Connect with us
ESCLUSIVA - Alessandro Birindelli: "Higuain può essere l'uomo Champions. Su De Ligt..."

ESCLUSIVE

ESCLUSIVA – Alessandro Birindelli: “Higuain può essere l’uomo Champions. Su De Ligt…”

Pubblicato

:

Alessandro Birindelli, ex Juve con quasi 200 presenze in bianconero tra il 1997 e il 2008 e ora allenatore, ci ha dedicato un po’ del suo tempo per una chiacchierata su tutti i temi di attualità in casa Juve.

Dall’affare Rabiot al ritorno di Higuain, ecco cosa ci ha detto.

Buongiorno Alessandro, come vede l’approdo di Rabiot in bianconero? Potrà essere titolare in questa nuova Juve?

“Rabiot è un giocatore importante, con una buona esperienza, nel centrocampo della Juventus sicuramente troverà un buono spazio. C’è da capire quali saranno le idee di Sarri, però se l’hanno preso significa che l’indicazione di approvazione è arrivata anche dal nuovo allenatore. Penso che abbia delle caratteristiche particolari: è un palleggiatore, che si inserisce molto bene, che ha i tempi giusti e anche fisicamente dotato. Nella Juve ci sono 20 titolari, poi spetterà a Sarri decidere chi sarà nella condizione migliore per giocare.”

La Juventus a parametro zero ha preso anche Ramsey. In Italia viene delle volte sottovalutato, ma in Inghilterra ha fatto veramente bene.

“Ramsey io l’ho sempre seguito, e mi è sempre piaciuto. Amo i giocatori che giocano a calcio – per davvero – e che abbinano la fantasia alla concretezza e all’intelligenza tattica. È un giocatore moderno, per il gioco di Sarri sarà fondamentale: lo potremmo paragonare ad un Hamsik del primo periodo, che viene a prendersi la palla per poi calciare. Forse Ramsey ha in più un ottimo dribbling, che nel calcio moderno conta tantissimo.”

Sul ritorno di Buffon, invece?

“Gigi nello spogliatoio può portare grande carisma, è una figura sicuramente importantissima. Se hanno fatto questa scelta è perché ritenevano opportuno consolidare ancora di più lo spogliatoio, Gigi lì dentro è stato sempre un punto di riferimento e per questo è la figura giusta. Ha avuto anche un ruolo fondamentale nella trattativa Rabiot, e in un momento di cambiamento come quello che sta attraversando ora la Juventus la personalità di Gigi può solo aiutare.”

Fonte: profilo instagram @gianluigibuffon

Come giudicherebbe un possibile affare De Ligt? È sicuramente un fenomeno, però oltre alla cifra – si parla di 75 mln circa – dovrebbe adattarsi ad una realtà diversa da quella dell’Ajax, cosa che non ha mai fatto.

“Secondo me i grandi giocatori non fanno fatica ad ambientarsi in altri ambienti gli olandesi in particolar modo: io ci ho giocato assieme, ho vissuto il loro modo di essere professionisti, quindi penso che l’adattamento non andrà ad influire sul rendimento del ragazzo. È un giocatore di altissima personalità, di una leadership indiscussa ed è un difensore moderno perché delle volte si adatta anche a giocare leggermente più alto. Per quanto riguarda le cifre, sappiamo che negli ultimi anni abbiamo perso un po’ il controllo della situazione; su De Ligt si è aperta un’asta, se la Juve ha voluto partecipare evidentemente ne vale la pena.”

Bonucci dovrà partire?

“La scelta sta a lui. Un suo addio mi sembrerebbe assurdo, ma in questo nuovo calciomercato possiamo aspettarci di tutto. I colpi di scena non sono mancati, come la partenza – con immediato ritorno – proprio di Leo al Milan. In quanti, invece, pensavano che Buffon potesse tornare alla Juve? Nessuno. Questo è il nuovo mercato, non mi sorprenderei più di nulla.”

Chiudiamo con un pensiero sul calciomercato. Dietro è arrivato Pellegrini e potrebbe arrivare De Ligt, in mezzo al campo invece sono entrati Rabiot e Ramsey. Lei si muoverebbe ancora – oltre che in uscita – sul mercato? Magari in attacco?

“Davanti la Juventus ha fatto l’acquisto di Higuain, che secondo me se lo tieni è l’uomo che ti fa vincere la Champions. Tenere il Pipita significherebbe mantenere una qualità costante in ogni momento dell’anno. Come hai detto tu, bisogna lavorare sicuramente sulle uscite, perché altrimenti la rosa diventa veramente pesante da gestire. Vedremo come si muoverà la Juve, io sono curioso.”

 

(immagine di copertina dal profilo Facebook della Juventus)

Continue Reading
Commenta

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Calcio Internazionale

ESCLUSIVA – Roggero: “McTominay straordinario, Garnacho è un talento. Giovani poco utilizzati in Italia? È un problema sociale, non solo del calcio”

Pubblicato

:

Garnacho Rovesciata

La 15ª giornata di Premier League volge al termine. Il turno infrasettimanale, infatti, si chiuderà questa sera con le sfide Everton-Newcastle e Tottenham-West Ham. Le gare già disputate hanno espresso verdetti di rilievo: su tutti, la prova di forza dell’Aston Villa di Emery contro il Manchester City, il 2-1 del Manchester United sul Chelsea targato McTominay e la rimonta da capogiro dell’Arsenal sul campo del Luton (3-4 al 97′). La situazione in classifica è più equilibrata che mai: la capolista è proprio la formazione di Arteta (36 punti), a +2 sul Liverpool secondo e a +4 sull’Aston Villa terzo. I campioni in carica del City sono al momento a quota 30: la squadra di Guardiola ha conquistato solo 3 punti nelle ultime 4 e non vince in campionato da oltre un mese.

Nicola Roggero, giornalista e telecronista di Sky Sport, è intervenuto ai nostri microfoni per tracciare il proprio bilancio e dire la sua su alcune individualità. Ma non solo: Roggero ha inoltre motivato le ragioni legate all’affermazione di tanti giovani nel campionato inglese e commentato la possibile decisione dell’IFAB (organo che modifica le regole del calcio) di introdurre in Premier le espulsioni a tempo. Di seguito l’intervista completa a Nicola Roggero.

L’INTERVISTA A NICOLA ROGGERO

Forse mai quest’anno era regnato tanto equilibrio in vetta dopo 15 giornate. In zona Champions e in ottica titolo ci sono varie squadre candidate: qual è cresciuta maggiormente rispetto alla passata stagione? 

“La squadra più cresciuta è l’Aston Villa. Quando arrivò Emery era in zona retrocessione, oggi è terza in classifica. È un risultato straordinario. Fin dove si può spingere? Bisogna valutare che la rosa non è completa come quella di altre squadre, ma non mi sorprenderei se al termine del campionato l’Aston Villa finisse tra le prime quattro”.

Da quale squadra si aspetta qualcosa in più per quelle che sono le potenzialità della rosa?

“Direi su tutte il Manchester United. È una squadra che ha speso una quantità di denaro impressionante sul mercato, ma fatica a essere protagonista. Ha avuto una prestazione molto buona ieri sera con il Chelsea, ma direi che è stata una sorta di eccezione all’interno dell’anno. Per il resto è spesso stato deludente, soprattutto nel confronto con le altre big. Contro il Chelsea è stata la prima vittoria contro una squadra tra le prime dieci in classifica. È una stagione fino a questo momento deficitaria”.

Su Garnacho: la rovesciata d’autore contro l’Everton è stato un colpo da fuoriclasse. Qual è il suo punto di vista sul ragazzo?

È un grande talento, ha ancora bisogno di continuità. Deve razionalizzare le sue abilità e non eccedere nella giocata ad effetto, ma senza dubbio sarà un protagonista per lo United negli anni a venire. È molto giovane e ha potenzialità altissime, ultimamente ha sempre più spazio in prima squada. Sarà uno dei giocatori cui affidare il futuro di questo club”.

Scott McTominay: cannoniere dello United, decisivo anche ieri sera con la doppietta al Chelsea. È lui che più di ogni altro, in questo momento, rappresenta l’anima e lo spirito dello United?

“Con il club lui è cresciuto, incarna la filosofia di Old Trafford. Non si arrende mai, ha un vero spirito scozzese di combattività, ma è sorprendente quanti gol faccia. È il capocannoniere della squadra in campionato e della Scozia alle qualificazioni europee. Definirlo un giocatore di combattimento è limitativo, è un calciatore che si sta rivelando straordinario“.

Ieri hanno trovato il gol Cole Palmer (2002) e Hinshelwood, classe 2005. Nel turno precedente, si sono affermati Colwill (2003, Chelsea), Buonanotte (2004, Brighton) e Koleosho (2004, Burnley). Lo stesso Garnacho, di cui abbiamo parlato in precedenza, deve ancora compiere 20 anni. Sono solo casi o in Inghilterra i giovani sono effettivamente trattati in modo diverso rispetto all’Italia da allenatori e società?

“Io penso che il problema non sia solo del football italiano, ma della società italiana. Quest’ultima considera giovani gente con trenta e rotti anni. Gli altri Pasi analizzano le situazioni dal punto di vista del talento. Se uno ha le qualità, a prescindere dall’età, emerge. Nel nostro paese non è così, si rimane giovani a vita e non si dà mai veramente fiducia. È il motivo per cui tanti ragazzi, che potrebbero essere utili, sono costretti ad emigrare e non sono a disposizone del nostro Paese. È un problema sociale, generale. Il mio pensiero è che la responsabilità sia la totale immaturità e ignoranza del calcio italiano, dove si pensa sempre di poter crescere. È un problema di mentalità che non è solo del calcio: nel calcio è acuito perché il calcio in Italia è molto ignorante. È in antitesi con lo sport. Lo sport ha questo privilegio: con il talento puoi emergere, ma in Italia non succede”. 

L’IFAB (organismo che modifica le regole del calcio) ha deciso di portare avanti l’idea dell’espulsione “a tempo”, ovvero una sorta di cartellino “arancione” per punire irregolarità particolari come i falli tattici. Tale norma potrebbe essere testata in Premier nella prossima stagione. Se regolamentata, potrebbe essere un’opzione valida e “giusta”?

Certo. Come al solito il calcio arriva molto dopo le altre discipline sportive. È una norma che da molti anni c’è nel rugby, in cui si valuta che può essere corretta un’espulsione a tempo. Io sono assolutamente a favore. Non mi stupisce che sia l’Inghilterra la prima a varare questa possibilità. È vero che loro sono molto conservatori per quanto riguarda il gioco, ma poi in realtà sono molto aperti alle novità punitive. Sono chiusi alle novità negative, tipo il VAR, una cosa che dovrebbe essere dimenticata e seppellita. Ma sull’espulsione a tempo sono d’accordissimo, il rugby ha dimostrato che è una cosa che funziona. Fa ridere che nel calcio non si sappia quanto si giochi, ormai nel recupero abbiamo recuperi extra….basterebbe applicare il tempo effettivo e si smetterebbe con mille pantomime”.

Continua a leggere

ESCLUSIVE

ESCLUSIVA – Luca Ariatti, ex capitano della Fiorentina: “Mi guadagnai la leadership con l’impegno, a Camarda e i giovani consiglio di avere sempre fame”

Pubblicato

:

Luca Ariatti

Ex giocatore, adesso procuratore sportivo, Luca Ariatti è un volto noto della nostra Serie A, celebre per essere stato tra i leader della Fiorentina tra il 2003 e il 2005. Partito dalla sua Reggiana, ha subito avuto la possibilità di esordire in Serie A, per poi fare la gavetta in C prima con l’Ascoli e poi con la stessa Reggiana, nel frattempo scesa nel terzo livello del calcio italiano. La sua carriera è poi esplosa con la Viola, dalla C fino alla A, diventando leader e capitano di una squadra che ha contato negli anni calciatori del calibro di Giorgio Chiellini, Christian Maggio, Enzo Maresca, Fabrizio Miccoli, Giampolo Pazzini e tanti altri.

Ritiratosi all’età di 33 anni, Luca Ariatti decide poi di restare nello sport come procuratore, Adesso è a capo della sua agenzia, che gestisce tanti calciatori tra cui Michele Collocolo, centrocampista della Cremonese, e Fabrizio Caligara, centrocampista dell’Ascoli ex Cagliari e Juventus. Lo abbiamo intervistato per ripercorrere la sua carriera da giocatore, e analizzare e approfondire i motivi per cui è poi diventato un agente. 

LE PAROLE DI LUCA ARIATTI

Buonasera Luca, partiamo dalla tua carriera. Esordio alla Reggiana, squadra della tua città, partendo subito dalla Serie A a 19 anni. Giochi le ultime tre partite stagionali, poi la Reggiana retrocede, passi in C all’Ascoli in prestito, poi il ritorno alla Reggiana, nel frattempo, scesa in C. Com’è stato il passaggio da esordire subito in A, a poi dover giocare in C?

“In quegli anni, quando sei molto giovane, pensi solo a giocare e costruirti una carriera e non ti fai troppe domande. Io sono cresciuto in una Reggiana che in quegli anni lottava per alti livelli, c’era un club organizzato, una grande tradizione in città e una tifoseria molto calda. Quando ho esordito in A io facevo ancora la quinta superiore, ed è stato una sorpresa. Poi col senno di poi ho capito che quel momento è stato fine a sè stesso. Mi sono dovuto costruire una carriera nei campi della Serie C, fino a che ho avuto l’opportunità di andare alla Florentia Viola, e poi lì è partita la mia carriera”.

Possiamo dire che sei il re delle promozioni. Dalla Fiorentina, che in tre anni dalla C sale fino in Serie A. L’Atalanta, dalla Serie B alla A. E anche con il Lecce poi, dalla B alla A. Qual’è il segreto?

“La scalata con la Fiorentina mi ha portato ad essere un giocatore di livello, dandomi anche un valore sul mercato. Ho sempre fatto scelte intelligenti, puntando su squadre organizzate, conoscendo i giocatori e il livello di quella squadra e se realisticamente si poteva puntare a vincere il campionato. Avrei potuto avere 100 presenze in più in A, ma l’ho lasciata tre volte per andare a vincere la Serie B, e sono contento di averlo fatto. Tutte le volte che lasciavo la Serie A, mi chiedevo sempre se sarei ritornato ma, fortunatamente, ho sempre portato a casa l’obiettivo stagionale, assumendomi anche responsabilità e leadership”.

Diventi capitano della Fiorentina, capitano di una squadra che contava gente di grande qualità e spessore. Anche Stefano Colantuono, che ti ha allenato all’Atalanta, ti definì “leader naturale”. Ti sentivi un leader già ai tempi? Com’è stato esserlo?

“Penso che leadership in spogliatoio l’ho sempre ottenuta perchè mi allenavo sempre con intensità, ero sempre a disposizione di mister e compagni. A volte ho avuto giocatori più forti, con una carriera più importante, ma riuscivo sempre a ottenere il rispetto da tutti anche come mi approcciavo al mestiere che facevo. Mi tenevo sempre bene fisicamente, non saltavo mai un allenamento, mi mettevo a disposizione del mister anche giocando in più ruoli. Questo credo sia la vera leadership, anche rispetto a chi porta la fascia da capitano”.

Ti ritiri a 33 anni, e decidi di diventare procuratore e nel 2014 fondi la tua società. Avevi già in mente durante la carriera di calciatore di diventare procuratore? C’è un motivo per cui hai preferito diventare un procuratore?

“Quando ero alla Fiorentina avevo deciso di iscrivermi all’Università, un ramo manageriale. Ho da sempre, dunque, avuto confidenza con le lingue, ero sempre la figura nello spogliatoio che interagiva con i giocatori stranieri, imparando dalla loro cultura e le loro esperienze passate. Facendo l’Università mi son tracciato una strada per il post carriera, volevo fare l’agente o il dirigente, volevo un lavoro manageriale. Appena ho avuto l’infortunio al ginocchio a Pescara, mi sono accorto che con ogni probabilità non sarei tornato ai livelli che volevo (Serie A/alta Serie B ndr), quindi ho deciso di essere un giovane agente più che un vecchio calciatore. Mi si era già spostato il focus, ai tempi preferivo guardare partite delle giovanili per guardare giovani promettenti, più che pensare alla squadra in cui giocavo. Alla fine l’ho comunicato anzitempo alla società che mi sarei ritirato, per poi fare a fine stagione l’esame da agente”.

Un tema d’attualità, Camarda e il suo esordio al Milan a 15 anni. Tu hai fatto l’esordio in A prestissimo. Cosa consiglieresti a Camarda? Sicuramente dopo questo bruciare le tappe il rischio è montarsi la testa.

“Ogni tempo ha il suo contesto. Oggi il calcio è diverso, lo spogliatoio è fatto di giocatori sempre meno esperti, e l’interesse delle società nei giovani è molto più grande. Le opportunità per i giovani oggi sono molte di più ma, allo stesso tempo, se ti dà tanto può toglierti tanti in maniera ancora più veloce. Il mio consiglio a Camarda e i giovani in generale è il godersi tutte le opportunità e comodità che ti da il calcio oggi, tra cura dell’immagine, atmosfera e l’organizzazione della società che oggi è maggiore. Al contempo consiglio di tenere la parte ambiziosa, di impegno, autocritica e fame che c’era nella mia generazione. Questo sarebbe il mix perfetto. A volte alcuni si sentono arrivati troppo velocemente, ci vuole sempre fame perchè il calcio poi può aprire diverse possibilità, sia economici sia di prestigio, che poi ti porti per tutta la vita”.

 

                                                                                                                     Fonte immagine di copertina: Facebook Luca Ariatti 

Continua a leggere

Calcio e dintorni

ESCLUSIVA – Lo sviluppo dei nuovi talenti di adidas studiando Bellingham

Pubblicato

:

La crescita e la formazione di nuovi talenti è da sempre uno dei punti cardini all’interno del progetto adidas. Il brand, infatti, ha fatto della crescita e l’accompagnamento verso i propri obiettivi di giovani calciatori una propria prerogativa. L’ultima importante iniziativa del Team Football Italia è stata quella di proporre un viaggio nella dimensione Real Madrid per studiare da vicino l’ambiente in cui lavora quello che al momento è il giovane più forte al mondo: Jude Bellingham. Sette giovanissimi calciatori seguiti dal brand, sono partiti alla volta della capitale spagnola per poi immergersi in un clima da grande calcio. Dalla visita al Bernabeu e al museo del club, fino ad assistere alla gara di Champions League Real Madrid-Napoli. Una vera e propria esperienza a 360 gradi, per arricchire il proprio bagaglio culturale oltre che calcistico.

Di seguito la lista completa dei giovani calciatori che ne hanno preso parte:
Jacopo De Vincenzo, Lazio
Lorenzo Hallidri, Verona
Francesco Paesanti, SPAL
Marco Damioli, Atalanta
Samuel Prendi, Atalanta
Gabriel Masullo, Monza
Gabriele Borsa, Milan

Noi di Numero Diez abbiamo intervistato lo Scouting Manager di adidas Kevin Cauet, che compone il team football SPOMA con Alfredo Freda, Senior Manager del brand tedesco. Siamo entrati nei particolari di quella che è stata questa importante esperienza, approfondendo il tema della crescita calcistica e soprattutto personale di questi ragazzi: dallo stile di vita sano alla mental health, indispensabili per raggiungere traguardi importanti. Di seguito l’intervista.

L’INTERVISTA A KEVIN CAUET, SCOUTING MANAGER ADIDAS

Quali sono i criteri utilizzati per la scelta dei talenti da seguire?

“È molto complesso. Fino a 17/18 anni si fa una valutazione prettamente calcistica: aspetto tecnico, tattico, fisico e mentale. In più di quello che può essere l’ambiente di crescita del ragazzo: famiglia, stile di vita ecc. Arrivati a una certa età ci dobbiamo ricordare che siamo un brand sportivo e non un club. Dobbiamo fare una selezione molto stringente: non solo di chi arriverà in Serie A, ma anche di chi un giorno potrà arrivare a vestire la maglia della Nazionale italiana o di un top club mondiale. Per quello è fondamentale valutare anche la realtà in cui cresce il ragazzo, il suo percorso di crescita e il progetto intorno a lui. Ci sono tantissimi aspetti di cui tenere conto”.

Anche Francesco Camarda è tra i talenti della scuderia di adidas Italia. Che idea si è fatto del suo avvicinamento alla prima squadra del Milan e il traguardo di più giovane esordiente di sempre in Serie A?

“Innanzitutto se lo merita. È un ragazzo d’oro, che viene da una famiglia spettacolare. Per lui ci sono dei presupposti di crescita importanti. Avere un quadro sano extra-calcistico è decisivo. Così il ragazzo può lavorare tranquillo, va a scuola e non è vittima dell’ossessione di arrivare. Lui sta vivendo questo momento a modo suo. È un ragazzo mentalmente molto preparato per la sua età. Tecnicamente, credo salti all’occhio di tutti, è a un livello molto avanzato se lo si paragona ai suoi coetanei. E anche tatticamente direi che ha una comprensione del gioco importante. Sa quello che può fare – e lo fa molto bene – e quello che non può fare. Ha ancora 15 anni e deve ancora formarsi dal punto di vista fisico: chiaro che, rispetto a quando giochi in Primavera, in prima squadra gli avversari sono molto più grossi e forti fisicamente. Lui però è un giocatore molto intelligente e lo sta facendo vedere: così riesce a compensare”.

Tornando sulla spedizione a Madrid e l’immersione nel mondo del Real Madrid: come nasce l’idea del viaggio e quali sono gli obiettivi dell’iniziativa?

È un’iniziativa in generale del Team Football, non solo in italiana. In tutto il mondo, Europa compresa, cerchiamo sempre di coinvolgere i nostri ragazzi con questo tipo di iniziative. L’idea è quella di dare a questi ragazzi un’esperienza extracalcistica. Questo viaggio non è né una selezione tra i nostri talenti né una ricompensa ai migliori. È semplicemente un viaggio, un’opportunità in più per i ragazzi di adidas per arricchirsi di un’esperienza, che li possa fare crescere dal punto di vista personale, facendoli lavorare sulla propria maturazione psicologica ed emotiva. Io credo che oggi questi ragazzi vengano considerati troppo presto come giocatori di calcio, quando hanno ancora 13 o 14 anni. Talvolta ci si dimentica che oltre a sapere giocare con i piedi, per essere professionisti c’è bisogno di una certa stabilità mentale. Per questo il tema di mental health è molto importante. A 13 anni sappiamo che siamo sempre condizionati dalle nostre emozioni, quindi ci si apre al mondo, si vedono altre culture, lingua diversa e si respira anche un calcio diverso. Non a caso siamo andati a vedere lo stadio, il museo e abbiamo conosciuto tante persone diverse. Quello che facciamo sulla nostra Next Gen è un progetto che permette di lavorare sulle attitudini individuali del ragazzo in termini di adattamento, prese di decisione, apertura mentale, tolleranza. Aspetti che servono nel calcio ma anche nella vita. E proprio per questo colgo l’occasione per ringraziare i club che hanno messo a disposizione i loro ragazzi, garantedogli la possibilità di vivere questo viaggio: non è una cosa scontata”.

Lavorando anche in paesi diversi, ha riscontrato differenze significative con l’Italia nel modo di rapportarsi ai giovani calciatori?

“Io credo che ogni Paese abbia il suo modo. Ogni paese ha una propria cultura, l’importante è capirne le caratteristiche e lavorarci sopra. Sarebbe presuntuoso e non da intenditore dire che dobbiamo allenare i ragazzi o le ragazze tutti allo stesso modo. I bambini e le bambine vanno capiti, ognuno di noi è fatto a modo suo e sta’ a noi farlo. È un dovere non solo nostro che siamo sponsor ma spetta ai club, alla scuola, ai genitori… ognuno deve trovare le chiavi di questi ragazzi per farli crescere nel miglior modo possibile. Sicuramente io ritrovo differenze nella metodologia non solo calcistica, ma anche nell’apprendimento scolastico. Io arrivo dal settore francese e quindi noto grande differenza da questo punto di vista. Da noi per esempio si cerca di trasmettere degli strumenti che permettano ai ragazzi di poter essere autonomi il più presto possibile. Quindi di prendere delle decisioni, avere la capacità di ragionare per quello che può essere l’ambiente che ci circonda, per arrivare all’obiettivo e trasmettere un certo stile di vita. Qui abbiamo un approccio diverso, perché siamo più su una metodologia direttiva. Con questo viaggio invece si cerca di far capire che possiamo comunque raggiungere obiettivi e fare cose ottimali senza per forza dover seguire un sistema solo, ma prendere il meglio da tanti sistemi e tante metodologie per creare qualcosa che arricchisca il proprio bagaglio. Sulle attività che organizziamo c’è sempre un fine: l’obiettivo in questo caso è veramente quello di creare un percorso per questi ragazzi e dargli la possibilità di crescere sotto tutti questi punti di vista. Altro esempio: recentemente, nell’ambito di un evento adidas è intervenuto Alessandro Nesta, un’icona del nostro calcio. Abbiamo deciso di affiancargli sul palco un difensore del domani, come Marco Palestra dell’Atalanta. Non c’era nessun intento pubblicitario, ma solo l’obiettivo di farli interagire. Il fatto che un aspirante calciatore possa confrontarsi con una leggenda come Nesta, chiedere consigli, imparare a parlare in pubblico: è una gran cosa. Esercitarsi nel public speaking aiuta a gestire lo stress ed è una skill che serve per la vita, non solo da calciatore”.

Il viaggio a Madrid ha permesso di studiare da vicino quello che probabilmente è il giovane calciatore più forte al mondo: Jude Bellingham? C’è un nome che secondo lei potrà ripercorrere le orme dell’inglese?

In questo caso faccio fatica a fare un nome. Parliamo di ragazzi giovanissimi e le variabili sono infinite. Prendiamo la storia di Bellingham: arriva al Real Madrid dopo un percorso calcistico realizzato in vari paesi. Parte dal Birmingham, poi va al Borussia Dortmund per poi arrivare al Real. Un viaggio. Ed è proprio questa la connessione che voglio fare con l’esperienza dei ragazzi a Madrid. Prendere un aereo significa sperimentare, in Italia ma anche all’estero. Ci permette di vedere come funziona il calcio altrove, di capire come si lavora cercando di migliorarsi tutti i giorni. Questa predisposizione, abbianata alla continuità mentale che Bellingham ha sempre avuto, è l’inizio del percorso. Quello che sta facendo Bellingham è qualcosa di eccezionale. Tra i nostri atleti ce ne sono diversi di grandissimo talento, con ottime predisposizioni; ma da qui ad arrivare a 18 anni passa tanto tempo. Ci vogliono tranquillità, umiltà e tanto lavoro. Questo è il mio consiglio più che dare un nome”.

Qual è il suo obiettivo con adidas per il futuro?

“L’obiettivo è continuare così come stiamo facendo. In Serie A è stato fatto un grande lavoro in termini di share of voice. Anche in ambito di Nazionale maggiore direi che siamo messi molto bene: è stato fatto qualcosa di davvero importante da parte del team football, e mi riferisco a Giacomo Zerella e Alfredo Freda, che hanno aumentato il portfolio dei calciatori per il nostro Paese selezionando tanti ottimi profili. Nello scouting vogliamo andare ad arricchire il nostro gruppo di giocatori con grande potenziale. Questo è qualcosa a cui tengo particolarmente: siamo una grande famiglia. Ci sono tanti ragazzi che fanno tutti parte di questo progetto e noi vogliamo ovviamente cercare quelli che arriveranno a questo livello qui. Ma con calma e pazienza, perché prima di tutto deve rimanere un piacere e non un’ossessione. Un altro esempio è Wisdom Amey, che ha esordito prima di Camarda e deteneva il record di più giovane debuttante di sempre in A. Bisogna continuare sempre a lavorare con questi ragazzi e far sì che arrivino a realizzare i propri obiettivi accompagnandoli tutti i giorni. La qualità del servicing, della famiglia, delle persone per adidas è sempre stata un must”.

Continua a leggere

ESCLUSIVE

ESCLUSIVA – Bruscolotti: “Con Mazzarri un miglioramento, ma il Napoli subisce troppi gol”

Pubblicato

:

Bruscolotti

Tra il 1972 e il 1988 la carriera di Giuseppe Bruscolotti si è legata a doppio filo con il Napoli. Vincitore del primo scudetto della storia degli azzurri e volto del Napoli degli anni ’70 e ’80, Bruscolotti ha lasciato a Napoli un ricordo indelebile. Lo dimostra il suo soprannome, “Palo ‘e fierro“, che sottolineava la sua stazza statuaria e il suo modo arcigno e roccioso di giocare. Ma che sottolinea anche l’affetto che lui, nativo di Sassano in provincia di Salerno, ha ricevuto dalla città partenopea. Lo dimostra, soprattutto, l’impegno nel sociale che sta perseguendo da presidente della Scuola Calcio Bruscolotti, situata nella città di San Sebastiano al Vesuvio, in cui ha deciso di proporre lo sport come alternativa alla delinquenza che attira molti ragazzi sin dalla giovanissima età.

Lo abbiamo intervistato in relazione al momento di forma che sta vivendo il Napoli attuale. Un Napoli double face, che fatica a ritrovare le posizioni alte di classifica, ma che è reduce dal successo dello scorso anno, con il terzo tricolore della sua storia cucito sul petto.

LE PAROLE DI BRUSCOLOTTI

Buongiorno Signor Bruscolotti. Ieri c’è stato il Gran Galà del Calcio e ovviamente c’è stato ovviamente un grande numero di giocatori del Napoli che sono stati premiati per la scorsa stagione. La squadra dell’anno scorso ha qualcosa che assomiglia alla squadra con cui lei ha vinto lo scudetto?

I paragoni non si possono fare a distanza di anni. Ogni cosa a suo tempo. È stata una grande squadra come è stata la nostra però…fare dei paragoni non è bello.

La situazione attuale del Napoli non è, almeno dal punto di vista dei risultati, ideale. Il cambio di allenatore pensa che possa dare quella spinta che è mancata con Garcia?

Ecco, qualcosa già si è vostro, tenendo presente che poi Mazzarri non è che abbia avuto molto tempo a disposizione per lavorare. Quindi diciamo che Napoli un po’ è cresciuto. Quello che la prestazione, l’agonismo e tutto ciò sta migliorando. Però, comunque bisogna per lavorarci perché è una squadra che prende molti gol. Una squadra deve risalire alla classifica non può prendere tanti gol, 17 gol fino a questo momento sono tanti.

Cosa ne pensa di Di Lorenzo come capitano?

È un ottima scelta, una persona per bene, ragazzo e un professionista molto serio e quindi, credo che c’è poco da dire, nel senso che uno che dimostra insomma la sua personalità, il suo modo di essere ogni giorno.

Continua a leggere

I nostri approfondimenti

Giovani per il futuro

Esclusive

Fantacalcio

Serie A

Trending

Scarica L'App

Copyright © 2022 | Testata giornalistica n.63 registrata presso il Tribunale di Milano il 7 Febbraio 2017 | numero-diez.com | Applicazione e testata gestita da Número Diez SRL 12106070969