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ESCLUSIVA - Ravarelli: "A Monza ho vissuto emozioni indelebili"

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ESCLUSIVA – Ravarelli: “A Monza ho vissuto emozioni indelebili”

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ESCLUSIVA – Gianluca Ravarelli è un giovane portiere classe 2003 del Legnano, che attualmente milita nel girone A della Serie D. Autore di una buona stagione fin qui, la prima tra i grandi, condita da 15 presenze, 3 clean sheet e un rigore parato.

Fino all’anno scorso faceva parte della Primavera del Monza e ha vissuto molto da vicino la scalata verso la Serie A. Oggi ha deciso di raccontarsi in esclusiva ai microfoni di Numero Diez, per spiegare il suo percorso dando un occhio al futuro.

Quando hai capito che saresti diventato un portiere e cosa ti ha portato a scegliere questo ruolo?

Fare il portiere è una passione che ho dentro da quando sono piccolo, tramandata da mio nonno e poi da mio padre che hanno giocato in questo ruolo. Posso dire di averlo nel sangue. Anche prima di incominciare a giocare a calcio, quando avevo 3/4 anni, andavo al campetto la domenica con mio padre per incominciare a fare qualche tuffo tra i pali”.

Come hai reagito quando è arrivata la chiamata del Monza? Ti sei sentito appagato o l’hai presa come un punto di partenza?

“Dopo aver fatto una grande stagione negli allievi B con la Masseroni, ho avuto la fortuna di avere qualche proposta da squadre professionistiche, tra cui il Monza. Ora che ci penso non ero consapevole dell’importanza della squadra e della società in cui stavo andando, solo successivamente me ne sono reso conto. Ero ovviamente molto contento, fu la mia prima volta in una squadra professionistica e non sapevo bene cosa aspettarmi, anche se non ho avuto nessun problema a fare gli allievi A, anno in cui ci siamo fermati per Covid”.

Tre anni nel settore giovanile, con un occhio sulla prima squadra: come hai vissuto la proprietà Berlusconi e la scalata della Prima Squadra?

Io ho incominciato a vivere la Prima Squadra al mio secondo anno di Monza, subito dopo aver fatto l’U17 (allievi A). L’estate successiva sono stato chiamato a fare la preparazione con la Prima, erano appena saliti dalla C alla B. Per me era qualcosa di straordinario vedere tutto ciò che c’era dietro ad un allenamento, tutto il personale a completa disposizione, le strutture stupende e soprattutto i compagni di squadra che mi sono trovato davanti. C’era gente che, oltre ad aver fatto la Serie A, aveva partecipato pure alla Champions. Quell’anno sono stato molto fortunato perché mi hanno convocato in campionato contro il Pisa, un’esperienza che mi rimarrà per sempre impressa nella mente. Purtroppo la stessa stagione non siamo riusciti a conquistare la serie A perché siamo usciti ai playoff contro il Cittadella”.

Una convocazione tra i grandi per il match di Coppa Italia contro il Cittadella nella scorsa stagione: come ti sei sentito? Com’è andata la scelta del numero di maglia?

L’anno dopo, ad agosto è arrivata la convocazione in Coppa Italia contro il Cittadella. Un’emozione da mettere nel bagaglio delle cose che non dimenticherò mai, a partire dalla riunione tecnica e tutto l’avvicinamento alla partita, fino ad arrivare al riscaldamento e al fischio d’inizio. Tutto ciò rappresentava una grande emozione anche per la mia famiglia che mi seguiva anche da lontano in questa meravigliosa esperienza. Purtroppo la scelta del numero non è stata così entusiasmante dato che per comodità fu la società a scegliere per me. Nel primo anno del Monza in B ho avuto il 64, il secondo il 66. Avere la maglia con il proprio nome è molto emozionante: ovviamente queste maglie le ho già messe in bacheca e regalate ai nonni”.

Ora un’esperienza formativa e da titolare in Serie D con il Legnano: come ti stai trovando? Pensi che sia utile per un giovane scendere di categoria per fare esperienza?

“Penso che sia importantissimo fare esperienza fin da subito in questa categoria, giochi con persone più grandi che ti fanno capire l’importanza di ogni singolo particolare. Inoltre, credo che la Serie D sia una categoria molto sottovalutata, potessi tornare indietro probabilmente ci sarei andato prima. A Legnano mi trovo molto bene, giocare per una piazza così importante è stupendo. Abbiamo la fortuna di avere una grande tifoseria che ci segue ovunque e farebbe di tutto per la maglia lilla”.

Qual è l’arma segreta di un portiere per restare sempre concentrato per 90 minuti?

“Non è semplice per un portiere rimanere sempre concentrato, soprattutto quando la tua squadra attacca molto e devi farti trovare preparato in quelle poche occasioni che capitano. Io cerco di parlare molto con i miei compagni, chiamando le varie marcature e preventive anche in fase di possesso nel momento in cui la squadra è nella metà avversaria”.

Dove ti vedi tra 5 anni?

“Io so sicuramente che cercherò di sfruttare ogni occasione per poter salire di livello, voglio giocare al massimo dei livelli che le mie qualità mi permetteranno. Detto ciò penso che l’anno prossimo intraprenderò un percorso universitario perché penso che il mio cammino scolastico debba continuare e completarsi con ciò. Non posso avere la sicurezza di sapere dove sarò ma ho la consapevolezza che tutte le sfide che intraprenderò le affronterò con tutto me stesso dando il 200%”.

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ESCLUSIVA – Braida: “Vi racconto il Milan che ha scritto la storia”

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Esclusiva Braida

BRAIDA MILAN – Ariedo Braida, uomo mercato del Milan di Berlusconi, ha raccontato in esclusiva la sua vita e tantissimi retroscena di quegli anni all’interno del format Behind The Mask. Ha parlato anche di alcune trattative che hanno caratterizzato le sue stagioni in rossonero, come quelle di Rijkaard e Shevchenko, oltre ai rapporti con Berlusconi e Galliani.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL RAPPORTO CON GALLIANI

“Abbiamo un rapporto fraterno, più profondo dell’amicizia. Con lui ho condiviso esperienze meravigliose: prima a Monza e poi al Milan per quasi 28 anni”. 

“L’unica volta che siamo andati insieme a guardare un calciatore era per Shevchenko. Siamo andati a Kiev insieme, ma quella sera Shevchenko non era in forma o ben predisposto e aveva giocato una partita sottotono. Adriano non era convinto di questo giocatore perché chiaramente non aveva avuto una buona impressione. Io però l’avevo visto in precedenza e mi era sembrato un giocatore con delle qualità, importante, potente, con una capacità di arrivare al gol in una maniera straordinaria. Capiva il gioco, aveva l’intuizione e nel calcio è fondamentale: 2+2 non fa 4, ma l’intuizione è fondamentale, quindi lui arrivava al posto giusto al momento giusto. A me era piaciuto per questo: poi comunque l’ho convinto, è arrivato al Milan e ha fatto 176 gol, diventando il secondo capocannoniere della storia del Milan dopo Nordhal”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL RAPPORTO CON BERLUSCONI

“Berlusconi era una persona straordinaria, un visionario. Alla prima convention che abbiamo fatto appena arrivato al Milan, lui ha detto una cosa importantissima: ‘Dobbiamo essere la squadra più forte del mondo. Più forti dell’invidia, delle ingiustizie e della sfortuna’. Questa è una cosa che non ho mai dimenticato e non dimenticherò mai. Da lì si capiva che tipo di intuizione aveva questo uomo: una capacità straordinaria e bisognava pensare in grande. La sua storia parla chiaro di imprenditore e di grande presidente del Milan”.

“Io ho sposato la causa. Quando abbiamo iniziato l’avventura sembrava una cosa impossibile, poi il sogno è diventato realtà”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL SUO RUOLO NEL MILAN

“Il mio ruolo era quello di stare vicino alla squadra, di vedere e cercare i giocatori. Avevo un rapporto bellissimo con una persona che negli anni ’90 aveva un impianto satellitare dove registrava le cassette di tutto il mondo. Io riuscivo a vedere in anticipo alcuni giocatori, cosa non facile a quei tempi e quindi vedevo e valutavo eventuali possibilità. Se mi piacevano, li andavo a vedere o mandavo qualcuno a osservare e poi andavo io. Così arrivavamo prima degli altri perché avevamo queste informazioni in anticipo. Oggi si arriva facilmente a tutto, basta aprire un computer e troviamo tutto ciò che vogliamo, mentre all’epoca non era così facile”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL CONTRATTO DI RIJKAARD NEI PANTALONI

“Eravamo a Lisbona con gli uffici che erano sotto le tribune dello stadio dello Sporting. La trattativa era già conclusa e la stavano riprendendo alla televisione. Un gruppo di tifosi, che non volevano che Rijkaard venisse ceduto, sono arrivati e hanno scardinato una porta degli uffici. Sono entrati, i dirigenti dello Sporting sono scappati e noi eravamo sbalorditi nel vedere tutto questo. Il contratto era rimasto sul tavolo, io l’ho preso e me lo sono infilato nei pantaloni pensando: ‘Qui sicuramente non lo prenderà nessuno’. E così è stato (ride, ndr). Le cose poi sono andate come tutti conosciamo: è arrivato qua da noi, è stato un grandissimo giocatore che ha contribuito a scrivere la storia del Milan di quegli anni”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL MANCATO ARRIVO DI TOTTI

“Totti era un ragazzo quando avevamo l’intenzione di portarlo al Milan. Abbiamo tentato di prenderlo, però lui ha preferito rimanere con massimo rispetto da parte nostra per la sua scelta. Lui romano e romanista, con la sua squadra nel cuore, ha preferito rimanere a Roma. Ogni tanto, quando successivamente l’ho incontrato, alla fine della sua carriera, gli ho detto: ‘Se però fossi venuto da noi, avresti potuto vincere il Pallone d’Oro’. E lui rispondeva: ‘Forse sì’. Comunque non è un rammarico, è la vita che porta alcune cose e altre no”.

ESCLUSIVA BRAIDA – LA CHIUSURA CON IL MILAN

“Come tutte le cose, c’è un inizio e una fine. Io pensavo di essere immortale e di rimanere sempre al Milan. Avrò sempre questa squadra nel cuore, è come fossi sempre partecipe. Quando vivi una realtà come l’ho vissuta io per quasi 28 anni, non si può chiedere altro. Fa parte della mia vita, è stata una grandissima parte della mia vita il Milan. Ora continuo a seguirlo, sono un grandissimo tifoso del Milan e sarà sempre nel mio cuore”.

“Ora spero che giochi bene, sia sempre competitivo sia in campionato che in Champions. In questo momento è un pochino al di sotto, ma mi auguro che piano piano recuperi questo gap e che ritorni a essere il Milan che ha scritto la storia degli ultimi 35 anni”.

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ESCLUSIVA – Braida: “Pogba-Barça? Ecco cosa non è andato, su Fagioli…”

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BRAIDA MILAN – Ariedo Braida, uomo mercato del Milan di Berlusconi, ha raccontato in esclusiva la sua vita e tantissimi retroscena di quegli anni all’interno del format Behind The Mask. Il dirigente si è soffermato sulle altre esperienze lontano da Milano, dove ha condotto numerosissime trattative come quella che poteva portare Pogba dalla Juventus al Barcellona nel 2016.

ESCLUSIVA BRAIDA – I VALORI DI UNA CARRIERA

“Ho letto qualche giorno fa un articolo nel quale Spalletti riprendeva i giocatori e portava avanti i valori della Nazionale. Mi sono trovato in pieno in tutto ciò che chiedeva ai suoi ragazzi: basta PlayStation, andiamo alla ricerca dei nostri valori, quelli dell’impegno, della serietà, dell’umiltà, dove noi tutti ci dobbiamo riconoscere. Importante nella vita è avere ben chiaro sapere dove si vuole arrivare. Questo penso sia fondamentale per tutti, soprattutto nello sport dove non è abolito il sacrificio. Per ottenere un certo tipo di traguardo, per vincere, hai bisogno di sacrificarti. Se tutti si sacrificano, vuol dire che c’è stato impegno massimo e può anche arrivare il risultato. Tutti giochiamo per vincere e i valori sono la base fondamentale per poter ottenere vittorie”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL BARCELLONA

“Lì c’è un ambiente magico, soprattutto con Messi. Calcisticamente parlando è un calciatore incredibile, straordinario. Ogni tanto le partite erano complicate, si arrivava al 90′ e con lui avevi sempre una speranza grazie alle sue magie e alle sue punizioni incredibili. È un giocatore straordinario, con una capacità di fare gol, che si è portato anche negli Stati Uniti. Li farà sempre, finché giocherà a calcio, fino a 50 anni. Batterà tutti i record perché è un giocatore unico”.

ESCLUSIVA BRAIDA – IL MANCATO ARRIVO DI POGBA

“Ci sono momenti in cui fai una trattativa e pensi di poter arrivare a un giocatore, ma per acquisirne alcuni ci vogliono tante risorse, che non sempre le società hanno. Quindi molte volte ti fermi di fronte al fatto che mancano certe risorse e non riesci a portare a termine ciò che speravi e volevi”.

ESCLUSIVA BRAIDA – LA CREMONESE

“È un piccolo ambiente di provincia, sano, bellissimo, dove si respira un’aria padana, della terra contadina. Io sono nato in Friuli, quindi sono un padano, quindi era come se fossi a casa mia. Trovarsi in mezzo alla campagna, con un duomo bellissimo, un paese bellissimo e una proprietà molto forte. Il patron Arvedi ha dato tanto e sta dando tanto alla Cremonese e lo continuerà a dare. Quindi la Cremonese per me è stata una sfida. Quando l’ho incontrato, il cavaliere Arvedi mi ha chiesto se me la sentivo di ripartire dalla Serie B, con la squadra ultima in classifica. Io gli ho risposto: ‘Voglio una sfida con me stesso, il calcio mi piace. Il Milan è il Milan, ma la Serie B è sempre calcio. Io lo vivo con una passione incredibile e lo vivo ancora, lo vivrò finché vivrò in una maniera intensa. Sono nato giocando e ho vissuto da sempre questo mondo meraviglioso”.

ESCLUSIVA BRAIDA – FAGIOLI ALLA CREMONESE

“L’ho visto come un ragazzo, calciatore e talento. Aveva delle qualità superiori alla norma. Era un ragazzo che mi piaceva calcisticamente parlando. Ora è incappato in questa disavventura e io gli auguro di ritornare a essere un ragazzo semplice, che vive la sua realtà, questo mondo meraviglioso. Lui può dare tanto al calcio e il calcio può dare tanto a lui. Mi auguro che possa tornare presto a giocare”.

ESCLUSIVA BRAIDA – UN’ALTRA SFIDA

“Dipende da chi vuole darmi una possibilità. Sono disponibile perché mi piace, per la passione che mi anima sono convinto di avere ancora molto da dare. L’esperienza non si compra e io ho un’esperienza lunghissima in questo mondo e penso di poterla dare a chi ne avesse bisogno o chi credesse nel sottoscritto”.

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ESCLUSIVA – Boscaglia: “A Trapani ho solo ricordi meravigliosi. Vi racconto Dany Mota…”

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Partito ad allenare dalla Promozione siciliana, Roberto Boscaglia è arrivato fino in Serie B, passando per tutte le categorie in mezzo e raggiungendo grandissimi traguardi. Il tecnico siciliano ha parlato della sua carriera in esclusiva ai nostri microfoni.

L’INTERVISTA COMPLETA A ROBERTO BOSCAGLIA

Nella stagione 2018/2019, lei ha allenato Dany Mota Carvalho alla Virtus Entella. Cosa si ricorda di lui? Ci racconta qualche aneddoto?

“Ci siamo sentiti qualche giorno fa dopo il gran gol a Genova, in un campo che porta bene a lui. Lì ha segnato uno dei rigori della serie finale nel match di Coppa Italia con il Genoa di Juric che abbiamo vinto. Veniva dal settore giovanile e io lo trovai come terzo/quarto attaccante. Era un ragazzo di appena 19 anni che però si è messo subito in luce, l’ho messo titolare alla prima partita ed è rimasto così. Era un giocatore in forte crescita, con forza nelle gambe e con un grande fiuto del gol. Si faceva voler bene dal gruppo”.

Rispetto a quando lo allenava lei, in cosa è migliorato Dany Mota? Dove può ancora crescere?

“Dany è migliorato tanto, già in quell’annata con noi. Spesso quando veniva tra le linee aveva un buon primo controllo e poi scopriva la palla, questa era una cosa su cui, anche in quell’anno, abbiamo lavorato. Era un giocatore che prima abbassava un po’ più la testa e giocava meno con i compagni e in quella stagione iniziò a lavorare molto con e per la squadra. È un giocatore che si spende per la squadra e per il proprio reparto. Su questa cosa ha avuto grandissimi miglioramenti”.

Nella rosa del suo Brescia prima e successivamente anche in quella della Virtus Entella era presente Luca Mazzitelli, ora capitano del Frosinone. Cosa ci dice di lui?

“Luca l’ho avuto a Brescia, quando aveva ancora 19 anni. Lui era un giovane, scuola Roma, ma in quell’anno ha fatto un grandissimo campionato. All’Entella invece l’ho voluto io. Veniva da un infortunio e stava giocando poco al Genoa in Serie A. Lo prendemmo e lui fece un bellissimo girone di ritorno con noi. È meraviglioso, un ragazzo stupendo a cui voglio bene e con cui ho un grandissimo rapporto. Si fa voler bene all’interno dello spogliatoio e dà tutto sé stesso, gioca sempre al 101%”.

E su Milan Djuric, attuale centravanti del Monza, che ha avuto al Trapani in Serie B?

“Djuric è un giocatore che ho voluto fortemente al Trapani al primo anno di B. L’ho avuto solo nel girone d’andata, perché poi andò al Cittadella. Era giovane e promettente e lo chiamavamo il gigante buono, era un ragazzo fantastico. È un giocatore molto forte, il classico attaccante con caratteristiche difficili da trovare tutte insieme, perché ha grande copertura della palla, bravo di testa, fisicamente devastante e ha il fiuto del gol”.

A Palermo ha invece avuto Lorenzo Lucca, ora all’Udinese…

“Lorenzo è un ragazzo magnifico, con il quale ho avuto un rapporto quasi da padre a figlio. L’ho avuto in Serie C inizialmente come terzo/quarto attaccante, un po’ come Mota, e invece lui a suon di prestazioni, gol e ottimi allenamenti si è preso la titolarità. Ha fatto grandi cose quell’anno a Palermo. È un ragazzo che non tira mai la gamba indietro e che ci crede su tutti i palloni. È meravigliosamente forte di testa e ha fiuto del gol, ma ha ancora alcuni fondamentali da migliorare. Viene anche a giocare tra le linee e lavora per la squadra, quindi non è solo in area”.

LA SUA CARRIERA

Nella sua carriera da allenatore, Roberto Boscaglia ha portato il Trapani dalla Serie D alla Serie B in 4 anni. Ci può raccontare di questa storica impresa? 

“Sono ricordi meravigliosi, abbiamo fatto 6 anni splendidi. Siamo partiti dalla Serie D con un gruppo che ho portato io e che conoscevo, ma anche con una società straordinaria. C’erano il compianto Presidente Morace, che è stato come un secondo padre, e dirigenti con cui avevo un ottimo rapporto. Voglio sottolineare il contributo di tutti quanti, dalla società ai giocatori ai tifosi”.

“Abbiamo poi coinvolto la città. Siamo arrivati a Trapani con molto scetticismo, erano anni che la squadra non andava tra i professionisti. La tifoseria è stata meravigliosa e ci ha amato subito. Quindi è stato un tutt’uno, è stata un’intera città che ci ha spinto fino al sogno, che era la Serie B, categoria in cui il Trapani non c’era mai stato. Un’intera provincia si è stretta attorno alla squadra. Il vero capolavoro dei 6 anni è stata la stagione 2012/2013: siamo ripartiti dopo aver mancato la promozione in Serie B di poco l’anno precedente e farlo, vincendo il campionato, era difficilissimo. Ma ne siamo stati capaci”.

Lei ha raggiunto la Promozione con la propria squadra ben 5 volte. Dall’Eccellenza con l’Alcamo e il Nissa, dalla Serie D con il Trapani e dalla Serie C con ancora il Trapani e la Virtus Entella. Quale è l’ingrediente necessario per raggiungere questo tipo di traguardi?

“Ci sono molte componenti che si devono incastrare. L’identificarsi in una terra, capendo cosa significa la maglia per la gente della città, è determinante. Il giocatore deve capire in che realtà sta giocando. E l’allenatore deve essere bravo a calarsi subito nella mentalità, a vivere la gente e farsi conoscere come persona”.

“Poi ci vogliono competenza, lavoro e sacrificio ed è difficile capire quale è la più importante. Una squadra ha bisogno anche della propria società. Avere la possibilità di essere in una città che ti accoglie e che ti ama è un’altra componente importante. Non c’è un vero ingrediente decisivo, ma diverse cose si devono incastrare per indirizzarti sulla strada del successo”.

Lei è partito dalla Promozione ed è arrivato fino alla Serie B. Quali differenze ha notato tra le categorie?

“Le emozioni e le motivazioni sono uguali, ci sono differenze di qualità. Tra dilettanti e professionisti ci sono tipi di calcio differenti, ma anche tra Serie C e Serie B ci sono cose diverse. In C c’è un calcio meno tecnico e qualitativo e con meno agonismo. In B si corre tanto come in C, ma bisogna farlo con qualità. Devi avere abilità tecniche importanti in cadetteria. Poi c’è una differenza ambientale tra categorie. Le categorie sono comunque così diverse che le squadre che retrocedono fanno fatica a ripartire. Non è facile abituarsi al nuovo livello, anche inferiore”.

Lei ha parlato del legame con la città di Trapani. Quanto è importante la spinta dei propri tifosi?

“L’appoggio dei tifosi è determinante. A Palermo c’è una piazza spettacolare. Trapani è stato meraviglioso, ma anche Brescia e Foggia hanno curve bellissime. A Chiavari invece siamo stati bravi a trascinare una città. I tifosi sono stati con noi fino alla fine e insieme abbiamo raggiunto la promozione. Quando vai in una squadra devi vivere la città e i tifosi, il loro apporto dà qualcosa in più ai giocatori. Il tifoso diventa il dodicesimo uomo in campo”.

Boscaglia ha poi concluso parlando del futuro:

“Ho moltissima voglia di tornare ad allenare. Chi mi chiama in questo momento fa un affare perché ho tanta voglia di rimettermi in gioco. In questo periodo ho visto diverse partite, mi sono aggiornato e ho girato un po'”.

 

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ESCLUSIVA – Dal mancato trasferimento a gennaio al futuro incerto (in Serie A?): la situazione su Saldanha

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Matheus Saldanha, giocatore del Partizan Belgrado - Superliga, Coppa di Serbia, Supercoppa di Serbia, Champions League, Europa League

Tra i nomi finiti sul taccuino dei dirigenti del Torino per la scorsa sessione invernale di calciomercato va segnalato quello di Matheus Saldanha. Sul giovane attaccante in forza al Partizan Belgrado si è scatenata una vera e propria “ressa”, con Siviglia e Fenerbahce interessate al suo profilo. In particolare i turchi avevano formulato un’offerta da sei milioni di euro al club serbo che però l’avrebbe gentilmente fatta rispedire al mittente. Il Partizan Belgrado avrebbe fissato il prezzo del suo cartellino intorno tra gli 11 e i 12 milioni di euro e non era stato disposto a cedere il suo gioiellino per un prezzo inferiore. Ma non c’è solo questa forbice importante tra domanda e offerta che avrebbe fatto saltare il suo trasferimento.

Allo stesso tempo i serbi non avrebbero avallato la sua cessione per un altro semplice motivo. Infatti il Partizan Belgrado è in piena lotta per il campionato e privarsi di uno dei suoi pilastri, per il quale la scorsa estate ha fatto un investimento cospicuo per le casse del club da 1.5 milioni, sarebbe stato controproducente. La situazione è però in continuo evolversi. Già per la prossima estate sono previsti rilevanti aggiornamenti con alcuni importanti club europei, tra cui quelli citati, che potrebbero tornare alla carica per Saldanha. Tuttavia, ciò avverrà a patto che il brasiliano non si operi a seguito dell’infortunio rimediato al flessore. La variabile relativa a questo stop giocherebbe quindi un ruolo fondamentale per la sua futura cessione. Nel caso non dovesse operarsi, infatti, il giocatore potrebbe salutare il Partizan Belgrado e cominciare un’altra importante tappa della sua carriera.

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