Il Giappone che si presenta in Russia è l’ennesima squadra che affronterà il torneo iridato con un commissario tecnico diverso da quello con il quale ha cominciato le qualificazioni.
La Federcalcio giapponese, chiusa l’era di Alberto Zaccheroni, si era affidata ad un altro allenatore di provata esperienza come il bosniaco Vahid Halilhodžić, 66enne già tecnico di Paris Saint-Germain, Costa d’Avorio e Algeria.
Halilhodžić aveva impostato la sua avventura giapponese sulla volontà di cambiare volto alla nazionale, facendo dei Samurai Blue una squadra in grado di difendere lo spazio per poi attaccare velocemente in transizione. È, questo, un tipo di approccio profondamente diverso da quello cui sono abituati i calciatori giapponesi che, dato il legame esistente fra il sakkā (soccer) ed il calcio brasiliano, sono più portati ad un gioco fatto di possesso palla e scambi ravvicinati.
Un gioco più posizionale, in controtendenza quindi con le innovazioni che Halilhodžić voleva apportare. Questo cambio di filosofia non ha portato gli effetti desiderati e così alcuni risultati negativi (fra tutti la clamorosa eliminazione subita nei quarti di Coppa d’Asia nel 2015 ad opera degli Emirati Arabi Uniti) hanno cominciato ad incrinare la fiducia della JFA nei confronti del progetto tecnico di Halilhodžić.
Fedele alla strada intrapresa, nonostante tutto, dopo la raggiunta qualificazione al Mondiale russo il tecnico bosniaco faceva intendere di essere propenso a cambiare la vecchia guardia in favore di giovani maggiormente predisposti a seguirne il credo tattico.
Così, con lo spogliatoio in rivolta e col timore di vedere le stelle del calcio giapponese lasciate a casa (con conseguente influenza negativa sui rating Tv), la federazione decideva di sollevare Halilhodžić dall’incarico affidandosi all’usato sicuro garantito da Akira Nishino, 63enne allenatore giapponese autore del “miracolo di Miami”, cioè della vittoria ottenuta dalla nazionale olimpica giapponese sui più titolati brasiliani (di Roberto Carlos, Rivaldo e Ronaldo) nel torneo olimpico del 1996.

E Nishino ha fatto quanto atteso: di nuovo al centro del progetto i vari Keisuke Honda (7 gol nelle qualificazioni), Shinji Kagawa (6) e Shinji Okazaki e gioco riportato sui binari tradizionali del calcio giapponese fatto di possesso palla, scambi in spazi ridotti e libertà per i trequartisti. Per agevolare questa sorta di controrivoluzione, i talenti della nuova generazione come Yosuke Ideguchi, Takuma Asano, Shoya Nakajima e Yuya Kubo sono stati lasciati a casa.
Per quanto riguarda gli aspetti tattici, Nishino ha provato sia la difesa a tre che quella a quattro durante il ritiro pre-mondiale in Austria. Contro il Ghana, l’allenatore giapponese ha schierato la squadra con un sistema 3-4-2-1, mantenendo sempre la prerogativa della ricerca del collegamento fra i giocatori e fra i reparti attraverso il movimento della palla in spazi stretti. Il risultato non è stato soddisfacente e i giapponesi sono stati facilmente sconfitti 0-2.
Contro il Paraguay invece Nishino ha schierato il Giappone nel suo classico 4-2-3-1 con Yoshinori Muto, Kagawa e Takashi Inui a ridosso di Okazaki. Contro i sudamericani non ha giocato il capitano Makoto Hasebe che, giocando da centrocampista (come nell’Eintracht Francoforte) o da difensore, è l’uomo incaricato di favorire l’uscita palla dalla difesa in fase di costruzione. Qualora Hasebe venisse schierato in mezzo, uno fra Ryota Oshima, Hotaru Yamaguchi e Gaku Shibasaki (Getafe) dovrebbe affiancarlo col compito di dirigere i flussi di gioco in campo contrario.
Centrocampista o difensore, Hasebe è fondamentale nella fase di costruzione giapponese.
Lo scopo della fase offensiva è quello di attivare velocemente i quattro riferimenti offensivi con gli esterni bassi (Gotoku Sakai e Yuto Nagatomo) pronti a dare supporto. Sempre lateralmente, anche fra gli esterni offensivi ci sono diverse opzioni a disposizione di Nishino, che potrà scegliere gli uomini in funzione dell’atteggiamento tattico o dell’avversario. Così, il tecnico giapponese potrà schierare esterni d’attacco classici (Genki Haraguchi) ma anche trequartisti in grado di aiutare Honda negli half-spaces (Takashi Usami o Takashi Inui).
Un esempio di fase offensiva del Giappone con palla verticale alla quale fa seguito l’apertura sull’esterno.
In sostanza, il Giappone è una squadra molto simile a quella che nel 2014 non fu in grado di superare il girone. La sensazione è che gli uomini di Nishino dovranno fare quasi un miracolo per cercare di arrivare almeno agli ottavi.