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ESCLUSIVA – Capozucca, ds Frosinone: “Su Ciofani e Pinamonti girano falsità. E su Reca…”
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5 anni fa:
Poco più di ventiquattro ore separano la speranza dei tifosi nell’acquistare il tassello per fare il salto di qualità e il gong finale che decreta la fine della sessione invernale del calciomercato. Abbiamo contattato Capozucca, dirigente sportivo del Frosinone, per parlare del futuro di Ciofani, Pinamonti e del possibile approdo di Reca.
L’INTERVISTA
Con Reca dell’Atalanta siete al rush finale?
“No, almeno, per il momento non vi è certezza del trasferimento”
Si è parlato di Ciofani in direzione Pescara nelle ultime ore. Ci può fare luce su questa situazione?
“Ciofani? È un nostro punto fermo, il pilastro del Frosinone. Non si muove neanche per sogno”
E del futuro di Pinamonti? Giravano voci su questi due attaccanti…
“Pinamonti? Ma stiamo scherzando? Sono voci infondate. Tutte falsità”
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ESCLUSIVA – Il dott. Danilo Casali spiega i tanti infortuni del Milan

Pubblicato
11 ore fa:
Novembre 30, 2023
INFORTUNI MILAN – Il Milan continua ad avere l’infermeria piena, a causa di continui infortuni, soprattutto muscolari, che continuano a falcidiare la squadra di Stefano Pioli. Per comprendere le possibili motivazioni degli stop, che sono saliti a 25 stagionali con quello di Thiaw contro il Borussia Dortmund, abbiamo intervistato il dottor Danilo Casali, esperto di prevenzione infortuni in ambito sportivo. Di seguito l’intervista rilasciata a Numero Diez.
IL CASO INFORTUNI-MILAN
“Quando una squadra subisce un numero così rilevanti di infortuni, è fondamentale ampliare il modello di analisi nella valutazione delle cause. Diversamente non è possibile per nessuno trovare una logica, un denominatore comune che permetta di capire e rafforzare l’efficacia della prevenzione. Se potessimo analizzare l’operato dello Staff nei dettagli, è pressoché certo che i professionisti che lo compongono abbiano attuato strategie e programmi adeguati, convalidati anche da altri colleghi. Ma determinate cause sono comunque identificabili, anche se occorre fornire spiegazioni tecniche per le quali chiedo uno sforzo ad ognuno di voi interessato a questo particolare e controverso argomento”.
ZONA D’OMBRA SU CUI SI DEVE INTERVENIRE
“In questi casi viene messo sul banco degli imputati lo Staff atletico, ma il problema è una zona d’ombra, non coperta da ciò che viene attuato per la prevenzione. Non solo al Milan.
Ogni atleta viene sottoposto a tests e monitoraggi meticolosi per quello che riguarda le performance muscolari, la nutrizione, l’idratazione. Parametri di facile rilevamento che consentono allo Staff di avere quella certezza, nero su bianco, di aver operato in maniera corretta e secondo le linee guida. Ma ciò non basta per un motivo ben specifico: la funzionalità biomeccanica di ogni singolo atleta, ovvero la risposta strutturale del sistema alle forze che coinvolgono le articolazioni in relazione al suolo, non è monitorabile da quanto sopra. Con troppo superficialità molti addetti ai lavori credono che sviluppare la forza muscolare ed il miglior coordinamento neuromotorio (controllo muscolare performante nelle innumerevoli situazioni di gioco), seppure imprescindibili, coprano totalmente le necessità per la prevenzione.
A questa affermazione molti potrebbero fare obiezione, precisando che i programmi di prevenzione sono molto più ampi, poiché comprendono anche esercizi di scarico, posture di allungamento muscolare, la criosauna ed altri soluzioni, ma rimane il fatto che il background disfunzionale in seno alla biomeccanica del singolo non può essere gestito con un approccio di gruppo, in cui tutti fanno gli stessi programmi. Il codice biomeccanico disfunzionale ha componenti differenti nell’atleta A, B o C…“.
DALLA PREVENZIONE AL LOOP PROBLEMATICO
“Quando iniziano ad insorgere più infortuni di tipo muscolare, è teoricamente normale che per la squadra vengano proposti più esercizi/programmi mirati alla prevenzione, ma non dobbiamo dimenticare che gli stessi comportano un’attività muscolare che può divenire un ulteriore motivo di sollecitazione e carico, mal recepito se il sistema muscolo-scheletrico del singolo o di più individui hanno una funzionalità perturbata, in rapporto alle forze che imprime e subisce.
Abbiamo quindi giocatori in perfetta forma atletica (forza, resistenza, ecc.) nel cui sistema muscolo-scheletrico si crea un sovraccarico relativo, che genera il terreno fertile vari problemi muscolari e non solo. In pratica, il muscolo in cui si manifesta l’infortunio non corrisponde alle cause del problema latente.
Perdere la miglior funzionalità biomeccanica equivale ad avere una riduzione del range di movimento degli ammortizzatori di una moto. A parità di percorso e con il funzionamento compromesso, il pilota riceverà più sollecitazioni: per mantenere la gestione della moto, dovrà attuare un lavoro muscolare maggiore nel senso stabilizzante”.
Per capire meglio:
https://www.youtube.com/watch?v=9q5tHoX23FQ/
“Nel calcio e rispetto al nostro esempio, abbiamo una tipologia/ampiezza di sollecitazioni radicalmente diversa, ma la sommatoria dei carichi subiti in allenamenti e competizioni creano un sovraccarico relativo su qualche distretto muscolare, fino a generare stiramenti o lesioni vere e proprie.
Senza la riarmonizzazione della funzionalità biomeccanica individuale di ogni singolo atleta, con il progredire della stagione, molte squadre potranno subire questo tipo di infortuni. Quando poi le lesioni interessano il tendine e la giunzione mio-tendinea, dopo aver sviluppato programmi per rafforzare intensamente quei muscoli sui quali vorremmo ottenere una prevenzione, occorre una seria riflessione che interessi tutti gli addetti ai lavori, in ogni squadra“.
Calcio Internazionale
ESCLUSIVA – Demetrio Albertini a 360°: Mondiale ’94, Milan e Messi

Pubblicato
2 giorni fa:
Novembre 29, 2023
ESCLUSIVA ALBERTINI – Calciatore di Milan, Atletico Madrid, Lazio, Atalanta e Barcellona, ora Presidente del Settore Tecnico in FIGC e imprenditore: semplicemente, Demetrio Albertini. L’ex rossonero ha scelto di raccontarsi a Numero Diez all’interno del format Behind The Mask, per svelare inediti retroscena riguardanti la sua carriera e la sua vita post-calcio.
L’oratorio è probabilmente il posto più importante per te e i tuoi fratelli: lì avete iniziato a coltivare la passione per lo sport. Tu ti sei realizzato in quell’ambito, mentre tuo fratello Alessio ha scelto la via ecclesiastica. Si può dire che le rinunce fatte da te come calciatore siano paragonabili a quelle fatte da tuo fratello per seguire la sua vocazione?
“L’oratorio è stato un punto d’incontro con i miei fratelli. In un paese di 1200 abitanti, l’oratorio diventa un fulcro e punto di ritrovo per tutta la comunità dei più giovani. Il passaggio era quasi obbligato e poi da lì abbiamo coltivato le nostre passioni, che sono per tutti e tre quelle calcistiche prima di tutto. Le nostre strade si sono un po’ divise dopo perché io e Alessio siamo usciti di casa molto presto, mentre Gabriele, il più piccolo, è rimasto lì. Io avevo 17 anni quando sono andato a vivere a Milanello, dove ho concluso gli studi mentre giocavo, Mio fratello Alessio, invece, è andato in seminario a 14 anni e ci siamo trovati dopo, dato che il seminario era molto vicino a Milanello. Gabriele è il presidente della Pro Sesto: anche lui ha fatto una carriera calcistica e ora ne sta facendo una dirigenziale importante”.
Cosa significa per te tornare lì? E quanto è stato importante sentire l’affetto della tua gente dopo la finale di Pasadena?
“Ho la mamma lì e vado spesso a trovarla. Tante volte diventa un punto d’incontro con la mamma e qualche amico che è ancora lì. Dopo 2 o 3 giorni rispetto alla finale di Pasadena abbiamo organizzato una partita in oratorio tra quelli della mia leva, ovvero quelli del ’71, contro il resto del paese. In quell’occasione fu una festa per celebrare un concittadino che ha giocato a calcio in televisione. C’erano 2000/2500 persone all’oratorio, numeri che si vedono in mesi”.
A Pasadena eri il più giovane della spedizione italiana. Nonostante questo hai calciato il rigore, segnandolo: cosa significa calciare un rigore in finale di Coppa del Mondo?
“Ero il più giovane, perché ero nato nel secondo semestre del mese, mentre Dino Baggio era nato nel primo. Avevo 22 anni ed è stata un’esperienza meravigliosa. Tirare il calcio di rigore, nel vissuto comune, è un gesto molto facile: lì, però, devi gestire l’emotività, più che calcolare il gesto tecnico. E le emozioni in una finale mondiale non le puoi preparare, dato che capita molto raramente di tirare un rigore così importante. Ci sono volute incoscienza, dovuta anche all’età, e consapevolezza, perché quando sai di aver fatto tutto nel modo giusto, vai con serenità a calciare nel modo corretto”.
Si può dire che sia stata l’esperienza più memorabile della tua carriera?
“Nello sport si dice spesso che alcuni siano più fortunati di altri: la fortuna serve, ma credo sia più corretto parlare di meritocrazia. Il treno passa e bisogna essere pronti a salire su quel treno, anche se non sai quando passerà. Può passare come per me a 17 anni, mentre per altri a 22/23. L’importante è essere preparati. Queste sono esperienze che ti porti per tutta la vita. Quando, da dirigente, vedevo ragazzi delle giovanili arrivare nelle finali, dicevo sempre: “Il calcio ti regala esperienze meravigliose. Spetta a voi tornare a casa dagli amici e raccontare di un’esperienza meravigliosa o di vittorie”. Male che vada rimane un’esperienza stupenda”.
Una vita da “metronomo” del Milan: qual è il miglior ricordo quegli anni?
“Mi viene la pelle d’oca perché il Milan è stata la mia seconda famiglia. Non penso solo ai risultati, ai tifosi, ma parlo di famiglia perché mi ha fatto crescere. Io firmo il primo cartellino al Milan a 10 anni, appena finita la quinta elementare, e ne esco a 32/33 anni. Ho vissuto quindi a braccetto con le persone e i valori che compongono la società per tantissime fasi della mia vita. Mi porto le vittorie, alcune rinunce – non sacrifici perché li ho sempre fatti con il cuore. La partita d’addio racchiude bene ciò che sono stato nello spogliatoio. C’erano otto Palloni d’Oro in campo e 45000 persone allo stadio. In quel momento, Van Basten viene da me in mezzo al campo e mi dice: “Demetrio, solo tu potevi raggrupparci tutti qui”. In campo vinci ma insieme agli altri, nello spogliatoio sei te stesso”.
Avresti voluto un addio diverso?
“Il mio sogno sarebbe stato quello di finire la mia carriera al Milan, ma se tornassi indietro rifarei tutto ciò che ho fatto. Dopo il Milan sono andato all’Atletico con un’esperienza incredibile. Vado tuttora a Madrid e sono accolto come uno di loro da società e tifosi. Sono andato alla Lazio e ho vinto l’ultima coppa che mi mancava: la Coppa Italia. All’Atalanta ho conosciuto tante persone legate al territorio e alla maglia con obiettivi diversi da quelli del Milan. Poi finisco la carriera al Barcellona: non vincevano da cinque anni, vinciamo LaLiga e da lì inizia il ciclo della squadra che ha segnato la storia del calcio mondiale. Avrei vissuto la mia carriera al Milan, coronando un sogno, ma avrei perso tante esperienze, sia come uomo che come giocatore”.
Rijkaard ti chiama al Barcellona, dopo un periodo all’Atalanta, per un progetto totalmente diverso: in poco tempo, hai lasciato tantissimo a società e tifosi, creando un legame indelebile prima del ritiro. Come ci sei riuscito?
“In sei mesi a Barcellona sono successe due cose: ero il veterano della squadra e quello che aveva vinto un po’ di più. Lì c’erano Xavi, Iniesta, Puyol, Messi, ma ancora non avevano vinto nulla e non erano i campioni che abbiamo conosciuto. Poi hanno visto la mia serietà dentro e fuori dal campo, la mia esperienza messa al servizio del pianeta Barcellona. Quando arrivi ti dicono che è più di un club. E non intendono una polisportiva, ma è come se fosse la nazionale della Catalogna, entra anche il fattore politico. In sei mesi è successo qualcosa di straordinario: si è creata un’alchimia con i tifosi, i giocatori e la società, che è la stessa di adesso con presidente Joan Laporta. Lo dico per la prima volta: io nelle elezioni precedenti, ho partecipato insieme a Joan Laporta, ma perdiamo contro Bartomeu. Quando sono tornato, lo stesso Bartomeu mi ha detto: “Non so come tu hai fatto: qui sono passati tanti grandi campioni, ma il legame che hai costruito tu con la gente è straordinario”.
Per la tua carriera che giungeva al capolinea, c’era quella di un fuoriclasse che stava spiccando il volo: hai qualche aneddoto sul primo Lionel Messi?
“Il presidente chiede a Leo: “Tu conosci questa persona?”. Lui risponde “Certo, è Albertini”. Poi chiede a me… Mi vergogno a dirlo, ma ho risposto di no. Il presidente poi mi ha rassicurato dicendomi che è bravo, della cantera. Anche se dalla cantera a quello che è diventato ce ne vuole. Poi il giorno dopo te lo ritrovi in allenamento e capisci che è uno che può scrivere la storia. Io di talenti ne ho conosciuti tanti, magari che non hanno fatto ciò che potevano fare. Lui non è un talento, è straordinario. In Spagna si dice “Crack”, in Italia “fuoriclasse”: lui se li merita”.
Dopo il calcio, entri a far parte della FIGC. L’evento più importante in programma è sicuramente l’Europeo del 2032, che si svolgerà in Italia e in Turchia: come ci si sta preparando a ospitare questa manifestazione? Può far tornare la passione per la Nazionale?
“Cambio ruolo, ma rimango sempre nel calcio. L’intento era quello di diventare un dirigente e mi è stata data l’opportunità di entrare in federazione due mesi dopo la mia partita d’addio. Comincia un’esperienza straordinaria, importante e impegnativa come dirigente. Come ci stiamo preparando al 2032: è un lavoro di mesi per dare una candidatura credibile. L’Italia deve prendere questa opportunità per poter intervenire sulle infrastrutture perché siamo molto indietro. Questo ci darà un plus per il rifacimento di tanti stadi. Per l’amore della Nazionale: non c’è meno amore, ma solo meno risultati. La maglia azzurra è speciale e ci unisce, anche nelle critiche”.
Una questione spinosa, quella riguardante il calcioscommesse. Tu avevi già smesso di giocare quando lo scandalo di Calciopoli ha infangato il nome del calcio italiano e, dopo 15 anni circa, ci siamo ricaduti. Più che analizzare di chi sia la colpa, come si può rimediare nel presente e in futuro?
“Si deve cambiare, non riesco a capire perché capita sempre a noi. Calciopoli era un po’ diversa e io ho dovuto gestirla da dirigente: non è stata semplice. Dico una cosa: mi dispiace, perché tante volte si perde di vista quello che uno è. Loro sono delle aziende dentro l’azienda: non si è ancora pronti a essere un’azienda, vuoi essere spensierato. Bisognerebbe fare informazione su un tema delicato come quello delle scommesse. Ne abbiamo parlato per un po’ di anni, abbiamo abbassato la guardia e i giovani ci sono ricascati. Credo sia giusto che uno che sbaglia debba pagare, ma non bisogna generalizzare dicendo che il calcio è malato”.
Quanto ti ha aiutato il calcio nella tua vita da imprenditore?
“Io ho trasferito le regole dello spogliatoio nel mondo dell’imprenditoria. Gestire un gruppo di lavoro, i dipendenti devono sentirsi dei partner, attrarli con qualcosa di poter costruire qualcosa insieme: tutto questo l’ho imparato nello spogliatoio. Ciò che va insegnato è che, oltre alla visione, bisogna avere disciplina per poter raggiungere gli obiettivi. Ora ho istituito una società di sport-marketing che porta il mio nome, con creazione di eventi, comunicazione. Nel frattempo ho investito in dei centri padel. Poter dare lavoro a delle persone mi appaga tantissimo, oltre a impegnarmi tantissimo”.
GIOCO FINALE – RISPOSTA SECCA
Compagno più forte con cui hai giocato? “Van Basten”
Avversario che avresti voluto nella tua squadra? “Zidane”
Allenatore con cui hai creato un legame più importante? “Sacchi”
Maglia scambiata a cui sei più affezionato? “Puyol”
Scambieresti le tre Champions per il Mondiale del ’94? “Solo una (ride, ndr)”
Negli anni, hai individuato un tuo erede? “No, perché non mi piacciono i paragoni”
Figura a cui ti sei ispirato/di riferimento? “Marco Tardelli”
C’è una partita che rigiocheresti? “Quella dell’Europeo del 2000”
Tre aggettivi per descrivere la tua carriera “Straordinaria, appagante, fortunosa”
Dopo il ritiro, fare l’allenatore è mai stata un’ipotesi? “No, perché non voglio avere a che fare con i calciatori (ride, ndr)”.
Soddisfazione più grande post-calcio? “Essere riuscito a cambiare e vivere sempre con degli stimoli, oltre ad aver avuto vicino delle persone che hanno capito le mie esigenze”.
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ESCLUSIVA – Salvione (CdS): “Il Napoli ritroverà le ripartenze. Post-Mou? L’asso nella manica…”

Pubblicato
7 giorni fa:
Novembre 24, 2023
Domani, a Bergamo, comincerà la seconda avventura sulla panchina del Napoli di Walter Mazzarri. Proprio in vista del nuovo esordio del tecnico toscano noi di Numero Diez abbiamo avuto il piacere di intervistare Pasquale Salvione, coordinatore della redazione del Corriere dello Sport, che qualche settimana fa ha ritirato presso il Salone d’Onore del CONI, a Roma, il “Premio Giornalistico Manlio Scopigno 2023″ (Premio Stampa).
Con lui, che segue da vicino le vicende dei partenopei, abbiamo provato ad analizzare quale sarà la strada della formazione azzurra senza tralasciare qualche spunto tattico. Ci siamo soffermati poi sui temi d’attualità che vedono protagoniste le altre due squadre che il quotidiano romano tratta maggiormente, per l’appunto Roma e Lazio.
Ritieni che la scelta di Mazzarri, reduce da qualche esperienza negativa, sia giusta per risollevare le sorti del Napoli in questa stagione?
“In questo momento il Napoli deve ritrovare alcune certezze che aveva perso in questi 4 mesi dopo un momento di felicità pazzesca. È una squadra che ha dato 16 punti alle avversarie e azzerare tutto questo vantaggio è stato difficile, quindi al Napoli serviva una scelta per ritrovare qualche punto fermo. Sicuramente è una scelta particolare, un allenatore che al Napoli ha comunque lasciato un buon ricordo. In questo momento serviva dare qualche certezza in più al gruppo, alla squadra e Mazzarri è un allenatore che sicuramente con il gruppo e la squadra stabilisce un buon rapporto quindi i presupposti sono buoni, vediamo però quello che succederà in campo”.
Tra Atalanta, Inter, Juventus, le prossime tre avversarie del Napoli in campionato, quanti punti dovrà fare la squadra azzurra per un primo bilancio positivo del ritorno di Mazzarri?
“Mi sembra complicato ragionare sulle quattro partite (ndr, comprendendo quella con il Real Madrid in Champions). Io dal punto di vista di Mazzarri mi accontenterei di partire bene a Bergamo perchè poi passo dopo passo può costruire sicuramente questa sua avventura. Fare risultato a Bergamo, al debutto, o almeno trovare un risultato attraverso una prova convincente può essere sicuramente la migliore partenza possibile per Mazzarri. Quantificare in punti questi primi tre impegni è complicato perchè sono tre impegni difficili e lo sarebbero stati anche per il Napoli travolgente di Spalletti”.
Quali giocatori apparsi un po’ in difficoltà sotto la guida Garcia, come ad esempio Elmas e Lindstrom, potrebbero beneficiare del cambio di allenatore?
“Io sono convinto che un aspetto accomuna Mazzarri a Spalletti, cioè quello di portare a rendere al massimo della possibilità tutta la rosa. Spalletti lo ha fatto in maniera eccezionale l’anno scorso e credo che Mazzarri lo possa fare anche quest’anno. Hai citato Elmas, che è stato il miglior dodicesimo uomo dello scorso campionato, sempre decisivo quando è entrato, è stato sempre il primo cambio di Spalletti e si è fatto trovare pronto anche quando ha giocato dall’inizio. Io credo che però Mazzarri possa rivalutare anche giocatori che hanno fatto i titolari e che finora sono stati irriconoscibili e mi riferisco a Rrahmani, Kvaratskhelia, in parte anche a Lobotka, perchè Mazzarri è capace di tirare fuori il meglio dai suoi giocatori. Quindi avendo le stesse manie di Spalletti, anche nella preparazione tattica delle partite, io credo che possa portare alcuni elementi a ritrovarsi”.
Il Napoli rispetto a 10 anni fa è cambiato parecchio, anche nel modo di giocare, però c’è qualcosa del primo Napoli di Mazzarri che ora potremo rivedere?
“Secondo me la voglia di non mollare mai sarà un elemento che accomunerà questo Napoli a quello vecchio. Perchè anche i gol che arrivano all’ultimo, come nel caso del vecchio Napoli, sono un segnale di una squadra che ha voglia di non mollare mai. Io credo che un altro tratto che possa essere simile sia quello delle transizioni veloci e delle ripartenze perchè al Napoli piace palleggiare e avere sempre il possesso palla, quindi nella maggior parte dei casi affronta sempre squadre e difese schierate, hanno poca intenzione di dare campo a Osimhen. Io però credo che questo Napoli con Mazzarri riuscirà a sfruttare al meglio le poche occasioni che avrà in ripartenza. Perchè Mazzarri con quel Napoli lo faceva con Lavezzi, Cavani, Hamsik e credo che in questo potrà crescere anche questo Napoli, che spesso ha preferito il palleggio e avere il controllo totale del gioco”.
Fuori dal campo, continua a tenere banco la questione del rinnovo di Osimhen. In quale periodo potrebbero esserci delle novità sul rinnovo, che sembrava cosa fatta prima che nelle ultime settimane la situazione si raffreddasse un po’?
“Di rinnovi in ballo ce ne sono diversi. Io credo che il momento complicato della squadra abbia un po’ frenato qualsiasi tipo di trattativa. Se il Napoli riuscisse a trovare un po’ di risultati per rasserenare l’ambiente, tifosi, squadra, allenatore, presidente, società e tutti, io credo possano tornare d’attualità i rinnovi. C’è quello di Osimhen, c’è quello di Kvara, il cui stesso agente ha detto che potrebbe essere ritoccato a breve, c’è quello di Zielinski, che ha rinunciato ai soldi arabi per restare a Napoli e adesso è in scadenza e deve trovare un accordo per non potersi ritrovare libero di firmare con un’altra squadra a gennaio”.
Negli ambienti romani quali sensazioni circolano sulla situazione di Smalling: potrebbe rientrare per il ciclo di partite di dicembre o credi che il suo 2023 rischia di essere già concluso?
“È una domanda da cento milioni di dollari perchè nessuno sa quando possa tornare Smalling. È una domanda che si fa anche Mourinho, che non ha capito quanto possa finire questo incubo. Il rischio che Smalling possa tornare l’anno prossimo c’è e il fatto che la Roma cerchi un difensore sul mercato è un segnale evidente dei dubbi che ci sono a Trigoria”.
La cessione di Smalling a gennaio è uno scenario concreto e fattibile? E quali sono i nomi che circolano con più insistenza per la difesa della Roma?
“Io faccio fatica a immaginare un presidente di un club che si presenti dai Friedkin con dei soldi contanti per un giocatore che non ha giocato nemmeno mezzo minuto finora. Quindi, dovessi fare un pronostico faccio fatica a pensare che ci possa essere un’offerta interessante per la Roma per Smalling a gennaio. Uno dei nomi che è circolato con più insistenza è quello di Pablo Marì, però il mercato può riservare anche altre sorprese. Sicuramente la Roma sta monitorando il mercato, cerca soluzioni a basso costo se non in prestito”.
Qualora Mourinho decidesse di non rinnovare il contratto, quali sono i nomi più accreditati per la panchina della Roma per la prossima stagione?
“Non credo che la Roma stia già valutando il possibile sostituto di Mourinho. I nomi che intrigano sono sicuramente quelli di Thiago Motta e Palladino, però poi i Friedkin hanno sempre dimostrato che possono tirare fuori l’asso dalla manica. Io penso che il caso Mourinho, quello di Dybala e quello di Lukaku hanno in comune la voglia della società di tirar fuori sempre un asso dalla manica. Magari, a giugno, se Mourinho dovesse andar via, chissà che non faranno un’altra sorpresa”.
Chi, in casa Lazio, tra i vari Pedro, Felipe Anderson e Zaccagni è il più vicino al rinnovo con la Lazio?
“Pedro non so se è destinato a restare o no perchè c’è quest’ipotesi suggestiva del ritorno in Serie A di Insigne. Sul futuro di Pedro ho qualche dubbio. Vediamo quello che succederà con Zaccagni e Kamada perchè anche la situazione contrattuale di Kamada è molto particolare. Quindi è un bel rebus perchè con la Lazio non c’è mai la certezza di quello che succede perchè le situazioni sono sempre protratte a lungo da Lotito che probabilmente ha anche una tecnica operativa che porta a prolungare sempre i tempi su qualsiasi operazione, sia di mercato che di rinnovo”.
Quante possibilità ci sono per il trasferimento a gennaio di Insigne alla Lazio?
“Se riusciranno a far quadrare tutte le caselle io credo che sia un’operazione che possa anche andare in porto. La sua voglia tornare in Italia mi sembra chiara dopo la mossa di aver cambiato gli agenti di recente, di essersi affidato peraltro agli stessi di Luis Alberto, di Fabian Ruiz, quindi se si riuscirà a trovare una quadra sull’ingaggio e riuscirà ad arrivare in prestito o addirittura a liberarsi dal Toronto, io credo che sia una soluzione abbastanza possibile”.
ESCLUSIVE
ESCLUSIVA – Francesco Troise: “Cannavaro è da top club, con Osimhen torna il leader del Napoli”
Pubblicato
7 giorni fa:
Novembre 24, 2023
Questo weekend torna la Serie A e, oltre al derby d’Italia di domenica sera, gli occhi sono puntati sul ritorno di Walter Mazzarri sulla panchina del Napoli e del probabile rientro dall’infortunio di Victor Osimhen. Chi meglio di Francesco Troise, allenatore e collaboratore dello staff tecnico di Fabio Cannavaro, per capire meglio la situazione in casa partenopea tra le super sfide che attendono i campioni d’Italia e il futuro del bomber nigeriano? Queste le sue parole ai microfoni di Numero Diez.
Impossibile, però, non partire dal rapporto di Francesco Troise con Fabio Cannavaro, legati fin da quando entrambi giocavano nel settore giovanile del Napoli.
Come è nato il tuo rapporto con Fabio Cannavaro?
“Noi ci siamo conosciuti ancora prima di giocare nel Napoli, perchè entrambi eravamo alla scuola calcio Italsider. Per me quella è stata una possibilità per conoscere Fabio e altri ragazzi che ho poi ritrovato nel settore giovanile del Napoli. Io avevo un anno in più, quindi abbiamo passato più tempo insieme nella Primavera. Anche io dopo la carriera da calciatore ho iniziato a fare l’allenatore. Ho lavorato prima con Giuseppe Sannino nel Catania, nel Chievo Verona e nel Watford. Poi ho ritrovato Fabio, che voleva diventare allenatore, e parlando è nata l’idea di una collaborazione insieme di cui sono molto felice”.
Che tipo di allenatore è Fabio Cannavaro?
“È un perfezionista. Non è facile lavorare con un idolo e una leggenda. Io porto massimo rispetto per quello che è stato come calciatore e ora come allenatore. Per me è il Mister, ho superato quello che siamo stati da giovani. È molto professionale: sempre il primo ad arrivare il campo e, nonostante il numeroso staff di cui si compone, vuole sempre avere il controllo su tutto. Come nella carriera da calciatore, dove dicevano che non avesse il fisico per fare in difensore, anche ora si avvale della sua incredibile scaltrezza e furbizia per valorizzare al meglio i suoi progetti. È un allenatore molto esigente lavorativamente parlando. Per la personalità e il carisma che trasmette, lavorerebbe meglio in un top club rispetto a squadre di categoria minore“.
In merito al progetto di riqualificazione del “Centro Paradiso” avviata da Fabio Cannavaro, che ricordi conservi della tua esperienza nel settore giovanile del Napoli?
“Per farti capire, quando sono entrato nei Giovanissimi ci portavano a vedere gli allenamenti del Napoli di Maradona. Io poi ho fatto tantissimi allenamenti con loro in Primavera e ho addirittura vissuto lì. Chiaramente Fabio ha fatto un’operazione a cuore aperto. Ha avuto la possibilità di ritoccare con mano quello che ha vissuto da piccolo e ora lo sta facendo vivere ai napoletani“.
Quanto conteranno le prime quattro partite del nuovo Napoli di Mazzarri per indirizzare la stagione degli azzurri?
“Queste quattro partite (Atalanta, Real Madrid, Inter e Juventus, ndr) sarebbero state difficili per chiunque, da Sarri a Spalletti. Mazzarri avrà di fronte squadre che hanno tantissime qualità individuali e che fanno la differenza sia in Italia, sia in Europa. Per il Napoli sono tutte partite alla portata, ma che ovviamente nascondono tante insidie. Speriamo che l’avvento di Mazzarri porti entusiasmo nello spogliatoio per far rivivere le qualità tecniche che abbiamo visto l’anno scorso. Ritengo però che Rudi Garcia sia stato “sfortunato”: non ha avuto la possibilità di godere della simbiosi con il gruppo squadra e con la città per aiutarlo nella sua voglia di far giocare il Napoli in modo armonioso, cosa che aveva sempre dichiarato“.
Chiudiamo con il caso Osimhen: qual è secondo te il suo futuro?
“Osimhen per il Napoli è di estrema importanza, perché ha una grande personalità. È il vero leader caratteriale del gruppo. Il suo apporto in campo serve sia in termini di gol sia di personalità per far sì che la squadra cresca di autostima. In merito al suo futuro, quando c’è un cambio di allenatore succede sempre qualcosa: le tensioni diminuiscono e certe situazioni negative vengono riazzerate. Oggi, però, fanno la differenza i contratti faraonici che vengono proposti in altri campionati. Io non credo che Osimhen possa cambiare idea sul suo futuro in relazione all’allenatore del Napoli. Bisogna capire se vuole confrontarsi con altri campionati e vuole guadagnare altri soldi. Non influirà sulla scelta solo il cambio dell’allenatore“.
Fonte immagine in evidenza: profilo IG Francesco Troise
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Fantacalcio


I consigli del fantacalcio per la 13ª giornata
I CONSIGLI DEL FANTACALCIO PER LA 13ª GIORNATA – Terminata l’ultima sosta nazionali dell’anno torna il Fantacalcio ma questa volta...


Le probabili formazioni della 13ª giornata di Serie A
LE PROBABILI FORMAZIONI DELLA 13ª GIORNATA DI SERIE A – La Serie A, con la sosta nazionali in programma, tornerà...


10 giocatori da prendere ADESSO al Fantacalcio
Il Fantacalcio durante la sosta nazionali è complicato da gestire. Alcuni fantallenatori hanno gli scambi chiusi, non possono più migliorare...


I consigli del fantacalcio per la 12ª giornata
I CONSIGLI DEL FANTACALCIO PER LA 12ª GIORNATA – Nuovo venerdì, nuovi consigli per il fantacalcio. Siamo già alla 12ª...
Serie A


Maldini shock a Repubblica: “Ci sono persone senza rispetto per il Milan. Cardinale? Mi licenziò con un battuta”
Paolo Maldini è intervenuto ai microfoni de La Repubblica, commentando alcuni retroscena degli avventimenti della passata stagione. Maldini ha parlato...


Mascara si racconta: “Fui vicino a City e PSG, Simeone al Catania era avanti coi tempi””
Durante la trasmissione TvPlay, Giuseppe Mascara, ex giocatore del Catania, si è raccontato. In particolare, sono stati trattati dei temi...


De Laurentiis ipotizza lo stadio a Pompei: la risposta del sindaco
Ieri, prima del match tra Real Madrid e Napoli, Aurelio de Laurentiis, ha parlato delle varie possibilità relative possibile nuovo...


Le curiosità sulla 14ª giornata della Serie A 23/24
LE CURIOSITÀ SULLA 14ª GIORNATA DI SERIE A 23/24 – Dopo una settimana intensa per le coppe europee, torna la...
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