Stagione da incorniciare per Roberto De Zerbi, che dopo aver abbandonato l’Ucraina sta vivendo un’esperienza fantastica in Inghilterra. Il suo Brighton convince sotto tutti i punti di vista. Dal gioco alla classifica. Al momento, infatti, i seagulls sono settimi, a pari a punti con il Brentford (ottavo) e il Liverpool (sesto), ma a soli 5 punti dal Newcastle quinto.
Ai microfoni della Gazzetta dello Sport, l’ex mister del Sassuolo ha raccontato un po’ di sé stesso e dei suoi ultimi mesi, passando dall’addio all’Ucraina alla nuova vita nel calcio inglese, con un commento anche sulle lodi di un grande del calcio come Pep Guardiola.
UCRAINA – “Calcisticamente, un lavoro a metà. A livello umano stupore e smarrimento. Noi non sappiamo niente di guerra oggi, cosa significa dover andare via da un Paese dall’oggi al domani. Lo accetti perché sei obbligato, ma non riesci a capire se è vero o un incubo. Poi guardando la televisione ti accorgi che è la verità“.
RIPARTIRE – “Dopo lo Shakhtar volevo stare fermo fino a quando non sentivo l’esigenza di ripartire. Ho prima di tutto aspettato che il calcio in Ucraina ripartisse: in realtà lo ha fatto, ma quello non è ripartire veramente, è una sorta di tirare avanti. Quando sono tornato in Italia ho avuto subito proposte, anche belle. Le ho rifiutate perché non me la sentivo. Ma quando sono ricominciati i campionati ho sentito la carica che mi saliva“.
BRIGHTON – “Io penso che se uno si comporta bene nella vita, fortuna e bene gli ritornano. In Ucraina è girata male, però mi sono comportato bene e ho avuto la fortuna di avere una chiamata così importante e prestigiosa. Ho accettato per due motivi: il primo è perché mi ero studiato la squadra e mi piaceva, anche se era un po’ distante dalla mia idea; il secondo è che il primo meeting a Londra con presidente, d.g. e d.s. è durato 5 ore, ma mi ha fatto capire tanto. È la società giusta per me, perché è una società snella dove non c’è troppo casino e mi danno la libertà di lavorare come desidero e necessito. E poi la squadra mi piaceva: io e i miei collaboratori Andrea Maldera e Marcello Quinto prima di accettare abbiamo visto ognuno 3-4 partite, poi abbiamo pesato i pro e i contro. E abbiamo detto sì“.
TRASFORMAZIONI – “Ho messo 3-4 giocatori nuovi: Estupinan non giocava quasi mai, Colwill non giocava mai, Steele non giocava mai, Mitoma non giocava mai, Ferguson non giocava mai e Gross il terzino non l’aveva mai fatto. Sono differenze grosse, perché chi sposta sono sempre i giocatori“.
CALCIO INGLESE – “Prima di venire qui non mi attirava. Invece è stato un colpo di fulmine. E oggi riconosco la fortuna di essere arrivato qui, in Premier League, ma anche quella di aver trovato una squadra così forte, con ragazzi giusti e persone per bene. E un’altra fortuna che ho avuto è che ho sostituito un allenatore che al Brighton aveva fatto un grande lavoro. Io pian piano ho ribaltato tutto, ma non toglie che avevo una squadra che aveva coraggio, sapeva stare in campo e lavorare“.
OBIETTIVO – “È arrivare in Europa, quale lo vedremo. Non penso alla semifinale di FA Cup, ma alle partite che ci sono prima in Premier che per me sono determinanti. Noi abbiamo 3 gare in meno: sembra un vantaggio, ma quelle 3 partite in più appesantiscono le altre perché non abbiamo una rosa lunghissima. Ma arriviamo preparati giusti, assatanati giusti”.
GUARDIOLA – “Sono 10 anni che alleno e ho imparato a stare in questo mondo. Adesso che i risultati ci stanno sorridendo, complimenti e belle parole si sprecano. Però è importante saperli decifrare. Io non voglio cambiare niente, solo fare quello che sono capace: dare una mia idea e una mia impronta alla squadra. Qui credo di esserci riuscito in un breve periodo, ma il merito è dei giocatori: in poco tempo sono riuscito a riproporre quello che voglio e che in modi diversi ho fatto anche allo Shakhtar, a Sassuolo, a Benevento e a Foggia.”