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ESCLUSIVA - Lo scout Diego Cognigni: dai segreti del suo lavoro ai migliori talenti polacchi

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ESCLUSIVA – Lo scout Diego Cognigni: dai segreti del suo lavoro ai migliori talenti polacchi

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Il mondo dello scouting è da sempre uno degli aspetti più interessanti riguardanti il mondo del calcio. A tal proposito, la redazione di Numero Diez ha avuto il piacere di intervistare Diego Cognigni, esperto scout dell’agenzia D’Alessandro Scouting. Molti temi sono stati trattati: dal lavoro tecnico di un osservatore, al rapporto con le società fino ad un approfondimento sul calcio polacco.

La prima domanda verte sull’aspetto tecnico del mestiere dell’osservatore. Come gestisce la giornata lavorativa? In che modo organizza il lavoro settimanale?

“Noi tutti seguiamo un metodo. Il report che seguiamo è uguale per tutti, cosicché ci sia uniformità tra gli scout, cosa che facilita la lettura e la condivisione. Ci permette di trovare le informazioni divise in un certo modo in un qualsiasi altro report. Io durante la settimana segno i nomi dei ragazzi più interessanti da osservare nelle partite del week end. Partite che vedo live oppure le recupero su InStat. Con InStat si può recuperare ogni azione ed ogni statistica. Posso analizzare ogni tocco di palla, colpo di testa o fallo fatto di un calciatore. Poi serve vedere più partite per scrivere un report. Però sono tutti bravi nello scrivere un report. La qualità che fa la differenza è trovare le caratteristiche psicologiche del ragazzo. Quello è un lavoro lungo. Devi chiedere informazioni a compagni di squadra e addetti ai lavori anche sul comportamento fuori dal campo del ragazzo. In Polonia ho i numeri di tutti i giornalisti, così chiedo determinate informazioni, anche specifiche, come infortuni pregressi, sui vari calciatori. L’aspetto psicologico per un ragazzo è fondamentale. Bisogna inserire sul report il maggior numero di informazioni possibili, oltre agli aspetti tecnico-tattici. Poi saranno le società a fare le proprie valutazioni. Secondo me le caratteristiche psicologiche sono fondamentali, perché incidono sulla persona, ancora prima del calciatore”.

Oltre all’aspetto psicologico, quali parametri prende in analisi principalmente per comprendere il potenziale di un calciatore (disciplina tattica, tecnica individuale)?

“Dipende dal ruolo. Io ho una mia personale scaletta, divisa per tecnica, tattica ed ‘eccentrica, fantasia’. Solitamente seguo questa scaletta, ma posso anche prescindere da questa, è un punto di riferimento. Solitamente un report viene lungo 8-9 pagine. Dipende da ciò che si vuole analizzare, dato che ogni ruolo è diverso. Bisogna seguire un determinato aspetto di un calciatore che si vuole analizzare. Ad esempio, posso seguire un difensore che gioca da centrale di sinistra in una difesa a tre, ma secondo la mia analisi può giocare anche da terzino in una difesa a quattro perché ha determinate caratteristiche. Così, quando si va a leggere il report viene fuori la mia analisi, la mia idea, giusta o sbagliata che sia. Nel mio report è presente la mia visione.

Inoltre, è importante non partire mai dalle statistiche. Ad esempio, un calciatore può avere l’80% di contrasti vinti a partite, ma fare pochi contrasti: questa cosa non è sufficiente. Sotto questo aspetto, meglio chi ha il 40% ma tenta molti più contrasti. Nei report vanno inserite le statistiche, ma vanno contestualizzate. Ho visto tanti report pieni di dati, numeri e statistiche, ma non è detto che questi siano veritieri. Ogni dato va argomentato. Per questo è necessario vedere le partite. Affinché un giovane migliori, è necessario considerare bene le cose.  I dati servono per supportare la tesi, che viene sempre prima. Personalmente, non riuscirei mai a spiegare le caratteristiche di un calciatore, senza spiegare per bene le statistiche.

Questo aspetto dovrebbe essere maggiormente spiegato. Tuttavia, la gente preferisce leggere due righe di statistiche piuttosto che due pagine di approfondimento. Ho tanti colleghi che lavorano nei giornali, capisco il loro modo di lavorare. Il titolo del paragrafo con la statistica è impattante, ma sono poche le persone che vogliono approfondire. Per questo motivo dati e heat maps vengono poco spiegati.

Poi ribadisco l’importanza di fare scouting dal vivo. Si percepiscono cose che non possono essere recuperate né da piattaforme dedicate allo scouting, né dalla televisione”.

In che modo un osservatore tende ad approcciarsi con una società?

“In un club professionistico c’è lo scout, che fa solo report, il capo scout, che raccoglie i report, il direttore sportivo che si confronta con il capo scout, a seconda dei target di quel club. Ogni scout analizza la propria area geografica di competenza.

Tutti i club che non vogliono investire su un dipartimento scouting chiamano noi. Lavoriamo con tanti club. Ci confrontiamo con tanti club geograficamente opposti. Il capo scout raccoglie i report, fornendo agli scout tutti i numeri e tutti i contatti. Raccolti tutti i report, il capo scout fa da spola tra tutti i report e i vari target forniti dai vari club. Molte squadre hanno pochi scout. Il problema è che non viene stanziato un budget per l’osservazione. Tale settore è dispendioso. Poi purtroppo non c’è una cultura a riguardo. Poi capita che siano proprio gli agenti dei calciatori ad avvicinarsi ai direttori sportivi. L’agente può proporre un certo numero di calciatori, ed il direttore può scegliere tra questi.

Negli ultimi anni l’Udinese sta facendo un gran lavoro con lo scout. Ha una rete pazzesca. Anche lo Spezia, che ha portato Kiwior in Italia a pochi milioni. Nello Spezia lavorava Riccardo Pecini, era il direttore tecnico, un grandissimo osservatore. Ha avuto esperienze anche al Monaco e al Tottenham. Spesso alcuni amici giornalisti mi informano che in determinate partite del campionato polacco sono presenti osservatori anche di squadre italiane.

Molti club delle serie inferiori vorrebbero creare una rete di scouting, ma desistono per motivi di budget. Alla fine, le società scelgono di non investire in un dipartimento del genere. Ma senza questa, è impensabile che un capo osservatore per un direttore sportivo riesca a coprire una rete di migliaia di calciatori. Pur provando a fare una scrematura, non potrà mai chiamare centinaia di agenti per chiedere informazioni. Lavorando in questo modo, difficilmente è possibile fare determinate valutazioni per trovare il profilo ideale. Soprattutto non è detto che il calciatore venga acquistato nelle migliori condizioni”.

Lei è un esperto del calcio polacco. Come è nata questa passione?

Sono stato in Polonia prima con la scuola. Nel 2016 ho deciso di trasferirmi in Polonia, a Bydgoszcz, per motivi lavorativi. Poi sono tornato in Italia quando è scoppiata la pandemia. Mi sono appassionato al calcio polacco perché ero lì. Poi sono stato fortunato perché in Polonia, nel 2017 e nel 2019, ci sono stati tornei internazionali Under 20 e Under 21. Ho visto tante squadre piene di talenti. La Norvegia di Haaland, la Spagna, la Serbia di Milinkovic Savic. Sono stato fortunato che ho visto giocare tutti questi ragazzi forti. In questo contesto è nata la mia passione. Poi ho visto tante partite di squadre polacche, come Lech Poznan e Legia Varsavia.

Quando ho scelto di fare questo lavoro, seguendo i corsi ed imparando bene come farlo, mi sono chiesto ‘dove posso spiccare?’, ‘qual è la mia caratteristica che mi può differenziare da qualsiasi altra persona che vuole fare questo mestiere?’. Poi ho pensato: parlo italiano, parlo inglese e vivo in Polonia: la risposta è venuta da sé. Una persona cara mi consigliò di spiccare in un questo aspetto. Mi sono appassionato anche alla Nazionale Polacca. I risultati non sono sempre stati buoni, ma tantissimi, nel passato e nel presente, sono calciatori di valore”.

A tal proposito, negli ultimi anni nelle varie competizioni internazionali, i risultati della Polonia sono stati piuttosto deludenti, nonostante la rosa sia formata da calciatori di buon livello. Qual è il livello attuale del calcio polacco?

“Per me l’anno migliore della Nazionale era il 2016, con calciatori esperti, all’apice della loro carriera. Il problema è che questi calciatori sono stati chiamati costantemente anche negli anni successivi. In Polonia poi c’è la caratterizzazione di vedere che quello che viene da fuori è meglio. Questo l’hai visto con Paulo Sousa, con tutte le critiche che ha avuto l’ex CT, qualsiasi cosa. Quindi ha fatto dei percorsi alterni. Nawalka era il CT del 2016 e ha fatto bene, ha portato la Polonia ai quarti (ndr, dell’Europeo) prima di uscire con il Portogallo. Poi c’è stata la questione Paulo Sousa, che ha abbandonato a metà tragitto per andare in Brasile. Adesso si discute di nomi stranieri, tipo Paulo Bento, come se prendendo da fuori è meglio, ma non è detto che poi con la cultura ci sta veramente un legame. Quindi non si è mai creata una nazionale veramente unita, secondo me. Poi va considerato che il campionato nazionale è andato di moda negli ultimi anni e il danno è che ci sono i club ricchi che vanno in Polonia, ne prendono 2-3 e poi li abbandonano a sé stessi, i giocatori invece di crescere smettono di giocare con continuità, tra prestiti infiniti. Così facendo, non si crea più ricambio generazionale. I migliori giocatori per me in Polonia sono quelli che fanno un percorso netto in campionati come quello italiano: Kiwior, Glik, Thiago Cionek, Szczesny, Zielinski, Milik ecc”.

Per l’appunto, dal 2006 ad oggi hanno giocato in Serie A ben 38 calciatori polacchi, prima solo 5. Come ti spieghi il legame che c’è tra la Serie A e i giocatori polacchi?

“Il legame con l’Italia per la Polonia è storico. Sono le uniche due nazioni che nell’inno nazionale si citano, quindi è un legame culturale che va avanti dalle Guerre Mondiali, poi è proseguito con il Papa e con la caduta del regime comunista. Quindi, i polacchi in Italia ci sono sempre stati, la cultura nostra è intrisa con paesi come la Polonia. Perciò è un legame innanzitutto storico, poi in più è esploso il movimento polacco grazie a Lewandowski che ha fatto passare di moda la Polonia”.

Cosa ne pensi di Wisniewski, difensore che lo Spezia ha individuato come sostituto di Kiwior? È pronto per la Serie A?

“Sì, per me è pronto per la Serie A. Per me lo era già Kiwior, che veniva dallo Zilina, ma che comunque ha fatto un percorso perché non è scontato che dalla Polonia vai a giocare allo Zilina, in Slovacchia, e poi arrivi in Serie A. Lui invece è prontissimo, mi è sempre piaciuto, quando è andato a Venezia ero contento perché io personalmente volevo portarlo in Italia dal momento che il campionato italiano per i difensori è il top. È un ottimo sostituto di Kiwior. Forse Kiwior dava più soluzioni, era più polivalente, lui invece è un centrale puro, però è un colpaccio”.

Quali sono i giovani talenti polacchi in rampa di lancio che nei prossimi anni potrebbero fare il grande salto?

“Per me Ariel Mosor è fortissimo, è un difensore centrale, scartato dal Legia Varsavia, dove il padre giocava, era una leggenda. Poi è andato al Piast Gliwice, dove lo zio era direttore sportivo, e con 0 presenze in Ekstraklasa ha preso il posto del centrale che si è rotto e non l’ha più lasciato. È un 2003, non è altissimo, ma ha aggressività. Ricorda il primo De Ligt in Italia, che andava subito ad aggredire e magari sbagliava, però ti dava carica. In una difesa a 3 può giocare a sinistra, in una a 4 a destra, gioca sia con il destro che con il sinistro ed è bravo pure nell’impostazione. Non è altissimo ma è molto aggressivo: per me è proprio un difensore moderno.

Poi mi piacciono anche Lakomy e Skoras, che è stato convocato anche in nazionale, Legowski, che è veramente forte, è illegale perché è davvero grosso”.

Quali sono le principali differenze sulle strutture tra i settori giovanili italiani e polacchi?

La Polonia è proprio avanti, o forse meglio, noi siamo indietro. Le strutture sono pazzesche, io penso che tutti i club di Ekstraklasa hanno stadi più all’avanguardia di noi. Poi vengono ristrutturati in un anno. Per esempio il Rakow, che era una formazione di quarta serie e ora è prima, adesso rifarà lo stadio, ma lo tirerà su davvero in pochissimo tempo. Anche i servizi sono pazzeschi”.

 

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“Milan grande d’Europa” – La Rassegna del Diez

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La rassegna stampa è senza alcun dubbio il miglior modo per iniziare la giornata. Ecco quindi le prime pagine dei principali quotidiani sportivi internazionali per la giornata di oggi.

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Xabi Alonso sempre più vicino alla permanenza al Leverkusen: niente Bayern Monaco e Liverpool

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XABI ALONSO – In Germania c’è una squadra che sta per spezzare l’egemonia degli ultimi anni del Bayern Monaco. Si tratta del Bayer Leverkusen dell’ex bavarese Xabi Alonso, che si trova al primo posto in classifica a +10 proprio dal Bayern secondo. Quando mancano soltanto otto giornate al termine del campionato, la Bundesliga sembra ormai nelle mani dei rossoneri.

Il Bayern Monaco, che in estate si separerà da Thomas Tuchel, è alla ricerca di un allenatore per la prossima stagione, e tra i nomi che circolano uno dei più insistenti è proprio quello di Xabi Alonso, che però è legato fino al 2026 con il Leverkusen, che non sembra avere alcuna intenzione di liberarlo in direzione Monaco di Baveria.

LE PAROLE DI HOENESS SU XABI ALONSO

Intervenuto ai microfoni di Das Erste, il presidente onorario del Bayern Monaco Uli Hoeness è intervenuto proprio sull’argomento, mostrandosi molto pessimista sul possibile approdo in panchina del tecnico spagnolo nella prossima stagione. Di seguito, le sue dichiarazioni: “La vedo molto dura prendere Xabi Alonso, per non dire impossibile. Credo resti al Leverkusen“.

ANCHE IL LIVERPOOL VA OLTRE E PENSA AD AMORIM

Oltre al Bayern Monaco, anche il Liverpool – che in estate saluterà Jurgen Klopp – è una delle squadre più interessate a Xabi Alonso. A questo punto però, viste anche le dichiarazioni di Hoeness, i due club dovranno con ogni probabilità virare su altri profili. Per la panchina degli inglesi, in questo momento, il nome più caldo sembrerebbe essere quello dell’attuale tecnico dello Sporting Lisbona Ruben Amorim.

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Chi è Cavan Sullivan, la stellina del calcio USA già nell’orbita del Manchester City

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CHI È CAVAN SULLIVAN – Pensate, a malapena 14 anni, ritrovarvi già sui media calcistici, oltre ad essere in orbita Manchester City, club che al momento domina i riflettori europei. Questo è il mondo di Cavan Sullivan, talento classe 2009 dei Philadelphia Union, che ha esordito con tanto di assist in MLS Next pro. Ormai nel calcio la ricerca del talento parte da età sempre più basse, soprattutto nei campionati esteri, dove i giovani talenti che impressionano gli scout vengono convinti a firmare, o corteggiati, già giovanissimi. Un esempio può essere l’acquisto di Paez da parte del Chelsea, nella scorsa stagione. Ora è invece il turno di Sullivan, trequartista di pura classe che ha addosso gli occhi della migliore squadra del miglior campionato al mondo: la Premier League. 

DAGLI USA ALL’INGHILTERRA

Proprio con la costante scoperta e crescita di talenti sempre più giovani, non è facile impressionare. Eppure, nessuno può evitare di guardare un quattordicenne che, all’esordio coi grandi, si iscrive addirittura al tabellino degli assistman. Parliamo comunque di un giocatore che fa parte della Philadelphia Union Academy da quando ha a malapena 11 anni. Alto 1,58 e in possesso di doppia nazionalità (Americano e tedesco), Sullivan ha fatto parlare di sè con un’etichetta pesantissima. La definizione di ‘nuovo Messi‘ è ovviamente prematura, eppure il talento è cristallino ed innegabile.

Del resto, il Manchester City sembra avere già accordo con società e giocatore, mancano soltanto le firme di rito. Le regole sui trasferimenti e sul lavoro minorile non permetteranno comunque al ragazzo di raggiungere i Citiziens prima dei 18 anni. Per propiziarne il percorso di crescita, la decisione comune tra le società è di tenerlo in patria, dove arriverà ad esordire in MLS. Dopodichè potrà partire per l’Europa. Sicuramente il nome di Cavan Sullivan è destinato a catturare sempre di più l’attenzione nel corso degli anni, anche perchè prima di raggiungere il nostro calcio bisognerà attendere ancora qualche anno.

CARATTERISTICHE TECNICHE

Parlando di un giocatore molto giovane, è difficile darne un quadro generale completo. Nonostante ciò si può tranquillamente asserire che stiamo per vedere un talento innato dal punto di vista tecnico. L’obiettivo sarà quello di sgrezzarsi nei prossimi anni a livello tattico, affrontando gradualmente un calcio più fisico. Il piede è il mancino, proprio come quel fenomeno generazionale che ha portato ad un altro livell0 il numero 10, che ora milita proprio in MLS all’Inter Miami: Lionel Messi. Sullivan dà la sensazione di poter essere un giocatore abile nello stretto e palla al piede, veloce e tecnicamente impeccabile. Ma solo il tempo potrà dirci dove può arrivare questo ragazzo.

Fonte immagine in evidenza: profilo IG Cavan Sullivan

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Bundesliga

Infortunio al ginocchio per Bensebaini in Nazionale: il Dortmund lo perde fino a fine stagione

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Ramy Bensebaini, giocatore del Borussia Dortmund e Randal Kolo Muani, giocatore del PSG, Champions League

Il Borussia Dortmund sarà impegnato in un finale di stagione di fuoco. In Bundesliga si trova attualmente al quarto posto della classifica, ma con la qualificazione in Champions League ancora in bilico. Per quanto riguarda invece la Champions, i gialloneri sfideranno l’Atletico Madrid per guadagnarsi un posto in semifinale, traguardo che manca dalla stagione 2012/13 (in quel caso fu finale contro il Bayern Monaco). Il Borussia Dortmund ha però perso un giocatore fondamentale per lo scacchiere di Terzic: Ramy Bensebaini resterà infatti fuori fino al termine della stagione, saltando tutti gli impegni nazionali e internazionali.

IL RENDIMENTO DI BENSEBAINI IN QUESTA STAGIONE

Il terzino sinistro algerino Bensebaini ha giocato 17 partite in Bundesliga in questa stagione, di cui 11 dal primo minuto. Una stagione non esattamente da ricordare quella dell’ex laterale del Borussia Mönchengladbach, visto che adesso dovrà rimanere ai box a lungo. Come riportato da TMW, Bensebaini ha riportato un infortunio al legamento collaterale mediale del ginocchio e ha finito in anticipo la stagione, anche se è riuscito a evitare l’operazione. L’infortunio è arrivato nella sfida amichevole giocata tra la sua Algeria e la Bolivia. Ennesimo infortunio dunque causato dalla sosta per le Nazionali, che ha creato problemi in tutto il mondo, non solo in Italia.

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