A circa venti chilometri da Villa Fiorito, a Buenos Aires, vi è il quartiere La Paternal. Un luogo magico, dove il quartiere stesso e il pueblo hanno dato vita a un club che è rimasto legato alla sua dimensione originaria nonostante gli oltre cento anni di storia. Nell’anno dell’ascesa dell’Ajax come potenza calcistica creatrice di talenti di livello mondiale, l’Argentinos Juniors dedica al suo miglior calciatore il tunnel dello stadio che porta il suo nome: Diego Armando Maradona nacque nella squadra del pueblo, quando a otto anni Francis Cornejo lo accolse nell’under-10 del club dei “Bichos colorados” (Insetti rossi).
BICHOS COLORADOS
La storia dell’Argentinos Junior parte da molto lontano. È il 1904, il mondo ancora non conosce gli orrori delle guerre mondiali,in Argentina si vive nella Repubblica conservatrice di Manuel Quintana e l’economia mondiale accoglie la nazione sudamericana tra i suoi avvolgenti flussi. A Villa Crespo, nel torrido caldo di agosto, viene fondato l’attuale Argentinos Junior, a quel tempo chiamato “Martiri di Chicago” in onore degli anarchici impiccati nella città statunitense nel 1886. La prima gara è una carneficina: 12-1 contro il Club La Prensa, ma nonostante ciò il club andrà avanti per la sua strada affiliandosi all’AFA nel 1909. A parlare della storia istituizionale del calcio argentino perderemmo però più di una giornata, ci basti sapere che ad una serie di scismi tra le varie federazioni, corrispose il debutto in massima serie del club nel 1922 e il secondo posto del 1926 dietro ai campioni del Boca Juniors. Nel 1927 il primo campionato a federazioni unite vide 34 squadre partecipanti, 36 l’anno successivo, e una serie di avvenimenti che portarono l’Argentinos Junior (nome definitivo scelto dalla fine degli anni venti) alla retrocessione in segunda division e al ritorno dopo la scissione con il Club Atletico Atlanta.
Se la storia dei primi anni del club è travagliata e legata agli avvenimenti politici e bellici del mondo che gli stanno attorno, la seconda metà del ‘900 vede il club tornare a respirare aria di alta classifica. Dopo la promozione del 1955, la squadra si classificò terza nel 1960 a due punti dall’Independiente campione, per poi vivere l’introduzione del campionato Metropolitano e Nacional con la rivoluzione che ne conseguì. Ma non sono le vittorie dell’ultimo quarto del secolo ad interessarci, né il record di 88 goal segnati nella serie cadetta nel 1954. Ciò che conta realmente, è la produzione inesausta di talenti che questo club è riuscito a generare nel corso degli anni.

EL SEMILLERO DEL MUNDO
Soprannome più azzeccato di certo non poteva essere trovato: El Semillero del mundo sta letteralmente per il Semenzaio, luogo dove si posano i semi per farli crescere forti e sani in vista della prossima fioritura. L’Argentinos Junior è questo in Argentina: un club dove l’academy riveste un ruolo cruciale, in cui i ragazzi vengono aiutati a modificare e plasmare il proprio talento calcistico non semplicemente pescando tra i vari settori giovanili ma creando talento dalle qualità innate dei ragazzi.
“All’Argentino la tecnica è un fatto non negoziabile”
Affermazione riportata dalla BBC in un articolo recentemente pubblicato sulla storia di Maradona e che ci riconduce sulla strada principale intrapresa quando si è scelto di raccontare della qualità, della tecnica, della consapevolezza di sé e della propria realtà. L’Argentinos è il corrispettivo sudamericano dell’Ajax in terra europea. Anche i numeri parlano in favore di tale tesi, riportandoci a una realtà incredibilmente distante dalle logiche del mercato odierno: dal 1982, i lancieri hanno giocato 1.753 match e in ognuno di questi almeno un ragazzo uscito dall’accademy del club ha messo piede in campo. I Semilleros hanno invece giocato 1.668 match dal 1979, con almeno un calciatore di propria creazione entrato sul terreno di gioco. A pensarci questi numeri hanno una forza incredibile nel sottolineare come in entrambe le squadre il talento venga fabbricato quotidianamente e con risultati eccellenti: se gli olandesi hanno prodotto giocatori del calibro di Suarez, Van De Beek, Seedorf e Eriksen (per rimanere ai primi nomi che saltano in mente), l’Argentinos ha regalato al calcio mondiale campioni come Riquelme, Redondo, Cambiasso e, soprattutto, Diego Armando Maradona.

20 OTTOBRE 1976
Data che tradotta per i profani può essere indicata come il natale del calcio argentino. L’esordio di Diego Armando Maradona con la maglia dell’Argentinos Junior reca al futuro numero dieci della seleccìon le estimmate del fuoriclasse: quindici anni e un talento insuperabile che Francis Cornejo allevava da tempo nell giovanili del club, con un record di precocità battuto solamente da Agüero nel 2003. Maradona divenne così il più giovane ad esordire nel massimo campionato argentino, il più giovane capocannoniere del Metropolitano con 14 gol nel 1979 e il primo a portare il club al secondo posto del torneo Metropolitano dopo anni di fatiche immense. Non fu tanto quello che fece nell’Argentinos a renderlo immortale per il club, quanto l’emozione e l’orgoglio di aver visto il calciatore considerato alla stregua di un dio in patria (e non solo) passare dal campo del quartiere. Tutti a La Paternal hanno un aneddoto da raccontare riguardo Maradona: “Mia nonna gli preparava la merenda, mio zio lo accompagnava al campo“, queste le testimonianze di chi davanti a un simbolo di tale portata, non riesce a contenere l’emozione per un tale accostamento. Maradona, passato al Boca nel 1981 per 1 milione, divenne in breve tempo il messia del club: il manifesto programmatico della filosofia di un’accademy che per tutta la sua storia non ha fatto altro che far germogliare semi di talento purissimo in un terreno non solo ricettivo ma stimolante. Maradona, insieme ad altri giocatori, rappresenta il culmine della scuola dell’Argentinos, la creatura finale di un processo che tutt’ora regala al calcio talenti di livello internazionale.

LA COPPA LIBERTADORES
Come accadde all’Ajax in quattro occasioni, anche l’Argentinos riuscì, dopo la vendita di Maradona, a raggiungere le vette del calcio sudamericano, sfiorando la vittoria della coppa intercontinentale. È il 1984 e alla testa del club troviamo Saporiti, tecnico delle giovanili che sostituisce Labruna, scomparso l’anno prima nella seconda metà di settembre. Saporiti costruisce una squadra in grado di vincere il Nacional al primo tentativo, di ripetersi l’anno seguente portando a casa nel 1985 anche la Coppa Libertadores alla sua prima partecipazione. Una vittoria su tutta la linea che permette all’Argentinos Junior di presentarsi in quello stesso anno alla corte della Juventus di Platini in un match con in palio la Coppa Intercontinentale. Il risultato di 2-2 porterà alla vittoria ai rigori della squadra del pallone d’oro francese, ma l’impresa del club di La Paternal viene consegnata per sempre ai libri di storia del calcio argentino.

LA NUOVA GENERAZIONE DELL’ARGENTINOS
Gli anni successivi videro il club sprofondare nelle sabbie mobili dell’incertezza: tra retrocessioni e la vittoria dell’ultimo titolo in bacheca nel 2009, il club sembra oggi essere tornato a sfornare talenti da esportare in giro per il mondo. È riscontrabile a pochi chilometri da chi scrive il neo acquisto del Genoa Rolòn, centrocampista metodista in grado di eseguire egregiamente le due fasi e capace di dare del tu al pallone come insegnatoli nella scuola più importante d’Argentina. Altri prospetti sfornati dall’Argentinos e ora pronti a colonizzare l’europa rispondono ai nomi di Nicolas Gonzales, attualmente allo Stoccarda, Alexis e Kevin MacAllister, rispettivamente al Brighton e al Boca, e, soprattutto, Nehuen Perez. Quest’ultimo è un difensore centrale classe 2000 capitano dell’under-20 dell’Atletico Madrid; un prospetto che ha quintuplicato il suo valore dal giorno del suo acquisto nella scorsa sessione di mercato estivo, e di interessante futuro in ottica Wanda Metropolitano. L’ultimo in ordine di tempo ma non di talento è Matko Miljevic: nato a Miami da genitori argentini, il classe 2001 è il classico trequartista nato e cresciuto nelle giovanili dell’Argentinos, in grado di respirare insieme al pallone. 49 goal in 107 gare per lui con le giovanili dell’Argentinos, è ancora in attesa di esordire con il suo club in Primera Division, nel solco tracciato più di cent’anni fa e ad oggi fondato sulla tecnica: un fatto di cui all’Argentinos non si può discutere.