Scelte complicate ma decisive, mai banali, s’intende. Eppure, Luis Rubiales ha dovuto fronteggiare ore assolutamente di fuoco che, a poche ore dall’esordio in un delicatissimo Mondiale, hanno sancito, probabilmente, il destino della Roja nel cammino russo. Julen Lopetegui è stato esonerato con giuste motivazioni, magari non proprio tempisticamente esatte, ma comunque lecite: se il Real Madrid chiama – soprattutto in un momento tanto delicato – rispondere con esito positivo, dando la propria disponibilità, non è la miglior scelta possibile, tempisticamente parlando. Dev’essere stato proprio questo il nucleo del pensiero che ha portato Rubiales a prendersi le responsabilità di una scelta tanto coraggiosa quanto ardua. Pare che la Federazione Spagnola, in effetti, abbia saputo del nuovo incarico di Lopetegui appena pochi minuti prima del comunicato ufficiale del club della Capitale. E, così, l’idea che la testa del CT fosse ben altrove – anzichè sulla sfida col Portogallo – ha spinto per un cambio di guida al timone.

Nell’ansia momentanea della decisione, tra i pochi curriculum a disposizione, Rubiales ha scelto colui che ipoteticamente poteva meglio indossare i panni di Lopetegui, Fernando Hierro. Una scelta de hierro per un momento de hierro. Al di là delle esperienze sulle varie panchine – poche a dire il vero, sempre dietro le quinte e giusto una comparsata al Real Oviedo – Hierro ha il compito di far vincere il Mondiale alla Spagna nonostante non sia il vero allenatore della selezione. Sotto la gestione finora biennale di Lopetegui, l’ex difensore del Real Madrid aveva presieduto al ruolo di Direttore Tecnico della Selezione iberica che, comunque, gli aveva permesso degli assaggi di campo con i grandi nomi della rappresentativa di Madrid.
Il brusco e istantaneo passaggio dalla supervisione alla guida con mano di Hierro avrà notevolmente scombussolato l’organico delle Furie Rosse che, fino a poche ore fa, i bookmakers davano come una delle migliori pretendenti alla finale del Luzniki Stadium di Mosca. Adesso tutto è in discussione.
LA SUA IDENTITÀ
Fernando Hierro è nato a Velez-Malaga nel 1968, e da giocatore, dopo gli esordi col Real Valladolid, ha vinto 17 trofei con il Real Madrid, club che ha rappresentato per quattordici stagioni; con le Merengues si è laureato campione d’Europa in tre edizioni differenti (ultima quella del 2001 con gol di Zidane) e ha raggiunto quota 601 presenze, un tetto di apparizioni mastodontico, il sesto in tutta la storia dei Blancos. Dopo la quasi ventennale esperienza al Bernabeu, Hierro è emigrato a giocare nella Premiership inglese al Bolton, club con il quale ha segnato una rete e giocato 29 partite a trentasette anni. Poi il ritiro definitivo.

Hierro, successivamente, ha proseguito la carriera sportiva come dirigente, lasciando “momentaneamente” il campo: prima è direttore tecnico della Nazionale spagnola, poi come direttore generale conduce il Malaga di Pellegrini in quarta posizione in Liga. È un ruolo che apprezza, che gli calza bene, anche se il verde prato è un fischio nostalgico nella sua mente. Torna a Madrid come secondo allenatore di Ancelotti dal 2014 al 2015 (in sostituzione di Zidane), e dopo il periodo “dietro le quinte” ai Blancos, respira l’odore di panchina vera in Segunda Division al Real Oviedo. Il suo passato recente lo ha voluto dirigente tecnico della Roja sotto la gestione di Julen Lopetegui, che adesso, con una mossa poco furba, gli ha concesso il posto di primo allenatore della Nazionale.
CHANCE
Il fardello che il buon Hierro dovrà sorreggere per almeno due settimane è quello di sotterrare, con i risultati, le polemiche di apertura di questa World Cup che, con il caso-Spagna, ha minimamente oscurato l’hype per l’inizio della competizione. Pertanto, la Spagna ha inteso questo cambio di panchina come una sorta di passaggio a una dimensione sottotraccia, quasi di outsider tra le pretendenti; la mossa di Lopetegui ha danneggiato irrimediabilmente il pronostico finale di molti che davano la Spagna come una delle favorite finali proprio grazie a quanto di buono fatto dall’ex allenatore del Porto.

La Nazionale di Sergio Ramos, Pique e Iniesta avrà sicuramente un tecnico che conosceva i piani di Lopetegui e sa come far giostrare uno dei migliori Luna Park di Russia 2018: il problema della gestione tattica sembra paradossalmente uno dei problemi ancillari. Perché, di fatto, quello che preoccupa di più sono la facoltà di saper gestire il gruppo e leggere le partite del neo allenatore spagnolo che, alle prime armi, (specialmente a questi livelli) un professionista difficilmente può possedere. Hierro ha sulle spalle le speranze di un Paese che calcisticamente deve cancellare un Mondiale brasiliano imbarazzante, e quindi fare di tutto per tornare nell’Olimpo dei grandi della competizione. Prima nel girone dell’Italia, la Roja nelle qualificazioni aveva segnato 36 gol subendone solo 3, una brochure di livello marziano che immediatamente, ha portato a considerare gli iberici tra i favoriti finali. Con Lopetegui.

Adesso invece l’allenatore è Fernando Hierro ,con la sua sola esperienza da giocatore e le doti da manager di squadra, qualità che servono ma che difficilmente rientrano nella casella delle facoltà imprescindibili. L’ex Real Madrid spera che tutto vada per il meglio, nella conseguente chance che quanto visto agli allenamenti di Lopetegui e gli insegnamenti di Ancelotti possano tornare utili nelle sfide contro Portogallo, Iran e Marocco. Tuttavia, il Girone B, se escluso il Portogallo, è certamente più morbido di altri e il cursore di difficoltà, seppur di poco aumentato con il repentino cambio in panchina, rimane comunque decisamente su tacche inferiori. Intanto, rimane assolutamente tangibile la possibilità di portare la Spagna alla fase a eliminazione diretta, il che permetterebbe di superare il primo scoglio con destrezza e archiviare, almeno in parte, l’esclusione di una colossale figuraccia. Poi si vedrà, nulla è preventivato.