La scorsa settimana sono arrivati i responsi definitivi in merito alla prima fase di Champions League. Una fase di torneo che abbiamo seguito attentamente, focalizzandoci molto sulla linea verde. Quella linea verde che -si spera- possa diventare una futura schiera di campioni.
Nel corso di queste settimane vi abbiamo raccontato di tantissimi giovani prospetti in rampa di lancio, che hanno ben figurato nella competizione. Sébastien Haller, bomber implacabile dell’Ajax. Noah Okafor, lo svizzero che gioca in Austria. Ridle Baku, il tuttocampista del Wolfsburg. Yusuf Demir, l’ultimo talento venuto fuori dalla masia del Barcellona. E Jamal Musiala, la nuova promessa firmata Bayern Monaco.
Purtroppo, due di questi hanno dovuto dire addio anzitempo alla competizione. Ma noi siamo qui per valutarli uno ad uno. E per capire chi ha le migliori possibilità per fare bene e arrivare ai massimi livelli.
1. JAMAL MUSIALA
Nonostante sia solo un 2003, ha già 60 presenze, 13 gol e 5 assist con il Bayern Monaco. Numeri completati da 7 trofei in bacheca e dalla convocazione nella nazionale dei grandi. Quella Mannschaft, allenata da Hansi Flick che lo conosce bene.
Ci sono pochi dubbi su chi merita la palma di migliore dei sopracitati. Jamal Musiala è il profilo che si definisce un crack vero e proprio. Giovanissimo, ma già con l’equilibrio e la mentalità di un veterano, Musiala si è guadagnato tanto in un ambiente in cui si regala poco, quasi nulla. Convincere prima Hansi Flick, a soli 17 anni, poi Julian Nagelsmann ad avere dello spazio non è roba da tutti i giorni.
Jamal Musiala lo ha fatto, mettendosi in mostra come un’ottima promessa per il futuro, ma anche come una solida certezza per il presente. Nasce come trequartista, ma si rivela estremamente duttile, giocando anche sulla linea mediana o come ala d’attacco nel 4-2-3-1, tra i tre dietro Lewandowski. O, addirittura, come prima punta. In questa stagione ha già segnato 6 gol in poco più di 20 partite, seguendo le orme del giocatore a cui, spesso, fa da alternativa: Thomas Müller. Come lui, Musiala ha saputo mettersi in mostra dapprima tra le fila delle giovanili del Bayern Monaco, quindi in prima squadra, segnando tanti gol e spesso pesanti.
Inoltre, per chiosare, Jamal Musiala non faceva ancora parte dell’organico che ha alzato la Champions League nell’estate 2020. Nella stagione il suo Bayern Monaco sembra, ancora più del solito, uno schiacciasassi. Che sia l’occasione per aggiungere anche questo trofeo alla sua ricca bacheca?
2. SÉBASTIEN HALLER
Non è giovanissimo, come gli altri. Ma anche lui, a suo modo, è un esordiente in Champions League. Haller è stato, senza alcun dubbio, il giocatore che si è preso la scena in questa prima parte di competizione. Classe 1994, Haller si è messo in evidenza come terminale offensivo letale di una squadra armonica e perfetta. Una squadra capace di abbattere qualsiasi avversaria e vincere tutte le partite del girone.
Dal canto suo, Haller non ha perso tempo alla sua prima nella massima competizione europea per club. Poker all’esordio contro lo Sporting Lisbona. Poi una rete contro il Beşiktaş e una contro il Borussia Dortmund, per completare il girone di andata. In quello di ritorno, ne sigla ancora una contro i tedeschi, due contro i turchi e una ai portoghesi. In totale fanno 10 gol in 6 partite; il bomber dei lancieri ha segnato in ogni gara della fase a gironi. Solo Van Basten aveva realizzato un poker all’esordio in Champions League. Solo Cristiano Ronaldo aveva siglato almeno una rete in ognuna delle 6 sfide del girone di qualificazione.
I numeri parlano chiaro. E parlano a favore dell’ivoriano. Questi, infatti, dicono che è il capocannoniere della competizione e la punta di diamante di un Ajax che vuole continuare a stupire. E allora perchè piazzarlo al secondo posto?
La spiegazione è semplice: Musiala è un talento puro, venuto fuori in maniera spontanea. Haller, invece, è il frutto di un lavoro intrapreso anni fa, nelle basse categorie francesi e olandesi prima, con l’Eintracht Franforte in Europa League poi. Malgrado ciò, possiamo asserire che, attualmente, il numero nove biancorosso sta raccogliendo i frutti degli sforzi di un’intera carriera.
3. RIDLE BAKU
Sul terzo gradino del podio si posiziona Ridle Baku del Wolfsburg. Quando si parla di Baku, si parla di un campione silenzioso, ma efficace. Questi è un calciatore partito dalla stazione di servizio per il suo esordio con il Mainz 05. Ma, soprattutto, si è adattato in ogni “veste” tattica, prima fra tutte quella relativa al ruolo di centrocampista centrale. Per passare poi ad ala d’attacco. Ed essersi, poi, piegato alle esigenze tattiche di vari allenatori, sviluppandosi originariamente come esterno di centrocampo. Fino all’intuizione di Oliver Glasner, che lo ha trasformato in terzino.
Il suo Wolfsburg ha dovuto abbandonare anzitempo la Champions League, visto il quarto posto nel girone G. Ma la stella del classe 1998 non ha, di certo, smesso di brillare. Anzi, resta sempre sotto osservazione di tanti club e tanti ex giocatori, specialmente in patria.
Hansi Flick lo ha messo al centro del progetto di ricostruzione della nuova Mannschaft, insieme al già citato Musiala. E il Wolfsburg se lo “coccola”.
La squadra di Florian Kohfeldt si affida molto alle sue qualità tecniche, che sono un importante sostegno per i vari Nmecha, Weghorst o Gerhardt. Gli uomini più frequentemente chiamati a fare gol. Anche se, alla fine, va detto che l’unica vittoria dei “lupi“, porta la sua firma: trattasi della rete al 3′ nella sfida vinta per 2-1 contro il Red Bull Salisburgo.
Il futuro di Ridle Baku è più che roseo, viste le sue qualità balistiche e anche di regia.
Ma non è scontato che, nei prossimi anni, Baku continuerà ad indossare la maglia del club targato Volkswagen.
4. NOAH OKAFOR
Un gradino più in basso c’è Noah Okafor, attaccante classe 2000 del Red Bull Salisburgo. Insieme al suo compagno di reparto, il tedesco classe 2002, Karim Adeyemi, Okafor costituisce il volto e il nome di questa squadra. Una squadra capace di approdare agli ottavi di Champions League per la prima volta nella sua storia. I due hanno messo a referto sei degli otto gol totali, marcati dagli austriaci in questa competizione.
Dotato di una grande velocità in progressione, ma soprattutto in esecuzione della giocata, Okafor appare una pietra preziosa ancora da sgrezzare del tutto. A 21 anni rappresenta il futuro dell’attacco della nazionale svizzera. E può essere uno dei pezzi pregiati del prossimo mercato estivo.
La Serie A lo desidera, ma le sirene tedesche si fanno sempre molto insistenti. Specialmente quando si parla delle società del gruppo Red Bull, che spesso attuano il passaggio di consegne dal club di Salisburgo a quello di Lipsia.
Dal canto suo, Noah Okafor sta facendo tutto ciò che serve per la sua carriera. Gioca, tanto e molto bene, continuando a lavorare duro per la sua carriera e attirando su di sé i riflettori di tanti dirigenti in Europa.
5. YUSUF DEMIR
Ultimo della lista non per mancanza di qualità, ma per mancanza di opportunità di mettersi in mostra, Demir è l’ultima pepita dello scouting targato Barcellona.
Dopo una lunga trafila con la maglia del Rapid Vienna, il Barcellona ha deciso di puntare forte sull’attaccante austriaco di origini turche. Tuttavia, il Barcellona di oggi è una squadra frammentata in mille pezzi. Sia ben chiaro, il valore c’è, ma necessita di essere assemblato quanto prima. La “diaspora” di giocatori di talento ed esperienza ha fatto molto male ai blaugrana, che, nella scorsa estate, hanno dovuto salutare anche il loro simbolo per antonomasia: Lionel Messi. Piqué e Busquets sono gli ultimi reduci della vecchia guardia e non sembrano in grado di garantire quel cambio di passo che serve.
Con Xavi in panchina, i catalani hanno iniziato un nuovo percorso. Un percorso che parte proprio da gente come Demir, come Ansu Fati, Pedri o Gavi. Il nuovo, anzi, il nuovissimo che avanza. Ma che ha bisogno di farsi vedere.
Finora, Demir ha totalizzato solo 9 presenze in stagione, con zero reti e zero assist all’attivo. Di queste nove, ben tre sono arrivate in Champions League. Per un totale di poco più di 100 minuti giocati.
La qualità di Yusuf Demir, specialmente quella che si è intravista a Vienna, non è in discussione. Ma ha bisogno di un ambiente in cui svilupparsi ed esprimersi. Un ambiente che, finora, al Barcellona non c’è stato.
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