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Belotti entra nella storia: ecco la speciale classifica del Torino!

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Belotti nella storia del Torino, sarà addio o ci sarà il rinnovo?

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Belotti

Belotti e Torino. Una storia che va avanti dal 2015. Il Gallo è arrivato da giovane promessa, ora è uno dei leader di questa squadra, oltre che capitano viste le tante presenze durante questi anni (ben 248 presenze sino ad oggi). L’ultima giornata di campionato ha avuto un peso speciale. Dopo essere entrato al minuto 70′ nelle complessa sfida contro l’Empoli, ha realizzato una tripletta che ha permesso ai granata di ribaltare le sorti.

Risultato: Andrea Belotti è diventato il secondo marcatore nella storia del Torino in Serie A con i suoi 100 gol, superando un’icona dal calibro di Francesco, per tutti Ciccio, Graziani a quota 97. Da capire se la sua avventura sarà ancora in quel di Torino, oppure, in cerca di quel salto che tanto si aspetta da anni.

MOMENTI COMPLICATI

Ci sono stati momenti in cui Belotti è stato più fuori che dentro il Toro. Come scordarsi dell’offerta del Monaco mai accettata da Urbano Cairo, patron del club, che ha preferito mantenere il giocatore piuttosto che arricchire le sue casse con circa 70 milioni (visti i 100 richiesti nel 2017). Altri invece vissuti di recente, dopo alcune dichiarazioni di agenti e dello stesso presidente che hanno dichiarato con certezza che il numero 9 non avrebbe continuato la sua avventura con la maglia granata vista la scadenza imminente del suo contratto:

“Gli ho fatto un’offerta che andava oltre alle mie possibilità, ma non ha firmato e non credo ne abbia voglia. Io non posso costringerlo a farlo”.

Urbano Cairo, ottobre 2021

A partite da una presunta offerta molto ricca del Toronto a favore del capitano del Torino, sino al Milan, squadra sempre stata interessata al giocatore come del resto il panorama calcistico italiano. Ma adesso sembra muoversi qualcosa. Circa un mese fa infatti lo stesso Belotti ha lasciato degli spiragli aperti per una nuova trattativa che fanno sperare i tifosi per un eventuale rinnovo del contratto:

Sono sempre stato chiaro e ho sempre detto che questa era una situazione che volevo valutare a fine stagione per capire tutto insieme alla società e all’allenatore. Sono sette anni che sono qui al Torino: voglio capire tutto, dalle ambizioni, agli obiettivi. Questa per me deve essere una decisione importante, devo prenderla nel modo corretto. C’è ancora uno spiraglio? Io l’ho sempre dato“.

E ora sembra proprio che le prossime settimane saranno decisive per capire il suo futuro…

OLTRE LA STATISTICA

Da quando Andrea Belotti veste la maglia del Torino, quindi dal 2015/2016, l’attaccante italiano classe 1993 ha sempre sfondato la quota della doppia cifra in campionato, toccando un record personale di 26 gol nella sua seconda stagione in granata nel 2016/2017, che poi lo ha portato al centro delle dinamiche di mercato precedentemente analizzate. Quest’anno, invece, troviamo nel suo tabellino solamente 8 gol per via dei troppi infortuni, prima ad inizio stagione dopo uno scontro in Fiorentina-Torino con Martinez Quarta, dopo una lesione muscolare nella partita Roma-Torino che lo ha lasciato fuori per quasi tre mesi.

Sicuramente tutto questo non ha portato benefici fisici e mentali al giocatore che non conosce ancora bene il suo futuro. Una cosa però è certa, il suo attuale allenatore, Ivan Juric, spera che il capitano rimanga alla base di partenza anche per la prossima stagione:

“Quando sta bene, il Gallo è un giocatore veramente forte. Andrea mi piace per come gioca ed anche a livello umano, perché è un ragazzo di un’onestà unica. E visto che mi ha detto che avrebbe deciso il suo futuro a fine anno, io gli credo ciecamente. Detto questo, rimango dell’idea che è un grande attaccante e sarei strafelice se ci fosse la possibilità di rimanere”.

Ivan Juric

Ovviamente non sono mancate anche le critiche per cercare di spronare il giocatore, come ad esempio qualche atteggiamento non adeguato. Viste le tante aspettative, l’allenatore serbo ha addirittura definito “inesistente” la presenza del Gallo nella partite fuori casa.

Nonostante questo, Belotti ha apprezzato le qualità del suo tecnico, riconoscendone anche i miglioramenti visti rispetto alle corse stagioni dove il Torino ha lottato anche per non retrocedere sino alle ultime giornate di campionato:

“È una squadra che non molla: dalla prima giornata ci eravamo promessi di fare un campionato non come gli ultimi due, abbiamo tirato fuori quel qualcosa in più e si è visto. Questo è lo spirito della squadra e non deve mai mancare. Juric ha dato tanta fiducia e un modo di giocare in cui ognuno può esprimersi al meglio”.

Andrea Belotti, post Empoli-Torino

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Si ferma Vlahovic: costretto al cambio in Juventus-Napoli

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La Juve si allena davanti ai tifosi

Problemi per Dusan Vlahovic durante Juventus-Napoli, il serbo è stato sostituito al 70° minuto al suo posto Milik. Secondo quanto riportato da DAZN, potrebbe essere un falso allarme e solamente questione di crampi o indurimento del muscolo.

La Juventus è in vantaggio 1-0 grazie al gol di testa di Gatti, il terzo in stagione.

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Ancora problemi per Baldanzi: potrebbe saltare anche Empoli-Lecce

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Baldanzi

BALDANZI – Lunedì alle 18.30 ci sarà il calcio di inizio di Empoli-Lecce. Partita delicata in chiave salvezza, con due squadre che si trovano attualmente fuori dalle zone più calde ma a ridosso di quest’ultime. L’Empoli in primis, in quanto è solo a +1 rispetto il terzultimo posto con i suoi 11 punti. Lecce che invece respira di più con il suo 13esimo posto a 16 punti. I toscani quest’anno stanno giocando senza il totale contributo del suo talento più brillante. Stiamo parlando di Tommaso Baldanzi, che finora ha saltato 4 partite nelle prime 14 e spesso si è dovuto accontentare della panchina. Sempre la caviglia a dare fastidio al trequartista italiano, sia nel primo stop, sia in quello attuale.

L’EMPOLI SENZA BALDANZI – LA SITUAZIONE

Tra ottobre e novembre rimase fermo per una settimana, ora siamo già a un mese ai box. La distorsione subita a inizio dicembre potrebbe costargli anche la prossima sfida del Castellani. Secondo Tuttomercatoweb il numero 33 sta andando incontro alla possibilità  di non indossare una casacca da titolare, ma non solo. Per lui potrebbe esserci la non convocazione e quindi la non disponibilità per la quindicesima giornata. Questa sarebbe un’altra brutta notizia che incrementerebbe le note negative dell’inizio di stagione del giocatore dell’Under 21 dell’Italia.

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ESCLUSIVA – L’ex Milan e Inter Sapienza si racconta: “Ecco com’è nata la passione per la comunicazione”

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giuseppe-sapienza

Un viaggio emozionante, un momento di trasporto totale: sono queste le sensazioni che ci lasciano le parole, mai banali, rilasciate ai microfoni della nostra redazione da un colosso della comunicazione calcistica italiana, Giuseppe Sapienza.

Nasce tutto per amore, il sentimento che muove tutto. L’amore per il gioco del calcio e la passione per Diego Armando Maradona, il più grande Numero Diez, nato, come me, il 30 ottobre”.

Per raccontare questo amore, Sapienza sceglie la strada del giornalismo, partendo dai campi di periferia fino a raggiungere Milano.

È il 3 giugno del 1996 quando inizia uno stage di tre mesi all’Inter. I mesi diventeranno annisette per l’esattezza – e si riveleranno lunghi e formativi. Col passare del tempo, diventerà capo ufficio stampa dei nerazzurri e fonderà, insieme alla moglie del presidente Moratti e due ingegneri del Politecnico di Milano, il sito www.inter.it.

Quello stagista ha avuto “la fortuna, la grazia e le coincidenze” che gli hanno permesso di restare nel mondo del calcio e osservare tutti i cambiamenti degli ultimi 30 anni.

L’INTERVISTA ESCLUSIVA

Comunicazione: cosa è cambiato? Quanto è diventata importante all’interno del calcio?

“Bisogna fare una prima distinzione tra Paesi di classe A e di classe B.

  • Classe A (USA, UK, Francia, Spagna, Germania, ecc.): considerano la comunicazione come primo asset, strategico e fondamentale, extra-sportivo;
  • Classe B (Italia): ritengono la comunicazione importante quando la si fa, molto meno quando la si subisce. Non si investe né sui mezzi di contrasto per evitare di subire una pessima comunicazione, né sulle iniziative propositive.

 Ai nostri dirigenti piace comunicare ad personam, delegare pochissimo e affidarsi ancor meno a strutture aziendali che siano in grado di gestire le situazioni di crisi. Responsabilizzare le persone “sotto di noi è sempre stato uno degli impegni più importanti da prendere col club. Vedo figure alto-dirigenziali che accentrano sempre di più su di sé i poteri senza la voglia di delegarli. Secondo me, la delega resta uno dei primi strumenti, forse il migliore, per far crescere le altre figure e di conseguenza tutto il calcio italiano. Qualcosa si sta intravedendo grazie all’arrivo delle proprietà esterne ma anche di imprenditori illuminati italiani.

La comunicazione può spostare completamente gli equilibri e migliorare aspetti strategici, tra cui la vendita di calciatori. A parità di livello tecnico, un giocatore che comunica male ha un prezzo di mercato inferiore rispetto a chi possiede proprietà di comunicazione, tale da consentire al club, grazie ai diritti d’immagine, lo sviluppo di ricavi. In un mondo concentrato sui social, la comunicazione, pur essendo in continua evoluzione, non abbandona mai i pilastri della tradizione: l’esempio lampante è un’intervista old-style fatta a Paolo Maldini, in grado di generare un numero elevatissimo di commenti in Italia e nel mondo rossonero”.

Lei si è dovuto “ricreare” per poter stare a passo coi tempi?

“L’aggiornamento e lo stare al passo coi tempi risultano determinanti. Ognuno di noi non può avere una conoscenza a 360°, vi sono punti di forza e di debolezza. Ragion per cui, chiunque voglia occuparsi di comunicazione deve costruire una squadra che replichi il modello allenatore-squadra a livello di comunicazione. Occorre scegliere persone smart, che abbiano la tua stessa ‘solarità’, capacità di: relazionarsi, interagire, essere trasversali. Individui capaci di coniugare lo sviluppo delle relazioni interpersonali e umane, col club e il mondo esterno. Non dimentichiamoci che ogni centro sportivo ha un ‘recinto’ e la comunicazione deve lavorare ogni giorno per far sì che non esista. Senza ciò, si casca nell’errore di comunicazione, ergo il silenzio: subire senza dire.

A distanza di 27 anni, vi dico che le relazioni umane torneranno a essere le più importanti. Senza squadre di comunicazione non si potrà mai elevare il livello di comunicazione attuale”.

Inter e Milan nel suo passato. Che rapporto ha avuto con Moratti e il compianto Berlusconi?

“Lo stile dell’alta borghesia-aristocrazia imprenditoriale milanese non esiste più. Le famiglie Moratti e Berlusconi incarnavano perfettamente la milanesità che diventa imprenditoria su tutti i livelli: nazionali e internazionali.

Vi è una differenza profonda tra le due famiglie:

  • nell’Inter di Massimo Moratti si respirava l’importanza del grande club, ma vi era un’atmosfera familiare;
  • al Milan ho riscontrato una realtà basata su una formazione aziendale e piramidale. Tutti rispettavano i propri incarichi. L’impatto era di una perfetta organizzazione. Il giocatore non doveva quasi pensare a nulla ed era tutto ben coordinato da Adriano Galliani che resta, alla soglia degli ottant’anni, il miglior dirigente sportivo dell’intera area UEFA, non mi limito all’Italia. Un uomo marketing straordinario. Non a caso, il Milan è stato primo nel ranking europeo per quattro anni su cinque (2003-2008). Credo che la nuova società stia facendo delle buonissime cose, quantomeno dal punto di vista della comunicazione.

Può raccontarci un aneddoto che le è capitato nel corso della sua carriera?

“Ce ne sarebbero tanti. Il 3 gennaio 2013 giocammo un’amichevole a Busto Arsizio con la Pro Patria e improvvisamente si udirono ululati, fischi, espressioni a sfondo razzista nei confronti dei nostri calciatori di colore. Intorno al 20’, Boateng perde la pazienza e scaglia il pallone verso quel manipolo di tifosi che proferivano tali espressioni. Al che tutta la squadra decide, per solidarietà, di abbandonare il campo terminando anzitempo l’incontro. Da questo evento nasce un filone estremamente positivo.

Vi era una sola telecamera (Milan Channel) che produceva la partita in differita. Mi reco immediatamente dal cameraman dicendogli di non muoversi; telefono Galliani e gli spiego brevemente la situazione. Mi dice di operare nella massima attenzione e delicatezza. Capisco di avere in mano qualcosa di importante e delicato: gestisco la notizia facendo uscire le immagini sulla CNN (emittente televisiva statunitense all-news n. d. r.) che rilancia direttamente la notizia. Il messaggio rimbalza su tutte le agenzie: ‘il Milan è la prima squadra a effettuare una simbolica e forte presa di posizione sul tema del razzismo’. Il calciatore Boateng verrà successivamente invitato all’ONU per raccontare all’assemblea generale tale problema presente nel calcio. Il Milan viene così identificato come squadra dal forte richiamo antirazzista”.

È un po’ la potenza di una comunicazione sana che, grazie alla strumentalizzazione del calcio, trova modo di divenire veicolo di valori positivi e di princìpi etici

Esatto. Un episodio del genere, che poteva essere gestito col silenzio, con la notizia breve, è servito a lanciare un messaggio forte a livello mondiale. La comunicazione è riuscita a spostare completamente gli equilibri e a far diventare un avvenimento locale, molto profondo e sensibile, un episodio di caratura mondiale e far diventare Boateng e il Milan paladini dell’antirazzismo”.

Grandi comunicatori del mondo del calcio

“È cresciuta moltissimo l’importanza della comunicazione soggettiva. Ho fatto parte del Milan di Ancelotti stracolmo di fenomeni che comunicavano esclusivamente attraverso iniziative concordate con l’area comunicazione. I calciatori di dimensioni planetaria come Kakà e Ronaldinho avevano bisogno di appoggiarsi a noi. Devo dire cha la gestione del campione era abbastanza semplice, eccetto qualche volta. Non posso dimenticare un’attesa di nove ore fatta fare a un giornalista da Ronaldo il Fenomeno. Alla fine, si convinse poiché riuscimmo a trovare un escamotage. Con l’avvento dei social, i giocatori hanno compreso la loro importanza aziendale.

Ad esempio, David Beckham è sempre stato un comunicatore mostruoso per tutta una serie di ragioni che si sono create intorno a lui, anche a livello familiare. Essere usciti con una serie televisiva così seguita e impattante per tutti gli appassionati rappresenta un ulteriore successo. Tra l’altro, io appaio in quella serie. Dissi a Beckham: “Vieni con me, hai una fermata con la stampa, rispondi a tutte le domande che ti faranno i giornalisti”. Lui, senza fare una piega, rispose: “Assolutamente sì”. C’erano anche gli ‘assolutamente no’, a loro bisognava far comprendere che si trattasse della sua immagine, ma anche di quella del club.

Oggi i grandi comunicatori devono essere gli allenatori, perché il loro ruolo è cambiato con l’aggiunta di nuove figure professionali. Tutti i messaggi che lancia sono indirizzati alla squadra, al mondo e ai tifosi. Un aspetto che non bisogna dimenticare è che l’azienda calcio comunica a degli stakeholder particolari. Se non ottieni risultati sei soggetto a critiche, contestazioni, situazioni da prevedere, prevenire e gestire. Il club deve trasferire la propria linea comunicativa o editoriale sull’allenatore che poi, attraverso il lavoro fatto con la squadra e le varie aree comunicative, determina il flusso di comunicazione”.

Un suggerimento per chi vuole intraprendere questo percorso

“Abbiate intraprendenza, curiosità e apertura verso gli altri. Vi sono due categorie di persone: quelli che costruiscono ponti e quelli che alzano muri. Chi vuole lavorare nella comunicazione non può conoscere la parola ‘muro’, deve provare ad abbatterli in tutti i modi. Un ulteriore aspetto fondamentale è la cultura, ossia sapere cosa accade intorno a noi. Informarsi, essere multimediali, senza disconoscere la tradizione. Una somma di tante cose che afferiscono al termine curiosità. Se non hai curiosità non hai cultura, non viaggi. Se non viaggi non conosci, non migliori le lingue e non vedi le differenze. Le differenze invece vanno sostenute e non combattute”.

Il messaggio finale di Giuseppe Sapienza

Siate sempre numeri 10, un’ispirazione. Il numero 10 è fantasia, responsabilità e soprattutto squadra”.

 

Fonte immagine in evidenza: profilo Instagram Giuseppe Sapienza

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Flash News

Ultimatum Real Madrid a Mbappé: il francese è a un bivio

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PSG Mbappé

Come ogni telenovela degna del nome, anche quella tra il Real Madrid e Kylian Mbappé sembra non voler finire. Il francese ha continuato il suo limbo tra PSG e Blancos negli ultimi due anni ed ora gli spagnoli vogliono la risposta definitiva dal giocatore e dalla madre, agente dell’attaccante.

15 GENNAIO ULTIMA DATA DISPONIBILE

Secondo il noto quotidiano AS, Florentino Perez e i suoi collaboratori avrebbero comunicato a Kylian e a sua madre che vogliono una risposta definitiva entro il 15 gennaio. Il sogno delle Merengues sembrerebbe essere quello di portare il francese a Madrid a costo zero, ma non sarebbe escludere nemmeno uno sforzo importante dal punto di vista economico da parte di Florentino Perez. Il sogno di molti appassionati sarebbe quello di vedere Mbappé giocare con Bellingham: non dovrebbe mancare molto per scoprirlo. 

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