SIEMPRE ATLETI
Ancora Atletico Madrid, sempre Atletico Madrid. Da quando Simeone si è seduto su quella panchina, l’Atleti arriva sempre in fondo nelle competizioni europee. Ormai è una costante e questa volta a farne le spese è stato il Leicester City di Craig Shakespeare. Non è bastato il cuore delle Foxes, troppo solidi i colchoneros, troppo avvezzi a misurarsi su questi palcoscenici. E allora è tempo di esaltare i meriti di un allenatore in grado di cambiare la storia del club madrileno, un allenatore sempre più appetibile sul mercato, un allenatore che a prescindere dal modo di giocare della propria squadra, vince e va avanti. Tutto questo grazie alla personalità, alla voglia di imprimere ai suoi uomini la propria filosofia di gioco, l’intensità mai mancata quando era proprio lui, qualche annetto fa, a lottare sul rettangolo di gioco. Tutto questo racchiuso oggi nel suo Atletico Madrid.
CAMBIARE LA STORIA
Con l’eliminazione del Leicester, l’Atletico Madrid ha raggiunto le semifinali di Champions League per la terza volta negli ultimi quattro anni, la seconda consecutiva. Per capire cosa significhi tutto ciò, nonostante i due atti decisivi ceduti sul filo di lana al Real, è sufficiente pensare che i Colchoneros non avevano mai raggiunto le semifinali nella storia della moderna Champions League. A cambiare la storia, è l’arrivo nel dicembre 2011 di Diego Simeone in panchina: delle sei semifinali di Coppa dei Campioni/Champions League agguantate dall’Atleti il 50% sono arrivate sotto l’egida del Cholo. Dal suo insediamento, oltre ai risultati citati, sono arrivati nell’ordine Europa League, Supercoppa Europea, Coppa del Re, Liga e Supercoppa di Spagna. Già, all’appello manca soltanto la Champions.
Partiti ancora una volta a fari spenti, i Colchoneros si sono ritrovati tra le prime quattro d’Europa e lo hanno fatto a passo spedito; vincendo sette delle dieci partite stagionali in Coppa Campioni (per il resto, un pareggio nel ritorno degli ottavi con il Bayer Leverkusen, una sconfitta nei gironi contro il Bayern Monaco e il pareggio con il Leicester che è valso l’accesso alle semifinali), mantenendo la porta inviolata in sei differenti occasioni.
CRITICHE ED APPLAUSI
L’Atletico è noioso? Lecito pensarlo, anche perché su un altro schermo trasmettevano le emozioni infinite di Real Madrid-Bayern Monaco. Contro il Leicester, difatti, l’Atletico Madrid ha difeso il risultato dell’andata, ha segnato e si è arroccato in difesa spegnendo le speranze delle Foxes; ha assunto le sembianze di quell’autobus famoso che Mourinho piazzò al Calderon con il suo Chelsea nella semifinale di andata di Coppa del 2014. Eppure sui social piovono critiche sull’Atletico Madrid e sul tecnico argentino, reo di non assegnare una chiara identità di gioco al collettivo. Gli spettatori si annoiano, e il riferimento va subito e quasi spesso al tiki-taka del Barcellona di Guardiola. Perché? Perché l’esatto opposto del cholismo. Noioso, a modo suo, avere sempre il possesso del pallone. Visioni e filosofie di calcio, che solo per metà è intrattenimento. L’altro 50% è competitività, strategia, organizzazione, mentalità. E alla fine conta soltanto una cosa: vincere.
SOGNO O INCUBO?
Ora la semifinale, penultimo ostacolo prima di (ri)provare a trionfare nel massimo torneo europeo che, ad oggi, rimane un sogno solo sfiorato. Per due volte l’Atletico Madrid ha giocato contro il Real Madrid in finale. Nel 2014 è stato sconfitto 4-1 ai supplementari, nel 2016 la favola si è interrotta bruscamente ai rigori. E il Cholo sembrava pronto a lasciare il club, la rivoluzione era in vista, poi tutto è rientrato. La verità è che l’Atletico Madrid non ha mai mollato, la sete di vendetta è tanta. Che sia semifinale o finale, l’Atletico Madrid al terzo tentativo vuole battere i cugini, (a meno che non ci pensi qualcun altro) ma vuole, prima di tutto, vincere la coppa.