Il solito epilogo pieno di polemiche in stile Fiorentina. Come accade ormai da tanti anni a questa parte, l’allenatore dei viola lascia la panchina con screzi e litigi con la società, che già con Prandelli, Montella e Paulo Sousa si era lasciata in maniera tutt’altro che pacifica. Stavolta è toccato a Pioli andarsene, dimettendosi dopo una serie di comunicati rilasciati dai vertici della dirigenza che ne mettevano in dubbio la serietà nel lavoro svolto, dell’allenatore in primis e di conseguenza della squadra. Si è dimesso l’ex allenatore di Lazio e Inter, ritenendo inaccettabili le accuse a lui rivolte, lasciando l’incarico dopo una gestione calcistica rivedibile, ma sempre contraddistinta da un’umanità fuori dal comune; il rapporto con i giocatori è sempre stato eccelso, soprattutto in seguito alla tragedia Astori, e proprio per questo motivo ha sempre avuto il massimo rispetto ed enorme gratitudine da parte dei tifosi viola, che hanno riconosciuto in Pioli una vera e propria figura paterna per un gruppo giovanissimo e spesso alle prese con questioni difficili, se non drammatiche.
La dirigenza viola si è ritrovata sotto attacco, perchè a Firenze tutti si sono schierati dalla parte dell’allenatore, lasciato sempre spalle al muro quando piovevano continuamente accuse e polemiche, ed è per questo motivo che i Della Valle e il responsabile dell’area tecnica Pantaleo Corvino hanno scelto di affidarsi ad un personaggio molto conosciuto a Firenze, con tanta voglia di rivalsa e di rimettersi in gioco: Vincenzo Montella.
I MOTIVI DEL RITORNO
30 giugno 2021. Il nuovo contratto di Vincenzo Montella avrà questa scadenza, e spiega perfettamente la volontà della società di via Manfredo Fanti: nessun traghettatore per queste ultime sette giornate più semifinale di Coppa Italia, ma un allenatore che arrivi con la certezza di essere la guida tecnica anche per il prossimo futuro.
2012-2015. Un triennio eccezionale per Firenze, la sua Fiorentina e per lo stesso Montella, che in tre anni riuscì a riportare un entusiasmo totalmente disperso in una città che si trovò estasiata di fronte al calcio moderno e accattivante del tecnico di Castello di Cisterna. Come ribadito dallo stesso allenatore in conferenza stampa, quel lontano giugno 2012 firmò per i viola e si presentò in ritiro senza un giocatore che fosse da considerare pronto per far parte dell’11 titolare; arrivarono poi Viviano, Roncaglia, Savic, Gonzalo Rodriguez, Borja Valero, Pizarro, Cuadrado, Aquilani, Toni e tanti altri gregari di spessore, che permisero alla Fiorentina di tornare in Europa (e ad un passo dalla Champions League) giocando per distacco il miglior calcio d’Italia. Poi arrivarono Rossi e Gomez, quella coppia da urlo che fece toccare a Firenze il cielo con un dito, salvo poi sprofondare negli inferi per gli infortuni che colpirono a ripetizione i due attaccanti acquistati per il salto di qualità. Tre volte consecutivamente al 4° posto – che oggi significherebbe qualificazione diretta ai gironi di Champions – una semifinale di Europa League, una semifinale e una finale di Coppa Italia. Firenze mai si era avvicinata tanto alla gloria come in quel triennio da sogno.
Poi i litigi con la famiglia Della Valle, altri comunicati focosi e taglienti, e altro addio polemico. Col tempo l’Aeroplanino si è chiarito con il presidente della Fiorentina, e dopo le avventure zoppicanti con Sampdoria, Milan e Siviglia, ecco che Montella è tornato a Firenze. Ma perchè rischiare di bruciare con un ritorno del genere i bei ricordi e i grandi traguardi raggiunti nel recente passato?
Uno dei motivi è sicuramente la voglia di rivalsa che è montata nel corpo e nella mente del tecnico campano in questi mesi di assenza dai campi di calcio. Dopo lo spettacolo offerto a Firenze, non è riuscito a ripetersi con la Samp, a Milano iniziò bene per poi essere accusato di tutti i mali vissuti nell’era cinese rossonera, mentre a Siviglia ha ottenuto risultati di spessore – come il primo raggiungimento dei quarti di Champions nella storia della società andalusa – senza però ricevere i giusti meriti. Montella vuole dimostrare a tutti quanti di non essere stato un misero fuoco di paglia, e fin dalle prime parole in conferenza stampa al Franchi ha mostrato grande grinta e voglia di rimettersi in gioco, anche in corso d’opera.
“C’è stata programmazione in questi anni, è la squadra più giovane d’Europa e ci si può lavorare per incidere. Vogliamo fare il massimo. Ho accettato perché amo questa professione e non è vero che non avevo alternative. Ho qualche capello bianco in più. Le esperienze mi hanno migliorato, anche quelle negative. Impazzisco a fare questo lavoro e vedere i giocatori che possono migliorare. Sono stato bene anche a casa ma appena mi ha contattato la Fiorentina non abbiamo neanche parlato di cifre”.
Sicuramente Montella ritrova un punto in comune tra la sua prima e la sua nuova avventura sulla panchina viola: il malcontento. La piazza è in subbuglio, e proprio come in quel 2012 il rapporto tifo-società è ai minimi storici. Sempre che ci sia ancora un rapporto.
Apparentemente sembra una mission impossible quella dell’Aeroplanino, ma ripartire dal fondo ha sempre un suo vantaggio, cioè che più in basso è praticamente impossibile andare. Montella riparte dal bel ricordo lasciato in passato, e la possibilità di fare affidamento su una piazza che ha sempre apprezzato il suo modo di porsi sbarazzino, a tratti anche furbo, che spesso si rivedeva perfettamente nel modo di giocare dei suoi ragazzi. Non sarà semplice riportare l’entusiasmo in tempi brevi in quel di Firenze, ma sette partite e, soprattutto la semifinale di ritorno contro l’Atalanta, possono essere più che sufficienti per trasformare una pessima stagione in un annata storica, come l’ha definita lo stesso allenatore.
TATTICAMENTE PARLANDO
Una cosa è certa: la Fiorentina del primo Vincenzo Montella era stata costruita per il suo modo di approcciare il calcio, era stata plasmata secondo le sue volontà tattiche spagnoleggianti, quelle che più in Italia hanno ricordato il primo tiki-taka del Barcellona di Pep Guardiola.
La viola ereditata da Pioli è una squadra totalmente agli antipodi rispetto a quella del 2012, in quanto mancano un vero e proprio costruttore di gioco, sia in difesa che a centrocampo, dove il gioco passava sempre dai piedi di Gonzalo e di Pizarro. Sicuramente c’è più fisicità, più corsa e più spirito di sacrificio difensivo, ma manca la base che ha permesso a Montella di emergere come mister, e alla Fiorentina di esaltarsi in Italia ed in Europa.
Da cosa ripartire allora?
Le voci sembrano portare ad un possibile passaggio al 3-5-2, un qualcosa che si era visto a tratti anche con Pioli, in un modulo che oscillava tra il sopracitato e un 4-3-3, con la ormai frequente linea difensiva a 3 e mezzo. Dietro ci saranno Pezzella, Milenkovic e Vitor Hugo: il brasiliano potrà avvantaggiarsi con la presenza al suo fianco di difensori affidabili, mentre gli altri due dovranno essere più propositivi in fase di costruzione. Nessuno dei due ha il piede che aveva Gonzalo Rodriguez, ma possono lavorarci. A sinistra sarà Biraghi a fare a metà tra il ruolo di terzino e di tornante, tornando in un ruolo che ha ricoperto più volte in carriera e che dovrà vederlo come arma in più anche in fase offensiva, cosa che ultimamente è mancata.
La mediana rimarrà più o meno la stessa, con Edimilson Fernandes come regista (in un’ottica diversa da quella che aveva Pizarro, molto meno fisico ma con un tasso tecnico nettamente superiore), Benassi a fare da incursore e Veretout a fare “l’Aquilani” della situazione, andando alla ricerca di quei gol che l’anno passato era riuscito a fornire.
Per quanto riguarda la fase offensiva, Chiesa sarà l’ago della bilancia: avrà probabilmente il ruolo di Cuadrado, sebbene il suo modo di giocare sia meno bailado e più concreto, meno basato sul dribbling e più sul dinamismo e sulla potenza, ma ciò che dovrà dare il giovane Federico è il cambio di passo, dovrà creare la superiorità numerica necessaria per tornare a far male alle difese avversarie. Si alternerà tra il ruolo di quinto di centrocampo e terzo d’attacco, probabilmente dovrà correre più del solito – anche se pare difficile dannarsi più di quello che già sta facendo – o perlomeno dovrà cercare di farlo con più raziocinio e meno sregolatezza. Proprio come quel Cuadrado, che da ala anarchica è addirittura passato a fare, in certi casi, il terzino della Juventus.
Davanti ci sono Muriel e Simeone: il primo è per la terza volta nelle mani dell’Aeroplanino che, come detto da lui stesso, spera di averlo per più di qualche mese, a differenza di quello che gli è capitato a Genova prima e a Siviglia poi. Ne chiede una continuità maggiore, conscio del fatto che il suo talento possa permettere ai viola di cambiare marcia, e al suo compagno di reparto Simeone di tornare a segnare con continuità; proprio El Cholito dovrà beneficiare del calcio offensivo montelliano, e con un giocatore accanto come Muriel che può attrarre i centrali su di sé, potrà sfruttare queste ultime partite per segnare quei gol che sono mancati in queste prime 31 gare.
L’impresa è ardua, tosta e da gente con carattere. Montella ha voglia di rivalsa, spirito di rivincita e una grande fame, per tornare ad essere uno dei migliori manager italiani. La Fiorentina torna sull’Aeroplanino, per volare via dalla mediocrità una volta per tutte, assieme a colui che a Firenze aveva mostrato gli ultimi bagliori di grande calcio.