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Che fine ha fatto il Wolfsburg campione di Germania?

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Che fine ha fatto il Wolfsburg campione di Germania?

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Era la sera del 2 maggio 2016, il Chelsea aveva appena pareggiato 2-2 a Stamford Bridge contro il Tottenham e per le strade di Leicester iniziavano a scorrere interminabili fiumi di birra. Quella volpe di Ranieri aveva appena portato le Foxes a vincere la Premier League, una favola destinata a durare per sempre. Era il pomeriggio del 23 maggio 2009, questa volta la birra scorreva invece per vie di Wolfsburg. I Lupi di Magath avevano infatti appena distrutto per 5-1 il Werder Brema, alzando al cielo il loro primo e unico Maisterschale dal 1945, anno della fondazione.

Due storie simili, molto simili. Da underdogs a campioni, sotto la guida di due strateghi capaci di rendere tangibile e reale ciò che fino a quel momento era stato sempre impensabile e impalpabile. Due successi improvvisi, che a distanza di quasi 10 anni l’uno dall’altro sono riusciti a dimostrare che nel calcio a vincere non sono solo i conti in banca e i grandi club, sono anche le idee e gli uomini.

Ecco, gli uomini. Quelli del Leicester più o meno se li ricordano tutti. Alla fine sono passati solo due anni. Ma quelli del Wolfsburg? Che fine ha fatto quel branco di Lupi?

I RE TRA I PALI

C’era Diego Benaglio portiere svizzero al suo primo anno al Wolfsburg. Con le sue parate riuscì a portare i tedeschi a chiudere il campionato con solamente 41 gol subiti, miglior difesa alle spalle soltanto dello Schalke 04. Vinto il titolo al primo colpo con i Lupi, dopo nove anni nel club della Bassa Sassonia è passato a titolo gratuito nel 2017 al Monaco, a Monte Carlo, dove in un paio di stagioni da vice Subasic è riuscito a collezionare solamente una trentina di presenze.

Il suo secondo era André Lenz, estremo difensore della Renania Settentrionale ritiratosi nel 2012 dopo otto anni nelle fila del Wolfsburg. Il terzo Marwin Hitz, attualmente al Borussia Dortmund.

IL MURO VERDE-BIANCO

A schermo della porta c’era invece una coppia d’italiani: Andrea Barzagli e Cristian Zaccardo. Il primo nel 2011 si è legato alla Juventus, realizzandosi come uno dei migliori difensori al mondo all’interno della nota BBC bianconera. Sette scudetti in sette anni, con un ruolo ora più marginale nel club a causa solamente dell’età anagrafica. Anche Zaccardo dopo la stagione vincente al Wolfsburg è tornato in Italia, girovagando per il nord del paese tra esperienze al Parma, al Milan, al Carpi e al Vicenza. Nel 2017 la decisione di tentare un’avventura nel campionato maltese, nell’Hamrun Spartans. Ora è svincolato.

Il resto del reparto difensivo era poi formato quasi esclusivamente da giocatori tedeschi. C’erano Alexander Madlung, roccioso centrale di un metro e novanta che nel 2013 ha lasciato il Wolfsburg per trasferirsi all’Eintracht Francoforte, passando poi per il Fortuna Dusseldorf, fino al ritiro nel 2017. C’era Marcel Schafer, centrocampista adattato a terzino sinistro in quella stagione. Dopo un’esperienza negli Stati Uniti nei Tampa Bay Rowdies, ora a 34 anni è tornato a Wolfsburg per ricoprire il ruolo di direttore sportivo del club. Il padrone della fascia destra era invece Sascha Riether, 35enne di Lahr che oggi si è riscoperto centrocampista nello Schalke 04 di Domenico Tedesco, dopo alcune esperienza a Colonia e Friburgo in Germania e in prestito al Fulham in Inghilterra.

A completare la retroguardia era poi il portoghese Ricardo Costa, campione d’Europa con il Porto di Mourinho che dopo l’esperienza al Wolfsburg ha trascorso il resto della sua carriera da nomade. Valencia, Al-Sailiya (in Qatar), PAOK, Granada e Lucerna i club nei quali ha militato, arrivando fino al ritorno in patria al Tondela, dove gioca tutt’oggi. Rodrigo Alvim, Jan Simunek, Peter Pekakir, Daniel Reiche e Sergei Karimov gli altri panchinari, oggi impegnati rispettivamente con i Miami Dade, il Bochum, l’Hertha Berlino e il Viktoria Colonia, con Karimov invece svincolato dopo l’esperienza al Lupo-Martini.

IL CUORE DEL GIOCO

Passando al cuore del campo, al centro, dove i palloni rimbalzati dal muro difensivo venivano prelevati da chi aveva il compito di dare stabilità alla squadra e attivare le punte, troviamo Josué, mediano brasiliano che non arrivava neppure al metro e settanta. L’esperienza al Wolfsburg fu la sua unica fuori dal Brasile, dove decise di tornare per un paio di stagioni nel 2013 firmando per l’Atletico Mineiro. Tre anni fa ha poi detto basta, appendendo gli scarpini al chiodo. Il prossimo luglio compirà 40 anni, sei dei quali trascorsi proprio nel Wolfsburg, dove ancora oggi è considerato uno degli ex più amati dalla tifoseria tedesca.

Al suo fianco c’era Christian Gentner, l’uomo che doveva organizzare il gioco e far ripartire l’azione. Nato e cresciuto calcisticamente nello Stoccarda, dove un certo Giovanni Trapattoni lo fece debuttare in Bundesliga a 20 anni, nel 2010 è tornato proprio nella città della Mercedes dove ancora oggi ricopre un ruolo da leader insostituibile. Ad Ashkan Dejagah era invece affidato il compito allargare il campo da buon esterno di centrocampo. Iraniano, naturalizzato tedesco, il natio di Teheran nel 2012 è passato al Fulham per un paio d’anni, prima di collezionare tre stagioni in Qatar all’Al-Arabi, tornare al Wolfsburg per pochi mesi e indossare le maglie di Nottingham Forest oltremanica e da questa stagione quella del Tractor Sazi in Iran.

Il trequartista della squadra era invece un bosniaco, Zvjezdan Misimovic. Plasmato dalle giovanili del Bayern Monaco, la “Perla bosniaca”, come era stato soprannominato, a Wolfsburg vinse il suo secondo Maisterschale (il primo lo raggiunse a inizio carriera con i bavaresi), salutando i Lupi una stagione dopo l’inatteso trionfo. Galatasaray e Dinamo Mosca i club vissuti dopo l’addio alla Germania, prima di prendere il volo per la Cina. In oriente tre stagioni al Beijing Renhe gli hanno permesso di mettere in bacheca una Coppa e una Supercoppa cinese, ultimi trofei personali a cui ha fatto seguito il ritiro nel gennaio del 2017. Oggi si ritrova a svolgere il ruolo di consulente strategico per la Nazionale bosniaca di Pjanic e Dzeko.

A centrocampo erano poi presenti anche un giapponese e altri tre tedeschi. Makoto Hasebe, dopo un’esperienza al Norimberga, milita ora nell’Eintracht Francoforte mentre Daniel Adlung si è trasferito in Australia nell’Adelaide United. Sebastian Schindzielorz (tedesco di origine polacca), ha salutato invece il mondo del calcio nel 2013 proprio dopo le stagioni al Wolfsburg, diventando Responsabile dell’Area Sport del Bochum. Il 28enne Kevin Wolze infine gioca ora nell’MSV Duisburg, nella serie b tedesca.

LA POTENZA DI FUOCO

E gli attaccanti? Che fine hanno fatto i Lupi più feroci che nel 2009 riuscirono ad azzannare la Bundesliga portando il Wolfsburg a essere il miglio attacco del campionato con 80 gol?

Le due punte di diamante, i due cacciabombardieri della squadra erano il brasiliano Grafite e il bosniaco Edin Dzeko. Il primo con i suoi 28 gol stagionali riuscì a vincere il Torjager Kanone della stagione, seguito dal compagno di reparto, fermatosi a due reti in meno. E se la carriera di Dzeko da quella magica annata subì un’impennata che negli anni lo ha portato a vincere con la maglia del Manchester City in Premier League e a disputare una semifinale di Champions League con la Roma la scorsa stagione, quella di Grafite dopo l’esperienza al Wolfsburg ha vissuto un lento declino. Prima il trasferimento negli Emirati Arabi per diventare il faro dell’attacco del Shabab Al-Ahli, poi l’avventura in Qatar nell’Al-Sadd, prima del ritorno in Brasile per vestire la maglia del Santa Cruz. Atletico Paranaense e nuovamente Santa Cruz, i club toccati a fine carriera, seguiti dal ritiro annunciato lo scorso gennaio.

Le altre tre frecce? Il giapponese Yoshito Okubo, il miglior marcatore della storia della J1 League nipponica, Alexander Esswein e il brasiliano Caiuby. Il primo a 36 anni milita attualmente in patria nel Jubilo Iwata, dopo essersi diviso tra il Vissel Kobe, il Kawasaki Frontale e l’FC Tokyo. Il secondo gioca nell’Hertha Berlino, club nel quale si è trasferito nel 2016 dopo le annate alla Dinamo Dresda, al Norimberga e all’Augusta. Ecco, l’Augusta, la squadra nella quale invece oggi si muove per il reparto d’attacco Caiuby, passato anche per Duisburg e Ingolstadt 04 dopo l’addio al Wolfsburg.

IL MAESTRO

La guida? Felix Magath, leggenda del calcio tedesco capace di conquistare tre campionati e una Champions League con l’Amburgo da giocatore e tre Maisterschale e diverse coppe di Germania con Bayern Monaco e Wolfsburg da allenatore. Ora a 65 anni è senza panchina, dopo aver salutato lo Shandong Luneng, ultima squadra allenata dopo aver guidato anche Schalke 04 e Fulham.

Tanti giocatori ancora in attività, pochi ex alla prese con una nuova vita post-carriera.

Ecco che fine hanno fatto i Lupi di Magath, i ragazzi capaci di far scorrere per un anno fiumi di birra per le strade di Wolfsburg.

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Calcio Internazionale

ESCLUSIVA – Andrea Compagno, dalla chiamata in Nazionale di Mancini all’avventura in Cina

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Andrea Compagno

Andrea Compagno si è da poco trasferito in Cina, al Tianjin Tiger Football Club, lasciando lo Steaua Bucarest dopo 1 anno e mezzo di gol e grandi soddisfazioni personali. Compagno è nativo di Palermo, nel quale gioca con le giovanili della squadra della città prima di trasferirsi al Catania. Inizia dunque il suo girovagare per l’Italia, sempre giocando nei vari gironi della Serie D, ma senza mai incidere veramente. La sliding doors della sua carriera porta il nome di San Marino, dove va a giocare accasandosi al Tre Fiori.

All’ombra del Titano Compagno vince campionato e coppa, venendo eletto nella stagione 2018/2019 miglior giocatore straniero e capocannoniere del campionato con 22 gol. Trova anche il tempo di segnare il suo primo gol internazionale durante i preliminari di Europa League. Tutto ciò gli vale la chiamata del Craiova, nella Serie B romena, che vince al primo tentativo. L’impatto in SuperLiga è ottimo, tanto da convincere lo Steaua Bucarest (oggi FCSB) a comprarlo per 1.5 milioni di euro, più una clausola del 10% sulla futura rivendita. Nel 2022 è il miglior marcatore italiano nei massimi campionati europei, con Mancini, allora CT della Nazionale, che confida ai media di seguirlo.

La chiamata del tecnico arriva, con la dirigenza dello Steaua Bucarest che riceve la notifica dell’inserimento del loro attaccante nella lista dei pre-convocati di marzo 2023. Andrea Compagno vive il momento più alto della sua carriera, ma inspiegabilmente, all’alba della corrente stagione, arriva la rottura con la società. Il vulcanico presidente dello Steaua, George Becali, cambia improvvisamente opinione su Compagno. Tante le parole dette e riportate dai giornali romeni sulla trattativa che lo ha portato in Cina, ma in esclusiva per l’Italia, Compagno ha spiegato a noi di Numero Diez come sono andate realmente le cose, ripercorrendo questi mesi così difficili per lui. Inevitabile porre uno sguardo su quello che è stato il suo passato, sulle tante fatiche fatte per arrivare dove è oggi, ma anche sul suo futuro, in un altro continente e con la solita voglia di migliorarsi giorno dopo giorno.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA SERIE D E L’ALL IN CON SAN MARINO

In Italia hai giocato in Serie D, spostandoti dal Sud al Nord sin da molto giovane, con contratti che specialmente all’inizio ti obbligavano ad andare a fare la spesa con la calcolatrice. Che consiglio ti senti di dare a quei ragazzi che stanno vivendo oggi quel tuo momento?

Quello è stato un periodo bello e brutto allo stesso tempo. Lì vedi più passione di quella che trovi a livelli più alti. Andando avanti nella mia carriera ho visto molti giocatori con la pancia piena, che mi hanno fatto pensare a quanti miei vecchi compagni di squadra avrebbero pagato per essere al loro posto. Quello che a me ha salvato è stato vivere nel mio sogno, nella incondizionata fiducia di potercela fare. Vivevo, mi allenavo e giocavo come se fossi in Serie A. Neanche quando prendevo 400 euro al mese la mia testa è andata a cercare altro, un qualcosa di più sicuro. Fondamentale poi è stata la perenne voglia di migliorarmi. Ce l’ho ancora adesso e penso che ce l’avrò fino all’ultimo giorno della mia vita“.

Lo snodo cruciale della tua carriera è stato scegliere di andare a giocare a San Marino. Nonostante non fosse una lega di livello, era un campionato che ti permetteva di giocarti le coppe europee, cosa che nel CV di un calciatore fa la differenza.

Sono coincise due cose. La risoluzione di un problema alle ginocchia in primis, una condropatia rotulea, grazie a un medico di Palermo che ha capito quale fosse il problema. Fino a quel momento io mi ero abituato all’idea di dover giocare a calcio con il dolore. E poi essendo a San Marino mi stavo giocando un trofeo e l’accesso ai preliminari delle coppe europee, cosa che mi galvanizzava. Ho fatto molto bene, trovando anche il gol in Europa e riuscendo ad aprirmi le porte per l’estero“.

Dopo tutto il tuo percorso, dopo tutte le fatiche che hai dovuto affrontare, cosa ha voluto dire per te essere nella lista dei convocati della Nazionale campione d’Europa?  

Ancora adesso mi vengono i brividi a pensarci. Era un buon momento della stagione con lo Steaua, eravamo in una buona posizione in classifica e a coronamento del momento arriva la chiamata. Mi cercavano tutti, ma a me non piace stare sotto i riflettori, volevo essere concentrato sul campo e sulla squadra. Sono orgoglioso se ripenso a ciò che ho fatto e ciò che ho ottenuto, per me era impensabile. L’unico rimpianto è stato poi che la convocazione in sé non si è concretizzata, per cui non ho mai varcato i cancelli di Coverciano. Farlo penso che avrebbe donato a qualche direttore di squadre di Serie A un pizzico di coraggio in più sullo scommettere su di me la scorsa estate. Rimane però tutto così bello e magnifico che per me è impossibile dargli un’accezione negativa“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – L’ESCLUSIONE SENZA PREAVVISO ALLO STEAUA

Il tuo trasferimento dallo Steaua Bucarest ha molto a che fare con i rapporti compromessi con il presidente. La sua opinione su di te quando cambia e perché?

Dopo la stagione dei 21 gol, per cui per me era inimmaginabile in quel momento un cambio di opinione sul mio conto. Inoltre aveva deciso di giocare con il falso 9. Un attaccante con le mie caratteristiche non era più quello che voleva, secondo lui non ero neanche da Steaua Bucarest. Ha fatto si che giocassero punte centrali dei calciatori non abituati a quel ruolo pur di non mettere me. Sono stati 6 mesi d’inferno da questo punto di vista, ma i tifosi mi hanno sempre dimostrato il loro affetto. Mi dispiace per come si è chiusa, se proprio avessi dovuto lasciare lo Steaua, l’ideale sarebbe stato farlo d’estate. Dopo i tanti gol e la chiamata di Mancini, sarebbe stato perfetto andare in crescendo, aumentando l’importanza del campionato“.

C’è stata una concreta opportunità durante quel periodo di fare questo salto di qualità?

Il mio obiettivo era quello di andare in un campionato che fosse più competitivo agli occhi della Serie A, che rimane il mio sogno. Quello olandese o quello belga sarebbero stati perfetti. Un’offerta come quella che desideravo era anche arrivata, dall’Heerenveen in particolare. Offrirono 1.5 milioni, ma il presidente rilanciò a 2. In quel frangente non voleva cedermi, l’obiettivo era entrare nei gironi della Conference League. Nel momento in cui non ci riuscimmo, si convisse del fatto che in campionato avrebbe voluto quel famoso falso 9. Tutto questo però è accaduto poco dopo aver rifiutato l’offerta dell’Heerenveen. Erano arrivate anche proposte dall’Italia, dalla Serie B, ma sentivo che non fosse la tappa ideale per il mio percorso“.

E come mai se il tuo obiettivo è giocare un giorno in Serie A, hai deciso di rifiutare la cadetteria? Per certi versi ti avrebbe avvicinato al suo raggiungimento. 

Se fossi sceso in una lega di secondo livello, avrei poi avuto problemi se un un giorno avessi scelto di tornare all’estero. La Serie B è un campionato di assoluta importanza, con molta più qualità di quella che ne è la sua considerazione in altri paesi, ma fuori dall’Italia si concentrano su altro. Prima di te guardano altri 100 mila giocatori che giocano in campionati di serie superiori, anche se di livello inferiore alla B. Stare all’estero mi ha dato tanto, non voglio perderlo. Oltre quelle c’erano state offerte dal Kazakistan e dall’Ungheria, ma non avrei alzato il livello rispetto la Romania come volevo“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA VERITÀ SULLA TRATTATIVA CON IL KONYASPOR

I giornali romeni hanno riportato anche dell’offerta del Konyaspor, in Turchia, che però avresti rifiutato nonostante saresti stato in un campionato con diversi ponti per la Serie A. 

Proprio per tutto il discorso che abbiamo fatto finora sul prestigio del campionato, io do subito la mia disponibilità quando vengo a sapere di quest’offerta da 150 mila euro che avevano fatto al club. Era una trattativa ben avviata, ma sono mancate le condizioni per chiuderla“.

È stata fatta uscire la notizia per la quale l’offerta del Konyaspor non fosse di 150 mila euro, ma di circa mezzo milione, e che tu avessi rifiutato la destinazione preferendo lo stipendio cinese. 

Tutte cavolate, sia le cifre sia il fatto che l’offerta del Konyaspor fosse arrivata insieme a quella cinese. Si era semplicemente inserita una persona che per puro interesse personale prometteva al presidente di fargli arrivare un’offerta più alta dalla Turchia, ma non ce ne era più nessuna in realtà. In Cina stava per arrivare il capodanno cinese, e mi avrebbero dovuto tesserare per forza prima di questa scadenza. Per colpa di questo contrattempo stavo rischiando di non ultimare in tempo i dettagli con il Tianjin“.

ANDREA COMPAGNO IN ESCLUSIVA – LA CINA COME NUOVA TERRA DA CONQUISTARE

Non ti ha spaventato la fuga dei grandi nomi che c’è stata negli ultimi anni dal campionato cinese nel momento in cui lo hai scelto? 

Non posso esserne spaventato. Quelli erano giocatori che percepivano stipendi molto lontani dalla mia situazione. È un’opportunità importante per me, ci sono solo 5 posti per gli stranieri per squadra, e le speranze che ripongono in questi sono alte. Per questo è difficile vedere dei contratti lunghi, ma anche solo entrare nel campionato è complicato“.

Cosa ti ha sorpreso in questi primi mesi lì?

Il livello degli stranieri è molto alto, ma anche tra i cinesi vedo buone individualità. Certo, le mie sono solo prime impressioni, sono appena arrivato, ma è chiaro che loro stiano investendo tanto. Hanno degli stadi enormi e all’avanguardia, nella città dove sono io ce n’è uno da 30 mila posti e un altro da 60 mila. Non hanno però la cultura del centro d’allenamento come casa base, noi ci alleniamo direttamente allo stadio per esempio. È diverso da quello a cui ero abituato. Quello che certamente dimostrano è tanto entusiasmo e tanta organizzazione, che si riflette anche in allenamento. Prepariamo ogni situazione, calci piazzati, rimesse laterali… sto lavorando sulla tattica molto più qui che in passato“.

La Cina porta 4 squadre alla Champions League asiatica, che oltre a essere un’altra competizione internazionale a cui potresti prendere parte, ti potrebbe far vivere delle esperienze con giocatori incredibili. Quanto speri di ritrovarti a giocare il prossimo anno con personaggi del calibro di CR7?

Se non è lui ce ne sono tanti altri. Qui c’è un entusiasmo incredibile anche solo per il campionato, non oso immaginare cosa vorrebbe dire fare la Champions. Sono sincero, come ho fatto appena arrivato in Romania, me la voglio vivere giorno per giorno. Ragiono partita dopo partita con la volontà di farmi apprezza qua come fatto altrove“.

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Hazard torna a giocare: disputerà la Kings World Cup

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hazard

Direttamente dalla pagina X della Kings League, Eden Hazard ha annunciato in un video-annuncio la sua partecipazione alla Kings League di Gerard Piqué. Nella descrizione del contenuto pubblicato si legge inoltre la frase Il ritiro non è per tutti.

L’ANNUNCIO

“Si è parlato molto del motivo per cui ho lasciato il calcio. Ma io sono sicuro di una cosa: giocherò la Kings World Cup“.

A meno di un anno di distanza dall’addio al calcio professionistico, l’ex Real Madrid ha comunicato la scelta di iniziare questo nuovo capitolo della propria vita, comunicando che farà parte del team Deptorstra FC, guidato dalla streamer Celine Dept (la più seguita in assoluto su YouTube nel 2023), in occasione del torneo di calcio a 7 in programma il 26 maggio in Messico. La competizione si concluderà l’8 giugno.

Oltre ad Hazard, anche Rio Ferdinand è entrato a far parte di questo contesto relativamente nuovo, composto da altre stelle del passato come Zlatan Ibrahimovic, Mario Gotze e Neymar. L’ex bandiera del Manchester United sarà infatti co-presidente del team Five FC, insieme a Jeremy Linch (freestyler e content creator con oltre 50 milioni di follower su tutti i suoi social).

Il torneo vedrà la partecipazione di 32 squadre qualificate, che voleranno in America centrale per disputare la competizione.

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Juventus, la squadra più giovane degli ultimi 30 anni: il dato

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Juventus Danilo Fagioli Cambiaso

La Juventus, nelle passate due stagioni, ha dovuto fare i conti con un ricambio generazionale fondamentale per il prosieguo della storia vincente della società. Via Buffon, via Chiellini, via Bonucci. Via le colonne portanti dei bianconeri per fattori d’età. A pensare che, come riportato dal Corriere dello Sport, nella stagione 2016-2017, l’età media della squadra ha raggiunto il picco dei 28 anni e 8 mesi.

Questo ha portato al vincere subito, all’instant team che, come abbiamo poi visto, è stato difficile da gestire. Sia economicamente (il monte ingaggi arrivava a 150 milioni, contro i 122 di oggi), sia a livello fisico. Il Coronavirus, poi, ha dato il colpo di grazia sulle casse dei club e la Juventus è una delle squadre che ha subito più perdite. Probabilmente, anche questo modo di agire avrà aggiunto mil carico, sulla situazione economica non idilliaca della Vecchia Signora.

Quello che è sicuro è che la Juventus ha cambiato filosofia. Ed è un cambio storico. Per la prima volta dopo 30 anni, come riportato dal Corriere dello Sport, i bianconeri sono più giovani che mai. Bisogna tornare nella stagione 1993-1994 per una Signora ancora più giovane. Età media di 25 anni e 3 mesi. Conte, Peruzzi, Ravanelli e un neanche ventenne Del Piero. Più vecchia di 5 mesi, quella attuale.

Il tema è quello del dominio sul campionato: la Juventus vinceva e convinceva sempre di più perché aveva esperienza. Tanta esperienza. Eppure, con questo ricambio generazionale, dai vari Nicoloussi Caviglia, a Vlahovic e Iling-Junior, passando per Miretti e Cambiaso, il piazzamento è comunque più che buono. La Juventus avrà perso d’esperienza ma, a lungo termine, ha fatto un cambio di filosofia storico che potrebbe giovare, economicamente, nel prossimo futuro.

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Tripletta da record per Gudmundsson: c’è un solo precedente

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Gudmundsson calciatore del Genoa - Serie A - Coppa Italia

Quella in corso è, senza troppi dubbi, la stagione di Albert Gudmundsson. Tra Serie A e Coppa Italia, infatti, l’islandese ha messo a referto 12 gol e 4 assist in 29 presenze complessive. Il giocatore aveva già fatto vedere ottime cose in Serie B (11 gol e 5 assist lo scorso anno), ma replicare questi numeri in massima serie non era cosa scontata. L’ultima perla è arrivata in nazionale. Nella sfida della sua Islanda contro Israele, andata in scena giovedì e valevole per le semifinali dei playoff di qualificazione ad Euro 2024, Gudmundsson ha dato prova delle sue incredibili qualità mettendo a referto una tripletta. Per il classe 1997 si tratta del primo hat trick in carriera, escludendo quelli messi a referto con squadre giovanili.

UN SOLO PRECEDENTE

Potremmo dire, per certi versi, che i tre gol di Gudmundsson rappresentano quasi un unicum. Nella storia, infatti, un solo giocatore era riuscito a realizzare una tripletta in una sfida valevole per gli spareggi di un europeo. Stiamo parlando di Ruud van Nistelrooy, leggenda del calcio ed ex calciatore, tra le altre, di Manchester United e Real Madrid. L’attaccante olandese fu in grado di realizzare una tripletta in un match tra Olanda e Scozia che terminò con un tennistico 6-0. La vittoria, risalente al 19 novembre 2003, valse alla nazionale dei Paesi Bassi il pass per gli europei dell’estate successiva.

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