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DDDDR: Dipendenza Da Daniele De Rossi

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DDDDR: Dipendenza Da Daniele De Rossi

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Oporto, 6 Marzo 2019. Gara di ritorno valida per gli ottavi di finale di Champions League. Si gioca Porto-Roma, con i capitolini che riescono ad agguantare, nella prima frazione di gioco, un disperato pareggio con un calcio di rigore calciato e capitalizzato da Daniele De Rossi, dopo che l’inerzia della partita sembrava dover condannare da un momento all’altro la squadra ospite. La pezza ce la mette ancora lui, con il gol ma anche e soprattutto con un ottimo primo tempo di sostanza e qualità, con quel pizzico di esperienza che in una competizione come la Champions, non guasta mai.

Sempre Oporto, medesima data e analoga partita, qualche minuto più tardi. De Rossi è costretto ad abbandonare il campo per un risentimento muscolare, che col senno di poi mette la parola “fine” al cammino europeo della squadra di Di Francesco. Una squadra priva del suo leader, del suo timoniere, del suo uomo in più. Un undici privo di ogni consistenza, compattezza, lucidità che solo un giocatore come De Rossi sapeva garantire. Ci sono episodi che lasciano il tempo che trovano, altri che diventano simbolo di un’intera stagione. L’uscita dal campo di Daniele De Rossi appartiene alla seconda categoria, in quanto è la metafora più tangibile della stagione condotta fin qui dalla Roma. Fuori subito la tesi: si scrive De Rossi, si legge Roma. Ma più che un omaggio encomiastico rivolto a un giocatore ormai al capolinea della sua carriera professionistica, vuole essere una riflessione dell’enorme peso specifico che il capitano giallorosso esercita sulla sua squadra.

Già, capitano. In gergo calcistico, nel linguaggio del pallone, è l’elemento più rappresentativo della squadra e spesso, quel giocatore che ha vestito quella maglia più volte di tutti, tanto per intenderci. Ma è una definizione che in questo caso specifico da quel sapore di eufemismo, perchè non basta a descrivere e dare l’idea di quello che Daniele De Rossi sia stato per la sua squadra. Rettifica: “sia” per la sua squadra. Perchè la dimensione temporale non appartiene a quei giocatori eterni che sono passato, presente e futuro. Lui, futuro ancor prima di essere presente, per via di quell’appellativo associato al termine “capitano” appunto, che sembrava condannarlo a vivere in eterno all’ombra della leggenda, del capitano per eccellenza. Ma ora capitan presente, nel senso più profondo del termine, o per lo meno di come dovrebbe essere: quello che lotta, combatte, urla e si arrabbia più degli altri, sente il peso delle paritite e quello delle vittorie. E ne è un’eloquente dimostrazione la sua vena sempre pronta ad apparire subito dopo una vittoria, simbolo della romanità, essenza pura del calcio.

Ma Daniele De Rossi non è solo questo, non è solo carisma e attaccamento, leader in campo e fuori, uomo da spogliatoio, pathos e adrenalina. E’ anche e soprattutto quello che mostra sul campo, e quindi giocate, intelligenza, visione di gioco, tutto ciò che originariamente dovrebbe appartenenere a colui che alla voce “professione” sulla carta d’identità c’ha scritto “mediano”.
La Roma con De Rossi, brilla di più, è un dato di fatto. Anche perchè, parliamoci chiaro, è un reparto in cui la squadra di Ranieri non può vantare particolari individualità, un reparto caratterizzato da sovraffollamento (si contano infatti ben 6 mediani) che va a discapito della qualità, imprescindibile in una zona del campo così delicata quale il centrocampo. E premiano invece, l’esperienza e l’affidabilità di Daniele De Rossi, che da ruota del carro della formazione capitolina ha letteralmente scalato le gerarchie ed è diventato uomo chiave all’interno dell’11 giallorosso. Che ora dovrà far fronte al suo infortunio.

L’INFORTUNIO

In occasione dell’ultimo Roma-Udinese, il capitano di Ostia, ha rimediato una lesione di primo grado nella zona del bicipite femorale. Nulla di nuovo sotto il sole, perchè è un problema di cui risente da qualche anno a questa parte, e lo tormenta a tal punto da precludergli la possibilità di giocare con costanza e assiduità. Niente di irreparabile, nonostante uno stop a un’età tutt’altro che tenera come la sua, possa rappresentare una pesante condanna, perchè i tempi di recupero si allungano inevitabilmente ondevitare rientri forzati.

A proposito di rientro, l’obiettivo è quello di tornare per il rush finale, magari proprio con la Juve nella gara casalinga del prossimo 12 Maggio che potrebbe rappresentare un passaggio cruciale per la stagione dei giallorossi. Con la speranza, chiaramente, di trovare una squadra ancora calata nel contesto della corsa Champions. A quel punto la Roma dovrà attuare un’intelligente “politica di risparmio” per tentare di impiegare al meglio le risorse e le energie del suo capitano, senza correre ulteriori rischi.

FACCIAMO I CONTI

I tanto biasimati numeri, che rimandano, secondo i più, a irrilevanti statistiche e appartengono alla sfera della scaramanzia, con la loro storia e tabù da sfatare, spesso danno una palese dimostrazione e costituiscono un argomento a favore della tesi. In questo caso, suonano piuttosto eloquenti e parlano chiaro. La sentenza, il responso, il verdetto è tutto a sostegno di ciò che affermato in precedenza: senza De Rossi è buio pesto. Nello scorso girone di andata, i giallorossi privati della loro bandiera hanno totalizzato 9 miseri punti su una bellezza di 21. 3 sole vittorie in 7 gare disputate.

Nel girone di ritorno invece, l’importanza del classe ’83 è attestata dalla debacle a Ferrara contro la Spal e appunto dal tragico secondo tempo di Oporto che ha sottratto ai capitolini la qualificazione ai quarti di finale. Con il capitano in campo, si contano ben 12 vittorie su 18 parite. Non poche, se si considera la mediocre e altalenante stagione che la squadra giallorossa ha fin qui condotto. D’altronde, aldilà di numeri e peso specifico, sarebbe banale dire che il singolo può determinare fino a un certo punto, un esito positivo o negativo di un match.

COME CAMBIA L’11 GIALLOROSSO

Ma intanto tocca ridimensionarsi, ridisegnarsi, rivisitare uno scacchiere che ora perde, seppur temporaneamente, il suo fulcro principale. Uno scacchiere che ora si stravolgerà ancora una volta. O forse no. Le ipotesi sono tante.

La prima è quella che riguarda un ipotetico cambio di modulo, il passaggio dal 4-4-2 tanto amato e promosso dal tecnico romano a un 4-3-3 atipico, che vede Nzonzi agire tra difesa e centrocampo e due mezzale come potrebbero essere Cristante e Pellegrini, considerando che Zaniolo sarà ancora impiegato da esterno d’attacco in attesa che si formalizzi il recupero del turco Under. Ma è anche probabile che Ranieri decida di mantenere la sua tipica disposizione, col duplice mediano a fare da diga e spartitraffico in mezzo al campo. In questo caso a Nzonzi verrebbe affiancato uno tra Cristante e, appunto Pellegrini, che già hanno ricoperto seppur con meriti non eccellenti, quel ruolo. Ma lo stesso centrocampista francese classe ’89, laureatosi campione del mondo proprio la scorsa estate, ha accusato un lieve risentimento al flessore della gamba sinistra, ancora da valutare le sue condizioni ed eventuali tempi di recupero. In caso di forfait, sarebbe opinabile la prima opzione, quella che coincide con il cambio di modulo. In una sfida come Inter-Roma, big match della 33ª giornata, che si appresta ad essere, se non un ultimatum, un tassello importantissimo per l’esito del campionato romanista.

La Roma, rimaneggiata e danneggiata da assenze che pesano come macigni, ci sarà. Con la speranza di non vanificare il prossimo rientro del suo capitano e renderlo risorsa imprescindibile in chiave Europa. Quella che conta, è ovvio.

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Thauvin torna protagonista e si confessa: “Andai a giocare in Messico perché soffrivo di depressione”

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Thauvin

Un gol e un assist nelle ultime due partite per Florian Thauvin, indubbiamente uno degli uomini di maggior classe e talento a disposizione di Cioffi. La missione salvezza, in questa stagione, non sembra scontata come in altre annate per l’Udinese, che dovrà affidarsi anche (e non poco) al sinistro del francese, campione del mondo nel 2018. Neanche il più grande trionfo immaginabile nella carriera di un calciatore può però colmare i demoni interiori di una persona, come ammesso da Thauvin nel corso di un’intervista a Canal+.

DEPRESSIONE – Tre mesi prima di lasciare l’Olympique Marsiglia andai da una persona specializzata su consiglio di alcuni amici, che mi ascoltò e mi fece scoppiare a piangere. In quel momento capii di non stare bene. Ero nella fase iniziale ma già accertata di depressione. Per quello poi decisi di andare in Messico, per stare più tranquillo e avere meno pressioni nel giocare da parte di tifosi e media”.

UN PASSO INDIETRO – “Atleticamente mi sentivo al meglio, ma dal punto di vista mentale ero a pezzi. Quando questa persona mi ha fatto rendere conto della mia situazione, ho deciso che era meglio fare un passo indietro per la mia serenità. Per questo poi scelsi di andare a giocare al Tigres, in Messico”.

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Furia De Laurentiis dopo Napoli-Inter: telefonate alla Federcalcio per protestare

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De Laurentiis

Il Napoli, dopo un inizio di campionato altalenante e l’esonero di Garcia, ci si aspettava un cambio di rotta imminente. Occasione sfumata nel match di ieri giocato al Maradona contro l’Inter, perdendo per 3-0. Tuttavia secondo quanto riportato da Il Mattino, De Laurentiis sembrerebbe essersi infuriato al punto da chiamare la Federcalcio e l’AIA per protestare, riguardo la direzione gara con i nerazzurri. La scelta di non far presentare Mazzarri ai microfoni, prediligendo silenzio totale, sarebbe stata proprio la sua, dopo aver accerchiato il direttore di gara nel tunnel per cercare di ottenere delle spiegazioni, invano.

Gli episodi che avrebbero scatenato l’ira del patron partenopeo sarebbero due. Il primo per un mancato rigore concesso per un presunto fallo di Acerbi su Osimhen. Il secondo a causa della decisione di non annullare il primo gol di Calhanoglu per un fallo in precedenza di Lautaro su Lobotka.

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Politano e Darmian carichi nel prepartita: le parole

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All'Inter riesce una particolare impresa

Intervistati ai microfoni di DAZN nel prepartita di Napoli-Inter, Matteo Politano e Matteo Darmian hanno parlato delle loro sensazioni sul big match di giornata, molto importante per rispondere sul campo alle vittorie di Juventus e Milan.

POLITANO – “Conosciamo bene l’Inter e Dimarco, sappiamo che giocatore è ma siamo forti anche noi. Dovremo stare attenti. L’Inter ha una difesa fortissima, dovremo fare in modo di creare quante più occasioni possibili”.

DARMIAN – “Per arginare Kvara servirà lavoro di squadra, il Napoli ha tanti giocatori forti e dovremo stare attenti. La vittoria della Juve non ci mette pressione, dobbiamo scendere in campo come abbiamo sempre fatto”.

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Lecce-Bologna, le formazioni ufficiali: Zirkzee parte dalla panchina

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Lecce-Bologna

Il lunch match della 14ª giornata di Serie A mette di fronte due delle migliori formazioni del Belpaese. Guidate da due allenatori all’avanguardia e con molti spunti su cui lavorare, anche per il medio futuro. Lecce-Bologna sarà questa, ma anche molto altro. Il Lecce non vince dal 22 settembre, ma le ultime gare non sono state completamente da gettare. Indubbiamente, però, i salentini vogliono ritrovare i tre punti e vogliono farlo con la spinta del bollente pubblico di casa.

Ci proveranno contro una avversario sicuramente non facilissimo: il Bologna è, probabilmente, la rivoluzione di questa stagione ed il momentaneo sesto posto in classifica lo testimonia. Thiago Motta non potrà contare su De Silvestri in difesa, vittima di un infortunio. Mancherà anche Orsolini, ancora alle prese con l’infortunio che lo ha colpito circa una settimana fa.

D’Aversa e Thiago Motta hanno scelto i loro uomini per questo Lecce-Bologna, in scena del Via del Mare con calcio d’inizio previsto per le ore 12:30.

LE FORMAZIONI UFFICIALI

LECCE (4-3-3): Falcone; Gendrey, Pongracic, Baschirotto, Dorgu; Gonzalez, Ramadani, Oudin; Strefezza, Krstovic, Banda. All. D’Aversa.

BOLOGNA (4-2-3-1): Skorupski; Posch, Lukumi, Calafiori, Kristiansen; Aebischer, Fabbian; Ndoye, Ferguson, Saelemaekers; Van Hooijdonk. All. Thiago Motta.

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