Pensiero del Diez
Una guest star per la difesa della Spal

Pubblicato
5 anni fa:
La Spal sta cercando di rinforzare in questa sessione di mercato la propria rosa per affrontare al meglio il prossimo campionato di serie A.
Il direttore generale, Andrea Gazzoli, proverà a mettere a disposizione una squadra competitiva per l’allenatore Leonardo Semplici, in modo tale da raggiungere una salvezza tranquilla.
Negli ultimi giorni i vari quotidiani sportivi hanno messo in evidenza un paio di trattative importanti per la società ferrarese: la prima è l’acquisto di Andrea Petagna in prestito con diritto di riscatto fissato a 10 milioni di euro, mentre la seconda riguarda l’acquisto del difensore centrale Johan Djourou a parametro zero, svincolatosi il mese scorso dall’Antalyaspor.
IL PROFILO
Johan Djorou è un difensore centrale classe ’87, alto 192 cm per 90 kg e di nazionalità ivoriana, ma naturalizzato svizzero.
Le caratteristiche tecniche sono prettamente legate alla fase difensiva, il centrale svizzero è dotato di un’ottima posizione che gli consente di essere sempre al posto giusto per fronteggiare l’attaccante e spicca nel gioco aereo grazie alla sua altezza. Oltre ad essere un centrale difensivo può ricoprire il ruolo di mediano d’interdizione oppure, all’occorrenza, il terzino destro. Nonostante l’altezza di cui è dotato, durante la sua carriera non ha messo a segno molti gol, infatti ha solo 4 reti all’attivo.
Muove i suoi primi passi nel FC Champel e successivamente nell’Étoile Carouge, esordendo anche in prima squadra e collezionando 10 presenze, segnando anche un gol, e attirando su di sé parecchie attenzioni da diversi club stranieri. Viene prelevato dall’Arsenal a 16 anni e mezzo entrando così nell’Academy. Esordisce con i Gunners in Curling Cup nell’ottobre 2004. Nell’estate del 2006 viene convocato dalla nazionale per giocare il mondiale in Germania, uscendo agli ottavi di finale contro l’Ucraina; durante la coppa del mondo la Svizzera non subì nemmeno una rete. Nella stagione 2007/2008 finisce in prestito al Birmingham City dove resta 5 mesi, prima di infortunarsi alla spalla. La stagione 2010/2011 è la migliore che vive in maglia Gunners giocando 37 partite e diventando titolare inamovibile. L’anno seguente si riconferma come titolare con 27 gare giocate.
Il bilancio in Inghilterra fu di 99 presenze in campionato più 33 presenze tra FA Cup e Coppa di Lega.
Durante l’annata 2012/13 viene mandato in prestito oneroso in Germania all’Hannover 96 dove resta 6 mesi. Terminato il prestito con i neroverdi, viene girato in prestito all’Amburgo con un riscatto a fine stagione che viene esercitato per 2,8 milioni di €. All’Amburgo disputa 4 stagioni, quando nell’agosto 2017 viene acquistato dall’Antalyaspor, squadra che milita nella Süper Lig turca, dopo solo 18 presenze nel giugno 2018 ottiene la rescissione con il club.
LA SCELTA GIUSTA?
Sicuramente dopo le ultimi stagioni non passate ad ottimi livelli, soprattutto in Turchia, Johan Djourou proverà a riscattarsi nel club estense per dimostrare che è ancora un giocatore di un certo spessore e che può fare ancora la differenza. Il centrale svizzero è all’apice della sua carriera sia come maturità calcistica sia fisicamente, stando ancora bene, al netto di qualche infortunio.
Nella squadra di Semplici con tutta probabilità svolgerà il ruolo da titolare affiancando Vicari e Felipe nella difesa a 3. Per rendere al meglio sarà fondamentale lasciargli un periodo di adattamento al nostro campionato e al gioco della squadra di Ferrara, perché nonostante il fisico granitico, perfetto per la fisicità presente nel campionato nostrano, dovrà essere tatticamente preparato.
La seconda questione è legata principalmente al modulo. Leonardo Semplici gioca con il 3-5-2, stile di gioco tipicamente italiano, e nei campionati dove ha militato lo svizzero raramente si adotta questo tipo di schema. Infatti esistono diversi precedenti, anche di calciatori blasonati, che in Serie A hanno steccato a causa proprio di questo modulo; un esempio fu Vidić all’Inter, che non riuscì a imporsi come fece allo United a causa proprio di una disposizione difensiva anomala rispetto agli standard a cui era abituato in Premier. Oltre al serbo ci fu anche Vermaelen, che collezionò poche presenze con la maglia della Roma poiché Luciano Spalletti preferì affidarsi a centrali forse tecnicamente più scarsi, ma tatticamente più affidabili del belga.
L’apporto che darà alla Spal, oltre a quello tecnico, sarà sicuramente la sua esperienza internazionale, infatti il calciatore di origini ivoriane ha raccolto 19 presenze in Champions League e 2 in Europa League –senza contare l’esperienza fatta con la nazionale svizzera – giocando contro attaccanti di livello mondiale. Nella piccola Ferrara porterà una mentalità da grande squadra, provando a fargli fare un ulteriore salto di qualità al secondo anno dopo il ritorno in Serie A.
IL MERCATO DELLA SPAL
Il Club estense la stagione passata ha giocato con il 3-5-2, modulo che è risultato essere l’arma vincente per centrare l’obiettivo salvezza. La formazione titolare solitamente era: tra i pali, Alfred Gomis, nei tre di difesa giocavano Cionek-Felipe-Vicari. Gli interpreti del centrocampo erano Grassi-Kurtić-Viviani, mentre i due tornanti rispondevano al nome di Manuel Lazzari e Filippo Costa. Antenucci-Paloschi è stata l’accoppiata vincente per la permanenza in A.
Quest’anno la società ha deciso di investire molto sul mercato facendo diversi acquisti mirati alla permanenza duratura nella massima serie; spicca su tutti il nome di Andrea Petagna, attaccante classe ’95 proveniente dall’Atalanta: il club emiliano se vorrà riscattarlo al termine del prestito dovrà sborsare 10 milioni di euro per il suo cartellino. Il nome di Petagna è sempre stato accostato alle squadre medio-grandi del nostro campionato e l’acquisto di un nome importante per una società che lotta per la salvezza significa che qualcosa sta cambiando.
Oltre ad Andrea Petagna e il probabile approdo di Djourou, il club estense ha intenzione di allestire una squadra molto fisica in grado di poter risolvere le partite anche dallo sviluppo di calci piazzati attraverso i centimetri in più e gli specialisti in palle aeree. Nella propria metà campo invece, avere una difesa alta fisicamente consente di riempire meglio l’area, sventando eventuali occasioni da gol e giocando in anticipo sugli attaccanti.
Al momento agli ordini di Leonardo Semplici mancano ancora un centrocampista e un difensore (Johan Djourou appunto) per puntellare la rosa che affronterà l’annata 2018/19.
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Calcio Internazionale
Non solo Messi e Busquets, l’Inter Miami punta anche Hazard

Pubblicato
3 mesi fa:
Luglio 6, 2023
Eden Hazard, dopo la cocente delusione del Real Madrid, vuole incominciare un nuova avventura e riportare in alto il suo nome. Secondo il Sun, Hazard potrebbe incominciare una nuova esperienza in MLS. L’Inter Miami sembrerebbe fare sul serio per l’ex Real, che se dovesse accettare potrebbe incominciare la nuova avventura al fianco di Leo Messi e Sergio Busquets.
Considerato da molti il belga più forte di sempre, si è perso a Madrid in quella che poteva diventare l’occasione per raggiungere i più grandi. L’ex Chelsea è stato candidato per ben sei volte alla conquista del pallone d’oro, ciononostante non è mai riuscito ad esprimersi al meglio o a conquistare la titolarità negli anni dei Galacticos.
Calcio Internazionale
Anno 2023: il rinascimento avvelenato del calcio saudita

Pubblicato
3 mesi fa:
Giugno 25, 2023
La stagione 2022/23 passerà alla storia come l’anno zero del movimento sportivo saudita. L’irruzione nel calciomercato dei club arabi, riversatasi come un ciclone sulle dinamiche sportive del mondo occidentale, è a tutti gli effetti una minaccia per l’ecosistema calcistico. Le politiche invasive adottate dagli sceicchi rappresentano per l’ambiente europeo, già contaminato e marcio nel proprio midollo, una fonte di inquinamento che non si può (o non si vuole) contenere.
Il calcio è un mercato concorrenziale tra privati, e come tale risente di qualsiasi interferenza statale. Le iniezioni di petrodollari nei nostri circuiti, mascherati da acquisti altisonanti e contratti faraonici, celano una strategia ben precisa che punta a spodestare il Vecchio Continente come maggiore polo d’influenza nel mondo del calcio. A intimorire gli appassionati di questo sport, quindi, non deve essere la migrazione di lusso di calciatori importanti, ma il vero e proprio tentativo d’appropriazione culturale messo in moto dagli sceicchi d’Oriente.
CALCIO SAUDITA: IL PASSATO
Le vicende di calciomercato di questi giorni non sono eventi casuali, tantomeno imprevedibili. Il tentativo degli Emirati di costruire un campionato competitivo si inserisce all’interno di un disegno ben preciso. Il governo arabo è infatti da anni lanciato nel progetto Saudi Vision 2030, un quadro strategico volto a modificare la subordinazione dell’Arabia rispetto al settore petrolifero. In poche parole: investire i soldi provenienti dalle risorse per non essere più dipendenti da esse. Per comprendere a pieno il percorso e le cause che hanno portato i club arabi ad invadere la sessione corrente di calciomercato è necessario analizzare cronologicamente le operazioni saudite all’interno del calcio europeo.
Se l’acquisto da parte degli sceicchi del Manchester City nel 2007 non aveva destato sospetti, la rilevazione del PSG risalente al 2011 è stata a dir poco controversa. Nell’anno precedente all’operazione infatti era nato un preoccupante rapporto tra Platini, numero uno della UEFA, Sarkozy (presidente francese) e Tamim Al Thani, principe ereditario del Qatar. Nell’anno successivo all’incontro dei tre il club di Parigi, come è stato detto, sarebbe stato comprato da un fondo arabo, mentre le Roi avrebbe cambiato la propria posizione nei confronti degli Emirati, dando il proprio (decisivo) voto per l’assegnazione dei mondiali in Qatar. Ma non è finita qua: nello stesso anno il principe Al Thani avrebbe stretto un accordo militare con la repubblica francese, versando altri 7 miliardi nelle casse dei transalpini in cambio di una flotta di 24 jet.
Certo è difficile pensare che Sarkozy, condannato per corruzione e traffico d’influenza a tre anni di carcere, possa in qualche modo aver indirizzato Platini, squalificato anch’esso per 4 anni da ogni attività calcistica, nella scelta del paese a cui destinare la massina competizione calcistica. Davvero difficile.
At #PIF, we’re driven by the potential of what we can accomplish and the future we can shape.
It’s been seven years since #SaudiVision2030 was launched and we’re already realizing our nation’s potential, and we’re changing the world in the process.#FundingNewHumanFutures pic.twitter.com/CPvItCzI9U— Public Investment Fund (@PIF_en) May 29, 2023
CALCIO SAUDITA: IL PRESENTE
Il 2023 è stato quindi l’anno della definitiva vittoria qatariota. Lo svolgimento ordinario dei mondiali, ostacolato per quindici minuti dai soliti attivisti da divano, non ha minimamente risentito delle orrende verità emerse riguardo alla costruzione degli stadi. Anzi, è passata alla storia come una delle edizioni più riuscite di sempre, soprattutto dal punto di vista della nazione ospitante. Messi finalmente vince e alza la coppa ‘in accappatoio’, Mbappè fa tripletta e si afferma definitivamente: a Doha le stelle più luminose sono entrambe del PSG qatariota. Tutto ciò nella rivoltante cornice degli stadi di Qatar 2022, costruiti su delle ecatombe e animati da tifosi “in affitto”. È l’esegesi dello Sportwashing, termine utilizzato per descrivere la pratica tramite la quale corporazioni o governi si avvalgono dello sport per recuperare una reputazione compromessa od offuscare condotte illecite.
Ora la Saudi Pro League, dopo aver accolto Cristiano Ronaldo, si appresta ad ospitare Benzema, Kantè, Ruben Neves, Koulibaly e chissà chi altro. Grazie ai finanziamenti del fondo PIF, apparato statale che detiene il 75% delle quattro sorelle arabe (Al Nassr, Al-Hilal, Al-Ahli e Al-Ittihad), quest’estate molti calciatori voleranno con Fly Emirates. Ad aspettarli c’è il lusso più totale, il materialismo nel suo apice. Giocatori affermati che abbandonano la competizione per essere ricoperti di oro colato, piazzati come statue al centro di stadi sempre più grandi, popolati da spettatori sempre più poveri.
Si, perchè il bancomat illimitato di cui sembra disporre il Qatar altro non è che il fondo statale con cui la classe politica del posto dovrebbe garantire uno stato assistenziale ai propri abitanti. I contratti folli offerti ai giocatori, pagati grazie al lavoro sottopagato degli schiavi del nuovo millennio, sono l’equivalente di uno sputo in faccia ai diritti umani, una disgrazia sociale che va oltre il gioco e lo sport.
CALCIO SAUDITA: IL FUTURO
Davanti alla piega distopica che sta prendendo il calcio verrebbe da consigliare agli appassionati di disinteressarsi, di guardare dall’altra parte. Ma forse un’altra parte non c’è, perchè nella deriva sportiva che stiamo vivendo nessuno rema nella direzione opposta. Chi alzerà la voce? La UEFA, dove il patron del PSG Al Khelaifi la fa da padrone, sicuramente no. La FIFA, luogo di scandali e corruzione presieduta da Infantino (presidente onorario del Qatar), anche meno. Neanche l’idolo del popolo Lionel Messi, il quale ha prima rifiutato l’Al-Hilal per poi firmare un accordo di sponsorizzazione da 30 milioni per promuovere lo splendido Qatar in vista dei mondiali del 2030.
L’unica speranza rimasta è quella che il campionato saudita collassi su se stesso, facendo la fine dei meno organizzati (o meno corrotti) corrispondenti cinesi e americani, lasciando una volta per tutte il calcio a coloro che storicamente lo hanno nella propria cultura. Perchè così come oggi non ci fa più effetto vedere cattedrali di luce e giochi d’acqua in mezzo al deserto, domani ci sembrerà normale che in un paese dove ancora esiste la schiavitù un calciatore guadagni 500 milioni a stagione. E allora ecco che prenderà forma la disillusione forzata dei veri appassionati, la gente normale, che paga col disgusto l’amore per il gioco.
La nostra prima pagina
Pagelle Serie A – Fiorentina 6: un campionato di alti e bassi

Pubblicato
3 mesi fa:
Giugno 12, 2023
La finale di Praga chiude nel peggiore dei modi l’annata della Fiorentina. Il triste epilogo vissuto dalla Viola scrive la parola fine sulla stagione degli uomini di Italiano, i quali ad un claudicante cammino in campionato hanno affiancato due fantastiche cavalcate nelle coppe. Ottavo posto in campionato, due finali disputate ma nessun risultato tangibile su cui poter crogiolarsi: il 22/23 dei toscani è stata una montagna russa fatta di alti e bassi. Diamo seguito alla rubrica targata NumeroDiez legata alle pagelle stagionali e analizziamo il tragitto della Fiorentina in Serie A.
UN INIZIO COMPLICATO
Partiamo dalla fine. O meglio, dall’inizio: se la squadra del giglio al termine del campionato si è trovata esclusa dagli slot europei, la colpa è sicuramente da attribuire agli scivoloni nell’incipit di stagione. Dopo il primo sorriso arrivato all’esordio contro la Cremonese gli uomini di Italiano hanno disimparato a vincere, incassando sconfitte e pareggi fino al mese di ottobre. Il mercato importante fatto in estate dalla società, impegnata nel costruire una rosa che fosse all’altezza degli impegni di Conference, non sembra aver dato i suoi frutti. Jovic, che con il gol al debutto aveva infiammato ulteriormente le aspettative dei tifosi nei suoi confronti, entra troppo presto in una spirale di prestazioni negative che lo destituiscono dal piedistallo innalzato dalla piazza. Barak non convince, Mandragora neanche, Gollini è un’incognita e Dodó non emerge: dopo solo sei giornate la Fiorentina è già etichettata come flop.
I PROBLEMI IN ATTACCO
Il girone d’andata della Viola, nonostante una parziale inversione di rotta scaturita dalla vittoria contro il Verona in poi, non si puó valutare positivamente. Tra le problematiche piu evidenti in questo tratto della formazione di Italiano c’è sicuramente quella dell’attaccante. Questo perchè il ruolo del centravanti, così come quello del portiere, non si presta a dualismi. L’alternanza Jovic-Cabral tentata dal tecnico ex Spezia è forzata, non consente a nessuno dei due giocatori di trovare continuità. Le brutte prestazioni e i numeri avvilenti del binomio d’attacco non sono accolti bene dal tifo viola, il quale già prima di gennaio li fischia in più occasioni. Il vento è cambiato rapidamente: nel caso del serbo quella che prima era declamata come “stazza da bomber” è ora additata come una pessima condizione fisica e per il brasiliano il mese passato senza gol fatti è inaccettabile.
A pesare come un macigno sulle cifre realizzative della squadra, più di quella di Castrovilli, è l’assenza prolungata di Nico Gonzalez, il quale infortunatosi a novembre non ha potuto aiutare la viola per tutto il periodo precedente e successivo al mondiale in Qatar. Sarà proprio il ritorno in campo del fantasista argentino, nei primi giorni di gennaio, a suonare la riscossa.
On the scoresheet tonight?#UECLfinal pic.twitter.com/AsucoMjYy8
— UEFA Europa Conference League (@europacnfleague) June 7, 2023
LA RINASCITA
Se la prima metá di campionato era stata insufficiente, ‘il secondo tempo‘ stagionale della Fiore è di assoluto livello. Il 4-2-3-1 di Italiano inizia a girare, i giocatori con esso. Davanti Cabral strappa a suon di gol il posto da titolare e, a conferma di quanto detto prima, grazie ad un minutaggio elevato riesce ad esprimersi al meglio. Sulla trequarti la sana concorrenza dei vari Ikone, Barak, Saponara, Kouamè e Bonaventura porta all’attivo diversi gol, consentendo alla Fiorentina di macinare punti. L’ottimo post-mondiale dei toscani raggiunge l’apice nel mese di aprile, dove la squadra non perde praticamente mai ne in coppa e ne in campionato.
Se i risultati più luccicanti, in quanto contrastanti a quelli precedenti, sono legati ai numeri realizzativi, il vero passo avanti la Fiorentina lo ha fatto difensivamente. La linea a 4, fronteggiata da un superbo Ambrabat, composta da Dodó (esploso nel girone di ritorno), Biraghi, Milenkovic e uno tra Igor, Quarta e Ranieri è precisa, funziona. Il fatto che la Viola possa contare tra i propri punti di forza il pacchetto difensivo, oltre a comportare un miglioramento generale delle prestazioni, denota la crescita di Italiano come allenatore. Lui, da sempre additato come predicatore del calcio offensivo, bello ma inefficace, diviene l’architetto di una retroguardia solida, compatta.
BILANCIO COMPLESSIVO
Nel calcio i numeri non sono sempre importanti, ma il risultato si. Ottavo posto (uno in meno dell’anno scorso), 56 punti (6 in meno rispetto al precedente campionato) e una differenza reti da metà classifica (+10). Il percorso della Fiorentina in Serie A, se slegato dalle esperienze di UECL e Coppa Italia, lascia a desiderare. Sarebbe ingiusto peró punire la Viola, la quale nel bilancio complessivo conta ben 60 partite giocate, 17 in più rispetto all’annata 21/22. La formazione di Italiano termina il torneo con le ossa rotte, ma con un nuovo spessore europeo e tutt’altra consapevolezza nei propri mezzi.
Primo semestre da 5, secondo da 7: il voto degli uomini di Commisso visti i 3 fronti tenuti aperti fino al termine della stagione raggiunge la sufficienza.
La nostra prima pagina
Pagelle Serie A – Monza 8: la rivelazione dell’anno, che sorpresa Palladino!

Pubblicato
3 mesi fa:
Giugno 9, 2023
Pagelle Serie A – Il Monza ha sbalordito tutti al primo anno tra le grandi. Passata nelle mani di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani a settembre del 2018 dopo anni difficili, in questa stagione la compagine brianzola ha battuto quasi tutti i record tra le neo promosse della storia dal passaggio dalla B alla A.
IL MERCATO CORAGGIOSO DI BERLUSCONI E GALLIANI
Se oggi il Monza è la rivelazione del nostro massimo campionato, molto si deve proprio al lavoro fatto dal coppia ex Milan nell’ultimo calciomercato estivo. I due dirigenti intuiscono che per restare in A servono forze fresche e danno vita ad un mercato coraggioso: il Monza spende complessivamente 24 milioni di euro e si impegna a investirne molti altri in operazioni importanti, come i circa 15 milioni di euro da versare all’Atalanta per l’obbligo di riscatto di Matteo Pessina in caso di salvezza (o i 12 al Napoli per Andrea Petagna). I brianzoli puntano soprattutto su giocatori emergenti e italiani, poiché l’ambizione non è solo salvarsi ma stare nella colonna sinistra della classifica. L’inizio di stagione è però sorprendentemente complicato: nelle prime sei giornate infatti, Stroppa mette insieme solamente 1 punto e viene esonerato.
IL MONZA DEI RECORD DI PALLADINO
È proprio qui che Berlusconi e Galliani compiono il vero capolavoro. Al momento dell’esonero di Stroppa i due puntano tutto su Raffaele Palladino, 38enne ex giocatore di Serie A che solo un anno prima era diventato tecnico della Primavera. Arrivato inizialmente Ad interim, il suo esordio parte come meglio non si poteva: al U-Power Stadium, il Monza batte 1-0 la Juventus. Magari non è più il Condor degli anni migliori, ma Adriano Galliani ancora oggi sa circondarsi delle persone giuste. Inizia così la cavalcata dei brianzoli, che mostrano un calcio divertente e propositiv0 grazie alle intuizioni di Palladino.
Il Monza ha guadagnato 52 punti in questo campionato: tra le debuttanti assolute nell’era dei tre punti ha fatto meglio solo il Chievo nel 2001/02 (54, però in 34 giornate in quel caso). La Serie A dei brianzoli resta comunque esaltante, nonostante l’undicesimo posto e la top-10 sfumata proprio nell’ultimo turno sul campo dell’Atalanta. La squadra di Palladino è riuscita soprattutto a valorizzare calciatori semi sconosciuti come Carlos Augusto, Ciurria e Dany Mota e dimostrando di poter competere con i migliori club italiani (solo il Milan e la Lazio tra le big sono riuscite a vincere al Brianteo). Era difficile ipotizzare di meglio, in questo anno di debutto con l’obiettivo di centrare al più presto un piazzamento europeo.
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