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Tra l'Odissea e la resurrezione: la storia di Cissè

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Tra l’Odissea e la resurrezione: la storia di Cissè

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Dopo un infortunio grave, solitamente se siete un giocatore, vi verrà da pensare:”ma chi me lo fa fare”. Dolore, intervento, riabilitazione, e poi, dopo qualche mese, si torna in campo a rischiar di farsi male ancora. Lo sa bene Djibril Cissè, ex nazionale francese ed ex di Liverpool e Marsiglia, che in Italia ha vestito la maglia della Lazio nella stagione 2011-2012. Il francese ha subito due gravissimi infortuni alle gambe durante tutta la sua carriera. Un giocatore sfortunatissimo che, dagli esordi all’Auxerre di Guy Roux, quando sembrava destinato a diventare uno dei migliori centravanti del calcio europeo, passò al Liverpool, nell’estate del 2004, e qui, il primo tremendo infortunio nell’ottobre dello stesso anno con la doppia frattura di tibia e perone della gamba sinistra dopo uno scontro di gioco nella gara contro il Blackburn.

Dopo il ritorno a grandi livelli, un altro drammatico incidente, stavolta prima dei Mondiali del 2006, con la Francia: nel corso dell’amichevole con la Cina, si rompe ancora tibia e perone, stavolta alla gamba destra. Le immagini sono quasi scioccanti. Il francese è così costretto ad abdicare a 5 giorni dalla spedizione transalpina in Germania cedendo il posto a Govou.

Ma, come se nulla fosse successo, è sempre tornato a calciare un pallone. Dal 2006 ha iniziato un’odissea senza fine: 2 anni al Marsiglia, in prestito per un anno al Sunderland per poi volare ad Atene, sponda Panathinaikos, per giocare per ben 2 anni. Poi il trasferimento in Italia durato solo 6 mesi a causa del suo mancato inserimento negli schemi biancocelesti: più volte si è ritrovato a giocare come esterno sinistro per lasciar spazio al centro a Miro Klose. Un anno al QPR, poi 6 mesi in Qatar con la maglia dell’Al-Gharafa. Non smette di girare Djibril, infatti finita l’esperienza qatariota passa al Kuban Krasnodar sempre per 6 mesi, per lo stesso lasso di tempo gioca anche al Bastia per poi trasferirsi nell’isola di Riunione (dove?) per indossare la maglia del JP Saint-Pierroise. Gioca per soli 3 mesi e rotti poi si svincola. Sarebbe il momento di appendere gli scarpini al chiodo ed invece dopo ben 2 anni di inattività, nell’estate del 2017 Djibril torna in campo, questa volta in Svizzera, nella terza divisione con la casacca del Yverdon-sport.

IL RITORNO

In Svizzera ha collezionato 28 presenze, mettendo a segno 24 reti. A 37 anni, dopo due infortuni, si può anche smettere. E invece no. Djibril di appendere gli scarpini al chiodo, non ne ha ancora voglia. Troppo è l’amore verso questo sport. Lo aspetta una nuova avventura. Dove?
È qui che viene il bello. Cissé tornerà in Italia e sarà un nuovo giocatore dell’Ac Vicenza 1902. Come dite? Non esiste questa squadra?
In realtà è stata fondata, tra l’indifferenza e silenzio generale, da due imprenditori francesi (forse è questo il filo conduttore?): Christian Payan e Brice Desjardins. Nomi tutt’altro che nuovi alle cronache vicentine, avendo tentato già due mesi fa ad acquisire il titolo sportivo del Vicenza (poi passato a Renzo Rosso, presidente del L.R.Vicenza Virtus, iscritta alla prossima Serie C (mediante trasferimento del titolo sportivo da Bassano). Ma se è la seconda squadra di Vicenza, dove giocherà la prossima stagione? L’Ac Vicenza 1902 può partecipare soltanto alla Terza Categoria (in attesa di un ripescaggio in C difficilmente attuabile) in quanto il termine di ammissione alla D era fissato per il 10 agosto e non è stato presentato. Con lui giocatori provenienti da tutta Europa e dal Senegal.

RISORGIAMO

Su Facebook è già nata la pagina della società: “Risorgiamo”. Il proprietario francese ha spiegato: “Se la nostra domanda verrà presa in considerazione e approvata, potremo cominciare a contrattualizzare giocatori italiani”.
Il presidente Desjardins a Vicenza Today, ha poi concluso:

“vogliamo il titolo sportivo del Vicenza e siamo pronti a pagarlo. In questo momento non siamo una società ufficiale, pur avendo un parco giocatori di una ventina di atleti. Siamo in attesa dell’affiliazione alla Figc. Il 30 maggio abbiamo chiesto di avere il titolo sportivo revocato al Vicenza Calcio, con tutti gli oneri connessi. Siamo pronti a pagare il debito sportivo non rilevato e vogliamo far rinascere il Vicenza con il suo blasone, che è tutto in quel numero di matricola”.

Chi glielo fa fare?! , direte voi. Dalla nazionale francese, alla terza categoria italiana, rischiando continuamente di farsi male. Forse, qualcosa che tanti calciatori hanno dimenticato da tempo. Il calcio, non è solo soldi e fama, ma anche passione e divertimento. E questo, Cissè, non lo ha mai dimenticato.
In bocca al lupo Djibril autentico baluardo della filosofia del non mollare mai.

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ESCLUSIVA – Errico Porzio: “Il segreto del successo? Dare spazio all’estro, ma con dedizione”

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ESCLUSIVA ERRICO PORZIO – Il tema dell’alimentazione ha spesso generato molti dubbi e polemiche nel suo rapporto con il mondo dello sport, creando molte discussioni su diete sane e bilanciate per mantenere la miglior condizione possibile. Tuttavia, spesso ci si interroga su quale sia la relazione ideale tra cibo ed attività fisica, ma in pochi riescono a fornire una soluzione ben determinata.

La redazione di Numero Diez ha avuto il piacere di affrontare questo argomento con Errico Porzio, grande esperto della sfera alimentare. Porzio è un pizzaiolo campano molto celebre sui social network, sui quali conta complessivamente 1.5 milioni di follower. Oltre ad essere un pizzaiolo molto celebre, è un grande tifoso del Napoli e, ai nostri microfoni, ha espresso le sue sensazioni ed emozioni in merito a questa stagione molto positiva per i partenopei.

L’INTERVISTA AD ERRICO PORZIO

L’alimentazione, per un atleta, è uno step cruciale per avere successo nell’attività fisica. In qualità di figura esperta nel campo alimentare, cosa pensa di tutte quelle leggende e tabù su diete rigorose e sull’imposizione di limiti per il consumo di prodotti come la pizza?

“Oltre che un pizzaiolo io sono stato e sono tuttora uno sportivo. La cosa importante è affidarsi a persone che capiscono davvero di equilibrio alimentare, e non ad improvvisati o appassionati. Io, ad esempio, quando vado in palestra potrei sempre mangiare una pizza. Per chi non fa attività fisica, non si può abusare di carboidrati in generale e bisogna sapersi controllare. Condanno assolutamente chi elimina la pizza dalle diete, e te lo dico da persona che andando in palestra può mangiarla anche 3 volte a settimana”.

I suoi locali hanno mai ospitato dei giocatori? Se sì, c’è qualche aneddoto che vorrebbe raccontarci?

“L’ultimo aneddoto molto curioso riguarda Alessandro Zanoli. È stato mio ospite nel locale sul lungomare di Napoli e mi ha chiesto lui la foto. È stato un episodio molto simpatico, sembrava quasi mi volesse prendere in giro, ma mi ha fatto enormemente piacere. Però in realtà lui già mi conosceva e si era ricordato che ero stato a Castel Volturno qualche giorno prima per seguire gli allenamenti del Napoli. Inoltre abbiamo avuto clienti in passato come Ancelotti, che ordinava da casa, Pepe ReinaGabbiadiniCallejon, che abitava a poche centinaia di metri dalla pizzeria”.

In una sua recente intervista lei ha dichiarato: “Nelle pizze, vale come per il calcio: conta l’estro. Ogni calciatore ha un ruolo diverso, e, allo stesso modo, esistono diversi tipi di pizzaiolo con varie qualità”. Alla luce di questa dichiarazione, quanto è importante, secondo lei, esaltare le capacità individuali di un professionista e farle coesistere con il lavoro di squadra?

“È davvero importante. Io feci il paragone con una squadra di calcio, in cui trionfa il gioco di squadra, però è anche normale che al suo interno si esaltino le singole qualità. In questa stagione, per esempio, il Napoli ha avuto Osimhen come finalizzatore, Kvaratskhelia che faceva la differenza, Lobotka Anguissa che a centrocampo sono stati maestosi. Quindi, oltre al gioco di squadra bisogna dare sempre spazio all’estro e alla personalità. Anche nel caso del pizzaiolo, saper ascoltare ed individuare chi all’interno di un gruppo può fare la differenza e affidargli determinate responsabilità, altrimenti saremmo tutti uguali. Invece, c’è il personaggio più conosciuto, il più veloce, quello bravo a fare la pizza, quello veloce a fare gli impasti…

La cosa perfetta sarebbe trovare colui che, a prescindere da tutto, si intravede abbia qualità importanti, per dargli sicuramente più spazio e permetterti di fare la differenza all’interno di un locale. Ovviamente questo discorso vale per ogni lavoro di squadra, è una caratteristica generale della vita. Io uso sempre l’espressione “s’adda sape’ fa'” per esprimere questo concetto ed è riferito a qualsiasi elemento della vita. Se c’è qualcuno che ha estro e si applica con spirito di sacrificiodedizione passione, allora sicuramente può aiutare. Quindi, oltre alla bravura serve anche molta dedizione per fare bene”.

Nelle ultime settimane lei ha girato per tutta Italia a causa di eventi importanti a cui ha partecipato, come a Milano. Che atmosfera si respirava in città in attesa della finale di Champions League che affronterà l’Inter?

“Io sono stato a Milano il giorno del ritorno dell’euroderby. Già in quel momento c’era un umore ottimista da parte dei tifosi dell’Inter, meno da parte dei tifosi del Milan, che si erano già rassegnati dopo lo 0-2 dell’andata. Da parte interista, ovviamente, c’è grande entusiasmo e soprattutto consapevolezza che dall’altro lato c’è una squadra che ha battuto l’altra probabile finalista, che era il Real Madrid. Il caso ha voluto che si sono scontrate in una semifinale, ma in realtà si pensava che una vera finale fosse stata proprio quella. E non c’è stata partita”. 

La finale è una partita secca e fa storia a sé. Un episodio può indirizzarla verso una o l’altra strada, ma tutti siamo consapevoli che dall’altro lato c’è il Manchester City, una squadra di un livello superiore. Se dovessimo parlare di percentuali, personalmente direi 70% Manchester City 30% Inter. Il calcio, come dicevamo prima, è un gioco di squadra, però effettivamente i Citiziens, oltre che la squadra, hanno 15/16 fenomeni“.

Lei è un grande tifoso del Napoli, come attestato dalla produzione di giacche personalizzate per lei e il suo staff, oltre alla pizza inedita per celebrare la vittoria del campionato di Serie A. Ci racconta come ha vissuto i festeggiamenti e i momenti più belli della stagione?

“Sembrerà strano, ma uno dei momenti più belli della stagione è stato Napoli-Liverpool del girone di UCL. Fino a quel momento il Napoli macinava vittorie e bel gioco, ma fino a quel momento non aveva mai avuto un rivale di alto livello. Dopo quella partita, mi sono auto-convinto che il Napoli avrebbe vinto lo scudetto. Registrai un video con un membro del mio staff tifoso del Milan in cui dicevo che il Napoli avrebbe vinto il campionato con un mese o due mesi di anticipo sarebbero arrivato tra le prime 4 di Champions. Mi sono sbagliato solo in quest’ultimo caso, ma ci siamo andati molto vicini, anche a causa della sfortuna nelle due partite contro il Milan. Comunque, Napoli-Liverpool mi diede la consapevolezza che il Napoli quest’anno sarebbe stato inarrivabile.

Il titolo non è mai stato in discussione ed era solo questione di tempo. Abbiamo vinto con 5 giornate d’anticipo, ma già 6 giornate prima era tutto fatto, anche in caso di eventuale spareggio contro la Lazio, se le avesse vinte tutte. La vittoria molto anticipata ha fatto sì che i festeggiamenti ci fossero tutte le settimane, già dopo Juventus-Napoli 0-1, ben 7 giornate prima della fine del campionato, e si impazziva. Io ero all’aeroporto tra i 10/15mila tifosi ad accogliere la squadra rientrante e c’era aria di festa, si gridava, si cantava. Ho vissuto tutti i 3 scudetti del Napoli: il primo non si scorda mai, ma l’ultimo appena conquistato ha avuto una durata così lunga che ci siamo quasi stancati di festeggiarlo.

Il presidente De Laurentiis è molto bravo ad organizzare feste e celebrare le vittorie e in ogni vicolo e quartiere di Napoli si respirava l’aria di gioia che si aspettava da 33 anniIn particolare, Udinese-Napoli rimarrà nella storia. I miei figli e i miei fratelli mi hanno portato un pezzo di prato dallo stadio di Udine e questo è un ricordo storico”.

Per rimanere in tema Napoli e festeggiamenti, come festeggerà domenica 4 giugno la premiazione ufficiale degli azzurri?

“Non so se andrò allo stadio. Io preferisco stare per strada tra la gente, cantare e divertirsi piuttosto che trattenersi dopo la partita. Ripeto, stiamo festeggiando da due mesi e, arrivati ad un certo punto, si preferisce festeggiarlo in modo diverso. Le partite del Napoli ormai sono un obbligo di proseguire il campionato, ma danno al mister la possibilità di provare nuovi giocatori. Effettivamente ogni partita del Napolisia in casa che fuoriè una festa. Questo mi rende molto orgoglioso da tifoso e tutto ciò ha dato nuova linfa non solo alla Campania, ma a tutto il Sud Italia.

Girando spesso per il Paese da Nord a Sud, devo essere sincero, ogni tifoso si è dimostrato felice della vittoria del Napoli. Vincere a Napoli non è come farlo in altre città: solo chi ci vive sa cosa significa. Siamo molto felici di questa vittoria, soprattutto perché arrivata in modo schiacciante. A volte l’organizzazione conta più del potere“.

Cosa pensa dell’addio di Spalletti e chi le piacerebbe come allenatore per la prossima stagione?

Spalletti ha dato delle motivazioni più che valide. Non ha detto di lasciare Napoli per allenare un’altra squadra, anche perché dopo uno scudetto e tutto quel che ha vissuto in due anni, sarebbe stato molto difficile da digerire, soprattutto se avesse trovato squadra in Italia. Lui va via per restare con la famiglia e godersela, per stare più sereno. Effettivamente vincere a Napoli ed esserne l’allenatore comporta molte responsabilità. In strada si è osannati se si va bene, ma si può essere disprezzati molto se si va male. Quest’anno l’atmosfera di grossa responsabilità si è sentita sin da subito, per fortuna dei tifosi, ma sfortunatamente per lui. Essere tra i favoriti comporta di non poter sbagliare e, secondo me, è davvero molto stressante ed intenso, soprattutto per lui che non si sposta mai da Castel Volturno.

Come prossimo allenatore del Napoli ho un altro “sogno nel cuore”. Ci sono 3 allenatori che apprezzo in ordine crescente. Al terzo posto Thiago Motta, che mi piace tanto e sta facendo cose importanti a Bologna, dimostrando di poter essere un buon allenatore. Poi, al secondo posto metterei De Zerbi, ma ha una clausola molto alta e difficilmente può avverarsi. Al primo posto, nonostante tutti facciano i nomi di Italiano, Benitez, Conceiçao, io considero Jurgen Klopp l’allenatore ideale per una piazza come Napoli. Sembrerebbe che a fine anno possa divorziare con il Liverpool e lo vedrei veramente molto bene a Napoli”.

                                                              Fonte immagine di copertina: profilo instagram di Errico Porzio                           

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Guai in vista per Quincy Promes: mosse accuse per possesso di cocaina

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Promes

Il Servizio d’Accusa Pubblica dei Paesi Bassi ha condannato Quincy Promes, giocatore dello Spartak Mosca, per possesso e trasporto di cocaina. L’avvenimento risale al 2020, quando erano avvenute le intercettazioni di 1370 kg di sostanze stupefacenti, trasportate dal giocatore olandese, dal valore complessivo di circa 75 milioni di euro,  secondo quanto riportato da NOS.

L’ex giocatore di Ajax Siviglia, tra le altre, sarà al centro della discussione di un’udienza preliminare che avrà luogo il prossimo lunedì, 5 giugno. In seguito al processo, l’accusa potrà essere chiarita definitivamente, ma si tratta di una situazione molto delicata e rischiosa per il classe ’92, già al centro di altri problemi legali.

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Heysel, Infantino ricorda le vittime: “Mai più tragedie simili”

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Nella giornata del ricordo della Strage dell’Heysel, avvenuta 38 anni fa, il presidente della FIFA, Gianni Infantino, ha espresso il suo cordoglio su Instagram.
Nella storia postata qualche ora fa, Infantino scrive:

“Oggi vorrei ricordare la strage dell’Heysel, avvenuta il 29 maggio 1985….con la speranza che tragedie come quella non accadano più in futuro”.

Un messaggio di speranza che raggiunge tutti gli appassionati di calcio, in un giorno triste che nessuno deve dimenticare.

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Inter, parla la moglie di Inzaghi: “Simone conosce bene il City”

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Inzaghi

Intervenuta sulle pagine di “Diva e Donna”, Gaia Lucariello, moglie di Simone Inzaghi, ha parlato dell’imminente finale di Champions League tra Inter e Manchester City. In particolare, la signora Inzaghi ha dichiarato quanto segue:

“Simone sa benissimo quanto sarà dura per l’Inter, perché conosce molto bene il City. Prima della semifinale mi aveva addirittura detto che avrebbero vinto 4-0 con il Real Madrid e così è stato. Questo fa capire quanto loro siano degli alieni, ma lui è pronto e sa come fermarli”.

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