Erano partiti dal Teatr Wielki-Opera Narodowa, ovvero il Gran Teatro–Opera Nazionale di Varsavia il Ct Nawalka con staff e giocatori al seguito. Proprio dalla capitale e proprio dal teatro che aprì i battenti nel 1833 e dove tutt’ora vanno in scena le opere liriche e i balletti più rappresentativi dell’intera nazione, la Polonia era attesa tra le protagoniste dei Mondiali in Russia, una seria candidata al ruolo di outsider. E, invece, il loro torneo si è chiuso dopo le due prime gare che hanno sancito matematicamente l’eliminazione: 2-1 inflitto dal Senegal e un rotondo 3-0 dalla Colombia.
COSA NON E’ ANDATO
La Polonia è arrivata in Russia con grande convinzione, con un girone di qualificazione vinto davanti alla Danimarca e un Robert Lewandowski eccezionale, autore di ben 16 gol, record assoluto nelle qualificazioni in Europa.
A Varsavia c’era grande attesa per la squadra perché tornava al mondiale dopo l’ultima apparizione datata 2006 e veniva da due anni positivi, nei quali i giovani sono cresciuti a dismisura. Il girone H, composto da quattro continenti e quattro mondi che più diversi è impossibile, era alla portata dei polacchi: Senegal, Giappone e Colombia. Eppue la squadra è sembrata in difficoltà, palese difficoltà. In entrambe le partite il copione tattico è stato il medesimo: aggressività, copertura degli spazi, rispetto delle posizioni. Insomma, buon calcio. Si, se non fosse che queste, appena elencate, siano state le caratteristiche delle due avversarie, Senegal prima e Colombia poi. Perché i biancorossi sono sembrati, dal punto di vista collettivo, inconsistenti, con una manovra leziosa e mai convincente. Per non parlare della difesa, che ha dato l’impressione di essere perforabile con molta facilità.
Zielinski, raffigurato in terra, cerca di anticipare i due avversari senegalesi: Koulibaly (a sinistra) e Gana (a destra)
Oltre alle questioni prettamente tecnico/tattiche, la delusione mondiale ha anche un aspetto mentale. L’episodio che lo testimonia è il match d’apertura contro il Senegal. Se il vantaggio africano è nato da un autogoal di Cionek, l’azione del 2-0 è stato un manifesto della confusione: il Senegal stava preparando un cambio, mentre Niang era uscito per farsi medicare; l’attaccante del Torino ha ricevuto il via libera per rientrare, ma i polacchi non si sono accorti del suo ritorno in campo: un passaggio scriteriato di Krychowiak ha così liberato Niang verso la porta per il raddoppio senegalese.
Ma se il collettivo è la somma di undici individualità, allora la “colpa” risiede in chi è sceso in campo. A partire dal portiere Szczesny, che in serie A ha dimostrato di essere all’altezza del mostro sacro Buffon, mentre in nazionale ha deluso sbagliando uscite, in entrambe le partite, che hanno facilitato la rete degli attaccanti avversari. Male Zielinski, forse elevato troppo presto a gran giocatore in Italia, mentre il promettente baby della Sampdoria Kownacki ha mostrato di avere ancora bisogno delle ripetizioni di Marco Giampaolo.
LA STELLA… CADENTE
Una spedizione fallimentare per la squadra e anche per la stella e giocatore simbolo Robert Lewandowski, uno dei possibili bomber del torneo in Russia che è rimasto a secco nel tabellino marcatori. Il centravanti, pichichi di tutti i tempi nella nazionale polacca con 55 goal, doveva essere il trascinatore di una squadra attesa ad un grande torneo.
Niente da fare, perché Lewandowski è parso isolato, si è fatto notare solo in un paio di occasioni e non è mai riuscito ad incidere, forse poco aiutato e supportato da una squadra che di palloni giocabili gliene ha fatti arrivare pochi.
Lo sguardo nel vuoto e la delusione di Robert Lewandowski
Eppure i numeri, così come le aspettative, remavano dalla sua parte: 41 goal in 48 presenze con la maglia del Bayern Monaco; capocannoniere delle qualificazioni mondiali (in zona europea) con 16 goal e percentuale altissima di reti in nazionale in questa fase, dove è stato autore di 16 goal su 28 della Polonia, ovvero il 57%.
Ma se i numeri delle statistiche esaltano Lewandowski, allo stesso tempo rendono amaro il mondiale: zero punti dopo due giornate, ultimi del gruppo dietro a Colombia (3 punti), Giappone (4) e Senegal (4).
DA “OUTSIDER” A “OUT”
Eppure l’ottimismo era nell’aria. Zbignew Boniek, il presidente della federazione polacca, tra complimenti ai suoi ragazzi e previsioni per il mondiale, parlava così alla Gazzetta dello Sport in un intervista di inizio giugno:
I miei giocatori sono bravi, seri, hanno tecnica e voglia di fare, non danno problemi, amano lavorare, non sono montati. Possono essere un esempio per come si allenano e per come vivono l’extracalcio. Chi vince questo mondiale? A parte cinque squadre, possono vincerlo tutte le altre. Noi intanto pensiamo a passare il turno e poi prenderemo ogni gara come una finale. E chissà, noi ci siamo…”
Non se l’aspettava lui, non ce lo aspettavamo noi. Al teatro si spengono i riflettori, il sipario si chiude. Lo spettacolo è finito. Nessun applauso, nessuna consolazione… solo tanto imbarazzo.