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FA-Football Addicted #49! "Scamacca e gli italiani in Premier"

Calcio e dintorni

FA – Football Addicted #49! “Da Silenzi a Scamacca: gli italiani in Premier League”

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Scamacca calciatore dell'Atalanta - Serie A - UEFA Europa League - EURO 2024 - Coppa Italia

QUESTA È FA – FOOTBALL ADDICTED, LA RUBRICA D’APPROFONDIMENTO TARGATA NUMERO DIEZ DEDICATA ESCLUSIVAMENTE AL CALCIO D’OLTREMANICA. OGNI SETTIMANA, AL MERCOLEDÌ, VI RACCONTEREMO UNA STORIA D’ATTUALITÀ O DEL PASSATO, CONDIVIDENDO CON VOI LA NOSTRA PASSIONE PER IL FOOTBALL MADE IN UK! OGGI PARLIAMO DI ITALIANI IN PREMIER LEAGUE. CHI NEGLI ANNI È VOLATO A GIOCARE OLTREMANICA E COME È ANDATA?

Gianluca Scamacca al West Ham United è solamente l’ultimo binomio di calciatore italiano e squadra inglese che negli anni hanno deciso di unire i propri nomi, per intraprendere un’avventura comune.

Da quando esiste la Premier League (1992, prima si chiamava First Division, ndr), decine di calciatori nati nel Belpaese si sono lasciati catturare dal fascino unico del football d’oltremanica, mettendosi alla prova con un campionato da sempre molto competitivo e unico nel suo genere.

C’è chi ha avuto successo. Chi non è riuscito a lasciare quasi la minima traccia del proprio passaggio. Chi è diventato una vera icona.

Senza tralasciare chi in Inghilterra ha dato inizio alla propria carriera professionale.

Questa puntata di “FA – Football Addicted” è dedicata agli italiani in Premier League.

GLI APRIPISTA

Il primo calciatore italiano ad aver giocato in Premier League è stato Andrea Silenzi. Nel 1995 il Nottingham Forest decise infatti di acquistarlo dopo averlo visto vincere una Coppa Italia con il Torino (con doppietta decisiva nella finale di ritorno contro la Roma, ndr) e segnare 17 goals in un solo campionato di Serie A sempre con la maglia granata (che vestì tra il 1992 e il 1995 e poi successivamente tra il 1999 e il 2000, ndr).

Silenzi fu presentato come il grande acquisto estivo non solo del Forest, ma di tutta la Premier League. L’uomo che aveva condiviso il campo con Diego Armando Maradona al Napoli.

Le aspettative erano dunque altissime, ma l’esperienza oltremanica di Silenzi lasciò soltanto una grande delusione.

In due stagioni con il Nottingham Forest collezionò solamente 12 presenze in Premier League, senza mai riuscire a segnare alcun goal. Seguì il suo ritorno in Italia, alla Reggiana.

Nonostante l’esperienza davvero incolore nella squadra che qualche anno prima aveva sconvolto il Mondo sotto la guida illuminata di Brian Clough e Peter Taylor, Sileri è passato così alla storia per essere stato il primo italiano in Premier League. Non fu però lui il primo italiano a giocare in Inghilterra.

Sempre nell’estate del 1995, fece infatti scalpore la firma di Ivano Bonetti con il Grimbsy Town, club che all’epoca militava in First Division (l’attuale Championship, ndr).

Bi-campione d’Italia con le maglie di Juventus e Sampdoria, Bonetti divenne così il primo italiano a giocare in Inghilterra, dove vestì poi anche le maglie del Tranmere Rovers (sempre in First Division/Championship) e del Crystal Palace, con cui collezionò due presenze in Premier League solamente nel dicembre del 1997.

LE ICONE

Gli anni Novanta del Novecento hanno visto nascere diverse icone italiane del calcio inglese. Giocatori ricordati ancora oggi con grande affetto dagli amanti del football d’oltremanica e che, ognuno a suo modo, sono riusciti a lasciare un segno marcato del loro passaggio in Premier League.

Il Chelsea è la squadra che ha accolto la maggior parte di queste leggende, a partire dall’arrivo di Gianluca Vialli nel 1996, quando fu chiamato a Londra dall’allora allenatore dei Blues Ruud Gullit.

Per Vialli erano gli ultimi anni di carriera e in Inghilterra si presentava come una vera leggenda del calcio italiano, dopo aver vinto praticamente tutto in ambito nazionale e internazionale con le maglie di Sampdoria e Juventus.

Arrivato per giocare, dopo l’addio di Gullit nel 1998 assunse il ruolo di allenatore-giocatore, per poi proseguire in panchina anche dopo il ritiro, fino al 2000 (quando divenne allenatore del Watford, dopo essere stato esonerato a Stamford Bridge a favore di Claudio Ranieri, ndr).

Nei suoi anni al Chelsea Vialli vinse due FA Cup, una Coppa di Lega, un Charity Shield (attuale Community Shield, ndr) una Coppa delle Coppe e una Supercoppa europea, portando i Blues a disputare la prima Champions League nella Storia del club.

Successi che ha condiviso con altri due grandi italiani, presenti al Chelsea in quegli anni: Roberto Di Matteo e Gianfranco Zola.

Di Matteo è ricordato soprattutto per aver segnato un rapidissimo goal (da record!) nella finale di FA Cup vinta nel 1997 contro il Middlesbrough e per essere poi stato l’allenatore capace di portare al Chelsea la prima Champions League, nel 2012.

Zola è stato invece uno dei calciatori più forti mai ammirati a Stamford Bridge. Magic Box, è stato capace di entrare nei cuori dei tifosi dei Blues grazie alle sue straordinarie qualità tecniche e ai suoi 59 goals e 42 assists realizzati in 229 partite di Premier League, tanto da essere nominato Giocatore dell’Anno dalla Football Writers’ Association alla sua prima stagione a Londra e a essere nominato Membro dell’Ordine dell’Impero britannico (OBE) dalla regina Elisabetta nel 2004.

Come vice di Maurizio Sarri nel 2019, ha poi contribuito al successo in Europa League del Chelsea.

Altra icona italiana in Inghilterra è stato poi Benito Carbone. In Premier League dal 1996 al 2002, ha vestito le maglie di Sheffield Wednesday, Aston Villa, Bradford City, Derby County e Middlesbrough, riuscendo sempre a mettere in mostra le sue ottime doti da attaccante.

A differenza dei già citati, Carbone in Inghilterra non vinse alcun titolo, ma fu capace di collezionare 35 goals e altrettanti assists in 177 partite di Premier League, diventando un idolo soprattutto per i tifosi dello Sheffield Wednesday.

E fu proprio nella città del ferro che si trovò a condividere il campo con un’altra grandissima icona del calcio italiano in Inghilterra: Paolo Di Canio.

Arrivato dalla Scozia nel 1997, dove era stato eletto miglior giocatore del campionato al suo primo anno con il Celtic, Di Canio è l’italiano che meglio ha fatto in Premier League. Basta vedere i suoi numeri.

66 goals e 49 assists in 190 presenze. Nessun italiano ha mai fatto meglio.

La prima avventura fu con lo Sheffield Wednesday, dove fece capire subito di essere un giocatore perfetto per lo stile del calcio inglese dell’epoca. Tecnico e sanguigno. Sempre pronto a mettere gamba e cuore oltre l’ostacolo. Come amano i tifosi d’oltremanica.

Ai tempi degli Owls rimediò una lunghissima squalifica dopo aver spinto e fatto cadere in campo l’arbitro Paul Alcock.

Al West Ham United, squadra nella quale ha vissuto il periodo migliore della sua carriera, vincendo anche una Coppa Intertoto nel 1999, si fece apprezzare invece soprattutto per le sue giocate da campione.

Il suo goal al Wimbledon del 26 marzo 2000 è considerato il migliore mai ammirato nella storia del vecchio Upton Park e per i tifosi degli Hammers Di Canio è una vera e propria leggenda.

L’ultima esperienza oltremanica l’ha vissuta al Charlton Athletic.

Parlando di icone, è giusto nominare anche Fabrizio Ravanelli.

Acquistato dal Middlesbrough nel 1996, dopo aver alzato ogni sorta di trofeo con la Juventus, fu protagonista indiscusso della cavalcata che nella stagione 1996/97 portò il Boro a giocarsi sia la finale di FA Cup che quella di Coppa di Lega. Un risultato mai ottenuto prima.

Entrambe le finali furono purtroppo perse, con il Middlesbrough che quello stesso anno retrocedette anche dalla Premier League alla First Division.

Ciononostante, Ravanelli (all’epoca il calciatore più pagato in Premier League, ndr) entrò nel cuore dei tifosi grazie ai suoi goals (ne segnò 16 in campionato, con tripletta all’esordio contro il Liverpool, ndr) e al suo stile unico (indimenticata la sua esultanza con la maglia sollevata a coprirgli il capo e le braccia larghe, ndr).

Nella stagione 2001/02 indossò invece i colori del Derby County, dopo aver conquistato altri titoli in Italia con la Lazio.

Nel suo anno ai Rams non riuscì a evitare la retrocessione in First Division, regalando comunque ai tifosi altri nove centri e innumerevoli ricordi.

ALTRI VINCENTI

Se parliamo di italiani vincenti in Inghilterra, non possiamo che partire da Carlo Cudicini.

Il Chelsea di Vialli lo acquistò nel 1999 e nel 2002 venne premiato come Portiere dell’Anno in Premier League. Nei suoi dieci anni in maglia Blues ha vinto due Premier League, due Fa Cup, due Coppe di Lega e due Community Shield, ricoprendo prima il ruolo di portiere titolare e poi di vice alle spalle di Petr Cech.

Gli anni dal 2009 al 2013 li ha passati invece al Tottenham, riuscendo a portare a 160 il numero delle sue presenze in Premier League, il campionato in cui ha trascorso la maggior parte della propria carriera e in cui è presente – a suo modo – ancora oggi, ricoprendo vari ruoli all’interno del Chelsea.

Restando in casa Blues, anche Pierluigi Casiraghi riuscì a vincere dei titoli col club londinese, nella sua brevissima esperienza inglese nel 1998: una FA Cup e una Supercoppa europea.

Successi che furono poi oscurati dal bruttissimo infortunio al ginocchio rimediato dopo uno scontro con il portiere del West Ham United, Shaka Hislop, che lo costrinse di fatto a chiudere anticipatamente la propria carriera.

Chi in maglia Chelsea ha avuto il tempo di togliersi molte più soddisfazioni è stato invece Jorginho.

Arrivato a Londra nel 2018, fino ad oggi l’ex Napoli ha conquistato un’Europa League, una Champions League, una Supercoppa europea e un Mondiale per Club, diventando un totem prima nel Chelsea di Maurizio Sarri e poi in quello di Frank Lampard e Thomas Tuchel.

Successi che ha condiviso in questi anni anche con il connazionale Emerson Palmieri (che con il Chelsea ha vinto anche una FA Cup, ndr) e in parte con Davide Zappacosta (lui ha vinto FA Cup ed Europa League, ndr).

A vincere una Coppa di Lega con il Middlesbrough nel 2004 è stato invece Massimo Maccarone.

Acquistato per 13 milioni di euro (acquisto più oneroso nella storia del club, ndr), l’attaccante italiano fu presentato dall’allora allenatore Steve McClaren come un talento alla Del Piero.

Nelle sue due esperienze al Boro Maccarone è riuscito a collezionare 18 goals in 81 partite, lasciando un buon ricordo nella mente dei tifosi.

Così come quello lasciato da Matteo Darmian al Manchester United. Ai Red Devils dal 2015 al 2019, il terzino italiano ha contribuito (seppur da comprimario) alla conquista di diversi trofei, quali una FA Cup, un Community Shield, una Coppa di Lega e un’Europa League, sotto la guida di allenatori unici come Louis van Gaal e Jose Mourinho.

Nella sua esperienza al Blackburn Rovers tra il 2001 e il 2004, Corrado Grabbi conquistò invece una Coppa di Lega, collezionando poi 30 presenze in Premier League e 2 goals.

L’unico calciatore italiano in grado di vincere la Premier League resta però Mario Balotelli.

Voluto al Manchester City da Roberto Mancini nel 2010, dopo aver conquistato da co-protagonista il triplete con l’Inter, SuperMario contribuì attivamente al ritorno alla vittoria in campionato dei Citizens.

Fu suo, infatti, l’assist che regalò a Sergio Aguero la possibilità di segnare lo storico goal che permise agli Sky Blues di tornare Campioni d’Inghilterra a 44 anni di distanza dall’ultima volta.

Un assist che ancora oggi i tifosi del Manchester City ricordano con amore.

Protagonista di ottime annate, con i Citizens Balotelli ha vinto anche un Community Shield, non riuscendo poi a ripetersi nella sua successiva esperienza al Liverpool, dove non seppe lasciare alcun segno positivo del proprio passaggio.

I NOTABILI (DI SUCCESSO E NON)

Tra gli italiani non vincenti, ma notabili, in Premier League troviamo il nome di Gianluca Festa. Tra il 1997 e il 2003 vestì le maglie di Middlesbrough e Portsmouth, diventando un idolo soprattutto per la tifoseria del Boro.

Al fianco di Fabrizio Ravanelli e sotto la guida di Bryan Robson, perse una finale di FA Cup e una di Coppa di Lega, riuscendo poi a condividere lo spogliatoio anche con una vera leggenda del calcio inglese: Paul Gascoigne (che si unì al Middlesbrough nel 1998, ndr).

Altro nome degno di nota è quello di Stefano Eranio. Volato in Inghilterra dopo aver collezionato svariati trofei con il Milan, giocò per il Derby County dal 1997 al 2001.

Fu suo il primo goal ufficiale nella storia di Pride Park, il nuovo stadio che accolse i Rams dopo l’addio al leggendario Baseball Ground.

Eranio condivise la sua esperienza al Derby County con Francesco Baiano, acquistato dopo le ottime annate con le maglie di Foggia e Fiorentina e capace di segnare 16 goals in 64 partite di Premier League con i Rams.

Altro nome di spicco è quello di Nicola Berti. Il Tottenham nel 1997 lo acquistò dall’Inter, ma in maglia Spurs l’attaccante italiano non riuscì a ripetere i successi ottenuti con quella nerazzurra.

Solo 21 presenze in Premier League e 3 goals. Un’esperienza poco esaltante.

Così come quella vissuta dal trio italiano formato da Patrizio Billio, Michele Padovano e Attilio Lombardo al Crystal Palace tra il 1997 e il 1999.

Il più noto dei tre è senza dubbio Lombardo (famoso per aver conquistato tre Scudetti con tre squadre diverse: Sampdoria, Juventus e Lazio, ndr), che, chiamato per svolgere il ruolo di player-manager, non riuscì a evitare la retrocessione del club in First Division.

Un insuccesso che gli permise comunque di lasciare un ottimo ricordo di sé nel cuore dei tifosi delle Eagles, ancora oggi orgogliosi di aver avuto un campione del suo livello a Selhurst Park.

Tra i notabili troviamo poi il nome di Marco Materazzi. Campione di tutto con l’Inter in carriera e Campione del Mondo con l’Italia nel 2006, l’ex difensore ha vestito la maglia dell’Everton nella stagione 1998/99, come intermezzo della sua esperienza a Perugia.

Non lasciò un grande ricordo. In 27 partite di Premier League venne infatti espulso 4 volte.

Chi ha fatto meglio è senza dubbio Alessandro Pistone. Tra il 1997 e il 2006 ha giocato per Newcastle United ed Everton, collezionando quasi 150 presenze in Premier League.

La maggior parte delle presenze le ha realizzate con i colori dei Toffees, mentre l’incontro con una vera leggenda del football inglese e scozzese l’ha avuta ai tempi dei Magpies, quando ad allenarlo fu Kenny Dalglish.

Roberto Mancini chiuse la sua carriera da calciatore al Leicester City nel 2001. Solo 4 presenze nel massimo campionato inglese e una in FA Cup, con zero goals, prima dell’addio per diventare il nuovo allenatore della Fiorentina (sarà poi il manager che condurrà il Manchester City alla storica Premier League vinta nel 2012, ndr).

Christian Panucci collezionò invece solo 8 partite con la maglia del Chelsea (in prestito dall’Inter), riuscendo comunque a vincere un Community Shield nel 2001.

Dieci presenze in meno di quelle realizzate da Lorenzo Amoruso con il Blackburn Rovers tra il 2003 e il 2006.

Arrivato dopo aver anni di dominio in Scozia con i Rangers, fece registrare solo 18 apparizioni e tanti infortuni.

Come quelli che fermarono Nicola Ventola. L’ex Inter arrivò al Crystal Palace nel 2004, ma riuscì a scendere in campo solo tre volte, prima di essere fermato da un grave infortunio.

Leggermente meglio, ma nemmeno molto, fece Dino Baggio, in prestito dalla Lazio al Blackburn Rovers nella stagione 2003/04. Nove furono le sue presenze totali, a lontano ricordo degli splendidi anni di successi vissuti in Italia con Juventus e Parma.

Stesso destino toccato a Vincenzo Montella. Arrivato al Fulham in prestito dalla Roma nel 2007, l’Aeroplanino si presentò con una doppietta all’esordio, seguita però poi da un solo altro goal nelle successive nove presenze.

Dieci, dunque, le sue apparizioni totali, con il suo prestito che fu poi girato alla Sampdoria.

Restando nel nuovo millennio, altri volti noti di italiani in Premier League sono stati quelli di Graziano Pellé e Manolo Gabbiadini, capaci di lasciare un ottimo ricordo nella mente dei tifosi del Southampton grazie ai loro goals.

Angelo Ogbonna e Alessandro Diamanti si sono messi in mostra invece con la maglia del West Ham United, dove il primo è ancora oggi uno dei pilastri dello spogliatoio e il secondo è ricordato per gli sprazzi di classe mostrati ai tempi in cui vestiva la maglia degli Hammers.

I DEBUTTANTI

Oltre a campioni italiani già affermati, la Premier League ha accolto anche giovani calciatori alle prime armi.

O meglio, li ha proprio lanciati nel grande calcio.

Sono diversi, infatti, gli esempi di giocatori italiani che hanno mosso i primi passi da professionisti proprio in Inghilterra.

Partiamo da Francesco Sanetti, lanciato dallo Sheffield Wednesday. Dal 1997 al 1999 collezionò 5 presenze e un goal in Premier League, prima del ritorno in Italia, dove si è costruito una carriera come attaccante in Serie C e in altre categorie minori.

Una strada seguita anche da Samuele Dalla Bona. Prelevato dalle giovanili dell’Atalanta, il Chelsea lo ha fatto crescere nella propria Academy a partire dal 1998, lanciandolo poi in prima squadra, dopo che si era guadagnato il titolo di Chelsea’s Young Player of the Year grazie ai 16 goals realizzati con la squadra riserve (che gli valsero la Scarpa d’Oro di categoria, ndr).

Centrocampista dalle ottime qualità tecniche, fece molto bene sotto la guida di Vialli prima e Ranieri poi, arrivando a vincere anche una FA Cup e un Community Shield, prima del rientro in Italia.

A far debuttare Arturo Lupoli in Premier League è stato invece l’Arsenal, club che lo prelevò dalle giovanili del Parma e lo formò nel proprio settore giovanile.

Ai Gunners Lupoli è rimasto dal 2005 al 2006, vincendo una FA Cup e trasferendosi poi in prestito al Derby County, al Norwich City e allo Sheffield United.

In Premier League collezionò una presenza. In Championship oltre 60. Oggi ricopre il ruolo di attaccante dell’Imperia, nell’Eccellenza della Liguria.

A lasciare le giovanili del Parma per unirsi a quelle del Manchester United nel 2004 fu, invece, Giuseppe Rossi. Voluto da Sir Alex Ferguson, scese in campo 16 volte in Premier League, segnando un goal e vincendo una Coppa di Lega.

Poi il prestito al Newcastle United, prima della carriera divisa tra Spagna e Italia, dove con le maglie di Villarreal e Fiorentina Pepito ha vissuto le sue giornate migliori. Un campione mancato.

Restando in casa Manchester United, nel 2008 i Red Devils lanciarono Rodrigo Possebon, acquistato dalle giovanili dell’Internacional.

Brasiliano naturalizzato italiano, giocò solo 8 partite in Inghilterra, nel biennio in cui lo United vinse una Premier League, una Coppa di Lega e un Community Shield.

Sempre il Manchester United nel 2007 prelevò dalle giovanili della Lazio Federico Macheda.

Messosi subito in mostra con un goal decisivo all’esordio, poi replicato nella gara successiva, con i Red Devils è rimasto fino al 2013, intervallando la sua presenza con prestiti alla Sampdoria e al Queens Park Rangers.

Di Doncaster Rovers, Birmingham City, Cardiff City e Nottingham Forest le altre maglie inglesi vestite in carriera. 22 le presenze e 4 i goals in Premier League. 63 le partite e 19 le reti in Championship.

L’opposto di Vito Mannone, che i goals in carriera ha sempre cercato di evitarli.

Cresciuto nelle giovanili dell’Arsenal, il portiere italiano fu mandato in prestito a Barnsley e Hull City, prima di riuscire a debuttare in Premier League con la maglia dei Gunners nel 2009.

Le pagine più importanti della sua carriera Mannone le ha però vissute con Sunderland (in Premier League soprattutto) e Reading (in Championship), riuscendo ad accumulare 82 presenze in massima serie e 80 in seconda divisione.

A salutare le giovanili del Bologna nel 2007 per continuare a formarsi in quelle del Chelsea è stato, invece, Fabio Borini.

A farlo esordire in prima squadra fu Carlo Ancelotti e l’esperienza successiva fu quella in prestito allo Swansea City.

Con il Chelsea ha collezionato 4 presenze, nell’anno in cui i Blues hanno vinto Premier League e FA Cup, ma con le maglie di Liverpool e soprattutto Sunderland in campo è sceso molte più volte, arrivando a superare le 110 apparizioni nella massima serie inglese.

Nulla di paragonabile a quello vissuto da Marcello Trotta, che in Premier League ha giocato una sola partita con il Fulham.

Cresciuto nelle giovanili del Manchester City tra il 2008 e il 2009 e in quelle del Fulham dal 2009 al 2011, Trotta si è formato in Inghilterra, dove ha vestito anche le casacche di Wycombe Wanderers, Watford, Brentford e Barnsley.

Oltre all’unica apparizione in Premier League, in carriera ne ha poi realizzata anche una in Championship e ben 72 in League One, oltre che tanta gavetta nelle squadre riserve.

I NON DEBUTTANTI

Chi è cresciuto nelle giovanili del Manchester United dal 2012 al 2014 (dopo essere passato per quelle di SPAL e Fiorentina, ndr), senza però mai riuscire a debuttare in Premier League è stato Pierluigi Gollini.

Con l’Aston Villa di Roberto Di Matteo è sceso in campo per 20 volte in Championship, ma in massima serie non è mai riuscito a collezionare una presenza, nemmeno nell’ultimo anno trascorso al Tottenham Hotspur come vice di Hugo Lloris.

In bacheca vanta però una Premier League U21 vinta con il Manchester United.

Al pari di Gollini, ad aver giocato per club inglesi senza mai riuscire a debuttare in Premier League sono altri due portieri italiani.

Campione del Mondo con l’Italia nel 2006, Marco Amelia ha indossato la maglia del Chelsea nel 2015/16, senza mai apparire però in massima serie.

Così come Emiliano Viviano, in prestito all’Arsenal nella stagione 2013/14.

GLI ALTRI

Nel lungo elenco dei calciatori italiani che hanno giocato in Premier League, sono presenti anche i nomi di chi non è riuscito a lasciare un segno marcato del proprio passaggio.

Calciatori che in alcuni casi hanno ottenuto grandi successi in Italia, ma che non si sono poi confermati in Inghilterra.

Proviamo a riassumerli qui, sperando di non dimenticare nessuno (nel caso, ce ne scusiamo).

Paolo Tramezzani (Tottenham 1998/99), Dario Marcolin (Blackburn Rorvers 1998/99), Marco Branca (Middlesbrough 1998/99), Stefano Gioacchini (Coventry City 1998/99), Gabriele Ambrosetti (Chelsea 1999/00), Massimo Taibi (Manchester United 1999/00), Daniele Daino (Derby County 2001/02), Matteo Sereni (Ipswich Town 2001/02), Marco Ambrosio (Chelsea 2003/04), Matteo Ferrari (Everton 2005/06), Bernardo Corradi (Manchester City 2006/07), Daniele Padelli (Liverpool 2007), Gabriel Paletta (Liverpool 2006/07), Rolando Bianchi (Manchester City 2007/08), David Di Michele (West Ham 2008/09), Andrea Dossena (Liverpool 2008/10 e Sunderland 2013/14), Stefano Okaka (Fulham 2009/10 e Watford 2016/19), Alberto Aquilani (Liverpool 2009/10), Davide Santon (Newcastle 2011/14), Marco Borriello (West Ham 2013/14), Antonio Nocerino (West Ham 2013/14), Emanuele Giaccherini (Sunderland 2013/15), Pablo Daniel Osvaldo (Southampton 2013/15), Alberto Paloschi (Swansea 2015/16), Simone Zaza (West Ham 2016/17), Andrea Ranocchia (Hull City 2016/17), Ezequiel Schelotto (Brighton & Hove Albion 2017/18), Adam Masina (Watford 2018/2022), Antonio Barreca (Newcastle 2019), Moise Kean (Everton 2019/-), Patrick Cutrone (Wolverhampton Wanderers 2019/-).

Scamacca sassuolo west ham premier league

ROME, ITALY – APRIL 02: Gianluca Scamacca of US Sassuolo during the Serie A match between SS Lazio and US Sassuolo at Stadio Olimpico on April 02, 2022 in Rome, Italy. (Photo by Danilo Di Giovanni/Getty Images)

MADE IN ITALY

Icone, giocatori vincenti, debuttanti, nomi dimenticati.

La Premier League dagli anni Novanta a oggi ha accolto decine e decine di calciatori italiani, di ogni genere.

C’è chi è riuscito a lasciare un segno e chi no.

Chi ha un ricordo esaltante della propria esperienza personale oltremanica e chi invece la vuole solo dimenticare.

Chi ha saputo accettare e apprezzare la cultura britannica e chi non l’ha proprio capita.

Ora tocca a Scamacca!

Il nuovo rappresentante del made in Italy in Premier League.

And now – once more – let’s grab a pie and a beer, mates. Enjoy!

Alla prossima puntata di ‘FA – Football Addicted’!

 

Recupera le puntate precedenti di ‘FA – Football Addicted’ QUI

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Gabigol sospeso per due anni: “Mai fatto uso di sostanze proibite”

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Gabigol

Nelle ultime ore la notizia che Gabigol sia stato sospeso per frode nei test antidoping ha fatto il giro del mondo. Un’indiscrezione che se fosse confermata avrebbe del clamoroso.

Intanto il calciatore brasiliano classe 1996 di proprietà del Flamengo è stato sospeso dall’attività per ben 2 anni dal Tribunale Sportivo Antidoping. Inflitta una pena che terminerà l’8 aprile del 2025 visto che l’episodio incriminante sarebbe avvenuto circa un anno fa.

Gabriel Barbosa dal canto suo non ci sta. L’ex Inter infatti sul proprio profilo X ha pubblicato un messaggio riguardo quanto accaduto in questi giorni. Ecco cosa ha detto:

LE PAROLE DI GABIGOL – “Vorrei pronunciare e chiarire sulle cose che sono uscite oggi, sul fatto che sarei stato sospeso per una tentata frode all’esame antidoping. Nonostante il rispetto che ho verso la giustizia, ribadisco che mai abbia tentato di ostruire o ingannare qualsiasi tipo di esame e confido di poter dimostrare la mia innocenza nelle prossime istanze. Fin dall’inizio della mia carriera ho sempre rispettato le regole del gioco e non ho mai fatto uso di sostanze proibite. Sono deluso dall’esito del procedimento ma continuerò a collaborare con le autorità sportive. Sono convinto che la mia innocenza sarà provata e ripristinata. Grazie a tutti per il sostegno in questo periodo difficile”.

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Shock Di Maria dall’Argentina: El Fideo e famiglia minacciati di morte

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di maria

Angel Di Maria e la sua famiglia sarebbero stati minacciati in questi giorni in cui il calciatore si trova in ritiro con la Seleccion Argentina. Minacce di morte con tanto di messaggio lasciato sulla porta della sua abitazione a Funes, vicino a Rosario.

Secondo quanto riportato dal giornale Infobae, il contenuto del messaggio è il seguente: “Di’ a tuo figlio Ángel di non tornare a Rosario perché altrimenti uccideremo un membro della famiglia. Nemmeno Pullaro (governatore della regione di Santa Fè, ndr) vi salverà. Noi non lanciamo carte ma piombo e persone morte”.

A questa vicenda il Clarìn aggiunge che la minaccia sarebbe stata recapitata intorno alle 2:30 del mattino e nella zona sembra si siano sentiti addirittura quattro spari. Inoltre, il contenuto dell’avviso di intimidazione non è stato confermato dalle autorità competenti per evitare di promuovere i gesti di queste persone.

La minaccia, secondo quanto trapela, potrebbe anche essere un tentativo di impedire a Di Maria di tornare a giocare nel Rosario Central. Squadra in cui il Fideo è cresciuto e con la quale ha esordito da professionista nella stagione 2005.

Un episodio orribile che era già accaduto lo scorso anno anche a Lionel Messi, anch’esso vittima di una minaccia intimidatoria.

 

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Antonello sul tema stadio: “Rozzano il futuro, San Siro fermo agli anni ’80”

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Mercato Inter

Alessandro Antonelloamministratore delegato dell’Inter, ha parlato del tema stadio ad un evento organizzato dallo studio legale ADVANT Nctm. L’AD durante la tavola rotonda “Impianti ed infrastrutture sportive: attori e processi – L’esperienza delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026”, ha analizzato la situazione dei vari progetti per il nuovo stadio, sottolineando come nel 2019 era stato presentato un piano che si interpellava alla legge sugli stadi. Successivamente l’AD dei nerazzurri ha parlato di San Siro e del fatto che sia fermo agli anni ’80 per le sue emissioni. Infine ha concluso affermando che l’Inter sta lavorando su Rozzano, definendolo come piano effettivo.

LE PAROLE

PROGETTO – Nel 2019 è stato presentato il progetto che si interpellava alla legge sugli stadi ma dopo cinque anni i due club si trovano ad attendere un interesse pubblico dall’amministrazione comunale visto che si sono inserite dialettiche che hanno allungato i tempi, come ad esempio la sovrintendenza”.

SAN SIRO – “C’è anche un obiettivo ambientale. San Siro ora è alimentato da una centrale termica produttrice di CO2. Siamo ben lontani all’essere vicini al pareggio di emissioni richieste e siamo fermi agli anni ’80“.

ROZZANO – “Noi stiamo lavorando su Rozzano che è il piano effettivo su cui ci siamo impegnati e per cui stiamo discutendo con la proprietà Cabassi. Abbiamo una opzione fino a fine aprile e su quello ci concentriamo, lavoreremo anche per una proroga. Rimaniamo in attesa della proposta di WeBuild che arriverà non prima di giugno quindi oggi non ci sono alternative se non continuare a lavorare su Rozzano”

 

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Marotta chiaro sul futuro: “Ecco cosa farò a fine contratto”

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Beppe Marotta, dirigente dell'Inter, Serie A, Champions League, Coppa Italia

Giuseppe Marotta, amministratore delegato dell’Inter, ha parlato del proprio futuro alla Sala Montanari di Varese. L’AD dei nerazzurri ha confermato, come già detto più volte, che l’Inter sarà la sua ultima avventura da dirigente sportivo. Tuttavia oggi ha parlato con più chiarezza di ciò che farà: occuparsi solamente dei giovani. Marotta è ancora legato all’Inter e lo sarà fino al 30 giugno del 2027, quando il suo contratto andrà in scadenza e lascerà il suo impegno.

In particolare, si batterà per rendere lo sport gratuito, dal momento che considera sbagliato far pagare i giovani per fare sport. In questo modo verrebbero coinvolte anche le famiglie meno abbienti, dove si celano i campioni, che magari non emergono perché oscurati da chi può permettersi di allenarsi con grandi squadre fin da bambini.

LE PAROLE

INTER – “Quando terminerà il mio contratto con l’Inter e lascerò il club, mi occuperò solo dei giovani”.

GIOVANI – “Il settore giovanile è il patrimonio più grande di una società, soprattutto dal punto di vista umano. Sono sempre più convinto che far pagare lo sport ai giovani sia sbagliato: dovrebbe essere gratuito, perché così si riuscirebbero a coinvolgere anche le famiglie povere, quelle in cui si nascondono i campioni, come accadeva una volta”.

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