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ESCLUSIVA - Dario Mastroianni: "L'Argentina è la mia favorita"

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ESCLUSIVA – Dario Mastroianni: “L’Argentina è la mia favorita”

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Atletico Madrid, De Paul viene blindato dalle parole di Cerezo

ESCLUSIVA – Tanto calcio, italiano ma non solo. A tutti coloro che credono di saperne sui campionati di seconda fascia consiglio una chiacchierata con Dario Mastroianni: una delle principali voci per quanto riguarda le telecronache su DAZN. Studio maniacale, cuffie e let’s go: Dario Mastroianni si racconta ai microfoni di Numero Diez.

Hai commentato alcune partite da remoto: quanto conta il calore del pubblico per farsi coinvolgere nella telecronaca?

“Tantissimo. Capita comunque spesso di commentare partite ‘da tubo’. La differenza è grande: magari ti ritrovi il sabato sera allo Stadium e poi la domenica in redazione fa tutto un altro effetto. Quando sei allo stadio rischi quasi l’effetto contrario: il pubblico ti coinvolge talmente tanto che potresti farti trascinare troppo nella telecronaca. Con l’esperienza ci fai l’abitudine, devi imparare a gestire le emozioni”.

Le prime telecronache nella ProLeague belga e poi il passaggio ad altri campionati più sottovalutati: quale consigli maggiormente di seguire?

Ho iniziato con la Jupiler ProLeague, con cui è nato un amore molto particolare. Ho vissuto gli anni in cui il campionato belga era molto in crescita e in quel periodo ci giocavano gente come Izquierdo, colombiano che poi è finito in Premier, Praet, Tielemans e tanti altri. Mi sono spostato poi a commentare il campionato brasiliano, quello scozzese, con cui però non è scattata la scintilla, e poi le coppe sudamericane. Penso che il più interessante tra quelli di seconda fascia sia proprio quello belga e avrò sempre un occhio di riguardo per questo”.

Uno dei tuoi pupilli è Daniel Maldini e hai avuto il piacere di seguirlo in telecronaca in Milan-Spezia: come hai preso il suo gol contro i rossoneri?

“Scrivevo articoli per ‘Sprint e Sport’ e un giorno sono capitato al Vismara per vedere il Milan. Qui c’era un giovanissimo Daniel Maldini che si era messo in mostra. Poi il calcio è fatto di storie, di destino. C’è un grande mondo sott’acqua che prima o poi viene fuori. In telecronaca avevo tante di quelle cose a cui pensare che non ci ho dato nemmeno troppo peso, quasi me ne sono reso conto solo dopo del significato storico che c’è dietro un gol di un Maldini contro il Milan. Il modo in cui è venuto fuori il gol stesso è proprio strano, ma queste sono le storie del calcio. Poi aveva realizzato il suo primo gol in Serie A proprio contro lo Spezia lo scorso anno. Anche questo è destino. Particolare anche la mia prima telecronaca a San Siro, dove Daniel faceva il debutto da titolare in Serie A. Coincidenza particolare”.

La Juventus ha ripreso a marciare a pieno ritmo in campionato e Allegri ha vinto il premio di miglior allenatore di novembre in Serie A: perché la critica lo dipinge ancora come finito?

“Ho letto un articolo che era intitolato: “La grande rimonta della Juve sul Napoli: da -10 a -10”. A parte il sarcasmo che caratterizzava il titolo, bisogna dire che la Juve ha fatto davvero una grande rimonta in classifica e i miglioramenti si sono nettamente visti. Si può giocare sul gioco poco divertente, ma per portare a casa i risultati non serve sempre giocare un bel calcio. Qualche anno fa la dirigenza aveva deciso di mandare via Allegri per provare qualcosa di nuovo, perché quando continui a vincere cerchi sempre di trovare nuove sfide. Avevano scelto un profilo come Sarri, lontano dal mondo Juve in quel momento storico, soprattutto per le caratteristiche della squadra. Poi Pirlo, alla prima esperienza in assoluto, con l’intento di portare nuove idee. Ora si è tornati ad Allegri e, vista la situazione attuale, credo che chiunque avrebbe avuto difficoltà. Magari qualcuno avrebbe agito diversamente, ma sta riuscendo a uscire da un periodo molto difficile, non era assolutamente scontato”.

Pausa Mondiale che l’Inter deve sfruttare per riflettere sul futuro: i nerazzurri possono ancora sognare lo Scudetto?

“Assolutamente sì, perché è una squadra molto forte. Li ho seguiti solo una volta quest’anno in Udinese-Inter e ho notato una squadra disconnessa mentalmente. A me piaceva molto l’Inter di Conte per l’identità di gioco che esprimeva ogni volta che scendeva in campo. Questa Inter deve lavorare tanto a livello mentale, ma deve ancora ambire allo Scudetto perché è una squadra veramente forte e può far paura a quelle davanti”.

Restando su Qatar2022: chi è la tua favorita? E invece c’è una scommessa su cui punteresti?

Si parla tanto dell’Argentina e la vedo come la mia favorita perché credo che in questo Mondiale così strano, il gruppo sarà ciò che conterà di più. L’Argentina il gruppo lo sta costruendo da diverso tempo, convocando quasi gli stessi ogni volta. Poi ci sono giocatori cresciuti davvero tanto, come Rodrigo De Paul e Lautaro Martinez. Nel 2019 sono arrivati terzi in Copa America e poi sono riusciti a vincerla. Il rischio è quello di credere di essere i più forti, ma soprattutto pensare di doverlo vincere perché è l’ultimo di Messi. Anche il Brasile ha una bella squadra, ma bisogna capire se davvero le sudamericane hanno colmato lo squilibrio con le europee. Non ho ben capito in quale direzione abbia fatto le scelte l’Inghilterra e credo che per la Spagna sarà un Mondiale di passaggio. È difficile che ci sia una sorpresa, qui tutti sono forti. Staremo a vedere”.

Come hai iniziato il tuo percorso in telecronaca? Lo consiglieresti ai più giovani che vogliono intraprendere questa strada?

“Inizialmente mi divertivo solo a fare le mie telecronache su FIFA. Prima della maturità ho provato il workshop di Sportitalia, dove ho conosciuto il maestro Stefano Borghi. Sono riuscito a rimanere in contatto con lui e gli mandavo alcune mie telecronache fatte a casa. Poi mi sono spostato su Fox Sports. Ho fatto la mia prima telecronaca in seguito a una serie di coincidenze a 20 anni e un giorno. Poi da lì hanno iniziato a chiamarmi sempre più spesso. Non saprei se definire “lineare” il mio percorso, sicuramente è stato molto diverso rispetto a quelli che hanno iniziato a fare il mio lavoro 15/20 anni prima di me. Inizialmente era solo per passione e facevo volentieri le trasferte a Meda, poi poco alla volta è diventato anche altro. Ai ragazzi consiglio di trovare un luogo in cui stiano bene e che possa aiutarli nel loro percorso di crescita”.

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ESCLUSIVA – Braida: “Vi racconto il Milan che ha scritto la storia”

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BRAIDA MILAN – Ariedo Braida, uomo mercato del Milan di Berlusconi, ha raccontato in esclusiva la sua vita e tantissimi retroscena di quegli anni all’interno del format Behind The Mask. Ha parlato anche di alcune trattative che hanno caratterizzato le sue stagioni in rossonero, come quelle di Rijkaard e Shevchenko, oltre ai rapporti con Berlusconi e Galliani.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL RAPPORTO CON GALLIANI

“Abbiamo un rapporto fraterno, più profondo dell’amicizia. Con lui ho condiviso esperienze meravigliose: prima a Monza e poi al Milan per quasi 28 anni”. 

“L’unica volta che siamo andati insieme a guardare un calciatore era per Shevchenko. Siamo andati a Kiev insieme, ma quella sera Shevchenko non era in forma o ben predisposto e aveva giocato una partita sottotono. Adriano non era convinto di questo giocatore perché chiaramente non aveva avuto una buona impressione. Io però l’avevo visto in precedenza e mi era sembrato un giocatore con delle qualità, importante, potente, con una capacità di arrivare al gol in una maniera straordinaria. Capiva il gioco, aveva l’intuizione e nel calcio è fondamentale: 2+2 non fa 4, ma l’intuizione è fondamentale, quindi lui arrivava al posto giusto al momento giusto. A me era piaciuto per questo: poi comunque l’ho convinto, è arrivato al Milan e ha fatto 176 gol, diventando il secondo capocannoniere della storia del Milan dopo Nordhal”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL RAPPORTO CON BERLUSCONI

“Berlusconi era una persona straordinaria, un visionario. Alla prima convention che abbiamo fatto appena arrivato al Milan, lui ha detto una cosa importantissima: ‘Dobbiamo essere la squadra più forte del mondo. Più forti dell’invidia, delle ingiustizie e della sfortuna’. Questa è una cosa che non ho mai dimenticato e non dimenticherò mai. Da lì si capiva che tipo di intuizione aveva questo uomo: una capacità straordinaria e bisognava pensare in grande. La sua storia parla chiaro di imprenditore e di grande presidente del Milan”.

“Io ho sposato la causa. Quando abbiamo iniziato l’avventura sembrava una cosa impossibile, poi il sogno è diventato realtà”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL SUO RUOLO NEL MILAN

“Il mio ruolo era quello di stare vicino alla squadra, di vedere e cercare i giocatori. Avevo un rapporto bellissimo con una persona che negli anni ’90 aveva un impianto satellitare dove registrava le cassette di tutto il mondo. Io riuscivo a vedere in anticipo alcuni giocatori, cosa non facile a quei tempi e quindi vedevo e valutavo eventuali possibilità. Se mi piacevano, li andavo a vedere o mandavo qualcuno a osservare e poi andavo io. Così arrivavamo prima degli altri perché avevamo queste informazioni in anticipo. Oggi si arriva facilmente a tutto, basta aprire un computer e troviamo tutto ciò che vogliamo, mentre all’epoca non era così facile”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL CONTRATTO DI RIJKAARD NEI PANTALONI

“Eravamo a Lisbona con gli uffici che erano sotto le tribune dello stadio dello Sporting. La trattativa era già conclusa e la stavano riprendendo alla televisione. Un gruppo di tifosi, che non volevano che Rijkaard venisse ceduto, sono arrivati e hanno scardinato una porta degli uffici. Sono entrati, i dirigenti dello Sporting sono scappati e noi eravamo sbalorditi nel vedere tutto questo. Il contratto era rimasto sul tavolo, io l’ho preso e me lo sono infilato nei pantaloni pensando: ‘Qui sicuramente non lo prenderà nessuno’. E così è stato (ride, ndr). Le cose poi sono andate come tutti conosciamo: è arrivato qua da noi, è stato un grandissimo giocatore che ha contribuito a scrivere la storia del Milan di quegli anni”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL MANCATO ARRIVO DI TOTTI

“Totti era un ragazzo quando avevamo l’intenzione di portarlo al Milan. Abbiamo tentato di prenderlo, però lui ha preferito rimanere con massimo rispetto da parte nostra per la sua scelta. Lui romano e romanista, con la sua squadra nel cuore, ha preferito rimanere a Roma. Ogni tanto, quando successivamente l’ho incontrato, alla fine della sua carriera, gli ho detto: ‘Se però fossi venuto da noi, avresti potuto vincere il Pallone d’Oro’. E lui rispondeva: ‘Forse sì’. Comunque non è un rammarico, è la vita che porta alcune cose e altre no”.

ESCLUSIVA BRAIDA – LA CHIUSURA CON IL MILAN

“Come tutte le cose, c’è un inizio e una fine. Io pensavo di essere immortale e di rimanere sempre al Milan. Avrò sempre questa squadra nel cuore, è come fossi sempre partecipe. Quando vivi una realtà come l’ho vissuta io per quasi 28 anni, non si può chiedere altro. Fa parte della mia vita, è stata una grandissima parte della mia vita il Milan. Ora continuo a seguirlo, sono un grandissimo tifoso del Milan e sarà sempre nel mio cuore”.

“Ora spero che giochi bene, sia sempre competitivo sia in campionato che in Champions. In questo momento è un pochino al di sotto, ma mi auguro che piano piano recuperi questo gap e che ritorni a essere il Milan che ha scritto la storia degli ultimi 35 anni”.

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ESCLUSIVA – Braida: “Pogba-Barça? Ecco cosa non è andato, su Fagioli…”

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BRAIDA MILAN – Ariedo Braida, uomo mercato del Milan di Berlusconi, ha raccontato in esclusiva la sua vita e tantissimi retroscena di quegli anni all’interno del format Behind The Mask. Il dirigente si è soffermato sulle altre esperienze lontano da Milano, dove ha condotto numerosissime trattative come quella che poteva portare Pogba dalla Juventus al Barcellona nel 2016.

ESCLUSIVA BRAIDA – I VALORI DI UNA CARRIERA

“Ho letto qualche giorno fa un articolo nel quale Spalletti riprendeva i giocatori e portava avanti i valori della Nazionale. Mi sono trovato in pieno in tutto ciò che chiedeva ai suoi ragazzi: basta PlayStation, andiamo alla ricerca dei nostri valori, quelli dell’impegno, della serietà, dell’umiltà, dove noi tutti ci dobbiamo riconoscere. Importante nella vita è avere ben chiaro sapere dove si vuole arrivare. Questo penso sia fondamentale per tutti, soprattutto nello sport dove non è abolito il sacrificio. Per ottenere un certo tipo di traguardo, per vincere, hai bisogno di sacrificarti. Se tutti si sacrificano, vuol dire che c’è stato impegno massimo e può anche arrivare il risultato. Tutti giochiamo per vincere e i valori sono la base fondamentale per poter ottenere vittorie”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL BARCELLONA

“Lì c’è un ambiente magico, soprattutto con Messi. Calcisticamente parlando è un calciatore incredibile, straordinario. Ogni tanto le partite erano complicate, si arrivava al 90′ e con lui avevi sempre una speranza grazie alle sue magie e alle sue punizioni incredibili. È un giocatore straordinario, con una capacità di fare gol, che si è portato anche negli Stati Uniti. Li farà sempre, finché giocherà a calcio, fino a 50 anni. Batterà tutti i record perché è un giocatore unico”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL MANCATO ARRIVO DI POGBA

“Ci sono momenti in cui fai una trattativa e pensi di poter arrivare a un giocatore, ma per acquisirne alcuni ci vogliono tante risorse, che non sempre le società hanno. Quindi molte volte ti fermi di fronte al fatto che mancano certe risorse e non riesci a portare a termine ciò che speravi e volevi”.

ESCLUSIVA BRAIDA – LA CREMONESE

“È un piccolo ambiente di provincia, sano, bellissimo, dove si respira un’aria padana, della terra contadina. Io sono nato in Friuli, quindi sono un padano, quindi era come se fossi a casa mia. Trovarsi in mezzo alla campagna, con un duomo bellissimo, un paese bellissimo e una proprietà molto forte. Il patron Arvedi ha dato tanto e sta dando tanto alla Cremonese e lo continuerà a dare. Quindi la Cremonese per me è stata una sfida. Quando l’ho incontrato, il cavaliere Arvedi mi ha chiesto se me la sentivo di ripartire dalla Serie B, con la squadra ultima in classifica. Io gli ho risposto: ‘Voglio una sfida con me stesso, il calcio mi piace. Il Milan è il Milan, ma la Serie B è sempre calcio. Io lo vivo con una passione incredibile e lo vivo ancora, lo vivrò finché vivrò in una maniera intensa. Sono nato giocando e ho vissuto da sempre questo mondo meraviglioso”.

ESCLUSIVA BRAIDA – FAGIOLI ALLA CREMONESE

“L’ho visto come un ragazzo, calciatore e talento. Aveva delle qualità superiori alla norma. Era un ragazzo che mi piaceva calcisticamente parlando. Ora è incappato in questa disavventura e io gli auguro di ritornare a essere un ragazzo semplice, che vive la sua realtà, questo mondo meraviglioso. Lui può dare tanto al calcio e il calcio può dare tanto a lui. Mi auguro che possa tornare presto a giocare”.

ESCLUSIVA BRAIDA – UN’ALTRA SFIDA

“Dipende da chi vuole darmi una possibilità. Sono disponibile perché mi piace, per la passione che mi anima sono convinto di avere ancora molto da dare. L’esperienza non si compra e io ho un’esperienza lunghissima in questo mondo e penso di poterla dare a chi ne avesse bisogno o chi credesse nel sottoscritto”.

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ESCLUSIVA – Boscaglia: “A Trapani ho solo ricordi meravigliosi. Vi racconto Dany Mota…”

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Partito ad allenare dalla Promozione siciliana, Roberto Boscaglia è arrivato fino in Serie B, passando per tutte le categorie in mezzo e raggiungendo grandissimi traguardi. Il tecnico siciliano ha parlato della sua carriera in esclusiva ai nostri microfoni.

L’INTERVISTA COMPLETA A ROBERTO BOSCAGLIA

Nella stagione 2018/2019, lei ha allenato Dany Mota Carvalho alla Virtus Entella. Cosa si ricorda di lui? Ci racconta qualche aneddoto?

“Ci siamo sentiti qualche giorno fa dopo il gran gol a Genova, in un campo che porta bene a lui. Lì ha segnato uno dei rigori della serie finale nel match di Coppa Italia con il Genoa di Juric che abbiamo vinto. Veniva dal settore giovanile e io lo trovai come terzo/quarto attaccante. Era un ragazzo di appena 19 anni che però si è messo subito in luce, l’ho messo titolare alla prima partita ed è rimasto così. Era un giocatore in forte crescita, con forza nelle gambe e con un grande fiuto del gol. Si faceva voler bene dal gruppo”.

Rispetto a quando lo allenava lei, in cosa è migliorato Dany Mota? Dove può ancora crescere?

“Dany è migliorato tanto, già in quell’annata con noi. Spesso quando veniva tra le linee aveva un buon primo controllo e poi scopriva la palla, questa era una cosa su cui, anche in quell’anno, abbiamo lavorato. Era un giocatore che prima abbassava un po’ più la testa e giocava meno con i compagni e in quella stagione iniziò a lavorare molto con e per la squadra. È un giocatore che si spende per la squadra e per il proprio reparto. Su questa cosa ha avuto grandissimi miglioramenti”.

Nella rosa del suo Brescia prima e successivamente anche in quella della Virtus Entella era presente Luca Mazzitelli, ora capitano del Frosinone. Cosa ci dice di lui?

“Luca l’ho avuto a Brescia, quando aveva ancora 19 anni. Lui era un giovane, scuola Roma, ma in quell’anno ha fatto un grandissimo campionato. All’Entella invece l’ho voluto io. Veniva da un infortunio e stava giocando poco al Genoa in Serie A. Lo prendemmo e lui fece un bellissimo girone di ritorno con noi. È meraviglioso, un ragazzo stupendo a cui voglio bene e con cui ho un grandissimo rapporto. Si fa voler bene all’interno dello spogliatoio e dà tutto sé stesso, gioca sempre al 101%”.

E su Milan Djuric, attuale centravanti del Monza, che ha avuto al Trapani in Serie B?

“Djuric è un giocatore che ho voluto fortemente al Trapani al primo anno di B. L’ho avuto solo nel girone d’andata, perché poi andò al Cittadella. Era giovane e promettente e lo chiamavamo il gigante buono, era un ragazzo fantastico. È un giocatore molto forte, il classico attaccante con caratteristiche difficili da trovare tutte insieme, perché ha grande copertura della palla, bravo di testa, fisicamente devastante e ha il fiuto del gol”.

A Palermo ha invece avuto Lorenzo Lucca, ora all’Udinese…

“Lorenzo è un ragazzo magnifico, con il quale ho avuto un rapporto quasi da padre a figlio. L’ho avuto in Serie C inizialmente come terzo/quarto attaccante, un po’ come Mota, e invece lui a suon di prestazioni, gol e ottimi allenamenti si è preso la titolarità. Ha fatto grandi cose quell’anno a Palermo. È un ragazzo che non tira mai la gamba indietro e che ci crede su tutti i palloni. È meravigliosamente forte di testa e ha fiuto del gol, ma ha ancora alcuni fondamentali da migliorare. Viene anche a giocare tra le linee e lavora per la squadra, quindi non è solo in area”.

LA SUA CARRIERA

Nella sua carriera da allenatore, Roberto Boscaglia ha portato il Trapani dalla Serie D alla Serie B in 4 anni. Ci può raccontare di questa storica impresa? 

“Sono ricordi meravigliosi, abbiamo fatto 6 anni splendidi. Siamo partiti dalla Serie D con un gruppo che ho portato io e che conoscevo, ma anche con una società straordinaria. C’erano il compianto Presidente Morace, che è stato come un secondo padre, e dirigenti con cui avevo un ottimo rapporto. Voglio sottolineare il contributo di tutti quanti, dalla società ai giocatori ai tifosi”.

“Abbiamo poi coinvolto la città. Siamo arrivati a Trapani con molto scetticismo, erano anni che la squadra non andava tra i professionisti. La tifoseria è stata meravigliosa e ci ha amato subito. Quindi è stato un tutt’uno, è stata un’intera città che ci ha spinto fino al sogno, che era la Serie B, categoria in cui il Trapani non c’era mai stato. Un’intera provincia si è stretta attorno alla squadra. Il vero capolavoro dei 6 anni è stata la stagione 2012/2013: siamo ripartiti dopo aver mancato la promozione in Serie B di poco l’anno precedente e farlo, vincendo il campionato, era difficilissimo. Ma ne siamo stati capaci”.

Lei ha raggiunto la Promozione con la propria squadra ben 5 volte. Dall’Eccellenza con l’Alcamo e il Nissa, dalla Serie D con il Trapani e dalla Serie C con ancora il Trapani e la Virtus Entella. Quale è l’ingrediente necessario per raggiungere questo tipo di traguardi?

“Ci sono molte componenti che si devono incastrare. L’identificarsi in una terra, capendo cosa significa la maglia per la gente della città, è determinante. Il giocatore deve capire in che realtà sta giocando. E l’allenatore deve essere bravo a calarsi subito nella mentalità, a vivere la gente e farsi conoscere come persona”.

“Poi ci vogliono competenza, lavoro e sacrificio ed è difficile capire quale è la più importante. Una squadra ha bisogno anche della propria società. Avere la possibilità di essere in una città che ti accoglie e che ti ama è un’altra componente importante. Non c’è un vero ingrediente decisivo, ma diverse cose si devono incastrare per indirizzarti sulla strada del successo”.

Lei è partito dalla Promozione ed è arrivato fino alla Serie B. Quali differenze ha notato tra le categorie?

“Le emozioni e le motivazioni sono uguali, ci sono differenze di qualità. Tra dilettanti e professionisti ci sono tipi di calcio differenti, ma anche tra Serie C e Serie B ci sono cose diverse. In C c’è un calcio meno tecnico e qualitativo e con meno agonismo. In B si corre tanto come in C, ma bisogna farlo con qualità. Devi avere abilità tecniche importanti in cadetteria. Poi c’è una differenza ambientale tra categorie. Le categorie sono comunque così diverse che le squadre che retrocedono fanno fatica a ripartire. Non è facile abituarsi al nuovo livello, anche inferiore”.

Lei ha parlato del legame con la città di Trapani. Quanto è importante la spinta dei propri tifosi?

“L’appoggio dei tifosi è determinante. A Palermo c’è una piazza spettacolare. Trapani è stato meraviglioso, ma anche Brescia e Foggia hanno curve bellissime. A Chiavari invece siamo stati bravi a trascinare una città. I tifosi sono stati con noi fino alla fine e insieme abbiamo raggiunto la promozione. Quando vai in una squadra devi vivere la città e i tifosi, il loro apporto dà qualcosa in più ai giocatori. Il tifoso diventa il dodicesimo uomo in campo”.

Boscaglia ha poi concluso parlando del futuro:

“Ho moltissima voglia di tornare ad allenare. Chi mi chiama in questo momento fa un affare perché ho tanta voglia di rimettermi in gioco. In questo periodo ho visto diverse partite, mi sono aggiornato e ho girato un po'”.

 

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ESCLUSIVA – Dal mancato trasferimento a gennaio al futuro incerto (in Serie A?): la situazione su Saldanha

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Matheus Saldanha, giocatore del Partizan Belgrado - Superliga, Coppa di Serbia, Supercoppa di Serbia, Champions League, Europa League

Tra i nomi finiti sul taccuino dei dirigenti del Torino per la scorsa sessione invernale di calciomercato va segnalato quello di Matheus Saldanha. Sul giovane attaccante in forza al Partizan Belgrado si è scatenata una vera e propria “ressa”, con Siviglia e Fenerbahce interessate al suo profilo. In particolare i turchi avevano formulato un’offerta da sei milioni di euro al club serbo che però l’avrebbe gentilmente fatta rispedire al mittente. Il Partizan Belgrado avrebbe fissato il prezzo del suo cartellino intorno tra gli 11 e i 12 milioni di euro e non era stato disposto a cedere il suo gioiellino per un prezzo inferiore. Ma non c’è solo questa forbice importante tra domanda e offerta che avrebbe fatto saltare il suo trasferimento.

Allo stesso tempo i serbi non avrebbero avallato la sua cessione per un altro semplice motivo. Infatti il Partizan Belgrado è in piena lotta per il campionato e privarsi di uno dei suoi pilastri, per il quale la scorsa estate ha fatto un investimento cospicuo per le casse del club da 1.5 milioni, sarebbe stato controproducente. La situazione è però in continuo evolversi. Già per la prossima estate sono previsti rilevanti aggiornamenti con alcuni importanti club europei, tra cui quelli citati, che potrebbero tornare alla carica per Saldanha. Tuttavia, ciò avverrà a patto che il brasiliano non si operi a seguito dell’infortunio rimediato al flessore. La variabile relativa a questo stop giocherebbe quindi un ruolo fondamentale per la sua futura cessione. Nel caso non dovesse operarsi, infatti, il giocatore potrebbe salutare il Partizan Belgrado e cominciare un’altra importante tappa della sua carriera.

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