Oggi, in esclusiva ai microfoni di Numero Diez, ha parlato Martina Gelmetti, attaccante del Bologna Women, squadra che attualmente si trova in testa al girone B del campionato Femminile di Serie C. Dopo una breve presentazione, l’intervista si è concentrata su alcuni interessanti aspetti del calcio femminile, realtà a cui, purtroppo, non viene ancora data la giusta importanza.
L’INTERVISTA
Martina, dove e quando è nata la tua passione per il calcio?
“Ho iniziato giù in cortile con mio fratello più grande, poi si è aggiunto anche l’altro mio fratello, eravamo in tre ne combinavamo di tutti i colori. Ricordo che avevo 5 anni quando ho tirato il primo calcio al pallone“.
Quando sei sul campo, dalla mentalità alla tecnica, ti ispiri a qualche calciatrice o calciatore?
“Sicuramente mi ispiro a Melania Gabbiadini, che adesso non gioca più. Ho avuto la fortuna di giocarci per quasi sette anni durante i quali mi ha insegnato molto, sia dentro che fuori dal campo. È diventata il mio idolo sportivo e soprattutto di vita. Per quanto riguarda la tecnica in campo, l’abilità ma anche il fattore umano mi sono sempre ispirata anche a Roberto Baggio“.
Oggi la distanza tra il mondo del calcio femminile e quello maschile è ancora molta. Dalla tua esperienza quale pensi però che sia il principale punto d’accordo?
“Sicuramente il fatto che è il nostro lavoro e la nostra vita, purtroppo qualcuno non riesce a capirlo, lo definisce solo come un gioco, in realtà è questa la parte bella. Noi calciatori ci mettiamo tutto noi stessi nel calcio proprio perché fa parte della nostra vita“.
Al contrario, qual è la principale differenza?
“La principale differenza si vede in campo. Uomo e donna sono diversi sia di carattere che di fisico. Calcio femminile e maschile diventano due giochi diversi, non per questo però uno è meno bello rispetto all’altro. Non si dovrebbero fare paragoni, bisognerebbe vedere il calcio femminile in modo più libero e meno discriminatorio possibile“.
Con la nascita, nel 2018, del Pallone d’Oro Femminile senti che queste due realtà si siano avvicinate?
“Si, siamo molto più riconosciute da 5 anni a questa parte. Avere un premio di riconoscimento per una calciatrice per quello che fa, il suo lavoro, è fondamentale. Perché premiare un uomo e non una donna per il medesimo risultato che porta?“
Concludendo, che incoraggiamento daresti alle ragazze che vogliono diventare calciatrici?
“Io porto sempre questa mia idea: le ragazzine hanno sempre paura di diventare “maschiaccio” quando si affacciano al calcio, essendo ancora visto come uno sport solo per uomini. Si pensa che le ragazze vadano a “perdere la femminilità” ma in realtà è completamente il contrario: il calcio ti fa diventare più forte e più pronta agli ostacoli della vita“.