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Questione di cuore

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Questione di cuore

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Giocare a pallone è il lavoro dei sogni di tanti, tantissimi bambini. Doverci rinunciare è difficile e doloroso. C’è chi dice basta quando è ancora presto, quando ancora non si è entrati nel mondo dei professionisti, quando devi fare i conti con la realtà e capire che il calcio, in fondo in fondo, non sarà mai ciò che ti darà da vivere. C’è chi invece deve dire basta quando, in questo mondo, ci è già immerso da capo a piedi. E molto spesso, sono i problemi fisici a far dire basta.

In particolare sono i problemi cardiaci, come è intuitivo, quelli più delicati. Tanti hanno dovuto arrendersi per problemi al cuore: per ultimo, un ragazzo di 22 anni di nome Sinan Bytyqi, centrocampista di proprietà del Manchester City. Ma la fine della vita agonistica, a volte, segna anche l’inizio di una vita nuova.

RAMPOLLO DI PEP

Non abbiamo specificato la nazionalità di Sinan, perché in effetti è difficile da definire. È nato a Prizren, in Kosovo, da genitori albanesi. Tuttavia è cresciuto in Austria, e ha iniziato il suo iter calcistico proprio lì, all’età di 7 anni. Passa due lustri in terra austriaca e comincia a giocare per le giovanili della nazionale. Nel 2012 arriva la chiamata del Manchester City, che lo accoglie nella sua Academy. La permanenza tra i giovanissimi dura poco: nel 2013 fa già parte dell’Under 23, sezione a cui in Inghilterra è riservato un intero campionato. Qui, Sinan comincia a mettersi in mostra.

Nella Premier League B mette a segno 9 gol e 12 assist in 45 presenze, fino al 2016. Anno in cui, peraltro, decide di giocare con la nazionale kosovara. Nel mezzo una breve esperienza in prestito al Cambuur, in Olanda, in cui deve anche affrontare la rottura del legamento crociato. Nell’estate 2016, il City decide di mandarlo nuovamente in prestito in Olanda, al Go Ahead Eagles. Pep Guardiola, appena arrivato a Manchester, prima di lasciarlo partire gli augura buona fortuna e dice che lo terrà d’occhio.

Un’opportunità per accumulare minuti tra i grandi, una buona parola di Pep… insomma, le cose sembrano andare per il meglio. E addirittura migliorano: alla terza presenza con la nuova squadra, contro l’Excelsior, mette a segno 2 assist e qualche giorno dopo viene inserito nella ‘Squadra della Settimana’ di Eredivisie.

FINE DI UN’ESPERIENZA, INIZIO DI UN’ALTRA

Come abbiamo scritto in apertura, non stiamo raccontando una delle solite favole calcistiche. Il plot twist, purtroppo negativo, della storia di Sinan arriva un paio di mesi dopo, in giorni in cui peraltro il ragazzo ha appena smaltito un infortunio alla caviglia. Viene convocato nell’ufficio del club:

“Sono entrato e lì c’erano l’allenatore, lo staff, i fisioterapisti. E ho pensato ‘Che succede qui?’. Era strano… L’allenatore allora ha tirato fuori un foglio e mi ha detto che avevano trovato qualcosa nel mio test di monitoraggio cardiaco annuale. Mi hanno detto anche che dovevo tornare in Inghilterra e che si trattava di uno di quei problemi che ti impediscono di giocare a calcio”.

Un anno dopo, quando il giocatore è a Londra, arriva la conferma della diagnosi. Sinan ha una cardiomiopatia ipertrofica, una malattia che porta ad un ispessimento delle parte cardiache. È una delle cause che portano alla morte cardiaca tra i giovani atleti.

“Dissero che se avessi continuato a giocare avrei avuto il 4% di probabilità che il mio cuore si fermasse, e se avessi smesso avrei avuto l’1% di probabilità”.

Una brusca fine di un percorso iniziato da una fuga disperata dalla guerra in Kosovo, insieme alla sua famiglia.

Il City però non è stato certo con le mani in mano. Fergal Harkin, capo degli scout del club, gli è venuto subito incontro:

“Ha avuto cura di me quando ero in prestito. Mi ha detto che stava mettendo su un team e che io ero il benvenuto nella sua squadra”.

Ecco la nuova vita di Sinan: ora fa parte della squadra degli scout del Manchester City, e in particolare si occupa dei giocatori che il club ha mandato in prestito.

I “FRATELLI”

Ovviamente, Sinan Bytyqi non è l’unico calciatore ad aver sofferto di problemi al cuore. Tra i più recenti ci sono i casi di Schick, BiabianyGnoukouri o Lichtsteiner, che sono riusciti a raggiungere l’ideoneità sportiva e hanno potuto proseguire la loro carriera. Ma altri, come Sinan, si sono dovuti arrendere.

È il caso del centrocampista del Real Alex De La Red, che ha lasciato il calcio giocato a 25 anni (nel 2010) per colpa di una sincope. Oggi è alla terza stagione da allenatore della squadra B del Getafe.

Più recente è il caso di un altro giocatore di Premier League, Fabrice Muamba.

Durante un match di FA Cup contro il Tottenham del 2012, in cui vestiva la maglia del Bolton, il difensore ebbe un arresto cardiaco e si accasciò al suolo. Portato all’Heart Attack Center del London Chest Hospital, il suo cuore ha ricominciato a battere solo dopo un’ora e 18 minuti, grazie a numerose scariche di defibrillatore. Si ritirò a 24 anni (nel 2012) dopo che gli fu impiantato un defibrillatore interno. Dal 2013 lavora come giornalista sportivo.

Ancora più vicino a Bytyqi è il caso di Felice Natalino, ex difensore dell’Inter.

Ritiratosi dal calcio giocato a soli vent’anni per una cardiomiopatia aritmogena, la stessa malattia che afflisse Piermario Morosini, nel 2015 è entrato a far parte dello staff del settore giovanile dell’Inter in qualità di osservatore.

Insomma, non mancano gli esempi di coloro che, dalla fine della propria vita agonistica, hanno saputo trarre un nuovo inizio. Per chi vive il calcio ogni giorno da professionista, è dura abbandonarlo. È una questione di cuore.

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La Rassegna Social del Diez – Bene Fiorentina e Atalanta, la Roma rischia

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Rassegna Social del Diez

Punto d’informazione, di impressioni e passioni condivise, i social network oggi più che mai raccontano le emozioni dei tifosi. Numero Diez vi presenta la rassegna dedicata ai più importanti messaggi della giornata di ieri.

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Calcio Internazionale

Mascara si racconta: “Fui vicino a City e PSG, Simeone al Catania era avanti coi tempi””

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Simeone Atletico madrid

Durante la trasmissione TvPlay, Giuseppe Mascara, ex giocatore del Catania, si è raccontato. In particolare, sono stati trattati dei temi come giocatori e allenatori che ha incontrato nella sua carriera. Tanta emozione nel ricordo di quando Kakà gli diede la sua maglia. Mascara è anche entrato nei radar di due top club europei, ma l’affare non andò in porto.

LE PAROLE DI MASCARA

SU BERARDI – “Lui è uno dei pochissimi che gioca un calcio come quello che piace a me. Fa l’uno contro uno, se lo sbaglia lo rifà”.

SU POLITANO – “Un altro così è Matteo Politano. Forse un altro che si avvicina è Zaccagni della Lazio. Tutta gente che sulla fascia puntano l’uomo. Berardi farebbe bene anche alla Juve, se uno è forte si porta dietro le sue qualità anche nelle grandi squadre”.

SU SIMEONE –  “Si vedeva che il Cholo avrebbe fatto strada. Preparava le partite calcolando nei minimi particolari tutto quello che poteva succedere sia quando hai la palla che quando non ce l’hai. Nel 2011 era già avanti coi tempi”.

IL RICORDO DI MASCARA AL NAPOLI –  “Ero arrivato a 32 anni e volevo rimanere a Catania. Il contratto era in scadenza e la proposta per il rinnovo non arrivava, oggi domani, oggi domani… e alla fine ho accettato di andare al Napoli. In quegli anni avevo ricevuto diverse offerte ma sono sempre voluto rimanere a Catania. Non ho nessun rammarico verso i dirigenti però. Nel 2009, stagione in cui feci 14 gol. ebbi varie proposte, anche dal Manchester City e dal PSG, che non erano le squadre che sono oggi, ma pur sempre club blasonati. Anche il Bayer Leverkusen. Alla fine non andarono in porto. In Italia sono stato vicino alla Lazio”.

LA MAGLIA DI KAKÀ –  “Ho avuto la fortuna di affrontare diversi campioni ma tra tutti gli aneddoti quello che ricordo con più affetto riguarda Kakà. Gli chiesi la maglia a Milano dopo un Milan-Catania e lui senza nessun problema me l’ha data, poi al ritorno fu lui a venire da me per chiedermela”.

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Conference League

Italiano pensa al primo posto: “Andiamo in Ungheria”

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Italiano

La Fiorentina di Vincenzo Italiano ha vinto per 2-1 contro il Genk e ha archiviato la questione qualificazione. L’allenatore della viola ha parlato ai microfoni di Sky Sport dopo il match. Di seguito, le parole di Italiano.

UNA VITTORIA IMPORTANTE – “Grandissimo secondo tempo. All’intervallo abbiamo detto che stavamo lasciando qualche situazione di troppo a loro. Abbiamo concesso un gol, ma abbiamo reagito subito e poi nel secondo tempo abbiamo giocato bene. Il secondo gol è arrivato su una giocata corale. Dobbiamo ancora giocare l’ultima, per chiudere primi nel girone”.

PRESTAZIONE DI BELTRAN – “Ai ragazzi dico sempre: o si gioca o si subentra, nessuno è dimenticato e tutti devono dare il massimo. Oggi sono entrati tutti bene e sono contento, perché ho visto davvero un bel secondo tempo”.

PARISI FUORI RUOLO – “Oggi mettere insieme Mina e Kayode con pochi minuti nelle gambe non me la son sentita. Ho messo Yerri, per poi sfruttare Kayode a gara in corso. La strategia ci ha dato ragione, bravo Kayo nel farsi trovare pronto sulla palla di Beltran e va ringraziato Parisi perché si sta adattando da quella parte”.

IL GOAL SUBITO – “Parisi era in inferiorità e non doveva muoversi. Mina doveva avvicinarsi e, ogni volta che commettiamo un mezzo errore, subiamo sempre gol. C’è da lavorare su queste cose”.

COME MIGLIORARE LA SQUADRA – “Soprattutto su situazioni come sul gol preso e sbloccando i nostri attaccanti. Dobbiamo lavorare su questo, dopo essere andati in Ungheria perché è importante arrivare primi”.

 

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Europa League

Mourinho durissimo dopo il pareggio in UEL: “Alcuni giocatori sono superficiali”

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Roma-Udinese

La Roma ha pareggiato per 1-1 contro il Servette fuori casa, e l’allenatore José Mourinho si è presentato ai microfoni di Sky Sport per niente soddisfatto, con una vena molto critica verso alcuni giocatori. Di seguito, le sue parole:

LE PAROLE DI MOURINHO

PERSA UN’OPPORTUNITÀ – “E’ stata un’occasione importante ma è anche importante l’inizio del secondo tempo. E’ una cosa che succede spesso. Un peccato che non ci sia una camera vostra all’intervallo perchè io martello sempre su questa situazione di entrare nella ripresa contro una squadra che perde 1-0, che gioca in casa e che attaccherà sotto i suoi tifosi. Logico che nel secondo tempo c’è questo atteggiamento dell’avversario e noi siamo stati superficiali nel modo di interpretare questi momenti della partita. Ci sono anche giocatori che hanno perso un’opportunità”.

AOUAR IL PROBLEMA? – “Non parlo di Aouar. Parlo di giocatori in generale. Ci sono anche giocatori che sono partiti dalla panchina e in campionato chi parte dalla panchina hanno una buona concentrazione, in queste partite specialmente fuori casa la gente non sia abituata a stare in panchina e quando entra non riesce a migliorare la squadra. Non penso sia un dramma giocare i playoff, è difficile ma è una motivazione giocare una partita contro una squadra che viene dalla Champions. Ci sarà un’altra partita all’Olimpico esaurito, non voglio fare di questo secondo posto un dramma. Per me è molto più drammatico un’altra opportunità di qualche giocatore persa e un atteggiamento che si ripete quando entriamo in campo nel secondo tempo e stiamo vincendo”.

UNA SPIEGAZIONE – “Non la capisco. Ho giocato 150 partite di Champions, che sono più (fra virgolette) importanti di queste e la motivazione di giocare queste partite è altissima. Sembra che ci sia gente che non ha una grande storia in Europa e gioca queste partite in modo superficiale. C’è gente che è sempre lì, sono sempre gli stessi, novanta minuti di concentrazione e poi c’è gente che è un po’ superficiale”.

CRISTANTE IN DIFESA – “Sì, ma se manca uno gioca lui. Lui è un grande esempio per gli altri a questo livello, gioca con una concentrazione altissima. Paredes ha fatto un’altra partita molto seria, è un campione del Mondo, gioca qui senza superficialità, poi c’è gente che si sente confortata con questa superficialità”.

CHI PAGHERÀ DELLA SITUAZIONE – “Da noi non puoi far pagare, lo può fare Guardiola, da noi c’è solo l’allenatore che può martellare… io continuerò a martellare su questa gente. Il gruppo è fantastico, gente buona, gente seria, che ama la Roma, ma sono in una zona di conforto. Se in casa riusciamo a instillare questa mentalità nella squadra, fuori casa è più difficile, ovviamente potevamo vincere lo stesso”.

L’IMPORTANZA DEI GIOCATORI NOMINATI – “Abbiamo questi ragazzi ma anche gente superficiale. E’ poca responsabilità di dirmi che vogliono giocare. Hanno perso un po’ la voce. Se qualcuno bussa alla porta del mio ufficio e mi dice che vuole giocare di più, gioca di più quando gli altri sono morti. Perchè la gente che risponde è sempre la stessa”.

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