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Che fine hanno fatto? Ricardo Alvarez

Che fine hanno fatto?

Che fine hanno fatto? Ricardo Alvarez

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Il binomio InterArgentina per anni ha regalato campioni che hanno scritto pagine importanti della storia dei nerazzurri, e del calcio italiano in assoluto. Ma non sempre è andato tutto per il verso giusto. Alcuni talenti venuti dal continente sudamericano carichi di speranze ed aspettative non hanno rispettato le attese. Tra questi c’è sicuramente Ricky MaravillaRicardo Gabriel Alvarez, che prima con l’Inter e poi con la Sampdoria (avversarie peraltro di questa sera a San Siro) ha alternato a sporadiche prodezze, tanti momenti di eccessiva leziosità o, anche, di vuoto completo.

Fino a far perdere quasi del tutto, a trent’anni d’età, le tracce di sé.

ARGENTINA E PRIME ETICHETTE

L’incipit della storia di Ricky Alvarez segue il tipico copione di ogni romantico racconto sul fútbol sudamericano: il pallone come primo giocattolo, i provini per il Boca Juniors a 17 anni e i problemi di crescita (“come Messi” dichiarò lui a suo tempo) che portarono il club a scartarlo. Mesi dopo la chance al Velez Sarsfield, che nel 2008 lo fa esordire in prima squadra. Poche settimane dopo l’esordio, la fatidica rottura del legamento crociato, che gli fa saltare praticamente tutta la stagione seguente: torna in campo solo nell’ultima partita del Torneo Apertura (che va da agosto a dicembre). Ecco perché l’esplosione di Ricky Alvarez tarda ad arrivare, a differenza di molti altri prodigi del continente: è il maggio 2010 quando, già 22enne, segna il suo primo gol con la maglia del Velez. Nella stagione seguente però, l’ultima in Argentina, si rende effettivamente protagonista: gioca 40 partite, segna 5 gol, vince il torneo Clausura e raggiunge le semifinali di Copa Libertadores. A coronare il tutto, le prime chiamate della nazionale argentina.

Fonte: profilo Instagram @rickyalvarezok

Ecco che di Ricky Alvarez si comincia a parlare e soprannominare Maravilla, e il suo nome compare sui taccuini di alcuni club di prim’ordine. C’è chi in lui rivede Kakà per le lunghe leve e la capacità di progressione, oltre che alla qualità che si deve avere quando si ricopre un ruolo in via d’estinzione come il trequartista. Altri, per la struttura fisica e la folta chioma riccia, decidono di etichettarlo come “il Pastore mancino”. Sta di fatto che le grandi aspettative su di lui, nell’estate 2011, generano un duello di mercato tra Inter e Arsenal, da cui ne escono vincenti i nerazzurri: Alvarez sbarca a Milano per 12 milioni di euro, firmando un contratto di cinque anni.

ITALIA, PARTE 1

È Pastore, come struttura fisica e “nobiltà calcistica”. (Federico Buffa)

Paragoni a parte, la sensazione non può che essere quella di aver acquistato un giocatore con dei valori tecnici al di sopra della media. Dopotutto su di lui aveva messo gli occhi un buongustaio come Arsène Wenger. In Italia Alvarez deve affrontare però diversi ostacoli sul suo cammino: non solo l’adattamento al campionato italiano, ma l’adattamento al campionato italiano con la maglia dell’Inter, che a livello di squadra non è più quella degli anni passati (complice l’età avanzata dei senatori e un processo di rinnovamento iniziato troppo tardi) e che a livello di ambiente, si sa, è capace di divorare giocatori e allenatori in breve tempo.

Eppure, sia alla sua prima stagione che in quelle successive, Alvarez non dà mai l’impressione di essere un totale fallimento, a dispetto di altri investimenti di quegli anni. Per il modo in cui tratta la palla e si divincola dalle marcature anche in spazi stretti…

e nel modo in cui alterna con totale disinvoltura sinistro e destro…

regala colpi che più di una volta strappano applausi dal pubblico nerazzurro. La prima stagione la chiude con 3 gol in 29 presenze, mentre nella seconda, sotto la guida di Stramaccioni, deve affrontare la competizione con Palacio, Milito e Cassano nella prima parte di stagione. Complici gli infortuni dei due argentini trova più spazio, ma l’Inter crolla fino al 9° posto in classifica e lui, fatalmente, ne soffre i troppi problemi.

Alla sua terza stagione in nerazzurro, con Mazzarri, sembra sulla via del rilancio. Viene scelto subito come spalla di Palacio nella formazione titolare e mette a referto 4 gol e 7 assist nel girone d’andata. Nelle successive 19 partite, però, perde la continuità trovata (complice anche l’esplosione di un giovane Mauro Icardi), mette a segno solamente un assist e tante prestazioni opache.

In estate è addio: il Sunderland lo acquista in prestito con diritto di riscatto fissato a 11 milioni di euro.

INGHILTERRA E RITORNO

L’esperienza in Inghilterra è da dimenticare. In un calcio così veloce come quello inglese e in un contesto complicato come il Sunderland (due salvezze al quartultimo posto prima di retrocedere in seconda divisione), Alvarez vive mille difficoltà. Segna un solo gol, viene eletto dalle redazioni inglesi come tra i peggiori acquisti dell’estate 2014 in Premier League e, ciliegina sulla torta, il Sunderland si rifiuta di riscattare il suo cartellino al termine della stagione. Solo nel 2017 il TAS ha dato ragione all’Inter imponendo il pagamento del cartellino al club inglese.

Nel gennaio 2016 torna in Italia, alla Sampdoria, dove però gode di poche chances (51 presenze in tre stagioni) e mette a referto appena 5 gol, di cui uno, piccola soddisfazione per i tifosi nerazzurri, al Milan durante la scorsa stagione. In estate, dopo aver risolto consensualmente il suo contratto, si è unito ai messicani dell’Atlas, con cui ha giocato 14 partite prima di procurarsi, nuovamente, la rottura del crociato a dicembre.

Fonte: profilo Instagram @rickyalvarezok


Insomma, Ricky Alvarez è stato carnefice e vittima di sé stesso: carnefice per la propria anarchia e per la propria maniacale ricerca per la giocata (spesso fine a sé stessa), vittima di squadre in cui non è stato completamente valorizzato e supportato. Scavando nella nostra parte più romantica e nostalgica, la speranza è per una sua ripresa dall’ultimo infortunio e in qualche ultima stagione da protagonista in un’isola felice.

(Fonte immagine in evidenza: profilo Instagram @rickyalvarezok)

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Calcio e dintorni

Torino, l’ex portiere è nella bufera: l’accaduto e le conseguenze!

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Cairo

Vi ricordate di Lyn Gomis? Colui che si è fatto conoscere in Serie A per via del suo passato al Torino, sale alla ribalta della cronaca sportiva per un gesto davvero poco nobile.

Attualmente rientrante nella rosa del Genola, formazione appartenente alla seconda categoria piemontese, l’estremo difensore senegalese si è reso protagonista di un episodio riprovevole; nel corso della partita di campionato contro il Langa Calcio, disputata domenica, questi ha aggredito l’arbitro del match sia fisicamente, prendendolo per il collo, sia verbalmente, attraverso offese, esclamate sia in campo che negli spogliatoi. Questa condotta violenta gli è costata una lunghissima squalifica, che scadrà soltanto il 13 ottobre 2023. Di seguito, riportiamo il testo del comunicato, redatto dal Giudice Sportivo:

Nello specifico, dopo la convalida della rete del 3 a 3, il portiere del Genola, Sig. Gomis Lys, raggiungeva di corsa l’arbitro che si dirigeva a centro campo e lo afferrava per il collo, provocandogli dolore, oltre ad insultarlo ripetutamente. Intervenivano in difesa del direttore di gara alcuni giocatori di ambo le compagini. Al termine della partita mentre l’arbitro raggiungeva gli spogliatoi scortato dai Dirigenti della squadra ospite nonché da giocatori di entrambe le Società, dopo aver subito ulteriore aggressione fisica da un altro tesserato del Genola, il Sig. Gomis continuava a insultarlo e minacciarlo, con una tale veemenza da indurlo a richiedere l’intervento di una volante dei Carabinieri, ai quali veniva esposto l’accaduto

Dal canto proprio, il portiere non ci sta a subire questo contraccolpo, che, di fatto, potrebbe costringerlo a chiudere ingloriosamente la sua carriera, dati i suoi 32 anni d’età. Le parole, espresse a La Stampa, dichiarano un pronto ricorso, di concerto con la società. E la motivazione è semplice: in sedici anni di carriera, non si è mai reso protagonista di episodi come quello per cui è stato accusato e squalificato:

I fatti non sono andati così. Con la società faremo presto ricorso. Non sono un violento. In 16 anni di carriera professionistica, non ho mai avuto e creato problemi

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Calcio e dintorni

Un Chelsea mondiale: dove sono finiti i Blues del 2012?

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Ziyech

Oggi pomeriggio alle 17.30 il Chelsea affronta il Palmeiras nella finale della Coppa del Mondo per Club. Per la squadra londinese, vincitrice dell’ultima edizione di Champions League, è la seconda occasione nei suoi 117 anni di storia per sollevare il trofeo istituito nel 2000 dalla FIFA.

L’ultima partita giocata dai Blues in questo torneo risale al 2012. Gli allora Campioni d’Europa guidati da Rafa Benitez, subentrato all’esonerato Roberto Di Matteo, si arresero in finale contro il Corinthians a Yokohama. Il gol di Paolo Guerrero al 69° regalò ai Brasiliani la vittoria.
Oggi, dieci anni dopo quella deludente sconfitta, dove sono i giocatori di quel Chelsea?

Petr Čech nella sala dei bottoni

Nonostante la sconfitta in Coppa del Mondo, il leggendario portiere ceco aiutò il Chelsea a vincere l’Europa League quella stagione.
Dopo  aver lasciato i Blues, Petr Čech chiuse la sua carriera all’Arsenal prima di tornare al Chelsea come membro dello staff tecnico di Frank Lampard.
Lampard durò un anno e mezzo sulla panchina della squadra londinese ma l’ex portiere rimane una figura molto importante al fianco della mano destra di Roman Abramovich, Marina Granovskaia.

Non solo calcio per Čech, dato che nell’ottobre 2019 ha giocato come portiere per i Guildford Phoenix, squadra di hockey su ghiaccio della quarta divisione del campionato hockeistico inglese.

Chelsea-Liverpool solo andata

Nonostante la sconfitta contro il Corinthians, per Frank Lampard la stagione 2012-2013 si concluse con un record positivo. Con il gol alla penultima giornata di campionato contro l’Aston Villa, Lampard diventò il miglior marcatore nella storia dei Blues.

L’ultima tappa prima del ritiro dello storico capitano inglese sarà al New York City FC prima di andare ad allenare il Derby County.
Dopo la brutta esperienza sulla panchina del Chelsea, Lampard è da qualche settimana l’allenatore dell’ Everton.

Last dance in Derby

Altro ex del Chelsea ora nello staff tecnico dell’ Everton è Ashley Cole. L’esterno inglese lascia il Chelsea nel 2014 per affrontare quella che si rivelerà essere una deludente esperienza con la maglia della Roma. Nel 2016 Cole vola in America e gioca con i Los Angeles Galaxy.
Prima di ritirarsi, il vecchio amico Lampard gli chiede una mano al Derby County e Ashley Cole si mette a disposizione per l’ultima danza della sua carriera da calciatore professionista.

Metà Niño, metà torero

Arrivato a Londra con tante aspettative, Fernando Torres non fu in grado di replicare le incredibili giocate con la maglia del Liverpool.
Nonostante questo El Niño contribuì con un gol alla vittoria nella finale di Europa League contro il Benfica prima di lasciare il Chelsea nell’estate del 2014 per andare al Milan.

Prima del ritiro Torres ha giocato per qualche stagione nell’Atletico Madrid, la sua squadra del cuore, e ora allena il Juvenil A, l’Under-19 dei Colchoneros.

Hazard o Marin?

Non tutti i calciatori di quel Chelsea hanno appeso gli scarpini al chiodo.
Dopo aver segnato 110 gol in 353 partite con il Chelsea, Eden Hazard si trasferirà al Real Madrid. I vari infortuni hanno però reso l’avventura spagnola del belga un vero e proprio incubo fino a questo momento.

Altro giocatore ancora in attività, seppur lontano dai radar del calcio europeo, è Oscar.
Il brasiliano si presentò sul palcoscenico della Champions League con due gol contro la Juventus nel 2012.
Oscar diventa un perno del centrocampo di Mourinho ma l’arrivo di Conte nel 2016 lo mette ai margini del progetto e lo porta a trasferirsi in Cina allo Shangai Port con il quale ha giocato quasi 150 partite e vinto un campionato cinese.

Meteora di quel Chelsea fu Marko Marin. Arrivato dal Werder Brema con l’etichetta di “Messi Tedesco”, Marin deluse in Inghilterra e girò il Vecchio Continente in lungo e in largo come prestito.
Dopo un esperienza in Arabia Saudita, Marin gioca adesso a Budapest con il Ferencvaros.

Una colonna basca al Chelsea

Non tutti i calciatori di allora hanno lasciato il Chelsea. Chi è rimasto è Cesar Azpilicueta, che nel frattempo è diventato una colonna dei Blues giocando da jolly nella retroguardia.
Con la maglia del Chelsea Azpilicueta ha vinto di tutto e negli ultimi tre anni è stato il capitano della squadra della quale è diventato una colonna portante.

Adesso, con il contratto in scadenza questa estate, Cesar è in cerca della sua prossima avventura.

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Calcio Internazionale

Il presidente del Lille rivela: “Un big può tornare da noi!”

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Hazard può tornare al Lille

L’avventura con la camiseta blanca di Eden Hazard stenta a decollare. Il classe 1991 è stato il colpo ad effetto dell’estate 2019 del Real Madrid, che intendeva far dimenticare la cessione di Ronaldo, avvenuta 12 mesi prima. Ma, di fatto, l’unica cosa in cui il belga ha sostituito il portoghese è il nome soprastante la maglia numero 7.

Complici gli infortuni, una forma fisica non sempre ottimale e l’esplosione dei due millenials brasiliani, Vinicius Jr e Rodrygo, Hazard è sempre più ai margini del progetto galáctico. Questi fattori lo hanno iscritto nella lista dei possibili partenti dalla Casa Blanca già a gennaio. La cifra richiesta è pari a 40 milioni; tuttavia, si può aprire anche al prestito.

In quest’ultimo senso, la suggestione dell’ultima ora porterebbe Hazard di nuovo dove tutto è incominciato. Al Lille del presidente Olivier Letang.

È AS a dare forma a tale ipotesi. Ipotesi suggestiva, il cui impulso deriva dall’intervista del presidente del club francese all’Equipe du Soir:

Un ritorno di Hazard al Lille? Non è impossibile vederlo qui”, ha affermato Letang. “Può sembrare impossibile, ma non lo è. Ovviamente Hazard è un giocatore incredibile, con grandi qualità. In questo momento, è un giocatore del Real Madrid, ma in futuro le cose potrebbero cambiare“.

Affinché il trasferimento vada in porto, è necessario che i blancos abbassino le richieste. I 40 milioni di euro rappresentano una pretesa economica troppo elevata per le casse del club francese, pronto a perseguire anche la strada del prestito. A patto che Florentino Pérez sia disposto ad accettare di accollarsi grande parte di un lauto stipendio, di cui vorrebbe liberarsi.

Immagine in evidenza presa da Wikimedia Commons con diritti Google Creative Commons

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Calcio Internazionale

Bayern Monaco, un ex portiere fa successo all’estero

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Bayern Monaco

Tutto inizia con la maglia del Bayern Monaco. Lukas Raeder, portiere tedesco classe 1993, viene aggregato alla squadra della Baviera a soli 19 anni. Per lui si prospetta un futuro da campione in Germania. Sulle orme di tanti altri illustri predecessori.

Tuttavia, la carriera di Raeder come portiere del Bayern Monaco, in realtà, non spicca mai. Un po’ per demeriti suoi. Un po’ perchè, nel 2012, quando Lukas Raeder approda ai bavaresi, in porta c’è già Manuel Neuer. Due anni alle spalle dell’attuale portiere del Bayern Monaco sono stati duri da sostenere, per un giovanissimo prospetto che vuole dimostrare il suo valore. E così, nell’estate del 2014, Raeder va via a parametro zero dal Bayern Monaco e dalla Germania. Destinazione Portogallo.

Il Vitória Setúbal è la sua seconda squadra, ma anche con i portoghesi il minutaggio scarseggia. Totalizza solo 27 gare in tre stagioni. Per cui il percorso di Raeder è costretto a proseguire in Inghilterra con la maglia del Bradford City, prima di fare rientro in patria, nelle serie minori: ad attenderlo si presentano in ordine di tempo il Rot-Wein Essen e il Lubecca.

Ora il suo presente si chiama Lokomotiv Plovdiv, squadra appartenente al massimo campionato bulgaro. A 27 anni, Raeder ha ancora voglia di mettersi in mostra e di sognare le competizioni europee. Il terzo posto in campionato, infatti, garantisce la possibilità di arrivare in Conference League. Tuttavia, al di là delle soddisfazioni che può regalare il rettangolo verde, è al di fuori del campo che Raeder ottiene il successo maggiore.

Unico calciatore tedesco in Bulgaria e con la fama di calciatore che ha annusato grandi palcoscenici, il tedesco è diventato una vera e propria star. Come, del resto, lo dimostra questa dichiarazione.

Come portiere tedesco, sono molto concentrato sulla Bulgaria. I portieri tedeschi hanno una reputazione particolarmente buona qui ed è per questo che ricevo molta attenzione. Mi parlano spesso in tedesco gli avversari o anche i tassisti. Il Bayern è totalmente presente qui e spesso me lo chiedono. Abbiamo uno o due tifosi del Bayern nella squadra e anche nella dirigenza.Tutti qui conoscono ‘Mia san mia“.

Immagine in evidenza presa da pixabay con diritti Google Creative Commons

 

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