stando a quanto riportato da Tifosy, la Serie A incassa “soltanto” 1,2 mld di euro a stagione. La caratteristica più preoccupante però, riguarda quanto investono nel nostro campionato le emittenti straniere, vale a dire 200 milioni di euro. Questo dato è sintomo della scarsa capacità della Lega di attirare gli investitori esteri e di posizionarsi nel processo di globalizzazione che inevitabilmente domina l’economia calcistica.
Anche il paragone con il paracadute, cioè il meccanismo che assegna una quota dei diritti tv alle squadre che retrocedono nella serie inferiore, è impietoso se rapportato a quello della Premier League. I club inglesi incassano oltre il doppio dei 20 milioni percepiti dalle società italiane. Ecco spiegato, ad esempio, perché il Bournemouth (neopromosso dalla Championship) può tranquillamente permettersi Zaniolo.
In ultima analisi, gli altri paesi europei sono stati abili nell’attrarre investitori stranieri con una grande potenza economica. È il caso degli sceicchi, proprietari di PSG e Manchester City o dell’ex presidente del Chelsea, il magnate russo Roman Abramovich.