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FA–Football Addicted #27! "Dall'Irlanda alla Danimarca: storie di Premier”

Calcio e dintorni

FA – Football Addicted #27! “Inghilterra, Irlanda e Danimarca: storie dalla Premier League”

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mercato premier league

QUESTA È FA – FOOTBALL ADDICTED, LA RUBRICA D’APPROFONDIMENTO TARGATA NUMERO DIEZ DEDICATA ESCLUSIVAMENTE AL CALCIO D’OLTREMANICA. OGNI SETTIMANA, AL MERCOLEDÌ, VI RACCONTEREMO UNA STORIA D’ATTUALITÀ O DEL PASSATO, CONDIVIDENDO CON VOI LA NOSTRA PASSIONE PER IL FOOTBALL MADE IN UK! OGGI VIAGGIAMO TRA INGHILTERRA, IRLANDA E DANIMARCA, IN COMPAGNIA DI VOLTI NOTI DELLA PREMIER LEAGUE.

Record eguagliati. Ritorni inaspettati. Prime volte. Regole da ridiscutere.

L’ultimo weekend di calcio internazionale ci ha regalato tanti spunti interessanti legati al mondo della Premier League.

È per questo che oggi abbiamo deciso di intraprendere con voi un viaggio virtuale tra Inghilterra, Irlanda e Danimarca, in compagnia di volti noti del campionato più bello d’oltremanica.

Tra campioni del presente, meteore e icone del passato.

Let’s start!

INGHILTERRA

La prima tappa non può che essere l’Inghilterra e per la precisione la città di Londra.

È nella capitale che lo scorso fine settimana Harry Kane e Heung-min Son hanno raggiunto un vecchio record.

Nel sorprendente 3-2 con il quale il Tottenham Hotspur è riuscito a imporsi sul Manchester City all’Etihad Stadium, Kane ha realizzato una doppietta mentre Son ha fornito due assists.

Giocate decisive al fine del risultato, ma non solo.

Al 59’ il duo degli Spurs è entrato infatti di diritto nella Storia della Premier League.

Geniale cross a tagliare l’area di rigore dalla sinistra da parte del sud-coreano, inserimento perfetto alle spalle dei difensori della punta inglese e momentaneo 2-1 a favore del Tottenham.

Assist di Son. Goal di Kane. Rete “combinata” numero 36 per i due in Premier League.

Per ben 36 volte, da quando giocano insieme con la maglia del Tottenham, Son e Kane hanno confezionato tra di loro una rete. Fornendo l’uno all’altro il pallone giusto per cambiare il risultato.

Un numero da record!

Nella Storia della Premier League solamente Didier Drogba e Frank Lampard sono riusciti a raggiungere un numero simile, con l’accoppiata Kane-Son che ora ha, dunque, la possibilità di superare i due ex campioni del Chelsea in questa particolarissima statistica.

Alle loro spalle c’è poi l’ex coppia di casa Manchester City formata da Sergio Aguero e David Silva, fermatisi nel corso della loro carriera comune in maglia Sky Blues a quota 29 goals combinati.

Stesso numero che Thierry Henry e Robert Pires hanno raggiunto con l’Arsenal durante la loro permanenza nel nord di Londra.

Due in più del duo formato da Darren Anderton e Teddy Sheringham, capaci di combinare tra loro 27 reti ai tempi del Tottenham.

Un record, quello di Kane e Son, che ha permesso ai due di posizionare i propri nomi in un gruppo d’élite di vecchie glorie della Premier League.

Un qualcosa al quale ormai i due “galletti” sono abituati.

Lo scorso anno, il numero 10 e 7 del Tottenham avevano infatti realizzato un record analogo nel campionato inglese. Questa volta in solitaria.

Con 14 goals combinati nella stagione 2020/21, Kane e Son sono diventati i due calciatori in grado di realizzare il maggior numero di reti “di coppia” in Premier League.

Alan Shearer e Chris Sutton nella storica annata che portò il Blackburn Rovers alla conquista del campionato 1994/95 si fermarono a quota 13.

Una in più del duo Ryan Fraser-Callum Wilson, capaci di combinare tra loro 12 marcature nel 2018/19, tempi in cui militavano nello straordinario Bournemouth di Eddie Howe (esattamente lo stesso manager che ora allena entrambi al Newcastle United).

Che dire! Kane e Son, dopo quanto realizzato nell’ultimo weekend, ora hanno tutto il diritto di farsi chiamare “i gemelli del goal” della Premier League.

Top 5 goals “combinati” nella Storia della Premier League [dati ufficiali Premier League, aggiornati al 23.02.2022].

  1. Kane/Son (Tottenham) = 36
  2. Drogba/Lampard (Chelsea) = 36
  3. Aguero/David Silva (Manchester City) = 29
  4. Henry/Pires (Arsenal) = 29
  5. Anderton/Sheringham (Tottenham) = 27

Maggior numero di goals “combinati” in una singola stagione di Premier League [dati ufficiali Premier League, aggiornati al 23.02.2022].

  1. Kane/Son (Tottenham 2020/21) = 14
  2. Shearer/Sutton (Blackburn Rovers 1994/95) = 13
  3. Fraser/Wilson (Bournemouth 2018/19) = 12
  4. Ferdinand/Gallen (Queens Park Rangers 1994/95) = 11
  5. Newell/Shearer (Blackburn Rovers 1995/96) = 11
  6. Collymore/Fowler (Liverpool 1995/96) = 10
  7. Anelka/Bergkamp (Arsenal 1998/99) = 10
  8. Jimenez/Traore (Wolverhampton Wanderers 2019/20) = 10

DANIMARCA

Lasciamo ora Londra e voliamo ad Aarhus, polo culturale posto sulla costa orientale della Danimarca.

È qui, in una città di circa 300.000 abitanti, che Jack Wilshere ha deciso di tornare a giocare a calcio.

Il trentenne di Stevenage ha infatti firmato un contratto fino al termine della stagione con l’Aarhus Gymnastikforening, comunemente noto come AGF, con un’opzione per il rinnovo.

Un nuovo inizio, dunque, per l’inglese, rimasto senza club dopo l’addio al Bournemouth e alla Championship avvenuto durante la scorsa estate.

Da allora Wilshere si è allenato da solo, unendosi occasionalmente prima al Como in Italia e poi all’Arsenal in Inghilterra, spinto dal desiderio di tornare a confrontarsi al più presto con dei professionisti.

Uno dei migliori talenti che il calcio inglese abbia sfornato negli anni 2000, Wilshere non ha certo bisogno di presentazioni. Così come non ne ha bisogno la biblica lista di infortuni che ha finito spesso per mettergli i bastoni tra le ruote nel corso di tutta la sua carriera.

Wilshere può infatti essere considerato a tutti gli effetti una meteora del calcio inglese. Un magnifico giocatore che, grazie a doti fuori dal comune, aveva ammaliato milioni di tifosi fin dal suo debutto con i Gunners e che con il passare degli anni ha però finito col tradire sempre le aspettative.

Ora una nuova chance per riprendersi la scena, ma soprattutto per riprendere confidenza in se stesso.

In un’intensa intervista rilasciata nel recente passato a The Athletic, l’inglese aveva infatti sottolineato come per lui negli ultimi anni sia stato motivo di vergogna non riuscire a spiegare concretamente a suo figlio come mai nessuna squadra volesse più scommettere su di lui come giocatore.

Nessuna squadra, prima dell’AGF.

“È in una buona forma fisica, ma ovviamente gli servirà ritrovare il ritmo degli allenamenti. La competizione. Non vediamo l’ora di vederlo indossare la nostra maglia”.

Ha commentato il Direttore Sportivo dell’Aarhus ed ex difensore di Liverpool e Blackburn Rovers Stig Inge Bjornebye, dopo l’annuncio dell’arrivo di Wilshere in Danimarca.

La maglia del club l’inglese l’ha però già indossata. Nelle foto di rito necessarie per la sua presentazione sui canali social ufficiali. Bianca, con il marchio di una nota birra proprio di Aarhus come sponsor principale e il 10 sulla schiena.

“Non vedo l’ora di aiutare il club. Sono in una buona forma fisica e mi sento bene. Per me ora l’obiettivo sarà quello di iniziare a guadagnarmi dei minuti sul campo e contribuire al raggiungimento di nuove vittorie. Sono in un momento della mia carriera in cui ho bisogno di un nuovo inizio, dopo un periodo molto difficile”.

Arrivati alla diciottesima giornata, l’AGF attualmente si trova al settimo posto in classifica in Superligaen, massimo campionato di calcio danese (a 12 squadre).

Dodici i punti di svantaggio che lo separano dal Copenhagen capolista, con l’AGF che da qui al termine della stagione lotterà per costruirsi giornata dopo giornata un campionato tranquillo. Ora, con l’aiuto di un Wilshere in più.

IRLANDA

Riprendiamo l’aereo e riscendiamo verso la Gran Bretagna, fermandoci però in Irlanda.

Resasi indipendente dal Regno Unito nel 1922, è in questa Repubblica che, venerdì scorso, uno dei calciatori più amati nella storia irlandese ha infatti dato inizio alla sua carriera da primo allenatore.

Stiamo parlando di Damien Duff, vecchia gloria della Premier League.

Vincitore di due campionati inglesi con il Chelsea di Jose Mourinho tra il 2004 e il 2006, nonché di una Coppa di Lega e di un Community Shield sempre con i Blues, Duff alla Premier League ha legato quasi interamente la propria carriera.

In prima divisione inglese ha collezionato 392 presenze, indossando le maglie di Blackburn Rovers (con cui ha vinto una Coppa di Lega nel 2001/02), Chelsea, Newcastle United e Fulham.

Con i Whites di Roy Hodgson ha anche sfiorato la conquista della prima storica edizione dell’Europa League nella stagione 2009/10, perdendo in finale per 2-1 contro l’Atletico Madrid di Diego Forlan e Sergio Aguero.

Poi le avventure nella A-League australiana, con il Melbourne City, e nella League of Ireland, con lo Shamrock Rovers, suo ultimo club prima del ritiro avvenuto nel 2016.

Ed è proprio nella League of Ireland che ora Duff ha dato inizio alla sua seconda carriera: quella da allenatore.

Dopo aver accumulato esperienza come assistente e vice-allenatore allo Shamrock Rovers, al Celtic e nella Nazionale dell’Irlanda, dallo scorso novembre l’ex esterno di centrocampo del Chelsea è diventato il manager dello Shelbourne, squadra neo-promossa nel massimo campionato irlandese. E venerdì ha fatto il proprio debutto.

La League of Ireland (campionato a 10 squadre) ha infatti visto iniziare una nuova stagione nel corso dell’ultimo weekend e per Duff il battesimo non è stato dei migliori.

Il suo Shelbourne nella prima giornata di campionato è stato sconfitto in casa, al Tolka Park, per 3-0 dal St. Patrick’s Athletic, in uno dei derby di Dublino.

Un risultato deludente, ma non così inaspettato.

Nonostante sia uno dei clubs più vincenti nella storia del calcio irlandese (ha conquistato per ben 13 volte il campionato e ha partecipato più volte alla Champions League, ndr), lo Shelbourne negli ultimi vent’anni ha partecipato a più campionati di seconda divisione che di prima.

Vincitore dell’ultimo campionato di First Division (Serie B irlandese), l’obiettivo dello Shelbourne per quest’anno sarà dunque quello di salvarsi e restare in League of Ireland.

“Sono spaventato. Mi sento a disagio. Essere il primo allenatore non sarà facile, ma mi permetterà di concentrarmi al meglio sul mio lavoro”.

Così aveva parlato Duff il giorno della sua presentazione alla guida del club lo scorso novembre.

Una nuova sfida entusiasmante, ma anche spaventosa, per l’irlandese. Una nuova vita alla quale si deve abituare attraverso il lavoro. Come ha sempre fatto e come ha ribadito nei giorni scorsi, in queste parole riportate dal The Guardian.

“Sono alla base dell’albero. Non sono di certo il miglior allenatore del campionato. Devo migliorare tantissimo. Nel mio primo allenamento penso che userò qualcosa che mi ha insegnato Jose Mourinho vent’anni fa [quando il portoghese lo allenava al Chelsea, ndr]. Non cambierò mai. Ho sempre la stessa energia e la passione. I miei calciatori capiranno presto che non ho mai cercato di essere diverso da quello che sono realmente”.

Che dire? Bona fortuna Damien!

ANCORA INGHILTERRA

Chiudiamo ora il nostro viaggio tornando in Inghilterra, da dove siamo partiti, e lo facciamo per affrontare un tema molto importante, delicato e che merita la giusta attenzione.

Parliamo di concussion: commozioni cerebrali.

Parole tornate di grande attualità nel corso dell’ultimo weekend di Premier League.

Durante il match tra Leeds United e Manchester United, Robin Koch è stato costretto a lasciare il campo da gioco al 31’ del primo tempo, a seguito di un infortunio alla testa.

Una quindicina di minuti prima il centrocampista dei Whites si era infatti scontrato pesantemente con il pariruolo dei Red Devils Scott McTominay, accusando un taglio sopra l’occhio, oltre che i postumi che un brutto scontro testa contro testa può spesso provocare.

Lo staff medico del Leeds ha assistito immediatamente il giocatore, lo ha medicato con una vistosa fasciatura e gli ha permesso di tornare in campo per continuare a giocare la propria partita.

Una decisione che non è per nulla piaciuta a molti osservatori e che ha riportato all’attenzione pubblica la tematica legata alle commozioni cerebrali.

Rimasto in campo per quindici minuti successivamente allo scontro, Koch si è poi seduto sul terreno di gioco, richiamando inevitabilmente l’attenzione della propria panchina e costringendola a effettuare una sostituzione.

Non era più in grado di giocare.

Il Leeds ha così usato una delle due sostituzioni addizionali che da oltre un anno è possibile utilizzare in Premier League in caso di concussions, inserendo Junior Firpo al posto del tedesco.

Da gennaio 2021 in Premier League e FA Cup maschile e nella FA Women’s Super League e FA Women’s Championship femminile è infatti possibile operare due cambi aggiuntivi nel corso dei 90’, riservati esclusivamente a giocatori che abbiano sofferto una reale o presunta commozione cerebrale in campo. Questi cambi sono extra alle tre canoniche sostituzioni che da sempre si è abituati a vedere in una partita.

Un medico esterno, presente nel tunnel che porta dal campo agli spogliatoi, è chiamato a visionare i video di un eventuale scontro, aiutando a prendere una decisione sul fatto che si possa utilizzare o meno una sostituzione per commozione cerebrale.

Gli basta avere un sospetto che ciò sia avvenuto, non è necessario che i sintomi si manifestino immediatamente (se una squadra utilizza una o entrambe le sostituzioni extra dedicate alle concussions, all’avversario verrà poi permesso di eseguire lo stesso numero di cambi in aggiunta ai tre canonici, al fine di non creare uno svantaggio, ndr).

Da diverso tempo la Premier League è infatti attenta alla salute dei propri giocatori e per questo ha deciso di sperimentare per prima questa regola delle due sostituzioni aggiuntive introdotta dalla IFAB (International Football Association Board).

Ciò nonostante, nel match tra Leeds e Manchester United, la decisione di sostituire Koch è avvenuta – secondo molti – con colpevole ritardo, mettendo a rischio l’incolumità del giocatore.

Per questo, all’interno della lega e degli organi competenti si sta discutendo ora di una possibile rivoluzione del protocollo legato alle concussions, valutando l’introduzione di sostituzioni temporanee.

Ciò permetterebbe allo staff medico di una squadra di togliere momentaneamente un proprio giocatore dal campo a seguito di uno scontro alla testa e di monitorarne le condizioni mentre un altro calciatore prende il suo posto sul terreno di gioco, così che la squadra non sia costretta a restare con un uomo in meno in attesa di una decisione finale.

Senza sostituzioni temporanee il rischio è che una squadra acceleri la procedura per poter rimettere velocemente in campo un proprio giocatore colpito alla testa, senza impiegare il tempo necessario per un’analisi accurata.

E questo è quello che tanti pensano sia successo nel caso di Koch.

Fonte: foto Pixabay con diritto Google Creative Commons

La IFAB valuterà dunque nei prossimi mesi la possibile introduzione di questa novità nel regolamento, come richiesto a gran voce dalla Professional Footballers’ Association.

Inequivocabili le parole che riassumo il pensiero della PFA riportate dal The Guardian.

“Il protocollo attuale legato alle commozioni cerebrali sta fallendo nel suo intento di salvaguardare la salute dei giocatori. Non sempre il protocollo è rispettato, quando ci sono casi al limite, per via della grande pressione che viene esercitata dall’esterno. Abbiamo chiesto alla IFAB di introdurre per questo delle sostituzioni temporanee. Ciò permetterebbe di proseguire la partita senza creare uno svantaggio numerico a nessuna delle due squadre in campo e riducendo la pressione su giocatori e staff medico, che potrà prendere così più serenamente la propria decisione. Le regole attuali non stanno funzionando pienamente. La salute dei giocatori è a rischio”.

Il tema delle concussions negli ultimi anni è stato trattato con sempre maggior attenzione all’interno del mondo dello sport, soprattutto dopo che sono stati riscontrati molti casi di ex atleti affetti da diverse forme di demenza derivanti dagli eccessivi colpi alla testa ricevuti nel corso della carriera sportiva.

Spesso si è trattato di giocatori di NFL, con la massima lega di football americano che nel recente passato ha aggiornato e irrigidito i propri protocolli legati a infortuni da concussions (oggi i giocatori NFL entrati nel protocollo riservato alle commozioni cerebrali sono costretti a superare un test fisico in cinque fasi prima di poter avere l’idoneità per il ritorno agli allenamenti e alle gare, ndr).

Un processo che ora sta avvenendo anche nel calcio e in particolar modo nella Premier League.

L’obiettivo è ovviamente quello di fornire ai giocatori i migliori strumenti per evitare ripercussioni gravi a lungo termine e salvaguardare quindi la loro salute in ogni fase della carriera.

Un atto necessario, in un mondo – quello dello sport – che è bene si ricordi che la salute dei propri atleti viene SEMPRE prima di ogni altro interesse economico e di spettacolo.

And now – once more – let’s grab a pie and a beer, mates. Enjoy!

Alla prossima puntata di ‘FA – Football Addicted’!

 

Recupera le puntate precedenti di ‘FA – Football Addicted’ QUI

[INTERAGISCI CON NOI! Hai in mente una particolare storia di calcio britannico di cui vorresti leggere un nostro approfondimento nella rubrica FA – Football Addicted? Lascia un commento in risposta alle nostre stories Instagram o scrivici un messaggio. Il tema della prossima puntata potresti sceglierlo tu!]

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Calcio e dintorni

Dal Real Madrid alla NASA: Antonio Pintus studia la preparazione atletica degli astronauti

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PINTUS – Antonio Pintus è una delle figure “di secondo piano” tra le più note del calcio mondiale. L’italiano ricopre attualmente l’incarico di preparatore atletico del Real Madrid, apice della sua carriera professionale dopo una lunga avventura nello staff di mister Conte. Le sue metodologie di allenamento hanno stupito tutti per l’intensità e per l’efficacia derivata da esse, come sottolineato da Jude Bellingham ad inizio stagione. La sua tecnica ha incuriosito gli esperti di vari campi lavorativi, anche lontani dal rettangolo verde.

Infatti, secondo quanto riportato da RelevoPintus è stato convocato dalla NASA, l’organo spaziale statunitense, per approfondire la preparazione atletica degli astronauti. D’altro lato, invece, i responsabili dell’azienda amministrativa hanno studiato la metodologia del diretto interessato. In questo modo, l’obiettivo è acquisire i migliori segreti per incrementare la prestanza fisica degli astronauti. Si tratta di una collaborazione insolita, ma a testimonianza della grande ammirazione nei confronti di uno dei migliori professionisti nel suo ruolo.

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Calcio e dintorni

ESCLUSIVA – La ‘Brigata Mai 1 Gioia’ di San Marino raccontata dai suoi partecipanti

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San Marino

Sembrerà strano a dirsi, ma – alla fine di questa pausa – la nazionale del San Marino vive uno dei momenti migliori della sua storia recente. È vero: i biancazzurri hanno concluso il loro gruppo di qualificazione ad Euro 2024 con nove sconfitte su nove partite giocate, ma nelle ultime tre gare del girone (contro Danimarca, Kazakistan e Finlandia) San Marino ha realizzato altrettanti gol, segnando a tutte e tre le compagini affrontate. Un vero e proprio record, considerando che non era mai successo nella storia della nazionale.

Ad essere felici, quindi, non sono solo i componenti dello staff tecnico e i giocatori, ma anche e soprattutto i tifosi del San Marino che, spoiler, sì, esistono. Ma non solo, la nazionale può vantare addirittura di un gruppo di tifosi organizzato, la ‘Brigata Mai 1 Gioia’, composta da appassionatissimi che da anni seguono le avventure della squadra anche all’estero. Abbiamo voluto conoscere meglio questo simpaticissimo gruppo intervistando Daniele Davide, membri ormai navigati della Brigata.

POPOLARI LONTANO DA CASA

Proprio in virtù delle diverse trasferte, la Brigata si è fatta conoscere ed apprezzare fuori da San Marino e l’Italia, prendendo in simpatia tante tifoserie straniere, oltre che la stampa estera. Una cosa che ha tenuto subito ad evidenziare Daniele, l’attuale leader del gruppo.

“Effettivamente è molto strano. Le testate internazionali ci hanno cercato in ogni modo, ieri per esempio ero sul DailyMail, ma mi hanno chiamato anche BBC e altre testate di un certo livello. In Italia invece c’è gente che si domanda ancora cosa esista a fare San Marino e non ne comprendo il motivo. A conti fatti il nostro gruppo è quasi più conosciuto all’estero che in patria e spero che le cose possano cambiare e si capisca perché tifiamo San Marino. Il risultato non c’entra nulla, è una filosofia radicata”.

Una cosa confermata anche da Davide, che ci ha detto:

“A Belfast (contro l’Irlanda del Nord ndr.) i tifosi volevano conoscerci e fare foto con noi. È stato molto bello, alcuni addirittura ci mettevano di fianco i loro bambini per scattare fotografie di ricordo, incredibile. In Italia ci considerano quasi degli appestati!”.

UN GRUPPO NATO PER GIOCO

Chiaramente, per raccontare e conoscere meglio la storia della Brigata mai 1 gioia, abbiamo dovuto far luce sulle sue origini e sulle ragioni che l’hanno spinta a nascere. A spiegarci tutto nei dettagli è stato ancora una volta Daniele.

Il gruppo è nato 11 anni fa da un’idea di Massimo, il suo fondatore. Per curiosità andò a vedere un match a San Marino e allo stadio si accorse che tutti gli spettatori erano seduti, esattamente come al teatro, e nessuno cantava. Questa cosa gli mise un po’ di tristezza e per gioco decise di fondare un gruppo che con il tempo si è espanso. Ora siamo circa in 30 e i nostri membri vengono da tutt’Italia, ma anche da paesi esteri come Germania e Austria”.

Sì, perché è importante specificare che dei circa trenta membri della Brigata, in pochi vengono da San Marino. Gli stessi Daniele e Davide non sono sammarinesi: il primo viene dalla Toscana e vive a Modena, il secondo è originario di Salerno. Doveroso, allora, chiedergli i motivi per i quali si sono avvicinati alla causa biancazzurra.

Mi piace il calcio pulito, quello in cui non ci si picchia ma si fa amicizia, potremmo definirlo quasi un ‘calcio rugbistico’. San Marino è un unicum: incontri tifosi delle altre nazionali all’inizio e alla fine della partita, li conosci, ci scambi le sciarpe e magari ci vai anche a prendere una birra. È come se ci fosse un habitat incontaminato, dove tra l’altro è possibile conoscere anche i membri della nazionale. A Belfast per esempio abbiamo conosciuto tutti e sono diventato amico di Dante Rossi (calciatore della rappresentativa sammarinese ndr.). Contro la Finlandia, poi, abbiamo avuto modo di parlare anche con il CT, che ci ha raccontato come stessero lavorando e cosa era successo nella partita precedente in Kazakistan. È un clima irripetibile, chiaramente è impossibile fare questo con l’Italia o con qualsiasi altra nazionale: a San Marino trovi qualcosa che non si può fare da nessun’altra parte e questo mi ha spinto ad appassionarmi”.

Per quanto riguarda Davide, invece:

“Da anni mi piace il calcio sammarinese, per me la Champions League inizia a giugno con i turni preliminari, e non a settembre con i gironi. Diversi anni fa trovai la pagina della Brigata su Facebook e iniziai a seguirla perché la trovavo una bella iniziativa. Nel 2019, poi, mentre studiavo a Bologna, sul gruppo scrissero che c’era un posto disponibile per andare a vedere una partita e mi ci fiondai. In quella gara il San Marino riuscì anche a segnare un gol, così i membri della Brigata pensarono che portassi fortuna e mi inclusero immediatamente nel loro gruppo. In realtà da allora il San Marino non ha mai vinto e uno dei pochi pareggi mi ha fatto anche perdere una schedina perché avevo scommesso sulla sconfitta! Fu comunque un’esperienza molto divertente che mi ha fatto entrare in un gruppo di amici”.

L’AIUTO DELLA FEDERAZIONE

Quella della Brigata, insomma, è una realtà piccola ma vivace che, peraltro, nell’organizzazione di viaggi e nell’acquisto dei biglietti, ha potuto anche contare sulla federazione sammarinese. Come anticipato da Davide, a volte i membri del gruppo possono accedere a fasi di vendita anticipata dei biglietti, soprattutto contro gli avversari di lustro internazionale. Ancora una volta Daniele ci ha chiarito la questione.

“Il rapporto con la Federazione c’è sempre stato anche se siamo un gruppo indipendente che, in base alle situazioni, può anche criticare. Dallo scorso settembre, comunque, il nostro rapporto è passato dall’essere confidenziale a ufficiale. C’è stato un incontro tra i tifosi, il presidente federale, il segretario generale e il CT. È stata l’occasione per sederci ad un tavolo e iniziare a collaborare, i nostri obiettivi come gruppo sono affini a quelli della federazione e lo scopo è quello di portare gente allo stadio. Quando possibile loro cercano di aiutarci con i biglietti: chiaramente andare a vedere il San Marino non è gratis, ma si cerca di agevolare i tifosi che vengono più spesso. Anche per l’organizzazione logistica delle trasferte spesso parliamo e ci organizziamo con la federazione stessa, siamo entità distinte ma non estranee e anche questa è una cosa che non puoi trovare altrove”.

UN’ESPERIENZA DA PROVARE

Alla fine della nostra intervista, abbiamo voluto chiedere ai due ragazzi se si sentissero di consigliare l’esperienza di entrare a far parte della Brigata mai 1 gioia e quali fossero i lati positivi del tifare una squadra che, risultati alla mano, non vince da quasi vent’anni. Ci hanno risposto così.

“Tifare San Marino”, ci dice Daniele, “non è come tifare una qualsiasi altra squadra. Bisogna cambiare il punto di vista: chiaramente se si pensa solo al lato calcistico si vedrà una nazionale che, piuttosto che a vincere, ambisce a perdere con dignità, e questo non è chiaramente il massimo per una persona che guarda esclusivamente al campo. Si deve guardare al pacchetto completo: se si vuole sfruttare il calcio per fare nuove amicizie e portare valori allo stadio, allora l’esperienza è consigliatissima“.

“Nella battaglia tra Davide e Golia noi siamo Davide, personalmente sarebbe troppo facile tifare una squadra che vince sempre. Noi pensiamo ai ragazzi che scendono in campo: anche in caso di sconfitta, se alzano lo sguardo trovano gente pronta ad applaudirli e a riconoscere il merito di ragazzi come noi che hanno il coraggio di affrontare professionisti dieci volte più forti di loro. Sfido tutti i leoni da tastiera che attaccano con cattiveria il San Marino a giocare in uno stadio di 40 mila persone contro gente del calibro di Hojlund ed Eriksen, per me è un atto quasi eroico e va riconosciuto”.

Per quanto riguarda Davide, invece:

Tifare San Marino non è per tutti ed è un’esperienza che consiglio solo a chi nella vita sa accettare bene le sconfitte. Sicuramente però è un qualcosa di molto costruttivo che, anche al di fuori del calcio, insegna a vivere in maniera più rilassata e a godere anche delle piccole cose. So che sembra esagerato, ma trovarsi nella Brigata può essere anche terapeutico e renderci delle persone migliori“.

Si ringraziano Davide e Daniele per la loro gentilezza e disponibilità.

 

 

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Calcio e dintorni

ESCLUSIVA – Il dott.Pazzona approfondisce la psicologia in ambito sportivo

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Psicologia dello sport

PSICOLOGIA DELLO SPORT – Il ruolo dello psicologo dello sport è spesso sottovalutato. L’aspetto mentale è fondamentale, infatti, nel rendimento di un atleta. Ma quanto incide la psicologia nel calcio? Lo abbiamo chiesto al dott. Riccardo Pazzona, psicologo dello sport, che ha approfondito dettagliatamente l’argomento in questione.

QUANTO INCIDE LA PSICOLOGIA SUL CALCIO?

Quanto incide la psicologia sulla difficoltà di ambientamento di un calciatore, come ad esempio De Ketelaere, che ha deluso le aspettative al Milan e che è stato costantemente attaccato dalla tifoseria milanista?
“Sicuramente l’aspetto psicologico incide tantissimo nella prestazione. La prestazione è composta da 4 pilastri; se noi immaginiamo questi pilastri come le gambe di un tavolo, se una di questi cade, ecco che allora ci sono una serie di ripercussioni che vanno ad influire sulla prestazione come nel caso di De Ketelaere che adesso sta rendendo meglio all’Atalanta. Nel caso di una nuova realtà, una persona con difficoltà di ambientamento non riesce ad esprimersi al meglio”.

 

Spesso si sente parlare di giocatori che scendono in campo nonostante non abbiano una condizione mentale adatta: crede che un calciatore che non è sereno debba evitare di scendere in campo?
“Possiamo rispondere in due modi. O in base a come sta il giocatore, si decide se farlo scendere in campo o meno; oppure se vogliamo pensarla in maniera più strutturata, in funzione del suo stato d’animo e delle sue sensazioni, noi professionisti possiamo intervenire sulla regolazione emotiva. Per far ciò, è necessario monitorare una serie di parametri in prossimità della gara, e sulla base di essi, si interviene con specifiche tecniche”.

 

Parliamo del ritorno di Ibrahimovic al Milan: lo svedese è un grande motivatore, d’altra parte i rossoneri stanno vivendo un periodo negativo. Quanto potrebbero incidere la grinta e il carisma di Ibra al Milan?
“Certo, perché comunque parliamo di un leader tecnico e carismatico. All’interno di un contesto in cui si trovava fino a poco tempo fa, sicuramente avrà un bell’impatto. Il suo ruolo sarà presumibilmente quello di un trascinatore”.

 

Capitolo calcioscommesse: Fagioli e Tonali hanno subìto una squalifica piuttosto lunga. Quanto può incidere psicologicamente nella loro carriera?
“Non possiamo saperlo allo stato attuale. Quello che possiamo fare noi, da psicologi dello sport, è quello di gestire il momento, accompagnarli emotivamente in questo percorso complesso, ridefinendo gli obiettivi, perché ovviamente ci sarà un ritorno in campo e bisogna farsi trovare pronti”.

 

Abbiamo sentito parlare molte volte di “infortuni psicologici”, come nel caso di Nico Gonzalez quando fu accusato da Italiano di infortunarsi per problemi psicologici. Quanto effettivamente il fattore mentale può influire su un infortunio?
“A livello di probabilità di insorgenza di un infortunio, l’aspetto mentale incide in relazione allo stress che l’atleta sta sperimentando. Dal punto di vista del recupero dell’infortunio l’aspetto mentale pesa tantissimo ma, purtroppo, spesso non viene preso in considerazione. Un calciatore, infatti, per rientrare in campo, oltre ad essere pronto fisicamente, deve esserlo anche psicologicamente, perché l’infortunio è un vero e proprio trauma anche a livello emotivo. Questo può portare ad essere più limitati in campo magari per paura di farsi male”.

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Calcio e dintorni

Il Monza si schiera contro la violenza sulle donne: l’iniziativa contro il Torino

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MONZA VIOLENZA SULLE DONNE – Il Monza, che stasera scenderà in campo contro il Torino in un match valido per la 12esima giornata di Serie A, ha deciso di giocare un ruolo importante sulla scena sociale.

Infatti, i brianzoli indosseranno una divisa speciale in occasione della partita odierna, posizionandosi attivamente nella battaglia contro la violenza sulle donne. I giocatori guidati da mister Palladino mostreranno una scritta particolare sul front delle loro maglie da gioco, riportanti la frase:

“Era l’uomo dei miei sogni, oggi è il mio incubo”.

L’iniziativa, volta a ricordare la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che cadrà il 25 novembre, avrà un importante valore non solo morale, ma anche economico. Pertanto, i biancorossi doneranno in beneficienza le divise al termine della gara per supportare le vittime coinvolte in questo grave fenomeno.

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