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ESCLUSIVA - Luca Marelli si racconta: la sua carriera e il mestiere di arbitro

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ESCLUSIVA – Luca Marelli si racconta: la sua carriera e il mestiere di arbitro

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Luca Marelli

Luca Marelli ogni settimana entra nei salotti di tutti gli italiani, spiegando gli episodi arbitrali su DAZN. La sua carriera non è iniziata in televisione ma sul terreno di gioco, dove è stato un arbitro che ha diretto partite di tutte le categorie del calcio italiano. L’abbiamo intervistato per il nostro format “Behind the Mask“: ci ha raccontato la sua storia, la sua carriera e qualche aneddoto del mestiere di arbitro.

Come ti sei avvicinato al mondo arbitrale?

“Mio zio era un arbitro da ormai trent’anni nel CSI. Una domenica era venuto a trovare mia mamma, io ero sul divano e mi ha detto: ‘Perché invece di stare qui a fare nulla non vieni con me a provare ad arbitrare?’. Il giorno dopo mi sono iscritto al corso arbitri, poi ho cominciato in una partita di allievi nel calcio a 7. Ho iniziato un po’ per gioco, per evitare di annoiarmi, poi è arrivata la passione: fino a 22 anni sono stato al CSI, sono passato all’AIA abbastanza tardi, con un ritardo di 5 anni rispetto agli altri”.

Da arbitro sei stato testimone di tutte le categorie calcistiche in Italia, cosa cambia maggiormente quando si sale di livello?

“Cambia la qualità dei giocatori, la velocità del gioco, serve una capacità di decidere molto più veloce. Il grande salto c’è tra Serie C e Serie B e poi la Serie A è un altro mondo, da tutti i punti di vista. Io ho smesso 13 anni fa, il mondo del calcio oggi non lo conosco da dentro, ma vedendo la differenza tra Serie A e B oggi mi sembra che si sia ulteriormente amplificata”.

Nel calcio di categorie inferiori hai trovato delle differenze qualitative a livello territoriale? Arbitrare una partita di eccellenza a Milano, è diverso rispetto a Roma o a Palermo?

“Assolutamente sì, il campionato di eccellenza in Lombardia è quello più vicino alla Serie D. Al sud è più complesso, soprattutto a livello ambientale. Anche se promozione ed eccellenza, in realtà, non le ho vissute molto al sud. Ho visto il centro, nella zona di Roma, lì la qualità era leggermente più bassa rispetto alla Lombardia, non me ne vogliano le squadre del Lazio”.

Esordio in Serie A, Lazio-Siena nel 2005, puoi raccontarci le tue emozioni durante quel giorno?

“Questa partita è finita senza ammoniti, espulsi o rigori, nulla in particolare. Ricordo ancora le votazioni il giorno dopo sui giornali, è stata una bella soddisfazione. Il coronamento di una vita arbitrale, ho iniziato a 19 anni, poi ho fatto 11 anni in giro per l’Italia per l’AIA e questa partita arrivò dopo 7 gare di Serie B. Un bellissimo ricordo, ma non è la partita più importante della mia carriera. Non posso descrivere l’esperienza perché andrebbe vissuta, c’erano in campo anche giocatori come Di Canio e Chiesa, era un’altra generazione di calciatori”.

Ci hai accennato della partita più importante della tua carriera, puoi dirci qual è stata e raccontarci i motivi?

“Era la partita più attesa della stagione, forse di tutta la storia della Serie C: la finale dei play-off, Avellino-Napoli. Avevo già arbitrato Napoli-Avellino in campionato con 70.000 spettatori, record della competizione. La partita d’andata della finale era finita 0-0, quindi era ancora tutto aperto. L’ho rivista tante volte quella gara, avevo 33 anni ed ero pieno di speranze”. 

Sei mai stato aggredito durante la direzione di una partita?

“Sì è successo, durante Catanzaro-Acireale, in quel momento erano prima e seconda in classifica. Una partita bellissima, ma molto nervosa. Era stata annullata una rete all’Acireale, sarebbe stata quella del pareggio, alla fine vinse il Catanzaro 1-0. L’assistente segnalò un fuorigioco ed aveva ragione, ma non c’erano VAR e tecnologia. In campo c’era Pulvirenti, all’epoca Presidente dell’Acireale, mi ha dato una spinta tra spalle e petto ma senza farmi nulla. Avevo commesso un errore anche io però, mi sono avvicinato troppo a lui ed in quel momento era troppo nervoso, poi si è scusato prontamente e l’ho apprezzato, ma è stato ugualmente squalificato”.

Ci sono stati altri momenti in cui non ti sei sentito al sicuro in campo?

“No, riprendo una frase di Collina, lui una volta disse di non essere mai stato aggredito perché era stato fortunato, non perché fosse più bravo degli altri. Anche io non ho mai avuto problemi di questo genere, non ho avuto la sfortuna di incontrare dei pazzi, la violenza sugli arbitri è un problema che andrebbe affrontato seriamente. Chi mette le mani addosso ha problemi, se lo fai ad un arbitro devi essere allontanato dallo sport e dal mondo del calcio”.

Quando un arbitro di Serie A sbaglia se ne accorge subito? Se sì come fa a gestire il resto della partita mentalmente lucido?

“Spesso si dice che un arbitro si accorge subito dei propri errori, ma non è sempre così. Ti faccio un esempio: Modena-Juventus in Serie B, una della partite peggiori della mia carriera, c’è un fallo di Del Piero su Campedelli ed io fischio fallo ma non avevo nemmeno visto, sono andato ad intuito. La partita finisce ed io non mi accorgo di nulla, fino a quando non usciamo dallo stadio e ved0 Campedelli uscire in stampelle. Quello era un fallo da espulsione, quello che oggi si chiama vigoria sproporzionata, con tacchetti alti e ginocchio rigido. Mentre stavo uscendo il mio migliore amico mi scrive: ‘Cos’è successo? Qua in televisione stanno facendo un casino’. Quindi ti posso dire che non è sempre così, spesso non ci si accorge subito“. 

Parlando invece di pressione, è oggettivamente più difficile e quanto è più difficile arbitrare in uno stadio come San Siro o l’Olimpico rispetto a campi meno calorosi?

“A quei livelli si è professionali e professionisti, senti il rumore, senti che c’è tanta gente ed eventuali contestazioni, ma alla fine si arbitra. Non riuscirò mai a convincere chi legge che un arbitro non è influenzato, ma è così: in Italia si arriva in Serie A dopo 10/12 anni di percorso, in quel periodo hai imparato a sentire pressioni della squadra con 100, 1.000, 10.000 e poi 70.000 spettatori”.

Nel 2011 hai deciso di dimetterti dall’AIA, puoi raccontarci cosa ti ha portato a prendere una scelta simile?

“Mi sono dimesso perché c’erano stati tanti problemi. Nel 2010 sono stato sospeso per nove mesi, a causa di una faccenda assurda: una frase riportata che io non avevo mai detto. Potevo dimettermi subito dopo ma ho deciso di aspettare la fine della sospensione, cinque giorni dopo quel momento ho dato le dimissioni. L’AIA mi manca tutti i giorni, ma non quell’AIA. In quella attuale probabilmente ci lavorerei, ma adesso faccio altro e sono molto contento. La vita è troppo breve per odiare una persona, però ci sono persone che detesto e con cui non voglio più avere nulla a che fare, in quella dirigenza c’erano persone che detestavo”.

Ad oggi, dopo tanti anni senza stare sul terreno di gioco, cosa ti manca di più dell’essere un arbitro?

“Tutto, la sezione, i colleghi, le trasferte. Mi manca non aver potuto provare l’esperienza del VAR, mi sarebbe piaciuto arbitrare con la tecnologia. Mi manca tutto, per questo tengo viva questa passione in maniera alternativa. Ho creato un gruppo privato su Facebook per arbitri, in modo che anche questi siano liberi di esprimersi. Questo è anche un modo per tenermi a contatto con gli arbitri più giovani, spesso mi chiedono consigli comportamentali e non tecnici, a cui cerco di rispondere attraverso la mia esperienza”.

Cosa vorresti trasmettere agli arbitri più giovani?

“Vorrei fargli capire la responsabilità che hanno, questa esperienza gli cambierà la vita. Non voglio nascondermi, se non avessi svolto l’attività arbitrale quest’intervista non avrei mai potuto sostenerla. Io ero timidissimo, quando parlavo con le persone non le guardavo nemmeno negli occhi. L’attività da arbitro ti aiuta, ogni settimana ti interfacci con tantissime persone che non hai mai visto prima. La realtà è che uno su tremila riesce ad arrivare in Serie A: arrivarci è un grande risultato personale, però rimane a tutti una grande passione e un patrimonio personale da portare avanti”.

Oggi ricopri un ruolo molto utile in televisione, alla luce di questo, pensi che un arbitro debba poter parlare alla fine della partita e giustificare le proprie scelte?

No, torniamo all’episodio di Modena-Juventus. Se quella partita si fosse svolta ieri io sarei dovuto andare in sala stampa senza sapere niente, anche se quello sarebbe diventato l’episodio della partita. Dovrei parlare con decine di giornalisti che mentre io mi stavo sistemando nello spogliatoio hanno discusso e rivisto l’episodio, mentre io non saprei nemmeno di cosa si stesse parlando. Nemmeno negli sport più evoluti degli Stati Uniti gli arbitri parlano dopo la partita, perché non ci sarebbe l’opportunità di conoscere a fondo quello che è successo. Sono d’accordo che gli arbitri debbano parlare nei giorni successivi, l’attenzione sull’episodio sarebbe in calo ma non ci deve interessare. L’arbitro deve pensare a diffondere una cultura nuova dell’episodio, si può sbagliare e ci saranno sempre errori perché siamo esseri umani”. 

Vedendo gli errori commessi in Serie A nelle ultime stagione, ci sono dei miglioramenti che apporteresti al protocollo?

Il protocollo così è perfetto, l’interpretazione ci sarebbe anche se fosse differente. Non è un caso che non sia mai stato modificato in sette anni, rimarrà questo e giustamente: ci sono dei paletti piuttosto rigidi che lo rendono uno strumento utile e necessario per gli episodi importanti. Non deve diventare una moviola in campo, trasformando il terreno di gioco in una tribuna sportiva come quelle che vediamo in televisione: queste sono utili, ma il campo deve rimanere il campo”.

In una tua vecchia intervista hai detto: “Gli arbitri sono professionisti ma non sono riconosciuti come tali”. Puoi spiegarci meglio questo concetto? Dal tuo punto di vista è un problema economico o di gestione del lavoro?

“Si tratta di un problema di gestione. A livello economico non si guadagna male, un arbitro come Orsato guadagna parecchie decine di migliaia di euro lordi all’anno. In Serie A e in Serie B però, in Serie C non si vive facendo l’arbitro. Il problema è proprio questo: con un contratto di un anno non si dà nessuna sicurezza economica, a quel punto diventa anche difficile avere sicurezze tecniche. Si ha sempre la paura di commettere quell’errore che ti porta ad essere dismesso, perdendo tutto quello che hai costruito in 15 anni di attività. Il professionismo è necessario ma se ne parla poco, forse perché fa bene così a tanti, ma per gli arbitri è un bel problema: avere un contratto di un anno che scade il 30 giugno significa lavorare tutti gli anni per farsi rinnovare il contratto. Nessun giocatore, tranne quelli a fine carriera, accetterebbero un contratto di un anno”.

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ESCLUSIVA – Emiliano Bonazzoli: “Samp, non è solo colpa di Pirlo. Nzola segnerà con continuità”

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ESCLUSIVA EMILIANO BONAZZOLI – La Sampdoria è sicuramente la delusione più grande di questo inizio di Serie B, che la vede penultima a soli 3 punti. I blucerchiati – allenati da un Andrea Pirlo sempre più a rischio – hanno realizzato solo una vittoria e due pareggi in 8 partite. La penalizzazione di due punti, però, aggrava ancora di più la situazione che pare sempre più grigia. Di questo e di altro ci ha parlato Emiliano Bonazzoli, ex giocatore proprio del Doria e attuale allenatore.

EMILIANO BONAZZOLI: LA CARRIERA

Emiliano Bonazzoli esordisce in Serie A nel 1998 con la maglia del Brescia. Il classe ’79 ha girato diverse squadre in carriera, su tutte Sampdoria e Reggina, dove ha giocato stabilmente per anni. Negli amaranto, soprattutto, l’ex attaccante è tornato più volte, siglando 45 gol e 15 assist in 184 partite. Per lui anche una breve parentesi nel 2009 alla Fiorentina, ma anche tante altre avventure in squadre come Brescia, Parma ed Hellas. Dopo essersi ritirato nella stagione 2015-2016, Bonazzoli prende subito le vesti di allenatore guidando in Promozione la squadra del Thermal Teolo. Nel 2020, inoltre, guida anche la squadra femminile dell’Hellas. Al momento, infine, è alla ricerca di una nuova squadra.

INTERVISTA ESCLUSIVA EMILIANO BONAZZOLI: LE DICHIARAZIONI 

SUL MOMENTO DELLA SAMPDORIA “Purtroppo non ci si aspettava questo sin dall’inizio. Sicuramente si pensava che la classifica fosse diversa, però le vicessitudini del post-Ferrero e della nuova proprietà, con i debiti da risanare, ha compromesso il mercato. Si è fatta una squadra molto giovane, ma in realtà la squadra ha bisogno di giocatori con una certa esperienza. Son pochi i nomi che permettono di alzare la qualità e vincere il campionato, come Borini. Non è solo colpa di Pirlo. Quel che aveva dimostrato alla Juventus e in Turchia era ottimo. Ci vuole tempo e qualità per dimostrare, anche perché è difficile essere in una squadra come la Sampdoria”.

SULLA CRISI DEGLI ATTACCANTI DELLA FIORENTINA – “Magari può essere colpa di un periodo iniziale di ambientamento. È difficile dedicarsi al gioco che vuole Italiano, anche se Nzola era già stato insieme a lui. Speriamo per la Fiorentina che sia solo una fase in cui gli attaccanti non riescono ad essere prolifici. Per fortuna c’è Nico Gonzalez che sta facendo da trascinatore. Sicuramente, una delle motivazioni dei pochi gol degli attaccanti è il dovere di fare gioco sporco, dandosi da fare per la squadra, anche in base alle caratteristiche di Nzola. In questo momento sta dando una grande mano, sfruttando i centrocampisti con le sue sponde e, senza dubbio, arriverà il gol e inizierà a segnare con continuità“.

SULLA REGGINA – “Mi spiace tanto che la Reggina sia fallita. Ho trascorso 6 anni lì tra Serie A e Serie B e ho dei ricordi molto positivi con loro, seppur i campionati non sono sempre stati eccellenti e non tutto è stato sempre rose e fiori. Sono dispiaciuto di quel che è successo ad una società che negli ultimi 20 anni è sempre stata tra A e B.

Pensavo che dopo il fallimento di Foti non ci fossero più problemi di questo tipo. Però, purtroppo, ci sono ricaduti e dispiace più che altro per i tifosi. Credevano alla Serie B e ai playoff passati, invece sono tornati dietro a 5 anni fa. Adesso ricominciare da capo dalla Serie D non è semplice perché la squadra è stata rifatta e preparata in pochi giorni, pescando giocatori dagli svincolati. Trovare feeling in un gruppo così è difficile. Ci vorrà tempo e speriamo che possano risollevarsi, anche se sarà difficile ricostruire in poco tempo. L’auspicio è quello”.

ESCLUSIVA EMILIANO BONAZZOLI: CARRIERA

SULL’ESPERIENZA IN NAZIONALE –  “La possibilità di andare ai Mondiali del 2006 era molto remota. Per 6 mesi ho fatto benissimo alla Sampdoria, ma la rottura del crociato ha reso tutto impossibile. Mister Lippi ha portato avanti un gruppo fortissimo con attaccanti eccezionali come Inzaghi, Gilardino o Toni. Era difficile già solo far parte di quel gruppo. Tuttavia, l’esordio in Nazionale maggiore è arrivato a novembre 2006 in Italia-Turchia, ed è stata una grandissima emozione. Era cambiato molto dall’anno precedente e Donadoni, successore di Lippi, ha voluto testare altri giocatori con nuovi stimoli. Diciamo che si trattava di una Nazionale nuova, quasi rimaneggiata. In quell’amichevole io ero reduce dalla riabilitazione post-infortunio ed era un’occasione per trovare minutaggio e farsi notare in Nazionale”.

SUGLI INFORTUNI AL CROCIATO – “La situazione era molto dura. A maggior ragione perché ero reduce da un trascorso molto positivo, in cui andavo a segno con continuità. Rompersi in un momento del genere è stato come un macigno enorme sulla testa. Ma non si trattava di un recupero fisico grave, perché in 5/6 mesi sei di nuovo in campo. Piuttosto, pesa a livello mentale. Ti vengono a mancare automatismi e situazioni da ritrovare e per riprendersi totalmente ci voleva un lungo periodo. Fortunatamente lo psicologo ti sta vicino per un periodo e ti dà una mano. Inoltre (non penso solo io, ma anche nel caso di tanti altri giocatori) la voglia che c’è di rientrare e ritrovare il campo il prima possibile ti fa mettere tutto in secondo piano”.

IL COMPAGNO PIÙ FORTE IN CARRIERA – “Ho girato abbastanza squadre e non è semplice scegliere. Penso che in ognuna c’era una spalla di alti livelli: Hubner Brescia oppure Adrian Mutu Verona, Parma FiorentinaFlachi alla SampdoriaCiccio Cozza Di Michele alla Reggina. Ho avuto compagni di reparto incredibili sia a livello tecnico-tattico che come spessore personale, sotto il profilo umano. Penso che siano stati tutti ottime spalle”.

ESCLUSIVA EMILIANO BONAZZOLI: CARRIERA DA ALLENATORE

SULLE OFFERTE RICEVUTE DA ALLENATORE – “Per ora sto ancora aspettando l’opportunità giusta. Quest’anno mi sono arrivate delle offerte e una non l’ho reputata adatta. In un altro caso ho temporeggiato, avendo avuto dialoghi anche con squadre di livelli superiori ed è sfumata la possibilità di accasarmi in questa squadra. Adesso son fermo e, nonostante sia brutto da dire, si aspetta qualche esonero. Questo è il gioco del calcio: si aspetta di subentrare in corsa a scapito di altri allenatori che hanno avuto problemi durante l’arco della stagione. Ho parlato con squadre come Pergolettese e Folgore Caratese“.

SULLE AMBIZIONI DA ALLENATORE –“L’ambizione da allenatore è progredire e salire di categoria. Per quanto riguarda il breve, spero di trovare un’opportunità che mi dia più possibilità di farsi notare, arrivando ai playoff o vincendo il campionato. Mi piacerebbe trovare un gruppo abbastanza forte per dimostrare la forza dell’allenatore. Se si rimane sempre in bassa classifica o si ottiene una salvezza tranquilla non si fa mai quel salto di qualità e non si va mai avanti. Quindi l’ambizione del mio futuro è progredire e migliorare”.

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ESCLUSIVA – Dott. Casali: “Krunic e Arnautovic? Assenza di almeno quattro settimane”

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Krunic

In merito agli infortuni subiti questo weekend da Rade Krunic e da Marko Arnautovic abbiamo sentito in esclusiva il Dott. Danilo Casali, esperto in prevenzione infortuni muscolari in ambito sportivo. Ecco quanto detto:

ARNAUTOVIC

“Il problema è emerso in un’azione di gioco molto veloce durante la quale, prima di rallentare e toccarsi la coscia, sembra che vi sia stata una momentanea perdita del perfetto controllo dell’equilibrio. Può essere la prima manifestazione dolorosa della lesione muscolare ma, osservando le immagini televisive di questo specifico caso, Arnautovic potrebbe aver perso il perfetto controllo della corsa per raggiungere la palla ed il successivo tentativo di recupero dell’equilibrio (efficace perché non è caduto),  ha causato un movimento problematico che ha sollecitato in maniera abnorme il muscolo.

Solo lui che ha vissuto quelle fasi è in grado di definire la corretta cronologia dei fenomeni. Nel caso in cui la seconda ipotesi sia veritiera, la sfortuna può aver effettivamente inciso sul problema muscolare.

Per quello che riguarda la diagnosi, una “distrazione muscolare di media entità alla giunzione miotendinea del bicipite femorale” è un problema potenzialmente maggiore di quello accusato da Rade Krunic che vedremo dopo,  perché coinvolge una porzione di muscolo vicina al tendine. Questa zona è più fibrosa e meno ricca di vasi sanguigni: in conseguenza con minor “carburante” per la riparazione delle lesioni.”

KRUNIC

“L’infortunio muscolare accusato da Krunic, avvenuto calciando la palla quasi da fermo, è uno di quelli che normalmente mettono maggiormente in difficoltà gli Staff sull’analisi delle cause.  La normalissima dinamica dell’azione infatti, non è indicativa per orientare sui motivi che hanno indotto alla lesione.

Leggo che Krunic era candidato alla sostituzione: se questa era un normale avvicendamento in mezzo al campo e non era stata richiesto dallo stesso per motivi fisici già percepiti, qualora avessimo potuto effettuare una ecografia nei minuti precedenti quell’infortunio, con estrema probabilità il muscolo era integro.

La spiegazione tecnica è che sul flessore si è creata una condizione di sovraccarico relativo, durante un’attività muscolare potenzialmente normale per quell’atleta. Con la metodologia adeguata è possibile comprendere come, per molti atleti, il muscolo in cui si manifesta l’infortunio non corrisponda alle cause del problema latente che ha generato la stessa sofferenza muscolare.

Se nella squadra altri atleti hanno subito problemi analoghi (infortunio insorto con gesti tecnici non estremi dal punto di vista dello sforzo e delle sollecitazioni), molto spesso c’è un denominatore che lega la comparsa di questi infortuni, seppure i distretti coinvolti siano differenti.

Anche se la colpa ricade spesso sui preparatori, le cause possono essere identificate in maniera più minuziosa,  senza dover cambiare lo Staff o stravolgere parametri fondamentali di una preparazione spesso comunque ben programmata.”

I TEMPI INDICATIVI

“Come al solito in questi casi sarà il medico della squadra che, dopo aver fatto diagnosi, monitorerà il recupero con più controlli ecografici e con risonanza magnetica definendo poi la tempistica del ritorno in campo.  Per qualsiasi sanitario esterno agli Staff e senza i dati fondamentali del caso non è possibile stimare i tempi effettivi, che dipenderanno anche dai vari monitoraggi durante il percorso riabilitativo. Indicativamente, per ognuno di loro l’assenza potrebbe essere di almeno 4 settimane, con tempi più lunghi per Arnautovic  per quanto sopra spiegato. In questi casi la massima preoccupazione sarà anche quella di evitare recidive.”

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Calcio Internazionale

ESCLUSIVA – Il vice allenatore dello Sheriff Vezzù: “Roma? Grande squadra, ma siamo pronti”

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ESCLUSIVA ANDREA VEZZU’ – Dopo l’amaro epilogo nella finale di Budapest contro il Siviglia, la Roma di José Mourinho si appresta ad iniziare una nuova avventura in Europa League. Il debutto stagionale, sarà contro lo Sheriff Tiraspol, attuale campione di Super Liga moldava e Cupa Moldovei. A completare il gruppo G, Slavia Praga e Servette. Giovedì 21 settembre alle ore 18:45 italiane, dunque, i giallorossi scenderanno in campo contro la compagine transnistriana.

Per presentare la sfida contro la Roma, in esclusiva ai microfoni di Numero Diez è intervenuto Andrea Vezzù, vice allenatore dello Sheriff Tiraspol.

Quali sono le aspettative della vostra squadra per questa partita contro la Roma? Come avete preparato la sfida?

“Il nostro obiettivo è fare una buona figura, perché il divario è sotto gli occhi di tutti. Per noi non è semplice affrontare una squadra del genere. Ieri sera ho visto la partita della Roma, sembra abbia risolto i suoi problemi offensivi. Si sono sfogati contro l’Empoli. Sarà una gara difficile per noi, sicuramente. Noi l’abbiamo preparata al massimo, perché vogliamo fare bella figura, però il divario tecnico è importante”.

Quali sono i vostri punti di forza dello Sheriff Tiraspol che potrebbero essere decisivi in questa partita?

“I nostri punti di forza saranno sicuramente l’entusiasmo e la voglia di fare bella figura contro una squadra forte, una squadra di campioni come la Roma. Questi saranno i nostri punti di forza”.

Quali sono i principali pericoli per voi?

“Abbiamo l’imbarazzo della scelta. Dipende un po’ da come ci affronteranno e dai calciatori che verranno utilizzati. Per esempio ci sono Dybala e Lukaku, che conosciamo molto bene. Anche Belotti ed El Shaarawy sono pedine fondamentali per qualsiasi squadra. Siamo pronti ad affrontarli, con la voglia di dimostrare che anche noi siamo all’altezza dell’Europa League”.

Quali, invece, sono i punti deboli della Roma che potete sfruttare?

“Il punto debole di questa Roma potrebbe essere la possibilità che ci prenda sotto gamba o che l’impegno non sia massimale. Visto che è una squadra di professionisti, allenata da tecnico importante come Mourinho, è difficile che ci sottovalutino. Poi c’è anche il calendario: giocare ogni giovedì e domenica, per le squadre che affrontano l’Europa League, non è facile. Essendo ‘umani’ qualche calo psicofisico ci potrebbe essere, sia da una parte che dall’altra. Questo fa parte dei contro di giocare una competizione europea: ti toglie molte energia, sia fisiche che mentali e non sempre sei al 100%”.

Che clima si respira a Tiraspol? Come sarà il tifo di casa?

“Sicuramente i tifosi dello Sheriff sono entusiasti di veder giocare una squadra forte come la Roma, in casa nostra soprattutto. Si aspettano di vedere un bello spettacolo. Qui il calcio non è visto in maniera passionale come da noi in Italia, però sono dei tifosi che apprezzano lo spettacolo e vogliono vedere una buona partita di calcio”.

Come gestite la pressione e l’emozione dei giocatori prima di partite importanti come questa?

“I nostri ragazzi sono dei professionisti. Prepariamo le partite di campionato e coppa con massima attenzione sull’avversario, su come affrontarlo e come disporci in campo per far emergere le nostre qualità. E’ logico che ci sarà maggiore attenzione da parte nostra nell’affrontare questa partita. Ognuno di noi vuole confrontarsi sempre con quelli più bravi, per dimostrare che siamo ad un buon livello. E’ molto facile motivare i ragazzi per queste partite: non ci sono tanti discorsi da fare, la motivazione viene da sé”. 

Nell’ultima giornata di campionato avete battuto 5-1 il Florești: quanto può influire una vittoria del genere in vista dell’esordio in Europa League?

“Ovviamente affrontiamo la Roma con il morale giusto. Una vittoria simile, dopo la sosta per le Nazionali, dà molta fiducia. Anche noi abbiamo avuto i nazionali che sono rientrati nel corso della settimana, quindi non abbiamo avuto tanto tempo per preparare la sfida di campionato contro il Floresti. D’altronde, come tutte le squadre che hanno dei nazionali e tanti impegni. Quindi, la vittoria per 5-1 ci dà fiducia nell’affrontare questa sfida. Ripeto, vogliamo dimostrare di avere anche noi delle buone qualità”.

Due anni fa lo Sheriff, sotto un’altra guida tecnica, ha giocato contro un’altra italiana: l’Inter. Cos’è cambiato, secondo lei, rispetto a quella formazione che perse 3-1?

“Lo Sheriff è una squadra che cambia molto ogni anno. Qui passano tanti giocatori importanti, molti ragazzi che vengono dall’Africa qui trovano il punto di partenza per altri campionati e avventura in giro per l’Europa. Di quella squadra che affrontò l’Inter non c’è più nessuno. Noi siamo arrivati qui a gennaio e abbiamo avuto subito le sfide di Conference League contro il Partizan Belgrado. Abbiamo superato il turno, ma successivamente siamo stati eliminati dal Nizza. Anche di quel gruppo, molti si sono trasferiti in altre squadre. A giugno sono arrivati altri giocatori e abbiamo iniziato a costruire un nuovo Sheriff facendo tutti i preliminari: dal Farul Constanța, fino all’ultimo con il Klaksvík per accedere all’Europa League. Quindi stiamo costruendo un nuovo Sheriff”.

Quali sono i vostri obiettivi in Europa League?

“Sicuramente noi vogliamo fare bella figura, poi vediamo dove riusciamo ad arrivare. E’ logico che riuscire a continuare il nostro percorso europeo sarebbe veramente importante per noi”.

IMMAGINE IN EVIDENZA: PROFILO LINKEDIN ANDREA VEZZU’

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Calcio Internazionale

ESCLUSIVA – Scapolo: “Derby? Tiferò Inter. L’MLS può diventare un top campionato”

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Scapolo

ESCLUSIVA SCAPOLO – Sta per scadere il conto alla rovescia che ci separa dal derby della Madonnina. Alle ore 18 della giornata odierna, Inter Milan si giocheranno la possibilità di essere la capolista in solitaria di Serie A. Nonostante l’emergenza che riguarda la difesa rossonera, è difficile pronosticare la possibile vincitrice della gara, aperta ad ogni risultato.

La redazione di Numero Diez ha riportato l’opinione di Cristiano Scapolo, ex centrocampista classe  ’70, doppio ex della gara. Infatti, nonostante sia cresciuto nelle giovanili della Beneamata e abbia esordito in Serie A durante Inter-Ascoli del 1990Scapolo è stato partecipe del progetto della Milan Academy negli USA.

Dopo una carriera trascorsa tra Atalanta, Bologna, Roma, Napoli Ravenna, in cui ha incrociato alcuni fra i giocatori e gli allenatori storici degli anni ’90, il varesino si è trasferito negli States. La sua esperienza oltreoceano lo ha sempre tenuto vicino al mondo del calcio, conosciuto come “soccer”, in cui ha collaborato con squadra come Los Angeles FC FC Cincinnati, dove attualmente ricopre l’incarico di allenatore della squadra u17. Inoltre, ha fatto parte dello staff della Nazionale maggiore degli USA, guidata in quel momento da Klinsmann.

Di seguito riportato il contenuto integrale dell’intervista esclusiva di Scapolo ai microfoni di Numero Diez.

L’INTERVISTA ESCLUSIVA A CRISTIANO SCAPOLO

SUL DERBY – “Chi vince? Il derby è sempre difficile per pronostici perché è una partita a se che va al di là del momento di una squadra. Essendo interista dico Inter. Chi potrebbe risultare decisivo? Dico Lautaro per l’Inter e Pulisic per il Milan.

SULL’ESORDIO IN NERAZZURRO – “È stato molto bello esordire nella propria squadra del cuore e ancor di più essendo cresciuto nelle giovanili. Quella era una squadra piena di campioni del mondo ed era quasi impossibile pensare di ritagliarsi uno spazio. Quindi andai in prestito.

SUGLI ALLENATORI DELLA CARRIERA – “Ho avuto la fortuna di avere sei grandi maestri come Trapattoni, Ulivieri, Guidolin, Prandelli , Mondonico e tanti altri. Forse Guidolin era quello con cui avevo legato di più. Con il mister un giorno segnai un gol da 35 metri di “destro” (che io non usavo neanche per salire sul pullman) in un Ravenna -Leffe nel 1993 di Serie C. Nella squadra avversaria giocava Pippo Inzaghi. Ad ogni modo, al termine della partita il mister non voleva credere alla mia rete e disse <<il calcio è proprio strano, Scapolo segna di destro da 35 metri avendo sbagliato a tirare>>. Ma fu un gran gol … tutti risero, però eravamo contenti per la vittoria .

SU DE KETELAERE – “Potrebbe essere un’arma in più per una squadra ormai già collaudata nei meccanismi e da 4/5 anni tra le top in Europa per sistema di gioco e risultati. È un giocatore giovane e quindi con molti margini di miglioramento. Deve magari trovare un po’ di fiducia in se stesso e speriamo che riesca nella squadra di Gasperini“.

SULL’IMPATTO DI MESSI NEGLI USA – “Il suo arrivo ha impattato tantissimo non solo ai giovani americani e sui fan, ma su tutto un sistema che è sempre più in crescita. Qui andiamo verso i Mondiali 2026 e sicuramente l’arrivo di Messi è una grossa spinta in tutto“.

SUI SETTORI GIOVANILI STATUNITENSI – “Essendo allenatore di una squadra giovanile negli USA osservo spesso i giovani e ce ne sono parecchi di buoni. Sia i club che l’MLS investono molto nei settori giovanili con strutture, competizioni internazionaliseconde squadre ed è chiaro che, in questo modo, tutto il circuito migliora”. 

SULL’MLS TOP CAMPIONATO – “Penso che come numeri e organizzazione l’MLS si sta avvicinando molto ai campionati top. Ci vuole forse un po’ di tempo ad un discorso strettamente di campo legato alla tattica, ma penso che con il tempo arriverà anche quello. Ho già avuto un’esperienza con la prima squadra in qualità di secondo e chissà se dovesse arrivare in altra occasione la chiamata per allenarne una penso di essere pronto, dopo tanti anni passati tra squadre giovanili e delle nazionali”.

SUL RIENTRO IN ITALIA – “Tornare? Non saprei … Sono tanti anni che manco dall’Italia .. anche se mai dire mai. Sicuramente sono aperto a qualsiasi buona opportunità che mi faccia crescere e, perché no, in Europa, nella culla del calcio. Vedremo”.

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