Dall’ingresso in pompa magna nella Major League Soccer del Marzo 2019, all’essere la peggior squadra della lega: i primi cinque mesi di vita del Cincinnati Football Club, nuova compagine dell’omonima città statunitense, sono stati imprevedibili e ricchi di incidenti di percorso.
Nella terra dei Bengals, la squadra di football che mai ha trionfato in un Super Bowl, era stato un connubio di holding ed imprenditori di zona a lanciare il progetto nel lontano 2016, assicurando ingenti somme per la costruzione di una franchigia all’altezza con uno stadio degno di nota. Ne conseguì l’annuncio nel Maggio 2018, con la sicurezza, e l’illusione, che sarebbe stato un primo anno indimenticabile, dove il calcio avrebbe permesso alla gente di trovare un nuovo credo ed una società da tifare con ardente passione. La scelta della lega, con un funzionamento simile alla NBA quanto a processi decisionali e nuove “incorporazioni”, fu quella più corretta e logica: nel primo anno di vita, in USL, una sorta di lega di sviluppo, la società era riuscita a monetizzare 1,6 milioni di dollari con il merchandising, 3 milioni di sponsorizzazioni. A ciò va aggiunta la presenza costante del pubblico, con una media di 20.000 spettatori che ha portato a compiere alcune modifiche al Nippert Stadium, la costruzione universitaria che ospiterà le partite casalinghe del Cincinnati sino al 2021, quando la franchigia verrà spostata in una struttura privata dal valore stimato di 250 milioni, al quale bisogna aggiungerne altri 30 per la costruzione di un centro d’allenamento situato a Milford, a mezz’ora di auto dal centro città. Le ingenti spese, tra roster, stanziamenti e quota di partecipazione finale alla MLS (intorno ai 150 mln), hanno portato la società, nella persona del General Manager Jeff Berding, a cercare nuovi acquirenti per il futuro del club.
SUL CAMPO
Per una società in fase di costruzione definitiva anche il campo ha emesso risposte ancora incerte sul futuro di questa squadra, soprattutto dal punto di vista gestionale e di spogliatoio. Ai giocatori acquisiti tramite draft (con il medesimo meccanismo della pallacanestro, dove tra squadre esistono varie finestre di scambio giocatori tra club), vanno aggiunti gli altri acquisti “americani”, con atleti che già conoscevano il campionato, e quelli europei, spesso di provenienza da club di seconda fascia di Svizzera, Belgio, Olanda e Polonia. Questa commistione di novità, con un gruppo totalmente nuovo da legare, moralmente ancor prima che tatticamente ha portato ad un disastroso inizio: 5 vittorie, 2 pareggi e 15 sconfitte in 22 partite.

Fonte: profilo Instagram Cincinnati FC
L’allenatore, il sudafricano Alan Koch conosceva sì l’ambiente, essendo già stato allenatore nel biennio in USL, ma aveva poca esperienza essendo stato head coach dei Whitecaps di Vancouver nella lega femminile ed allenatore della primavera maschile. L’inesperienza, unita all’incapacità di trovare uno schema ed una formazione fissa, hanno portato all’esonero di maggio, promuovendo di fatto l’allenatore in seconda, il francese Yoann Damet, come timoniere in pectore del club.
MANCANZA DI TEMPO
Citando il cincinnatisoccertalk.com, un portale interamente dedicato alla franchigia ed ai suoi tifosi, era per certi versi giusto non aspettarsi un “quick fix”, ovvero un’incorporazione immediata e piena di risultati positivi. Tralasciando le scelte societarie e di spogliatoio, con vari errori di coaching, è giusto soffermarsi sulla mancanza di tempo che questa squadra ha avuto per prepararsi alla Major League Soccer: i due casi più recenti, quelli di Atlanta United e Los Angeles FC, hanno goduto rispettivamente di tre e quattro anni di anticipo per preparare la stagione d’ingresso, cosa che ha permesso di conoscere la lega e di mettere a posto conti e finanze per elevare il proprio tetto salariale ed assicurarsi giocatori di prima fascia, almeno in alcuni ruoli.
Pur essendo quindi una promozione meritata, necessiterà di tempo e risorse per prendere forma in maniera ottimale.
LA PEPITA FRANKIE AMAYA
La promozione di Damet sulla panchina del Cincinnati ha portato con sé alcuni importanti cambiamenti, con la valorizzazione del giovane classe 2000 Frankie Amaya ritornato proprio a maggio da un prestito, nell’Orange County Soccer Club. Il californiano fa parte del progetto Generation Adidas, una joint venture tra MLS e federazione di calcio americana che permette ad alcuni ragazzi promettenti del paese di accasarsi ad una franchigia per dimostrare il proprio valore. Per necessità, il giovane si è subito trovato a suo agio con questa maglia, facendosi spazio come trequartista nello scacchiere dell’allenatore francese, un 4-2-3-1 che si basa sul diez per ispirare le sortite offensive.

Fonte: profilo Instagram Frankie Amaya
Nonostante la statura contenuta (163 cm), è la tecnica, soprattutto nell’ultimo passaggio, ad aver permesso ad Amaya di raddoppiare il suo valore in pochi mesi, toccando adesso i 300.000 euro di cartellino (transfermarkt). Una nota lieta che potrebbe ben presto fare le fortune del club.
Pingback: Le 5 migliori maglie della MLS – Lorenzo Masi – Il blog