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Da Kobe a LeBron: i Lakers sono campioni NBA

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Da Kobe a LeBron: i Lakers sono campioni NBA

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Conquistare l’anello NBA è un trionfo che ha pochi eguali nel mondo. Vincerlo nel 2020, per i Los Angeles Lakers, ha un sapore davvero speciale. I giallo-viola, infatti, nella notte hanno battuto agilmente i Miami Heat 106-93, conquistando gara 6 e riportando il titolo NBA in California dieci anni dopo l’ultima volta.

(Fonte: profilo Twitter @lakers)

La vittoria del titolo proietta i Lakers nell’olimpo dei più grandi. Dopo questa notte i trofei da esporre in bacheca sono diventati ben 17, come i Boston Celtics. E la sensazione è che questa sia solo l’alba di una legacy che ha delle basi solidissime per andare avanti e continuare a stupire. E poi c’è da parlare del “fattore Kobe“. L’improvvisa scomparsa di Kobe Bryant, leggenda dei Lakers e della NBA, e di sua figlia Gianna lo scorso gennaio ha sconvolto tutto il mondo. Più di tutti Rob Pelinka, GM della franchigia da diversi anni, e che in passato ha ricoperto il ruolo di agente di Kobe.

“Quando ho avuto questo lavoro, Kobe mi ha detto che nel giro di due o tre anni avrei riportato i Lakers ai vertici. Aveva ragione, mi ha dato l’energia per farlo. Credo che Kobe e Gianna ci abbiano guidato per tutto l’anno. A volte nel mezzo della notte sentivo la sua voce e mi diceva di mantenere la rotta. Non avrei potuto chiedere niente di meglio: un amico che mi ha aiutato a capire in cosa consistono grandezza e sacrificio”

Il ricordo di Kobe ha accompagnato la squadra di coach Vogel durante l’arco di tutta la stagione, chiusasi nella “bolla di Orlando” con grande successo. All’interno di Disney World non è stato riscontrato nessun caso positivo al Covid-19 e, con tutte le problematiche del caso, la NBA ha portato finalmente la propria stagione a termine.

LE CHIAVI DEL SUCCESSO

Se i Lakers sono riusciti a portare a casa l’anello dieci anni dopo l’ultima volta gran parte del merito va alle due superstar LeBron James e Anthony Davis. Durante i playoff l’apporto sotto canestro dell’ex giocatore dei New Orleans Pelicans è stato incredibile. Negli occhi di tutti c’è ancora la tripla sulla sirena con la quale ha regalato ai suoi compagni la vittoria in Gara 2 della finale di Conference contro i Nuggets. LeBron, invece, è sembrato voler rimanere in ombra, nascosto, con più compiti in fase di gestione palla che in fase di realizzazione. Non è un caso che abbia concluso la propria post-season viaggiando a 8.8 assist per gara, il migliore considerando i giocatori con più di 4 gare all’attivo.

(Fonte: profilo Twitter @dodgers)

Le Finals hanno visto i Lakers cambiare spartito, affidandosi ciecamente all’esperienza e al talento del proprio numero 23, coadiuvato da un supporting cast di livello altissimo. LeBron ha chiuso con 27.7 punti di media e 10.8 rimbalzi, cifre che certificano un dominio totale sul parquet in tutte le gare andate in scena. Anche in Gara 5, vinta da Miami, LeBron ha messo a segno 40 punti: senza di lui le cose sarebbero andate ovviamente in maniera diversa. E probabilmente sarebbero andate diversamente anche senza Anthony Davis e Rajon Rondo. Il primo, arrivato in estate dalla free agency, è stato decisivo come mai lo era stato in passato, confermandosi il fenomeno assoluto che ha sempre potenzialmente dimostrato di essere. Il secondo, invece, con i suoi 19 punti in Gara 6 ha aiutato a chiudere una serie di Finali che gli Heat, allenati dal bravissimo Spoelstra, hanno tenuto in piedi quasi miracolosamente, considerati gli infortuni di Dragic e Adebayo.

Di certo nello spogliatoio dei Lakers non mancava il carisma. Oltre ai giocatori sopracitati, una menzione d’onore la meritano Caruso, Kuzma, Howard, Caldwell-Pope, Morris e Danny Green. Quest’ultimo, nonostante la pessima prestazione in Gara 5 con quella tripla sbagliata a due secondi dalla sirena a campo aperto, ha vinto il suo secondo anello consecutivo. Un back-to-back che ne ridimensiona, semmai ce ne fosse ancora bisogno, il talento, fin troppo sottovalutato. Lo stesso Green, assieme a LeBron James, è uno dei quattro vincitori della storia con tre franchigie differenti.

TROPPO FORTI

Giunti ai playoff i Lakers non potevano non essere inseriti nel novero delle favorite al titolo. Ma le contenders sembravano ugualmente pronte e attrezzate a dar battaglia alla coppia James-Davis. Prima di tutti i cugini di Los Angeles, i Clippers. E invece Leonard e co. sono crollati sotto i colpi dei giovani e rampanti Nuggets di Jokic e Murray. Dall’altra parte Boston, Milwaukee e Toronto partivano un piede avanti. Anche perché se in rosa ti ritrovi fuoriclasse del calibro di Tatum, Antetokoumpo – MVP della regular season per la seconda volta di fila – o Lowry, per forza di cose hai gli occhi puntati addosso.

(Fonte: forbes.com)

E invece durante i playoff sono usciti alla grandissima i Miami Heat, protagonisti di un finale di stagione oggettivamente da applausi. Coach Spoelstra, che ancora una volta ha dimostrato ampiamente di essere uno dei tecnici più preparati da anni, fin dai tempi del trio James-Bosh-Wade, ha avuto la fiducia di credere in un progetto di rebuilding vincente, centrando sempre la post-season. La crescita di Adebayo, la conferma di Dragic e l’esplosione di Herro hanno fatto da trampolino al grande rendimento di Jimmy Butler, che in un anno è passato dall’essere uomo spacca-spogliatoio a leader indiscusso di un team da titolo.

Contro gli Heat i Lakers hanno superato se stessi, giocando un basket spettacolare in avanti e attentissimo in difesa. Un aspetto che ha costretto gli avversari a mutare il proprio gioco. E coach Vogel, per molti definito “allenatore quasi per caso”, non ha perso tempo per sottolineare la tenuta difensiva del proprio roster.

Vi siete impegnati a difendere e siete diventati dei mostri”

Queste le parole – o meglio, le urla – del tecnico dei Lakers ai suoi ragazzi ai microfoni di ESPN dopo la vittoria in Gara 6. E lo stesso LeBron James, nella conferenza post-gara, lanciato più di qualche provocazione.

“Avevo promesso che avrei riportato i Lakers dove meritano. Volevo solo rispetto: lo volevano Rob [Pelinka], coach Vogel, la nostra organizzazione. Anche io volevo il mio fottuto rispetto. Io il GOAT? Lascio a voi la discussione”

Ecco, un’altra, e ultima, questione da analizzare è proprio quella relativa al GOAT. LeBron James ha saputo resistere alla tentazione di addentrarsi nel classico paragone-confronto con Michael Jordan. Come scrive Rivista Undici raccontare LeBron attraverso il filtro del paragone con un giocatore a sua volta irripetibile, è diventato anacronistico, superficiale, ridondante”. LeBron ha cambiato la storia, come ha fatto prima di lui Kobe e ancor prima MJ. Insomma, a pochi importa capire chi ha fatto meglio o peggio.

La grandezza di James non la scopriamo oggi, eppure è naturale il desiderio di raccontarla, di enfatizzarla, Di rendere merito ad un giocatore in grado di ribaltare le sorti di una squadra, della storia.

(fonte immagine in evidenza: profilo Twitter @lakers)

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Coppa Davis, anche i complimenti del Milan: “Lavoro fantastico, bravi ragazzi!”

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ATP Finals

COPPA DAVIS SINNER MILAN – Ieri si è scritta una pagina storica dello sport italiano: dopo 47 anni, l’Italia riporta la Coppa Davis nel bel paese, battendo l’Australia per 2-0. Decisive le vittorie di Matteo Arnaldi, contro Alexei Popyrin, e di Jannik Sinner, che ha liquidato Alex De Minaur in poco più di un’ora. Un’emozione unica per i ragazzi di Filippo Volandri.

E poco dopo la vittoria, tra l’altro, sono arrivati anche i complimenti del Milan. La fede calcistica dello stesso Sinner, infatti, non è un segreto: l’altoatesino è un grande tifoso milanista, come ha anche dichiarato in più occasioni. Sulla strada per la finale, tra l’altro, il tennista italiano ha dovuto battere (annullando ben tre match point) a un altro tifoso a tinte rossonere, Novak Djokovic. I due si erano già affrontati pochi giorni in fa in finale alle ATP Finals di Torino (dove ha prevalso il serbo), sotto gli occhi di Rafael Leao e Ismael Bennacer, che dopo l’incontro hanno incontrato anche i due tennisti.

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L’Italia trionfa in Coppa Davis! Prima volta dopo 47 anni

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Coppa Davis Italia

ITALIA COPPA DAVIS – L’Italia torna a vincere in Coppa Davis: non succedeva dal 1976, fino a oggi l’unica vittoria in questa competizione. Battuta l’Australia nella finalissima.

A Malaga, a partire dalle 16, si è giocato l’atto finale della massima competizione mondiale a squadre nazionali del tennis maschile. Per l’Italia, nel singolo, hanno partecipato Matteo Arnaldi e Jannik Sinner. Nel doppio, insieme a quest’ultimo, sarebbe stato il turno di Lorenzo Sonego. Gli azzurri si presentavano all’incontro da favoriti, con l’obiettivo di evitare di rischiare di arrivare al doppio e chiudendo, dunque, la gara nelle due sfide singolari.

Il primo incontro singolare ha visto sfidarsi i numeri 2 delle rispettive nazionali. Dato l’infortunio di Matteo Berrettini, il testimone è stato passato a Matteo Arnaldi, che ha affrontato Alexei Popyrin, numero 2 australiano. Il classe 2001 italiano ha superato l’avversario per 7-5 2-6 6-4. Arnaldi ha così portato l’Italia in una situazione vantaggiosa, concedendo a Sinner un match point molto importante.

La seconda sfida, quella tra i numeri 1 di Italia e Australia, ha visto sfidarsi proprio Jannik Sinner contro Alex de Minaur. Per il mattatore di Novak Djokovic, non sarà una passeggiata battere l’australiano, ma neanche un’impresa erculea. Il nativo di San Candido, infatti, vince 6-3 il primo set, non senza qualche difficoltà. In scioltezza, invece, il secondo, vinto 6-0, che permette di portare la gara sul 2-0 e tornare a casa con il trofeo. L’Italia si aggiudica così la seconda Coppa Davis nella sua storia: un successo storico, scritto da una generazione di ragazzi che può far sognare il nostro paese ancora per tanti anni.

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MotoGP 2023: Pecco Bagnaia diventa Campione del Mondo

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Bagnaia

Dopo un Motomondiale lottatissimo, decisosi solo all’ultima gara, Pecco Bagnaia diventa Campione del Mondo della MotoGP 2023. Il verdetto arriva già durante la gara, dopo che il suo rivale, Jorge Martin, cade provando a sorpassare Marq Marquez. Al nostro portacolori bastava solamente il quinto posto, in caso di vittoria della gara dello spagnolo, ma la caduta dell’iberico in forze alla Ducati Pramac ha sancito la fine dei giochi. Bagnaia, infatti, anche in caso di caduta, avrebbe ugualmente vinto il Mondiale.

LA STAGIONE

Il duello tra Bagnaia e Martin è stato avvincente fin dalle prime battute della stagione, ma l’italiano verso la metà della stagione era riuscito a distanziarsi con oltre 70pnt di vantaggio. La caduta nel GP di Barcellona, in cui Pecco ha rischiato ben più del Mondiale, ha riaperto i giochi, con Martin che ha risucchiato gara dopo gara i punti di vantaggio. A Valencia il ducatista ufficiale si presentava con 21pnt di vantaggio, ma dopo la sprint di sabato i punti sono diventati 14.

La situazione per Martin era dunque difficile, ma la caduta dopo qualche giro, con prima anche un grossissimo rischio prima di superare Pecco, ha mostrato come lo spagnolo ha sofferto la pressione di dover vincere, mentre il campione del mondo in carica ha mostrato l’astuzia, e l’esperienza, che lo ha portato a poter trionfare nel Motomondiale 2023.

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ESCLUSIVA – Bertolucci: “Sinner è un ragazzo serio, ora lo aspetta lo step più complicato. Milan? I dirigenti sanno cosa fare”

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Paolo Bertolucci

ESCLUSIVA PAOLO BERTOLUCCI – Dopo una settimana vissuta intensamente, per il tennis italiano (e il suo pubblico) è ora di concentrarsi sulla Coppa Davis. L’Italia, capitanata da Filippo Volandri, affronterà domani mattina la selezione olandese. In palio un posto per le semifinali, dove la squadra vincente potrà affrontare una tra Gran Bretagna e Serbia. Per questo, chi meglio di Paolo Bertolucci, storico ex tennista e vincitore in Davis con l’Italia nel 1976, poteva raccontarci le sensazioni relative a questo ultimo periodo tennistico. Sotto la guida del capitano Nicola Pietrangeli, ha fatto parte de “La Squadra”, insieme a compagni del calibro di Corrado Barazzutti, Adriano Panatta e Antonio Zugarelli.

Oltre a essere un gran tifoso milanista ed ex numero 22 del mondo, oggi è un commentatore sportivo per Sky Sport, tramite il quale entra nelle case di tutti noi appassionati. In attesa del grande impegno di domani, Paolo Bertolucci ha rilasciato ai nostri microfoni un’intervista tra il tennis e il calcio, spiegandoci anche le emozioni che si provano a vivere il tennis da così vicino. Di seguito l’intervista completa.

INTERVISTA A PAOLO BERTOLUCCI

Da anni ormai lei vive il tennis anche da commentatore: soprattutto in occasione della Coppa Davis ma non solo, dove finisce il Bertolucci tifoso e inizia il Bertolucci telecronista?

È molto difficile trattenersi. Sarà che io per anni ho commentato con gioia le gesta di vari campioni come Federer, Djokovic, Nadal e tutti i grandi campioni stranieri, la cui vittoria non mi cambiava niente. Era un commento più distaccato. Adesso, prima con Berrettini, poi con Sinner e gli altri italiani, quando si tratta di un giocatore italiano sei più coinvolto. Un po’ perché magari conosci direttamente lui o l’allenatore, ora è sicuramente più difficile fare un commento distaccato. Tanto ci sarà sempre chi critica per un commento troppo fazioso e chi per uno troppo freddo. Faccio sempre quello che mi sento”.

Ci apprestiamo a vivere l’ultima settimana di tennis della stagione. Nel complesso le chiedo, che anno è stato per il tennis italiano?

È stato un anno inebriante. Quando c’è un ragazzo di 22 anni, italiano al numero 4 del mondo che gioca le Finals vincendo e convincendo è una bella figura. Tutto questo trascinerà anche altri dietro di lui. Non è un caso se la finale ha riscosso così tanti telespettatori, oltre allo stadio pieno durante entrambe le sessioni nonostante i prezzi folli dei biglietti. Oltre al tifoso tennista si avvicina anche il tifoso generale: da un lato è bello perché permette di allargare la propria visione, dall’altro attira una parte di pubblico di cui potremmo fare anche a meno”.

Senza fare pronostici, cosa possiamo aspettarci da questa Coppa Davis? Sarebbe contento di perdere il suo record di detentore italiano del trofeo?

Sarei molto contento, così questo dolce peso non sarebbe più solo sulle nostre spalle. In generale l’Italia è tra le prime due o tre del mondo. Probabilmente se l’anno scorso fosse arrivata in finale avrebbe vinto. Mancava Berrettini e mancherà anche quest’anno, per cui perdiamo un elemento importante. Nel mentre però sono venuti su dei giovani interessanti. La squadra è molto forte, poi a questi livelli, con grande equilibrio, si gioca tutto su pochi punti”.

Dopo questa settimana abbiamo tutti la “Sinnerite”, come ha definito lei nelle sue telefonate (con il collega e amico Adriano Panatta, ndr); nonostante la sconfitta, possiamo dire che la finale di domenica è stata il punto più alto toccato nella carriera di Jannik Sinner?

Dopo gli Slam vengono le Finals, quindi assolutamente si. Adesso lo aspetta un ulteriore step, sempre più complicato, ossia la gestione dei cinque set negli Slam. È un ragazzo serio, di 22 anni, che migliora ogni giorno di più. Si tratta solo di avere pazienza, cosa che il tifoso italiano di solito non ha. Non tutti nascono già imparati”.

Lei è anche un grande tifoso milanista: come giudica lo stato attuale dei rossoneri in vista di due big match come Fiorentina e Dortmund?

Come tutti i tifosi, c’è sempre la volontà di giudicare a tanti chilometri di distanza quelli che succede a Milanello. Ci sono dirigenti, allenatori, medici e preparatori che fanno di tutto per permettere alla squadra di ottenere i migliori risultati. Finché un giocatore veste la maglia del Milan per me rimane intoccabile. I dirigenti sono preparati e sanno quello che devono fare, io mi limito a fare il tifoso da divano”.

Fonte immagine di copertina: profilo X @paolobertolucci

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