Calcio e dintorni
L’ora del cambiamento

Pubblicato
5 anni fa:
L’ora del cambiamento è arrivata: domenica 24 marzo sarà a suo modo una data storica per il calcio italiano. Alle ore 14:30 infatti andrà in scena il match tra Juventus Women e Fiorentina nell’inedita cornice dell’Allianz J Stadium. Al di là del valore oggettivo del match, vero e proprio scontro scudetto visto che le due squadre sono prima e seconda con un punto a dividerle, l’evento assume una rilevanza notevole anche per la copertura mediatica senza precedenti. La partita sarà infatti trasmessa su Sky proprio come i match di Serie A. Un primo piano garantito soprattutto dalla concomitanza con la pausa per le nazionali, certamente, ma comunque un punto di partenza notevole per dare risalto ad un movimento in continua crescita.
IL GIUSTO RISALTO
Come detto, a rendere storica questa data non è tanto l’occasione in sé, quanto le circostanze. Finalmente viene dato il giusto risalto al calcio femminile, che negli ultimi anni sta guadagnando una crescente importanza. Molte società si stanno impegnando nel settore. Ne sono testimoni Juventus e Fiorentina, ma anche altre squadre come Milan e Roma, che infatti occupano la terza e quarta posizione della classifica. Un movimento in crescita che, almeno da un punto di vista sociale, potrebbe rappresentare un’ancora di salvataggio per il calcio italiano.
Molte volte si è accennato a come il mondo del pallone sia ormai un mero settore industriale. Spettacolo e logiche di mercato dominano questo panorama, relegando poi la sua effettiva natura intrinseca, i 90 minuti di sangue e sudore, ad un ruolo quasi secondario. Sembra paradossale ma le partite ormai si giocano negli uffici, le vittorie si ottengono stringendo accordi. Il tutto in nome di quello che è ormai non solo un bene primario, ma necessario per restare in piedi nel mondo del calcio: il denaro. Una situazione poi viziata da scandali e polemiche che ormai sono all’ordine del giorno, anzi che costituiscono materia inscindibile dal rettangolo verde. E, ciliegina sulla torta, un seguito sempre più malato, un tifo sempre più becero ed emotivamente arretrato. Tutto ciò che circonda il calcio maschile appare totalmente deviato, culturalmente vergognoso. Dal clima negli stadi a quello fuori da questi, passando per i salotti tv e spesso anche per gli alti piani delle società. Si è persa la bussola della moralità e non c’è più traccia di sani modelli da offrire ai milioni di seguaci.
Il calcio femminile rappresenta un’alternativa a questa deriva fortemente pop del calcio moderno. Niente spettacolo, niente contesto, solo i 90 minuti. Una sorta di ritorno catartico ad un calcio antico visto ormai con crescente nostalgia. E magari con esso un recupero di quei valori che dovrebbero essere alla base dello sport, che lo sono in altre discipline meno soggette all’impianto strumentale che circonda il pallone. Ecco perché è fondamentale dare il giusto risalto al calcio femminile, perché questa data è a suo modo storica. Potrebbe rappresentare una variante socialmente più adeguata in termini di contesto, un passo indietro per cercare finalmente di compiere l’agognato passo in avanti. In termine di mentalità, s’intende, valore che in generale in Italia scarseggia, ma nel calcio ancora di più.
UN INNO DI RIVINCITA
La storia d’Italia è una storia di battaglie, soprattutto al femminile. Il taglio è quello di un paese mentalmente arretrato in materia. Ci sono molte zone della penisola in cui non c’è simmetria tra i due sessi, in cui vigono ancora piani gerarchici. La tanto agognata parità dei diritti è stata raggiunta idealmente, ma de facto spesso non trova piena realizzazione. Il calcio è, come spesso accade, specchio della società e qui questa asimmetria è a dir poco evidente. Juventus-Fiorentina diventa dunque un inno di rivincita per tutte quelle donne che indossando degli scarpini vengono viste con occhio sospetto. Per quelle donne che sono costrette entro logiche di concezione medievale, eppure tristemente ancora attuali. E spaziando oltre il rettangolo verde per tutte quelle donne che ogni giorno lottano per la propria affermazione, in un mondo che continua a vederle come una pedina fuori posto. Per tutte quelle donne che in ogni ambito si sentono quotidianamente messe continuamente in discussione e non valorizzate da uomini che pretendono di relegarle, mantenendo la metafora calcistica, in panchina.
Juventus-Fiorentina è quindi a suo modo una vittoria. Una vittoria che va oltre il pretesto, il semplice match. Una vittoria delle donne in quel terreno che gli uomini cercano di custodire gelosamente. E i risultati di questa caratterizzazione esclusivamente maschile del mondo del pallone si vedono e purtroppo non sono positivi. Lo specchio più grande di questo fallimento è il clima negli stadi. Sfottò e rivalità hanno lasciato posto ormai a insulti e odio. Sani valori sono diventati mali degeneranti una volta superata la linea dell’esagerazione. Per provare a cambiare mentalità è necessario offrire un modello positivo a cui ispirarsi. Modello che il calcio femminile può rappresentare, quantomeno in termini di idealità. Può essere un’alternativa in questo senso: in termini di esempio ovviamente, non di modalità. Il calcio femminile non può sostituire quello maschile, è logico e nessuno se lo aspetta, ma può riportarlo sulla strada giusta.
Che questa occasione non sia dunque un fuoco fatuo, che non si aspetti un’altra pausa per le nazionali per dare risalto al calcio femminile. La speranza invece è che questo evento apra la via ad una valorizzazione che in questo momento storico non sembra solo necessaria, ma indispensabile. Perché è ora di rinnovare mentalmente il calcio italiano e questa può essere una via interessante per farlo
Un passo indietro per andare avanti, l’ora del cambiamento è arrivata.
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Calcio e dintorni
ESCLUSIVA – Lo sviluppo dei nuovi talenti di adidas studiando Bellingham

Pubblicato
1 giorno fa:
Dicembre 6, 2023
La crescita e la formazione di nuovi talenti è da sempre uno dei punti cardini all’interno del progetto adidas. Il brand, infatti, ha fatto della crescita e l’accompagnamento verso i propri obiettivi di giovani calciatori una propria prerogativa. L’ultima importante iniziativa del Team Football Italia è stata quella di proporre un viaggio nella dimensione Real Madrid per studiare da vicino l’ambiente in cui lavora quello che al momento è il giovane più forte al mondo: Jude Bellingham. Sette giovanissimi calciatori seguiti dal brand, sono partiti alla volta della capitale spagnola per poi immergersi in un clima da grande calcio. Dalla visita al Bernabeu e al museo del club, fino ad assistere alla gara di Champions League Real Madrid-Napoli. Una vera e propria esperienza a 360 gradi, per arricchire il proprio bagaglio culturale oltre che calcistico.
Di seguito la lista completa dei giovani calciatori che ne hanno preso parte:
• Jacopo De Vincenzo, Lazio
• Lorenzo Hallidri, Verona
• Francesco Paesanti, SPAL
• Marco Damioli, Atalanta
• Samuel Prendi, Atalanta
• Gabriel Masullo, Monza
• Gabriele Borsa, Milan
ESCLUSIVA 🚨 – Lo sviluppo dei nuovi talenti #adidas studiando #Bellingham: 7 giovani calciatori seguiti dal brand sono partiti per immergersi nella dimensione del #RealMadrid. Un viaggio con l’obiettivo di crescere sia sotto l’aspetto calcistico che umano. ✈️⚽️ [@adidas] pic.twitter.com/4T5DAwpTsq
— Numero Diez (@NumeroDiez_10) December 6, 2023
Noi di Numero Diez abbiamo intervistato lo Scouting Manager di adidas Kevin Cauet, che compone il team football SPOMA con Alfredo Freda, Senior Manager del brand tedesco. Siamo entrati nei particolari di quella che è stata questa importante esperienza, approfondendo il tema della crescita calcistica e soprattutto personale di questi ragazzi: dallo stile di vita sano alla mental health, indispensabili per raggiungere traguardi importanti. Di seguito l’intervista.
L’INTERVISTA A KEVIN CAUET, SCOUTING MANAGER ADIDAS
Quali sono i criteri utilizzati per la scelta dei talenti da seguire?
“È molto complesso. Fino a 17/18 anni si fa una valutazione prettamente calcistica: aspetto tecnico, tattico, fisico e mentale. In più di quello che può essere l’ambiente di crescita del ragazzo: famiglia, stile di vita ecc. Arrivati a una certa età ci dobbiamo ricordare che siamo un brand sportivo e non un club. Dobbiamo fare una selezione molto stringente: non solo di chi arriverà in Serie A, ma anche di chi un giorno potrà arrivare a vestire la maglia della Nazionale italiana o di un top club mondiale. Per quello è fondamentale valutare anche la realtà in cui cresce il ragazzo, il suo percorso di crescita e il progetto intorno a lui. Ci sono tantissimi aspetti di cui tenere conto”.
Anche Francesco Camarda è tra i talenti della scuderia di adidas Italia. Che idea si è fatto del suo avvicinamento alla prima squadra del Milan e il traguardo di più giovane esordiente di sempre in Serie A?
“Innanzitutto se lo merita. È un ragazzo d’oro, che viene da una famiglia spettacolare. Per lui ci sono dei presupposti di crescita importanti. Avere un quadro sano extra-calcistico è decisivo. Così il ragazzo può lavorare tranquillo, va a scuola e non è vittima dell’ossessione di arrivare. Lui sta vivendo questo momento a modo suo. È un ragazzo mentalmente molto preparato per la sua età. Tecnicamente, credo salti all’occhio di tutti, è a un livello molto avanzato se lo si paragona ai suoi coetanei. E anche tatticamente direi che ha una comprensione del gioco importante. Sa quello che può fare – e lo fa molto bene – e quello che non può fare. Ha ancora 15 anni e deve ancora formarsi dal punto di vista fisico: chiaro che, rispetto a quando giochi in Primavera, in prima squadra gli avversari sono molto più grossi e forti fisicamente. Lui però è un giocatore molto intelligente e lo sta facendo vedere: così riesce a compensare”.
Tornando sulla spedizione a Madrid e l’immersione nel mondo del Real Madrid: come nasce l’idea del viaggio e quali sono gli obiettivi dell’iniziativa?
“È un’iniziativa in generale del Team Football, non solo in italiana. In tutto il mondo, Europa compresa, cerchiamo sempre di coinvolgere i nostri ragazzi con questo tipo di iniziative. L’idea è quella di dare a questi ragazzi un’esperienza extracalcistica. Questo viaggio non è né una selezione tra i nostri talenti né una ricompensa ai migliori. È semplicemente un viaggio, un’opportunità in più per i ragazzi di adidas per arricchirsi di un’esperienza, che li possa fare crescere dal punto di vista personale, facendoli lavorare sulla propria maturazione psicologica ed emotiva. Io credo che oggi questi ragazzi vengano considerati troppo presto come giocatori di calcio, quando hanno ancora 13 o 14 anni. Talvolta ci si dimentica che oltre a sapere giocare con i piedi, per essere professionisti c’è bisogno di una certa stabilità mentale. Per questo il tema di mental health è molto importante. A 13 anni sappiamo che siamo sempre condizionati dalle nostre emozioni, quindi ci si apre al mondo, si vedono altre culture, lingua diversa e si respira anche un calcio diverso. Non a caso siamo andati a vedere lo stadio, il museo e abbiamo conosciuto tante persone diverse. Quello che facciamo sulla nostra Next Gen è un progetto che permette di lavorare sulle attitudini individuali del ragazzo in termini di adattamento, prese di decisione, apertura mentale, tolleranza. Aspetti che servono nel calcio ma anche nella vita. E proprio per questo colgo l’occasione per ringraziare i club che hanno messo a disposizione i loro ragazzi, garantedogli la possibilità di vivere questo viaggio: non è una cosa scontata”.
Lavorando anche in paesi diversi, ha riscontrato differenze significative con l’Italia nel modo di rapportarsi ai giovani calciatori?
“Io credo che ogni Paese abbia il suo modo. Ogni paese ha una propria cultura, l’importante è capirne le caratteristiche e lavorarci sopra. Sarebbe presuntuoso e non da intenditore dire che dobbiamo allenare i ragazzi o le ragazze tutti allo stesso modo. I bambini e le bambine vanno capiti, ognuno di noi è fatto a modo suo e sta’ a noi farlo. È un dovere non solo nostro che siamo sponsor ma spetta ai club, alla scuola, ai genitori… ognuno deve trovare le chiavi di questi ragazzi per farli crescere nel miglior modo possibile. Sicuramente io ritrovo differenze nella metodologia non solo calcistica, ma anche nell’apprendimento scolastico. Io arrivo dal settore francese e quindi noto grande differenza da questo punto di vista. Da noi per esempio si cerca di trasmettere degli strumenti che permettano ai ragazzi di poter essere autonomi il più presto possibile. Quindi di prendere delle decisioni, avere la capacità di ragionare per quello che può essere l’ambiente che ci circonda, per arrivare all’obiettivo e trasmettere un certo stile di vita. Qui abbiamo un approccio diverso, perché siamo più su una metodologia direttiva. Con questo viaggio invece si cerca di far capire che possiamo comunque raggiungere obiettivi e fare cose ottimali senza per forza dover seguire un sistema solo, ma prendere il meglio da tanti sistemi e tante metodologie per creare qualcosa che arricchisca il proprio bagaglio. Sulle attività che organizziamo c’è sempre un fine: l’obiettivo in questo caso è veramente quello di creare un percorso per questi ragazzi e dargli la possibilità di crescere sotto tutti questi punti di vista. Altro esempio: recentemente, nell’ambito di un evento adidas è intervenuto Alessandro Nesta, un’icona del nostro calcio. Abbiamo deciso di affiancargli sul palco un difensore del domani, come Marco Palestra dell’Atalanta. Non c’era nessun intento pubblicitario, ma solo l’obiettivo di farli interagire. Il fatto che un aspirante calciatore possa confrontarsi con una leggenda come Nesta, chiedere consigli, imparare a parlare in pubblico: è una gran cosa. Esercitarsi nel public speaking aiuta a gestire lo stress ed è una skill che serve per la vita, non solo da calciatore”.
Il viaggio a Madrid ha permesso di studiare da vicino quello che probabilmente è il giovane calciatore più forte al mondo: Jude Bellingham? C’è un nome che secondo lei potrà ripercorrere le orme dell’inglese?
In questo caso faccio fatica a fare un nome. Parliamo di ragazzi giovanissimi e le variabili sono infinite. Prendiamo la storia di Bellingham: arriva al Real Madrid dopo un percorso calcistico realizzato in vari paesi. Parte dal Birmingham, poi va al Borussia Dortmund per poi arrivare al Real. Un viaggio. Ed è proprio questa la connessione che voglio fare con l’esperienza dei ragazzi a Madrid. Prendere un aereo significa sperimentare, in Italia ma anche all’estero. Ci permette di vedere come funziona il calcio altrove, di capire come si lavora cercando di migliorarsi tutti i giorni. Questa predisposizione, abbianata alla continuità mentale che Bellingham ha sempre avuto, è l’inizio del percorso. Quello che sta facendo Bellingham è qualcosa di eccezionale. Tra i nostri atleti ce ne sono diversi di grandissimo talento, con ottime predisposizioni; ma da qui ad arrivare a 18 anni passa tanto tempo. Ci vogliono tranquillità, umiltà e tanto lavoro. Questo è il mio consiglio più che dare un nome”.
Qual è il suo obiettivo con adidas per il futuro?
“L’obiettivo è continuare così come stiamo facendo. In Serie A è stato fatto un grande lavoro in termini di share of voice. Anche in ambito di Nazionale maggiore direi che siamo messi molto bene: è stato fatto qualcosa di davvero importante da parte del team football, e mi riferisco a Giacomo Zerella e Alfredo Freda, che hanno aumentato il portfolio dei calciatori per il nostro Paese selezionando tanti ottimi profili. Nello scouting vogliamo andare ad arricchire il nostro gruppo di giocatori con grande potenziale. Questo è qualcosa a cui tengo particolarmente: siamo una grande famiglia. Ci sono tanti ragazzi che fanno tutti parte di questo progetto e noi vogliamo ovviamente cercare quelli che arriveranno a questo livello qui. Ma con calma e pazienza, perché prima di tutto deve rimanere un piacere e non un’ossessione. Un altro esempio è Wisdom Amey, che ha esordito prima di Camarda e deteneva il record di più giovane debuttante di sempre in A. Bisogna continuare sempre a lavorare con questi ragazzi e far sì che arrivino a realizzare i propri obiettivi accompagnandoli tutti i giorni. La qualità del servicing, della famiglia, delle persone per adidas è sempre stata un must”.
Calcio e dintorni
Cellino e l’incredibile retroscena ai tempi del Leeds: allenatore esonerato per colpa di… un divano!

Pubblicato
6 giorni fa:
Dicembre 1, 2023Di
Simone Rippa
CELLINO LEEDS – Massimo Cellino è da anni una delle personalità più controverse e particolari del calcio italiano, e non solo. Infatti, l’attuale presidente del Brescia è stato il patron del Leeds nel periodo compreso fra il 2014 e il 2017, periodo in cui il club alternata promozioni e retrocessioni in Premier League.
Alla base dei vari problemi vissuti in alcune situazioni vi erano incomprensioni tecnico-tattiche, ma anche linguistiche. Infatti, secondo quanto dichiarato ai microfoni del Daily Mail, la pronuncia inglese dell’originario cagliaritano non è mai stata impeccabile. Pertanto, a causa di questa insufficienza linguistica, le conseguenze sono state importanti anche nel percorso del Leeds.
Nello specifico, la richiesta del presidente di cambiare un divano presente nel suo ufficio ha subìto un’interpretazione del tutto erronea, spingendo i dirigenti del club a esonerare Brian McDermott, allenatore in carica fino a quel momento. Il problema di fondo è stato l’incomprensione fra il termine couch (divano) e coach (allenatore). Inoltre, secondo quanto sottolineato da Cellino stesso, l’equivoco non è stato mai noto, venendone a conoscenza solo il giorno della vigilia del successivo impegno.
Un episodio molto controverso, quindi, che ha portato all’esonero di un indifeso allenatore a causa di, incredibile ma vero, un divano. Questo episodio, dunque, è sempre rimasto incompreso dai tifosi, che non hanno mai visto di buon occhio Cellino.
Calcio e dintorni
Dal Real Madrid alla NASA: Antonio Pintus studia la preparazione atletica degli astronauti

Pubblicato
1 settimana fa:
Novembre 30, 2023Di
Simone Rippa
PINTUS – Antonio Pintus è una delle figure “di secondo piano” tra le più note del calcio mondiale. L’italiano ricopre attualmente l’incarico di preparatore atletico del Real Madrid, apice della sua carriera professionale dopo una lunga avventura nello staff di mister Conte. Le sue metodologie di allenamento hanno stupito tutti per l’intensità e per l’efficacia derivata da esse, come sottolineato da Jude Bellingham ad inizio stagione. La sua tecnica ha incuriosito gli esperti di vari campi lavorativi, anche lontani dal rettangolo verde.
Infatti, secondo quanto riportato da Relevo, Pintus è stato convocato dalla NASA, l’organo spaziale statunitense, per approfondire la preparazione atletica degli astronauti. D’altro lato, invece, i responsabili dell’azienda amministrativa hanno studiato la metodologia del diretto interessato. In questo modo, l’obiettivo è acquisire i migliori segreti per incrementare la prestanza fisica degli astronauti. Si tratta di una collaborazione insolita, ma a testimonianza della grande ammirazione nei confronti di uno dei migliori professionisti nel suo ruolo.
Calcio e dintorni
ESCLUSIVA – La ‘Brigata Mai 1 Gioia’ di San Marino raccontata dai suoi partecipanti
Pubblicato
2 settimane fa:
Novembre 22, 2023
Sembrerà strano a dirsi, ma – alla fine di questa pausa – la nazionale del San Marino vive uno dei momenti migliori della sua storia recente. È vero: i biancazzurri hanno concluso il loro gruppo di qualificazione ad Euro 2024 con nove sconfitte su nove partite giocate, ma nelle ultime tre gare del girone (contro Danimarca, Kazakistan e Finlandia) San Marino ha realizzato altrettanti gol, segnando a tutte e tre le compagini affrontate. Un vero e proprio record, considerando che non era mai successo nella storia della nazionale.
Ad essere felici, quindi, non sono solo i componenti dello staff tecnico e i giocatori, ma anche e soprattutto i tifosi del San Marino che, spoiler, sì, esistono. Ma non solo, la nazionale può vantare addirittura di un gruppo di tifosi organizzato, la ‘Brigata Mai 1 Gioia’, composta da appassionatissimi che da anni seguono le avventure della squadra anche all’estero. Abbiamo voluto conoscere meglio questo simpaticissimo gruppo intervistando Daniele e Davide, membri ormai navigati della Brigata.
POPOLARI LONTANO DA CASA
Proprio in virtù delle diverse trasferte, la Brigata si è fatta conoscere ed apprezzare fuori da San Marino e l’Italia, prendendo in simpatia tante tifoserie straniere, oltre che la stampa estera. Una cosa che ha tenuto subito ad evidenziare Daniele, l’attuale leader del gruppo.
“Effettivamente è molto strano. Le testate internazionali ci hanno cercato in ogni modo, ieri per esempio ero sul DailyMail, ma mi hanno chiamato anche BBC e altre testate di un certo livello. In Italia invece c’è gente che si domanda ancora cosa esista a fare San Marino e non ne comprendo il motivo. A conti fatti il nostro gruppo è quasi più conosciuto all’estero che in patria e spero che le cose possano cambiare e si capisca perché tifiamo San Marino. Il risultato non c’entra nulla, è una filosofia radicata”.
Una cosa confermata anche da Davide, che ci ha detto:
“A Belfast (contro l’Irlanda del Nord ndr.) i tifosi volevano conoscerci e fare foto con noi. È stato molto bello, alcuni addirittura ci mettevano di fianco i loro bambini per scattare fotografie di ricordo, incredibile. In Italia ci considerano quasi degli appestati!”.
UN GRUPPO NATO PER GIOCO
Chiaramente, per raccontare e conoscere meglio la storia della Brigata mai 1 gioia, abbiamo dovuto far luce sulle sue origini e sulle ragioni che l’hanno spinta a nascere. A spiegarci tutto nei dettagli è stato ancora una volta Daniele.
“Il gruppo è nato 11 anni fa da un’idea di Massimo, il suo fondatore. Per curiosità andò a vedere un match a San Marino e allo stadio si accorse che tutti gli spettatori erano seduti, esattamente come al teatro, e nessuno cantava. Questa cosa gli mise un po’ di tristezza e per gioco decise di fondare un gruppo che con il tempo si è espanso. Ora siamo circa in 30 e i nostri membri vengono da tutt’Italia, ma anche da paesi esteri come Germania e Austria”.
Sì, perché è importante specificare che dei circa trenta membri della Brigata, in pochi vengono da San Marino. Gli stessi Daniele e Davide non sono sammarinesi: il primo viene dalla Toscana e vive a Modena, il secondo è originario di Salerno. Doveroso, allora, chiedergli i motivi per i quali si sono avvicinati alla causa biancazzurra.
“Mi piace il calcio pulito, quello in cui non ci si picchia ma si fa amicizia, potremmo definirlo quasi un ‘calcio rugbistico’. San Marino è un unicum: incontri tifosi delle altre nazionali all’inizio e alla fine della partita, li conosci, ci scambi le sciarpe e magari ci vai anche a prendere una birra. È come se ci fosse un habitat incontaminato, dove tra l’altro è possibile conoscere anche i membri della nazionale. A Belfast per esempio abbiamo conosciuto tutti e sono diventato amico di Dante Rossi (calciatore della rappresentativa sammarinese ndr.). Contro la Finlandia, poi, abbiamo avuto modo di parlare anche con il CT, che ci ha raccontato come stessero lavorando e cosa era successo nella partita precedente in Kazakistan. È un clima irripetibile, chiaramente è impossibile fare questo con l’Italia o con qualsiasi altra nazionale: a San Marino trovi qualcosa che non si può fare da nessun’altra parte e questo mi ha spinto ad appassionarmi”.
Per quanto riguarda Davide, invece:
“Da anni mi piace il calcio sammarinese, per me la Champions League inizia a giugno con i turni preliminari, e non a settembre con i gironi. Diversi anni fa trovai la pagina della Brigata su Facebook e iniziai a seguirla perché la trovavo una bella iniziativa. Nel 2019, poi, mentre studiavo a Bologna, sul gruppo scrissero che c’era un posto disponibile per andare a vedere una partita e mi ci fiondai. In quella gara il San Marino riuscì anche a segnare un gol, così i membri della Brigata pensarono che portassi fortuna e mi inclusero immediatamente nel loro gruppo. In realtà da allora il San Marino non ha mai vinto e uno dei pochi pareggi mi ha fatto anche perdere una schedina perché avevo scommesso sulla sconfitta! Fu comunque un’esperienza molto divertente che mi ha fatto entrare in un gruppo di amici”.
L’AIUTO DELLA FEDERAZIONE
Quella della Brigata, insomma, è una realtà piccola ma vivace che, peraltro, nell’organizzazione di viaggi e nell’acquisto dei biglietti, ha potuto anche contare sulla federazione sammarinese. Come anticipato da Davide, a volte i membri del gruppo possono accedere a fasi di vendita anticipata dei biglietti, soprattutto contro gli avversari di lustro internazionale. Ancora una volta Daniele ci ha chiarito la questione.
“Il rapporto con la Federazione c’è sempre stato anche se siamo un gruppo indipendente che, in base alle situazioni, può anche criticare. Dallo scorso settembre, comunque, il nostro rapporto è passato dall’essere confidenziale a ufficiale. C’è stato un incontro tra i tifosi, il presidente federale, il segretario generale e il CT. È stata l’occasione per sederci ad un tavolo e iniziare a collaborare, i nostri obiettivi come gruppo sono affini a quelli della federazione e lo scopo è quello di portare gente allo stadio. Quando possibile loro cercano di aiutarci con i biglietti: chiaramente andare a vedere il San Marino non è gratis, ma si cerca di agevolare i tifosi che vengono più spesso. Anche per l’organizzazione logistica delle trasferte spesso parliamo e ci organizziamo con la federazione stessa, siamo entità distinte ma non estranee e anche questa è una cosa che non puoi trovare altrove”.
UN’ESPERIENZA DA PROVARE
Alla fine della nostra intervista, abbiamo voluto chiedere ai due ragazzi se si sentissero di consigliare l’esperienza di entrare a far parte della Brigata mai 1 gioia e quali fossero i lati positivi del tifare una squadra che, risultati alla mano, non vince da quasi vent’anni. Ci hanno risposto così.
“Tifare San Marino”, ci dice Daniele, “non è come tifare una qualsiasi altra squadra. Bisogna cambiare il punto di vista: chiaramente se si pensa solo al lato calcistico si vedrà una nazionale che, piuttosto che a vincere, ambisce a perdere con dignità, e questo non è chiaramente il massimo per una persona che guarda esclusivamente al campo. Si deve guardare al pacchetto completo: se si vuole sfruttare il calcio per fare nuove amicizie e portare valori allo stadio, allora l’esperienza è consigliatissima“.
“Nella battaglia tra Davide e Golia noi siamo Davide, personalmente sarebbe troppo facile tifare una squadra che vince sempre. Noi pensiamo ai ragazzi che scendono in campo: anche in caso di sconfitta, se alzano lo sguardo trovano gente pronta ad applaudirli e a riconoscere il merito di ragazzi come noi che hanno il coraggio di affrontare professionisti dieci volte più forti di loro. Sfido tutti i leoni da tastiera che attaccano con cattiveria il San Marino a giocare in uno stadio di 40 mila persone contro gente del calibro di Hojlund ed Eriksen, per me è un atto quasi eroico e va riconosciuto”.
Per quanto riguarda Davide, invece:
“Tifare San Marino non è per tutti ed è un’esperienza che consiglio solo a chi nella vita sa accettare bene le sconfitte. Sicuramente però è un qualcosa di molto costruttivo che, anche al di fuori del calcio, insegna a vivere in maniera più rilassata e a godere anche delle piccole cose. So che sembra esagerato, ma trovarsi nella Brigata può essere anche terapeutico e renderci delle persone migliori“.
Si ringraziano Davide e Daniele per la loro gentilezza e disponibilità.
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