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Il Catania torna in B

Pensiero del Diez

Il Catania torna in B

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Ormai è quasi ufficiale, il Catania e il Novara giocheranno il campionato di Serie B. La compagine piemontese e quella siciliana sarebbero le prime ad essere ripescate per sostituire due società fallite appena un mese fa: il Bari e il Cesena.

La Corte federale d’appello ha respinto i ricorsi di Siena, Ternana, Pro Vercelli e della FIGC contro la decisione del Tribunale Federale che aveva annullato la possibilità di ripescaggio per le squadre che avessero avuto problemi amministrativi nelle stagioni precedenti, più precisamente nel triennio 2015/16-2016/17-2017/18. La seguente decisione di conseguenza spinge Catania e Novara –quasi in via definitiva– verso la serie cadetta e, nel frattempo, spera ancora il Siena che dovrà aspettare l’esito del ricorso presentato dall’Avellino al Tar del Lazio.

NON ANCORA UFFICIALE

Il Catania e il Novara nella giornata di ieri dopo aver ricevuto la notizia di essere le favorite per il ripescaggio hanno fatto festa con i tifosi in piazza, in particolar modo gli Etnei che, dopo la sessione pomeridiana d’allenamento a Torre del Grifo hanno brindato tra di loro, mentre in serata hanno raggiunto i cortei in strada e si sono uniti alla festa insieme ai propri sostenitori intonando cori. Addirittura il sindaco, Salvo Pogliese e l’assessore comunale allo sport, Sergio Parisi, hanno aperto le porte dello stadio Massimino per assistere all’amichevole che si è disputata in serata contro i dilettanti del Biancavilla.

Le due società devono pazientare ancora un po’ prima della conferma ufficiale a causa di eventuali ricorsi che potrebbero essere presentati durante i prossimi giorni dalle avversarie che, quasi sicuramente, non accetteranno di buon grado la sentenza.

Oltre ai ricorsi per le società in lista per il ripescaggio si potrebbe presentare un altro ostacolo ossia. La lega di Serie B ha proposto alla FIGC di ridurre il campionato a 20 squadre, evitando così di fare i ripescaggi dalla Serie C e non ritardare l’inizio del campionato, rischiando così di rendere vane le speranze di Catania e Novara. L’alternativa a questa iniziativa era di fare, invece, un campionato composto da 23 squadre, dove ogni giornata una squadra avrebbe riposato, garantendo così 2 turni di riposo in 44 giornate di campionato. Questa formula servirebbe per tenere in stand by solamente il ripescaggio della Robur Siena in sostituzione dell’Avellino. Nel caso in cui il ricorso al Tar da parte degli Irpini venisse respinto, i bianconeri prenderebbero il loro posto.

Al momento tra queste due ipotesi però la più probabile è che non ne venga adottata nessuna e rimanga tutto invariato, lasciando decidere al tribunale chi merita di salire nella categoria maggiore.

IL PURGATORIO PRIMA DEL PARADISO

L’ultima apparizione nel campionato cadetto da parte dei rossazzurri risale alla stagione 2014/15, quando il Catania si posizionò 15º. Un risultato incredibile poiché a inizio stagione, sulla carta, i siciliani si candidavano fortemente per l’immediata risalita. Al termine della stagione vennero arrestati 7 dirigenti del club per aver combinato e comprato alcune partite. Il Catania fu retrocesso in Lega Pro e dalla stagione 2015/16 lotta per provare a risalire.

L’obiettivo della società dopo l’ufficialità del ripescaggio sarà sicuramente di tornare nel massimo campionato il prima possibile per provare a ripetere le 8 stagioni consecutive disputate prima della doppia retrocessione. Durante le 8 stagioni di permanenza in A (dalla stagione 2006/07 alla stagione 2013/14) la squadra degli elefantini ha giocato a sprazzi un ottimo calcio grazie anche ad allenatori talentuosi e giovani come furono a loro tempo Marco Giampaolo, Diego Pablo Simeone, Sinisa Mihajlović, Vincenzo Montella e Rolando Maran: per loro la piazza catanese è stata una rampa di lancio per le loro carriere e successive vittorie.

Non solo ha valorizzato gli allenatori, la squadra siciliana si ricorda anche per molti calciatori tra cui: Maxi Lopez, Alejandro Gomez (Papu), Pablo Barrientos, Lucas Castro, Giuseppe Mascara, Francesco Lodi, Mariano Izco, Sergio Almirón e Gonzalo Bergessio.

La miglior stagione della storia disputata dal club etneo è stata nel 2012/13 dove ha fatto il record di punti (56 per l’esattezza) e ottenuto anche il miglior piazzamento da quando la vittoria vale 3 punti.

In quella stagione la squadra ha giocato un ottimo calcio grazie all’abilità del mister Rolando Maran, ottenendo anche risultati importanti come le 12 vittorie casalinghe e piazzandosi a fine stagione davanti all’Inter all’ottavo posto, sfiorando il piazzamento in Europa. Paradossalmente la stagione successiva il Club etneo disputò una pessima stagione e retrocedette.

UNA GRANDE PIAZZA PER UN GRANDE CAMPIONATO

Il ritorno del Catania in Serie B vuole dire anche far ritornare una grande tifoseria come quella rossazzura e ridare smacco a una città che ha sempre vissuto con orgoglio e fierezza la propria fede calcistica, nonostante non abbia mai avuto una grande storia vincente.

Lo stadio Massimino (capienza massima 23266 spettatori) è sempre stato un fattore per i giocatori che hanno indossato la maglia catanese. Emiliano Mondonico, dopo lo spareggio tra Catania e Cremonese che si giocò a Roma il 25 maggio 1983, dove ci furono 40000 catanesi al seguito della squadra, disse:

« Appena entrati in campo, ci siamo resi conto che il verdetto era già stato sancito. Oltre al Catania, avevamo di fronte un’intera città. »

Il ritorno di una squadra storica come il Catania potrà sicuramente innalzare il livello della Serie B, in quanto è una società forte e solida, che per il campionato cadetto è fondamentale (Cesena e Bari sono un esempio). Un altro aspetto da non sottovalutare è la competitività che porterà nelle zone alte della classifica perché il progetto della società siciliana è quello di risalire il prima possibile in Serie A e ripetere i risultati ottenuti con il Catania di Maran e degli argentini.

Se il campionato di Serie B sarà ancora più interessante il prossimo anno, il merito sarà anche degli elefantini rossazzurri, ansiosi di ritornare a giocare il derby siciliano con il Palermo.

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Transfermarkt, ecco i nuovi valori! Osimhen quota 100, crollano Lukaku e Pogba

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Torino-Napoli

Transfermarkt, con la Serie A alle porte di aprile ed una stagione entrata nel vivo, ha modificato ed aggiornato i valori di mercato dei calciatori del nostro campionato. Le scoperte più piacevoli riguardano sicuramente la straordinaria stagione del Napoli, mentre tra le squadre di Milano e di Torino sono stati evidenziati alcuni inevitabili cali.

IL NAPOLI GONGOLA: NUMERI DA CAPOGIRO

Primi in Serie A a +21, primi nel girone di Champions e… prima favorita per il lato destro del tabellone, quello con Milan, Inter e Benfica, tra le quali svetta un Napoli ambizioso e coscienzioso circa la possibilità di raggiungere la prima finale di Coppa dalle grandi orecchie della sua storia. Transfermarkt non poteva far altro che certificare nero su bianco questo dominio e ciò si riflette, naturalmente, sulle valutazioni di mercato dei suoi protagonisti.

Victor Osimhen è la stella non solo del Napoli ma del campionato intero. Il suo valore di mercato tocca ora una quota pari a 100 milioni di euro. Un record, per la Serie A, raggiunto in passato solo da Dybala (110 di vdm) e Lukaku (100 di vdm).

Al secondo posto l’altro diamante più brillante di questo splendido Napoli, Khvicha Kvaratskhelia. E la sua crescita rappresenta davvero un unicum in questo campionato di Serie A: sbarcato in azzurro con un valore di 15 milioni di euro, il georgiano ha prima visto la sua quotazione toccare i 35 a settembre, i 60 a novembre e ora gli 85 milioni di euro a marzo 2023. Con l’impatto avuto ed uno score di 14 gol e 16 assist in 30 partite, d’altronde, era inevitabile.

Un altro straordinario esempio in tal senso è Kim Min-Jae. Arrivato dal campionato turco con un vdm di appena 14, oggi, dopo meno di un anno, vede il suo valore toccare meritatamente la quota Transfermarkt di  50 milioni. Una quotazione indiscutibile, visto il rendimento straripante del sud-coreano.

In generale, però, è tutto il Napoli ad essere cresciuto nei suoi interpreti: Lobotka, che fino a qualche tempo fa sembrava addirittura fuori dal progetto Napoli vale ora 38 milioni, Zambo Anguissa, con le sue straordinarie doti atletiche vede il suo vdm stimato in 40, Eljif Elmas, riserva di lusso della formazione di Spalletti ben 26, mentre Meret e Olivera 18.

Un tripudio sotto ogni punto di vista.

MILAN, INTER E JUVE TRA CROLLI E SORPRESE INATTESE

La stagione delle strisciate non è andata come sperato sotto diversi punti di vista: la Juventus tra problemi giudiziari, una Champions fallimentare e un avvio di stagione horror ha immediatamente rinunciato alla corsa scudetto; l’Inter, che vive una stagione benevola dal lato Coppe, è comunque protagonista di un’annata contraddistinta dal nervosismo e dalla scarsa costanza, con 9 sconfitte in campionato; il Milan è un viavai di alti ma soprattutto di bassi, con una buona campagna europea sovrastata dal terribile rendimento nelle coppe nazionali e da continui cali in campionato che hanno fatto scivolare il club al quarto posto. Ciò, ovviamente, si riflette sui valori dei giocatori, sebbene ci siano alcuni punti interessanti da considerare.

Rafael Leão, precedente MVP di Serie A, vede la sua valutazione Transfermarkt scendere sensibilmente di cinque milioni, da 90 a 85. Il cambio di posizione in campo non gli ha giovato e, come molti, paga il momento opaco del Milan che fatica a trovare un’identità e una veste tattica convincente. Lo seguono a ruota nei cali una lunga serie di giocatori tra cui De Ketelaere, ad esempio, che ora è quotato 27, una valutazione tutto sommato ancora alta per un giocatore offensivo con 0 goal e 1 assist in stagione. Nella lista, Tomori, Calabria, Pobega, Dest, Rebic, Vranckx, Origi e Bakayoko. Fa ben sperare la crescita di Malick Thiaw: l’ex-Schalke 04 ha toccato quota 15 milioni di euro di valore.

Sulla sponda nerazzurra di Milano non ci sono grandi sconvolgimenti, fatta salva l’eccezione Romelu Lukaku. Il belga era tornato all’Inter con una valutazione di 70 milioni di euro che, ad oggi, è inevitabilmente crollata – e non potrebbe essere altrimenti – a quota 40. Una discesa verticale che ben racconta la deludente stagione dell’ariete di proprietà del Chelsea, destinato a far ritorno a Londra a luglio 2023.  A seguirlo negli abbassamenti di vdm ci sono Brozovic, – autore di una stagione anonima – Correa, – sempre più fuori dal progetto – de Vrij – in scadenza a fine anno – e Bellanova – di probabile ritorno al Cagliari. Piccole note d’incoraggiamento arrivano da Carboni (ora vale 4 milioni), Onana la cui titolarità ha portato ad una quotazione di 20 milioni e Lautaro, tornato al suo peak di 80 milioni.

In casa Juventus vige una situazione simile. Se è vero che l’inizio di stagione è stato da film horror, è altrettanto vero che una ripresa c’è stata, nel segno dei giovani. Partendo dai cali, il primo della lista è indubbiamente Dušan Vlahović: un anno fa valeva 85, oggi registra una quotazione scesa a 75 milioni di euro. Un crollo che certifica lo scarso momento di forma del centravanti serbo, il quale tra acciacchi fisici e scarsa prolificità in zona gol sta vivendo una stagione tra luci e ombre. Problema simile per Federico Chiesa: il percorso di recupero dall’infortunio non sta andando come sperato e i soli 645′ minuti giocati – sebbene di qualità – sono testimoni di una stagione in cui il ragazzo non sta ripagando le aspettative in termini di presenza. Pre-infortunio valeva 70, ora sono solo 50.
La vera delusione, tuttavia, risponde al nome di Paul Pogba. 35′ minuti in stagione, infortuni a catena, ritardi agli allenamenti e tanta, tanta sfortuna contribuiscono ad alimentare una situazione paragonabile a quella di Lukaku – ma che probabilmente è ben peggiore. Al momento della firma con la Juventus il suo valore si attestava sui 48; ora, quella cifra, è scesa a 20.

Non mancano, però, anche le incoraggianti note positive: tra queste Adrien Rabiot, il quale vede il suo valore risalire lentamente verso quelle cifre che vantava solo quando vestiva la maglia del PSG. Da 22, il francese è passato ad un vdm di 30 milioni di euro. Sempre a centrocampo, aumentano le sorprese positive con Nicolò Fagioli il cui valore si attesta ora sui 20 milioni e Barrenechea che tocca quota 900mila. In controtendenza c’è Leandro Paredes, sempre più escluso dalle rotazioni, con un vdm crollato a 12. Crollano a 2.5 Bonucci e a 3 Kaio Jorge, appena ripresosi dall’infortunio.

IN GENERALE…

Non ci sono poi grossi sconvolgimenti nel resto del panorama di mercato della top five di Serie A. In casa Lazio segnaliamo la promettente crescita dei valori Transfermarkt di Casale (17 di vdm) e Zaccagni (25 di vdm) mentre sponda giallorossa, troviamo la quota di Roger Ibañez salita a 30 milioni.
In casa Atalanta, invece, c’è molto di cui parlare e i profili da segnalare non mancano. La scommessa Rasmus Højlund, ad esempio, è stata brillantemente vinta: il classe 2003 ha appena raggiunto il suo momentaneo peak a 35 mln, grazie ad una stagione da protagonista assoluto in nerazzurro. A ruota seguono Ademola Lookman, grande intuizione del club orobico e Giorgio Scalvini, prodotto del vivaio della squadra di Bergamo: secondo Transfermarkt, accaparrarsi entrambi vorrebbe dire spendere almeno 30 milioni per ciascuno.
Scendendo di posizione in classifica trova spazio l’ex-Ajax Perr Schuurs (20 di vdm), la sorpresa Laurienté (18 di vdm), lo straordinario Vicario (16 di vdm), Arthur Cabral (14 di vdm)Carnesecchi (13 di vdme la baby-sorpresa dell’Empoli, Tommaso Baldanzi (10 di vdm).

I trend sembrano segnalare grosse possibilità di crescita per i giovani, un inevitabile calo per i calciatori più anziani e un giustificato scetticismo verso i cavalli di ritorno. Nella grafica sotto, invece, breve panoramica circa i calciatori più cresciuti in Serie A fornita da Transfermarkt.

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I Nostri Approfondimenti

Quando la figura del “calciatore-influencer” non funziona

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calciatore

Fama, soldi, benessere e tutte le attenzioni del mondo. Quella del calciatore è una vita che sicuramente, in un modo o nell’altro, si intreccia con l’opinione della massa. In un momento storico dove ogni follower ha un peso economico e dove il “mi piace” rappresenta la moneta di scambio, ogni calciatore regna sovrano. L’atleta di successo è sempre più oggetto di desiderio di sponsor, marchi e brand che vogliono associare il proprio nome a quello dello sportivo. Più follower, più numeri, più soldi: un circolo vizioso dove il calciatore può solo vincere, forse.

POPOLO DÀ, POPOLO TOGLIE

La figura del “calciatore-influencer” è un tema moderno, ancora da esplorare. Come spesso accade per interpretare i nuovi fenomeni è necessario conoscere il passato, perchè bisogna sapere da dove si viene per capire dove si sta andando. Una risposta alla nostra questione ce l’ha data infatti due secoli fa la scuola tedesca di filosofia, Hegel su tutti. Ne “La fenomenologia dello spirito” il pensatore esprimeva la sua teoria riguardo il rapporto tra servo e padrone.

Il servo è obbligato a servire il suo padrone finché si rende conto che in realtà è il padrone a dipendere da lui“.

La stessa ratio si può applicare al tema preso in considerazione. Il calciatore è il gladiatore moderno, innalzato dalla vox populi a figura eletta. L’opinione pubblica nella nostra società liquida si sposta velocemente, fa e disfa personaggi e soprattutto si stanca facilmente. Chi rimane sulla cresta dell’onda naviga a gonfie vele, chi compie un passo falso viene buttato giù con la stessa velocità con cui era stato portato in alto.

POGBA

Di esempi di giocatori che sono passati da essere idoli indiscussi a personaggi scomodi ne è pieno l’archivio. Per non fare troppi passi sulla linea temporale possiamo prendere i casi di Pogba e Zaniolo, i quali per motivi differenti tra loro rappresentano lo specimen perfetto del discorso.

Il francese nel giro di mezza stagione ha perso l’appoggio di una tifoseria che, fino a 10 mesi prima, stravedeva per lui. Se il destino ha giocato la sua parte, complicando il percorso di guarigione del giocatore, il Polpo ha sicuramente gettato benzina sul fuoco. Le foto in settimana bianca, le dirette su Instagram e le frasi fuori luogo: in un secondo Pogba passa da “campione dal grande estro” ad “arrogante ingrato”. Gli slogan, le acconciature e i balletti che lo hanno reso celebre ora sono fonte di acredine per i tifosi bianconeri, sempre meno affezionati al giocatore.

ZANIOLO

Per quanto riguarda Zaniolo verrebbe naturale a questo citare il trasferimento, ma in verità è necessario fare un passo indietro. Se è vero che la caldissima tifoseria della Roma ha abbandonato definitivamente il proprio pupillo solo nella finestra di mercato invernale, il giocatore ha sbagliato il proprio modo di porsi nei confronti del pubblico già molto tempo prima.

C’è un Nicolò pre-infortunio ed uno post-infortunio. Il doppio ‘crack’ del crociato avrebbe messo sotto pressione qualsiasi giocatore, soprattutto in piena rampa di lancio come lui. Invece di lavorare nel silenzio, però, Zaniolo nei due anni di inattività ha cercato (e ottenuto) l’attenzione del pubblico italiano. Così facendo il ragazzo ha caricato di aspettative il proprio rientro, non riuscendo a tornare quello di prima. Federico Chiesa, d’altro canto, è sicuramente un personaggio dall’appeal mediatico meno attraente, ma il suo rientro in campo è stato accolto da qualunque tifoso italiano con un sorriso.

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Champions League

L’Italia alla conquista dell’Europa: chi andrà fino in fondo?

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italia

Delle sette squadre italiane che a inizio stagione figuravano nelle griglie di partenze delle diverse competizioni europee, oggi, a marzo inoltrato, ne sono rimaste sei. Un risultato tanto inatteso quanto, oggettivamente, insperato. L’ultima volta che l’Italia era stata in grado di portare almeno sei rappresentanti del suo calcio ai quarti di finale delle coppe europee risale alla stagione 1998/1999. Prima di allora era successo solo nel 1990/1991. Quella di quest’anno è appena la terza volta. Epoche diverse, rapporti di forza immensamente ribaltati.

Negli anni ’90 il calcio italiano dominava il vecchio continente. Tra il 1989 e il 1999 i trionfi tricolore in terra europea furono ben 15, con Milan, Inter, Juventus, Sampdoria, Lazio, Parma e Napoli che riuscirono a conquistare alternativamente Coppa dei Campioni/Champions League, Coppa UEFA e Coppa delle Coppe. Un dominio totale e incontrastato che mise l’Italia al centro del calcio mondiale. Il calcio più bello si faceva qui, i grandi fenomeni giocavano in Serie A, non in Inghilterra, Spagna, Germania o Francia.

Oggi, la storia è diversa. Esclusa la vittoria della Conference League della Roma di un anno fa, l’ultimo grande trofeo europeo vinto da una squadra italiana è la Champions dell’Inter del 2010. Sono passati 13 anni, in mezzo le due finali perse dalla Juventus contro Barcellona (2015) e Real Madrid (2017) e poco altro. Milan e Inter hanno smarrito la strada per un periodo eccessivamente lungo, mancando l’appuntamento con il grande palcoscenico rispettivamente per sette e sei stagioni. Il traguardo raggiunto, per questa ragione, è notevole, una boccata d’aria fresca per le nostre squadre.

ORIZZONTI DI GLORIA

I sorteggi di Nyon, inoltre, lasciano aperta ben più di una semplice finestra per sperare in un exploit italiano. Inter-Benfica e Milan-Napoli ai quarti di finale di Champions League, appaiate nello stesso lato del tabellone, con conseguente possibilità di vedere una semifinale tutta italiana e il 75% di avere un club nostrano nella finale della massima competizione calcistica europea.

Un’urna benevola anche per Roma, Juventus in Europa League e Fiorentina in Conference. La squadra di Mourinho affronterà il Feyenoord, già sconfitto nel maggio scorso a Tirana, e, qualora passasse il turno, la vincente di Union Saint Gilloise-Bayer Leverkusen. La Vecchia Signora, invece, è stata meno fortunata. Il doppio confronto con lo Sporting Lisbona giustiziere dell’Arsenal e l’ipotetico scontro con il Manchester United in semifinale sono due ostacoli non indifferenti. La formazione allenata da Allegri, ad ogni modo, è superiore ai portoghesi, per storia e campioni a disposizione. La viola, infine, se la vedrà con il Lech Poznan, per poi disputare la semifinale con Nizza o Basilea. L’unica vera altra contendente al titolo è il West Ham, quartultimo in Premier League.

Il cammino delle sei squadre è stato diverso per ognuna di loro. Idee di calcio differenti, spesso lontane anni luce, non sempre efficaci ma ugualmente vincenti, per ora. L’identità italiana, nella sostanza, è sempre la stessa. Difesa, solidità, attenzione, intensità e compattezza, con qualche eccezione, più o meno evidente. L’unico vero cortocircuito è il Napoli, l’esempio migliore di cosa voglia dire giocare bene a pallone. I ragazzi terribili di Spalletti, attualmente, sono la cosa più bella che si possa vedere su un campo da calcio. Guardiola, forse con un po’ di astuzia e malizia, li ha definiti la squadra più forte d’Europa, stizzendo e non poco l’allenatore toscano.

Pur comprendendo l’intenzione e la necessità di proteggere la meravigliosa creatura che è il suo Napoli da questi giochi mentali subdoli, è innegabile che non esista qualcosa di paragonabile. I partenopei hanno dominato il girone, vincendo cinque partite, segnando 20 reti e subendone appena 6. Agli ottavi, contro l’Eintracht, non c’è mai stata partita. Il 5-0 di parziale complessivo sarebbe potuto essere molto più ampio. Il cammino verso la finale, per quanto in Champions League non esistano partite facili, è pressoché segnato. Evitati gli spauracchi di Real Madrid, Bayern Monaco e Manchester City, il Napoli ha un’occasione più unica che rara di scrivere la storia, più di quanto non lo stia già facendo. La città di Pulcinella è pronta a sognare.

LA MADONNINA E MICHELANGELO

Il discorso potrebbe e dovrebbe essere simile anche per Milan e Inter. Il lato del tabellone, senza se e senza ma, è quello più abbordabile. Il solo pensiero di finire dall’altro lato imponeva, con una certezza quasi totalizzante, di pensare al campionato, vestendo i panni delle vittime sacrificali. Il destino e le mani della coppia Altintop-Kluivert hanno deciso il contrario. Le due milanesi hanno l’obbligo di provare a raggiungere l’atto finale perché difficilmente ricapiterà una possibilità tanto ghiotta.

Il percorso del Diavolo è stato in linea con le aspettative. Il girone, superato tra alti e bassi alle spalle del Chelsea, perdendo entrambi gli scontri diretti ma dominando Dinamo Zagabria e Salisburgo. Gli ottavi, invece, hanno rappresentato il primo banco di prova. Il Tottenham, sulla carta superiore e favorito, è stato dominato in lungo e in largo, offensivamente e difensivamente. L’1-0 complessivo non rende giustizia a quanto fatto vedere nei 120′.

Di tutte le italiane, il Milan è quello che più si avvicina al calcio europeo e moderno del Napoli. Un football verticale, votato all’attacco, con l’obiettivo di divertire e divertirsi, abbinando una fase difensiva attenta e fisica, grazie soprattutto alla ritrovata solidità con la difesa a tre. Il sorteggio è stato il più benevolo possibile, considerando chi avrebbe potuto pescare. La finale, inoltre, è a Istanbul, dove 18 anni fa accadde l’imponderabile nei tre minuti più folli della storia del calcio. Il destino, se esiste, sta cercando di mandare un segnale.

Dall’altro lato dei Navigli, l’Inter non può permettersi di sottovalutare il Benfica. La squadra di Roger Schmidt sta giocando un calcio semplicemente meraviglioso. Come l’Ajax nel 2019, i lusitani potrebbero essere la mina vagante di questa edizione. I nerazzurri, invece, continuano a mostrare un doppio volto ancora difficile da decifrare, alternando prestazioni da top team ad altre mediocri. Il girone si pensava fosse proibitivo, con Barcellona e Bayern Monaco. L’Inter, al contrario, ha stupito tutti, eliminando il Barça con 4 punti conquistati su 6 disponibili. Gli ottavi con il Porto, tuttavia, sono stati un campanello d’allarme.

Difficoltà a costruire occasioni da rete, poche soluzioni offensive e scarsa verve sotto porta. Il ritorno in Portogallo è stato burrascoso. La squadra di Inzaghi ha rischiato, venendo surclassata per 90′, specialmente nell’ultima frazione di gioco, con il doppio legno colpito dal Porto a tempo scaduto. La difesa a oltranza ha pagato, ma contro il Benfica non sarà sufficiente. I lusitani, nel girone, hanno chiuso al primo posto davanti a Juve e PSG, vincendo in Italia e pareggiando a Parigi.

Scendendo in Conference League, la Fiorentina è in assoluto la favorita. L’eliminazione del Villarreal sposta tutta la pressione sulla squadra di Italiano. La prima fase non è stata brillante, come tutta la scorsa metà di stagione. La viola creava tanto ma concretizzava molto poco. Una tendenza negativa che l’ha obbligata a passare per lo spareggio. Ora, il trend è cambiato. Il gioco dei toscani, sempre bello, adesso è anche efficace. Cabral e Jovic si sono sbloccati e la Fiorentina ha passato in scioltezza i due turni a eliminazione diretta. I quarti contro il Lech Poznan impongono il passaggio del turno, così come la possibile semifinale con la vincente di Basilea-Nizza. L’unico ostacolo, possibilmente in finale, è il West Ham, invischiato nella lotta per non retrocedere in Championship.

UN CALCIO TROPPO ITALIANO

Last but not least, Roma e Juventus. Tolto il Manchester United, le due più forti. Chi dice il contrario è in malafede. Le rose di entrambe sono complete, profonde e ricche di talento. Con il materiale a disposizione il limite dovrebbe essere l’orizzonte. Eppure, bianconeri e giallorossi non riescono a convincere a pieno. Sarà per lo stile di gioco eccessivamente italiano, incentrato su tattica e difesa, con poche idee offensive e tanto del lavoro d’attacco affidato alla qualità dei singoli. Un calcio tutto sommato efficace che, come mostrano i dati, sta dando i suoi frutti. La Vecchia Signora, in campionato, senza i 15 punti di penalizzazione sarebbe seconda dietro al Napoli. La Roma, dal canto suo, è in piena lotta per il quarto posto.

Un’idea che divide, fa discutere, crea dibattiti infiniti. Esiste un modo giusto di interpretare il football? Probabilmente no, ognuno ha il diritto di portare avanti la propria tesi, indipendentemente dalle influenze esterne. Quello che non può essere negato, però, è che il calcio si sta muovendo in una direzione diversa, propositiva, all’avanguardia. Il catenaccio all’italiana sta scomparendo, con le giuste eccezioni.

La Roma, nella trasferta di San Sebastiàn, ha concluso la gara con il 23.6% di possesso palla, completando 111 passaggi contro i 560 degli avversari, tirando tre volte (zero in porta) rispetto ai 19 tentativi dei baschi. Un caso? No, Mourinho ha fatto la partita che aveva intenzione di fare. Il 2-0 dell’andata rappresentava l’occasione perfetta per poterlo fare. L’allenatore portoghese ha voluto difendere a oltranza, difendendo con le unghie e con i denti il parziale, riuscendoci. Può non piacere, il calcio, però, è anche questo.

La Juventus, è noto, non eccelle per un calcio spumeggiante. L’idea di Allegri si sposa con dettami tradizionalmente italiani, con grande rigidità difensiva, solidità e compattezza. I giocatori di talento, poi, sono liberi di inventare e fare male alle avversarie, spesso sfruttando le ripartenze, con gamba, corsa e grinta. L’Europa League bianconera, al momento, è stata così. Le giocate di Di Maria, di fatto, hanno deciso lo spareggio con il Nantes e l’ottavo di finale con il Friburgo. Da ora in avanti servirà qualcosa in più, soprattutto perché la Juventus è capitata dalla parte più complicata del tabellone. Vincere il torneo, in attesa della sentenza sui 15 punti di penalizzazione, è importante per centrare la qualificazione in Champions League.

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Calcio Internazionale

I non convocati dell’Italia che avrebbero meritato un posto

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Zaccagni

Torna la pausa dedicata alle nazionali, in cui vedremo i nostri azzurri impegnati nel big match contro l’Inghilterra allo stadio Maradona giovedì 23 febbraio. Seguito dall’impegno in trasferta contro la più umile Malta, sfida in programma per domenica 26. Le sfide inaugureranno il percorso delle qualificazioni a EURO 2024 dove, salvo imprevisti durante il girone di qualificazione, gli uomini di Mancini si presenteranno da campioni uscenti. La lista dei primi 30 convocati del nostro ct ha però destato non poche sorprese. Legate, più che altro, a delle pesanti assenze di giocatori che sarebbero stati utilissimi alla causa. Lungi da noi, ovviamente, sostituirci a Mancini e al suo oneroso incarico di selezionatore, abbiamo comunque dato uno sguardo alla lista dei non convocati dell’Italia e analizzato come alcuni di questi giocatori sarebbero potuti tornare utili al gruppo azzurro.

LE ASSENZE DI ZACCAGNI E LOCATELLI

Andiamo subito ad analizzare il momento di quelli che, sicuramente, sono i due più grandi assenti della lista di Mancini: Mattia Zaccagni e Manuel Locatelli. Per il primo sono i numeri a parlare. 9 gol e 7 assist, che lo rendono il miglior marcatore stagionale della Lazio, con la quale ha deciso il derby di domenica contro la Roma, proiettando così i biancocelesti al secondo posto in classifica. L’ex Hellas Verona sta giocando probabilmente quella che è la sua miglior stagione in carriera e l’esclusione da parte del nostro ct è stata a dir poco sorprendente.

Certo, se Mancini avrà intenzione di riproporre il 3-5-2 delle ultime uscite Zaccagni sarebbe stato forse poco funzionale. Ma la presenza di altri esterni offensivi (come Berardi o Chiesa) nella lista dei convocati dell’Italia potrebbe non escludere l’idea di un nuovo cambiamento per quanto riguarda il modulo. Dunque, ecco che le sue abilità sulla fascia sinistra del campo sarebbero state utilissime per Mancini, che avrebbe potuto dargli mansioni simili a quelle che furono di Insigne durante la prima parte della sua gestione.

Per Locatelli, invece, l’unico dubbio che gravava su di lui in questi ultimi anni è stato quello sul suo ruolo a centrocampo. Dubbio dissipato magistralmente dallo stesso juventino, che si è imposto come uno dei mediani più in forma del campionato. Non più una mezzala di possesso o un incursore, dunque, ma un vero e proprio vertice basso di un centrocampo a tre, capace di gestire il possesso, offrire densità in fase difensiva e recuperare palloni su palloni. Tutte qualità che sta facendo vedere in questa seconda parte di stagione con i bianconeri e che Mancini avrebbe potuto sfruttare per dare un’alternativa a Jorginho. O anche per affidargli definitivamente il posto da titolare a discapito dell’ex giocatore del Chelsea. Visto che, durante questa stagione, Locatelli è riuscito addirittura a scalzare un campione del mondo come Paredes nelle gerarchie della Signora.

ALCUNI GIOVANI DELL’UNDER 21

Se si voleva puntare ancora di più sulla famigerata “linea verde” che questa nazionale può e deve adottare, anche alcuni dei nostri Under 21 sembrerebbero già pronti per essere convocati nell’Italia dei grandi. Giovani come Nicolò Fagioli, che si sta ritagliando uno spazio importantissimo nella Juve. Certo, il nostro centrocampo offre giocatori di indubbie qualità anche senza di lui. Ma per un 22enne come lui sarebbe importantissimo trovare continuità all’interno del gruppo della nazionale maggiore. Anziché essere inserito in un’under 21 che, anche per questioni anagrafiche, inizia a stargli troppo stretta. Nel ruolo che sta ricoprendo con Allegri, quello di mezzala di possesso, troverebbe ovviamente Verratti e Tonali di fronte a lui nelle gerarchie. Ma sarebbe comunque utile fargli trovare confidenza con lo spogliatoio dei grandi.

Stesso discorso si potrebbe fare per il ruolo di esterno sinistro (o terzino sinistro, in caso si dovesse tornare a una difesa a quattro). Una zona di campo in cui il talento non manca, con Dimarco (sostituito nelle convocazioni da Emerson Palmieri a causa di un infortunio) e Spinazzola che stanno offrendo un grandissimo contributo rispettivamente a Inter e Roma. Eppure, in una lista di ben 30 giocatori, si potrebbe trovare spazio anche per un giovane prospetto come Destiny Udogie. L’esterno dell’Udinese sta definitivamente esplodendo in questo campionato in cui ha già messo a referto 3 gol e 3 assist. E offerto grandi prestazioni come quella contro il Milan nello scorso turno.

Anche per lui, la nazionale Under 21 sembra stare stretta. Con, inoltre, un ingombrante ballottaggio con un altro giovane terzino in rampa di lancio come Fabiano Parisi. Far convivere i due in una nazionale giovanile potrebbe avere poco senso. Sarebbe di gran lunga più utile avere almeno uno dei due a disposizione per la nazionale maggiore. Restando sempre a Empoli, anche Tommaso Baldanzi potrebbe dire la sua nella selezione azzurra. Il classe 2003 ha dimostrato di saper essere decisivo anche tra i grandi. Anche se a causa del suo ruolo naturale, quello di trequartista, potrebbe non trovare una collocazione tattica ideale, può comunque essere adattato come seconda punta nel 3-5-2, o come esterno in 4-3-3, per sfruttare anche la sua abilità nell’uno contro uno.

CASALE E MANCINI DUE GRANDI ESCLUSI IN DIFESA

Ultima considerazione della nostra analisi sui non convocati dell’Italia è legata ai difensori centrali. Reparto che, insieme a quello del centravanti, non ha ancora dei saldi punti di riferimento in chiave futura. Solo Alessandro Bastoni (peraltro indisponibile nelle prossime due uscite) sembra avere un posto fisso nel reparto arretrato del “domani” azzurro (ma anche in quello del presente). Ecco che, quindi, nel pacchetto difensivo, insieme ai futuribili Buongiorno e Scalvini, si poteva dare spazio anche a Nicolò Casale e Gianluca Mancini.

Entrambi stanno giocando una stagione più che convincente e offrirebbero delle buonissime alternative per il ruolo di centrale di destra. Se il romanista sembrerebbe più avvezzo alla difesa a tre, visto che ormai da tempo la Roma ha sposato questa disposizione difensiva, Casale può essere utile anche in un reparto a quattro. Dove si sta facendo valere, entrando nelle grazie di Maurizio Sarri, un allenatore che, fra i suoi dogmi, tiene in particolare proprio ai meccanismi del suo quartetto difensivo.

Come detto, questa non vuole essere un’analisi di critica alle scelte di Mancini. Anzi, se vogliamo, questo approfondimento mostra come ci siano dei giocatori il cui valore è degno dell’Italia anche fra i non convocati. Speriamo, comunque, che questi ragazzi possano trovare o ritrovare presto un posto stabile nelle rotazioni dei nostri azzurri. E che possano aiutarci a raggiungere i traguardi che questa nazionale merita.

 

 

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