Calcio e dintorni
Gli Anni 90′: il periodo d’oro del calcio italiano!
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1 anno fa:

C’era una volta un periodo storico meraviglioso, dove il calcio italiano rappresentava il centro economico e nevralgico del panorama sportivo mondiale. I più grandi campioni, provenienti dai più vari e vasti Stati, arrivavano nel nostro paese nel pieno della loro carriera, volenterosi di confrontarsi con altri campioni del loro calibro. In questo “decennio felice” la Serie A divenne una sorta di Olimpo dove, praticamente tutti i giocatori in attività del periodo, sognavano di arrivare. Non è un caso, a questo proposito, che su dieci “Palloni d’oro” disponibili, tra il 1990 e il 2000, ben cinque furono vinti da calciatori provenienti dal nostro campionato.
UN DECENNIO DI FAVOLE
Per quanto sia estremamente interessante parlare e raccontarvi del panorama culturale e politico di quegli anni, oggi non siamo qui per questo. L’obiettivo è quello di trascinarvi nel meraviglioso calcio anni 90′ e quindi partiamo subito. È vero, l’ultimo decennio del novecento fu caratterizzato nel nostro paese, sempre calcisticamente parlando, da straordinari campioni e incredibili squadre. Ma è altrettanto vero, però, che questo fu un decennio estremamente romantico, dove il proverbiale “American Dream” divenne anche un po’ “Italian” . Alcune delle più belle favole del nostro calcio, infatti, si collocano in questo periodo.
Uno degli esempi più rappresentativi lo troviamo proprio in apertura di decennio: è quello della Sampdoria del patron Enrico Mantovani, una squadra incredibile che, nel 1990-91, dominò il campionato vincendo il primo, e finora unico, scudetto della sua storia. Quella Samp, tanto per la cronaca, era tutt’altro che scarsa: poteva contare su giocatori come Pietro Vierchowod, Attilio Lombardo e sui gemelli del gol Gianluca Vialli e Roberto Mancini. Il “problema” è che questi calciatori, per quanto forti, dovessero competere con armate come i campioni d’Italia in carica del Napoli di Maradona, l’Inter dei tedeschi, il Milan degli olandesi e la Juventus di Baggio, Di Canto e Schillaci. Ebbene, la squadra ligure, guidata dal leggendario Vujadin Boskov , sovvertì ogni pronostico grazie ad una cavalcata storica, laureandosi campione d’Italia.
UN DECENNIO DI SUCCESSI EUROPEI
Le favole del calcio italiano, ad ogni modo, non si limitarono ai confini nazionali. Proprio in virtù dei grandi campioni che abbiamo citato e citeremo, le nostre squadre si mossero alla conquista dell’ Europa ottenendo importanti successi continentali.
Riallacciamoci al discorso precedente e partiamo dalla Sampdoria dei miracoli. Dopo la storica cavalcata scudetto, nella stagione successiva gli uomini di Boskov giunsero ad una storica finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona; i liguri, di fronte ai 70mila di Wembley, provarono a gettare il cuore oltre l’ostacolo, ma si dovettero arrendere nei tempi supplementari ad un gol di Frank De Boer.
Nel 1996 la Juventus di Marcello Lippi si laureò, per la seconda volta nella sua storia, campione d’Europa, battendo ai rigori l’Ajax nella finale di Roma. Decisivo nell’occasione, oltre al rigore finale di Jugovic, fu Angelo Peruzzi, che neutralizzò due tiri dal dischetto avversari. I bianconeri si confermarono una delle squadre più forti del vecchio continente arrivando in finale di Coppa dei Campioni (al tempo si chiamava ancora così) anche nelle successive due edizioni, avendo però la peggio contro Borussia Dortmund prima e Real Madrid poi.
La regina europea del decennio, però, fu il Milan che tra il 1990 e il 2000 collezionò due Coppe dei Campioni disputando quattro finali. La prima nel 1990, dove a Vienna il Milan degli olandesi sconfisse il Benfica per 1-0, proprio grazie al gol di uno dei tre tulipani: Frank Rijkaard. Quel Milan era decisamente la squadra più temuta e forte d’Europa, basti pensare al fatto che, solo l’anno prima, gli uomini di Arrigo Sacchi avevano strapazzato in finale lo Steaua Bucarest per 4-0. La seconda coppa arrivò 4 anni più tardi, nel 1994 i rossoneri – dopo aver perso nella finale dell’anno prima contro il Marsiglia – si imposero con un altro 4-0, stavolta ai danni del Barcellona. L’ultima finale del decennio, infine, è datata 1995, quando l’Ajax sconfisse il Milan di Capello.
UN DECENNIO DI ALTRI SUCCESSI EUROPEI
Guai a pensare che allora “Europa” significasse solo “Coppa dei Campioni”. Rivestiva infatti una grandissima importanza, al tempo, anche la Coppa Uefa. La competizione era ben più prestigiosa e competitiva dell’attuale Europa League ma, nonostante questo, fu un torneo quasi ad esclusivo appannaggio italiano. Su 10 edizioni, 7 videro come vincitrice una squadra nostrana. Nello stesso periodo di tempo, 8 furono le finali con almeno una squadra italiana impegnata e tre di queste furono “fratricide” e cioè con due squadre del nostro paese a contendersi il trofeo.
A vincere più edizioni di tutte le altre (sempre prendendo come riferimento il decennio 1990-2000) fu l’Inter che disputò quattro finali vincendone tre. I nerazzurri si imposero contro Roma e Lazio rispettivamente nel 90-91 e nel 97-98. Vinsero entrambe le finali (allora si giocava una finale di andata ed una di ritorno) contro il Salisburgo nel 1993-1994, senza dubbio la stagione più pazza della storia dell’Inter che vinse la Coppa Uefa ma sfiorò per un punto la catastrofica retrocessione in Serie B. I milanesi si dovettero arrendere invece nel 1997, quando vennero battuti in rimonta nella finale di ritorno del Meazza contro lo Shalke 04.
In quanto a Coppe Uefa, dietro l’Inter si piazza il Parma dei miracoli. Gli Emiliani conobbero nel decennio il loro periodo di massima forza e poterono contare su campioni del calibro di Zola, Thuram, Cannavaro, Veron, Crespo, Buffon e Chiesa. Grazie a loro, il Parma conquistò la prima Coppa Uefa nel 1995 contro la Juventus, e la seconda nel 1999 contro il Marsiglia.
Anche la Juventus riuscì a vincere due edizioni della coppa, prima nel 1990 contro la Fiorentina e poi nel 1993 contro il Borussia Dortmund.
L’unica italiana ad aver raggiunto importanti traguardi europei in quegli anni non ancora nominata è il Torino. I piemontesi raggiunsero la finale di Coppa Uefa nel 1992, ma persero contro l’Ajax.
UN DECENNIO DI PORTIERONI
Come abbiamo già detto e come avrete a questo punto intuito, la Serie A degli anni 90′ pullulava di fenomeni. Praticamente ogni squadra, grande o piccola che fosse, poteva contare su un fuoriclasse dal talento assoluto. Ora, dato il numero astronomico di giocatori che si sono susseguiti in quegli anni, è impossibile nominarli tutti, ma provo a rendere l’idea facendo alcuni nomi.
La tradizione italiana ha sempre sfornato grandissimi portieri, ma tra il 1990 e il 2000, forse, ha esagerato. Leggendarie le lotte alla conquista di un posto in nazionale, con 5 o 6 estremi difensori che ogni anno si contendevano un posto da titolare. Iniziamo da Walter Zenga fenomenale estremo difensore dell’Inter tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90. In quel periodo storico, l’ “uomo ragno” era decisamente il portiere italiano più forte in circolazione ed uno di più forti al mondo. Il suo successore, sia all’Inter che in nazionale, fu Gianluca Pagliuca protagonista della cavalcata doriana verso il titolo del 1991 ed eccezionale pararigori.
Fortissimo poi anche Angelo Peruzzi, iconico con la Juventus di Lippi e con la Lazio di fine anni 90. Non possiamo poi dimenticarci di Francesco Toldo che in questi anni esplose con la maglia della Fiorentina. Seppur giovanissimo, si piazza in questa cerchia di portieroni anche Gianluigi Buffon che, dopo aver esordito in Serie A a 17 anni nel 1995, comincerà la sua scalata fino a consacrarsi come uno dei portieri più forti della storia. Finirono, in questo epoca, per passare in secondo piano portieri fortissimi come Sebastiano Rossi, Tacconi e Ballotta.
UN DECENNIO DI SUPER DIFENSORI
È facile capire, leggendo i nomi dei difensori nella Serie A di quegli anni, come mai al tempo le nostre squadre, più che sugli attacchi, basassero il loro gioco su una difesa ermetica. Nel decennio 90-00 i difensori che hanno calcato i palcoscenici del nostro campionato sono tra i più forti della storia ed hanno assunto, ad oggi, i tratti tipici delle leggende.
I difensori che si sono succeduti nel Milan, ad esempio, facevano impallidire i più grandi attaccanti del tempo. D’altronde un reparto arretrato composto, nello stesso momento, da Panucci, Tassotti, Costacurta e, soprattutto, Baresi e Maldini è uno dei più sensazionali che la storia del calcio abbia mai conosciuto.
Sull’altra sponda del naviglio, invece, Bergomi, con la fascia di capitano al braccio, guidava la retroguardia nerazzurra coadiuvato da Brehme. Nel frattempo Zanetti muoveva i primi passi della sua carriera nerazzurra e il poco pubblicizzato ma roccioso Riccardo Ferri concludeva la sua decennale esperienza interista. In mezzo a questi campioni non ci fu tempo per aspettare Roberto Carlos che, dopo una stagione a Milano, si consacrò nel Real Madrid.
Protagonisti dei successi Juventini dell’epoca furono Ferrara, Pessotto e Paolo Montero. A Parma, invece, Fabio Cannavaro e Lilian Thuram blindavano la difesa emiliana.
Guardando alla difesa romanista, poi, viene difficile credere che i giallorossi, in un decennio, siano riusciti a vincere appena una Coppa Italia. I capitolini hanno potuto contare, negli anni, su Cafu, Candela, Panucci e Aldair. L’altro lato della capitale, invece, vedeva una Lazio che nella stagione 1999-2000, quella dello scudetto biancoceleste, aveva in rosa Nesta, Negro, Albertini, Mihajlovic e Favalli.
UN DECENNIO DI BOMBER ATTO I
Letti tutti questi nomi vi starete chiedendo, più che legittimamente, per quale motivo tutte le partite non finissero 0-0. Vi sembrerà incredibile, ma il decennio d’oro del calcio italiano, oltre che decine di difensori, conobbe attaccanti stratosferici in grado di mettere in difficoltà anche le retroguardie più rocciose.
È questo il decennio di Gianluca Vialli, che prima si laurea campione d’Italia con la Sampdoria e poi vince tutto con la Juventus. Il bomber cremonese, però, era stato oscurato nei mondiali di Italia 90′ dalla figura di Totò Schillaci, trascinatore azzurro nella competizione e secondo nella classifica del pallone d’oro di quell’anno. Verso la fine del decennio vestì la maglia bianconera anche Filippo Inzaghi, che il meglio di sé lo avrebbe fatto vedere al Milan qualche anno dopo, ma che comunque mostrava già un gran fiuto del gol.
Se il reparto offensivo bianconero già vi ha emozionato aspettate a sentire quello del Milan. Nel decennio, ben due attaccanti rossoneri vinsero il pallone d’oro. Il 1992 è l’anno di Marco Van Basten, che si laurea per la terza volta calciatore più forte del mondo. Il più che degno sostituto del cigno di Utrecht è George Weah, incontenibile carro armato liberiano che nel 1995 vinse la quarantesima edizione del Pallone d’Oro. Partner d’attacco di Weah fu Olivier Bierhoff che, nel 1998, vinse la classifica marcatori del nostro campionato, impresa tutt’altro che facile vista la concorrenza.
UN DECENNIO DI BOMBER ATTO II
L’Inter, anche in quanto ad attaccanti, non fu da meno. In apertura di decennio, a guidare l’attacco nerazzurro, fu Jurgen Klinsmann, ancora oggi molto affezionato alla causa interista e ad i suoi tifosi. Con il tempo sarebbe poi arrivato a Milano Ivan Zamorano, energica prima punta cilena. Christian Vieri arriverà nel 1999 all’Inter come uno degli attaccanti più forti al mondo, dopo aver segnato e convinto con le maglie di Atletico Madrid e Lazio.
A Firenze, Gabriel Omar Batistuta bucava le reti avversarie ogni domenica, mentre Vincenzo Montella, che sarebbe stato la sua spalla alcuni anni dopo a Roma, bazzicava tra Genoa e Sampdoria. Negli anni 90′ la stella del Parma dei miracoli fu Enrico Chiesa, papà di Federico, coadiuvato prima da Gianfranco Zola e poi da Hernan Crespo.
UN DECENNIO DI DIEZ
La serie A targata anni 90′, però, non sarebbe mai potuta essere così iconica senza i suoi numeri dieci. Un mix di talento, qualità, quantità, leadership e mentalità praticamente senza precedenti che in quegli anni rese il nostro campionato il più bello della storia.
E quindi partiamo subito con il dieci. Il calciatore più forte della storia del calcio. Stiamo parlando, ovviamente, del compianto Diego Armando Maradona. Una vera e propria divinità che, ad onor di cronaca, il meglio lo fece vedere alcuni anni prima del decennio 90-00, ma che rimane impossibile da non menzionare. Il pibe lasciò Napoli nel 1991, dopo una Coppa Uefa ed uno scudetto conquistati da solo, ma la sua ombra aleggia ancora dalle parti del Vesuvio.
Lothar Matthaus fu il numero dieci dell’Inter fino al 1992. Il tedesco, dopo la vittoria dei mondiali del 1990, vinse il pallone d’oro. Ad ereditare la casacca di Matthaus fu Ronaldo il Fenomeno. Il soprannome del brasiliano dovrebbe rendere l’idea del suo sconfinato talento che comunque non venne mai espresso a pieno per via di un ginocchio maledetto. Nonostante questo, però, il giocatore dell’Inter vinse il pallone d’oro nel 1997, dopo averlo perso per un solo voto l’anno prima.
In quanto a talento, non è secondo a nessuno Ruud Gullit, numero 10 di Milan e Sampdoria oltre che vincitore di tutto quello che si poteva vincere con il club. Altro numero dieci dallo straordinario talento fu Rui Costa, protagonista dalla metà del decennio in poi con la maglia della Fiorentina.
Non possiamo non citare poi Beppe Signori, giocatore con il fiuto di un attaccante e con la classe di un trequartista di Lazio, Sampdoria e Bologna. Caratteristiche molto simili per Roberto Mancini, uno dei talenti più cristallini del nostro calcio che s’impose negli anni 90 con la Sampdoria.
Concedetemi poi uno strappo alla regola per Zinedine Zidane. Juventino dal 1996 al 2001, Zizou non vestì mai la maglia numero 10 con i bianconeri, ma, viste le sue caratteristiche e il fatto che sia uno dei giocatori più forti della storia, merita di stare in questo elenco.
UN DECENNIO DI TOTTI
Manca qualcuno vero? Io ne conto tre, tre indimenticabili numeri dieci. Quelli già citati mi perdoneranno, ma visto quello che hanno rappresentato per il calcio italiano mi sento di mettere questi tre giocatori in tre paragrafi a parte.
È il 28 Marzo del 1993 e il Brescia sta vincendo per 2-0 contro la Roma di Boskov. Mancano una manciata di minuti alla fine della gara quando il tecnico Jugoslavo si gira verso la panchina e fa cenno di entrare ad un ragazzino appena sedicenne. Quel ragazzino, che dopo quel cenno rimarrà pietrificato, è Francesco Totti e quello è il giorno del suo esordio con la maglia della Roma. Da lì in poi la storia la conoscono tutti, Totti diventerà capitano, bandiera ed icona del club giallorosso di cui era tifoso sin da piccolo. Negli anni 90′ non vincerà molto, ma si dimostrerà comunque uno dei giocatori più forti della storia del calcio italiano.
UN DECENNIO DI DEL PIERO
Alcuni mesi più tardi compirà il suo esordio in Serie A uno che, come Totti, dedicherà la sua vita ad una squadra, la Juventus. Si sta parlando, ovviamente, di Alessandro Del Piero, bianconero dal 1993 al 2012. Con la vecchia signora Del Piero vincerà tutto quello che si può vincere e conquisterà l’amore incondizionato dei suoi tifosi. Nel 1997 sfiora il pallone d’oro ma un infortunio ne rallenta la crescita. Pinturicchio però ha un talento troppo grande per essere messo in ombra e riesce a rimettersi in piedi dopo alcune stagioni.
UN DECENNIO DI BAGGIO
Se doveste vedere un giocatore con il codino, che siate italiani, francesi, spagnoli o indiani, penserete in preda ad un inarrestabile flusso di ricordi “Toh, guarda, come Roberto Baggio!“. Sì, perché il divino codino fu molto più che un calciatore e questo lo dimostra il fatto che, ancora oggi, tutti lo riconoscano e se ne ricordino: Roby Baggio fu una delle icone culturali degli anni novanta. Baggio, che è stato uno dei tre calciatori più forti del calcio Italiano, non mise il suo indescrivibile talento a disposizione di una sola squadra. Basti pensare che il divino vestì, nel corso degli anni 90, le maglie di Juventus, Milan ed Inter, vincendo un pallone d’oro con i bianconeri. Nonostante questo, però, non troverete mai un tifoso pronto ad etichettarlo come traditore o mercenario, questo perché Baggio è semplicemente unico.
Unica macchia nella carriera del fenomeno di Caldogno è quel rigore sbagliato contro il Brasile nella finale di USA 1994. Ma sapete che c’è? Baggio, che in quel mondiale assunse i tratti di una divinità trascinando gli azzurri, nell’occasione dimostrò di essere umano, ed è forse anche per questo che tutti gli vogliono un gran bene.
Questi erano i favolosi anni 90′ del calcio italiano. E’ difficile e sbagliato fare paragoni, ma definire la Serie A degli anni 90′ come la Premier League odierna è sbagliato. La Serie A degli anni 90 equivale alla Serie A, la Premier League, La Liga, la Ligue 1 e la Bundesliga odierne, un campionato fantastico dove campioni dal calibro internazionale si affrontavano ogni domenica. Dj Matrix cantava, in un suo pezzo del 2013, “Voglio tornare negli anni 90′“; caro Matrix, se mai ci riuscirai, per favore porta anche me.
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Calcio e dintorni
Guai per Dani Alves: il Pumas pretende cinque milioni di danni!
Pubblicato
9 ore fa:
Febbraio 2, 2023Di
Elio Granito
Continuano i guai per Dani Alves. Nelle scorse settimane il terzino, attualmente in forza al Pumas, è stato accusato di violenza sessuale. Ciò ha comportato la propria reclusione, lo scorso 20 gennaio, nel penitenziario catalano Brians 2. Tale accaduto ha comportato, inevitabilmente, ripercussioni sull’immagine del calciatore. Ragion per cui, l’ex Barcellona ha visto disdetti vari contratti di sponsorizzazione. Oltre a ciò, stando a quanto riporta il portale brasiliano Uol Esporte, il suo club avrebbe inviato una richiesta d’indennizzo per danni d’immagine.
La richiesta del club
Dal momento dell’arresto, la società messicana ha immediatamente cessato il contratto del brasiliano, richiedendo:
“Per inadempienze gravissime, il giocatore è irrimediabilmente obbligato a versare al club il pagamento dell’indennizzo previsto nelle clausole 14 e 15 del contratto. Un ammontare pari a 5 milioni di dollari netti, liberi da imposte. Pumas si riserva il diritto di intraprendere le azioni che riterrà necessarie presso la Fifa e/o qualsiasi altra giurisdizione pertinente e competente per reclamare l’indennizzo“.
Calcio e dintorni
Chelsea senza freni: il clamoroso dato sulle spese dei Blues

Pubblicato
24 ore fa:
Febbraio 1, 2023Se in Serie A la sessione invernale di mercato non ha regalato grossi colpi ad effetto, in Premier League il Chelsea ha messo in atto una campagna acquisti faraonica. Il mercato dei Blues è stato infatti senza freni, tanto da arrivare a registrare un clamoroso dato.
Come riportato da Transfermarkt, a gennaio, ad eccezione della Premier League, il Chelsea ha speso di più rispetto a quanto non abbiano fatto gli altri top 4 campionati europei messi insieme. Nello specifico: Ligue 1, Bundesliga, LaLiga e Serie A. Combinate, hanno speso un totale di 256,3 milioni di euro.
Il club londinese invece, con il pagamento in extremis della clausola di Enzo Fernandez, ha speso ben 329,5 milioni di euro. Altro dato non da poco, è la spesa dei top 5 campionati: con l’aggiunta della Premier League, la somma totale diventa 1,09 miliardi. Numeri che testimoniano la grandissima potenza economica di cui dispongono club che militano nel massimo campionato inglese.
Calcio e dintorni
Kjaer suona la carica in vista del derby: le dichiarazioni social
Pubblicato
1 giorno fa:
Febbraio 1, 2023Di
Simone Rippa
Aria di derby nell’ambiente milanese, con il confronto tra Inter e Milan che andrà in scena domenica sera. In casa Milan la situazione non è delle migliori, considerando sia lo stato di forma pessimo dei rossoneri che le condizioni fisiche di alcuni giocatori. Tra questi figura Fikayo Tomori, la cui assenza sembra sempre più certa. Tuttavia, è pronto a sostituirlo l’esperto centrale danese Simon Kjaer, che con ogni probabilità affiancherà Kalulu al centro della retroguardia dei Diavoli. Il 33enne ci ha tenuto a motivare i suoi da vero leader, pubblicando un messaggio social di grande grinta: “Duro lavoro, concentrazione, preparazione”.
Big match della 21esima giornata di Serie A che si avvicina sempre di più, pronto a regalarci spettacolo e divertimento come in ogni occasione.
Calcio e dintorni
Il DS dell’Empoli: “C’è ancora tanta strada da fare”
Pubblicato
1 giorno fa:
Febbraio 1, 2023Di
Simone Rippa
Chiarimenti importanti in casa Empoli per spiegare le strategie di mercato attuate durante la finestra invernale appena terminata. A sciogliere ogni riserva ci ha pensato il direttore sportivo Pietro Accardi, il quale ha rilasciato dichiarazioni ufficiali nel corso della conferenza stampa. Non sono mancati riferimenti ai colpi in uscita, come Bajrami, oltre che a quelli in entrata, su tutti il ritorno di Caputo.
SULL’ACQUISTO DI PICCOLI – “C’è molta soddisfazione, era un calciatore che noi avevamo cercato due anni fa e che poi non eravamo riusciti a prendere. La soddisfazione è doppia perché ho visto un ragazzo motivato e contento di venire qui, ha spinto molto per venire all’Empoli”.
SULLE STRATEGIE ATTUATE – “Stiamo ragionando sulla stagione attuale, c’è ancora tanta strada da fare e abbiamo cercato di mettere dentro giocatori funzionali per quello che è il calcio del nostro allenatore. Quindi abbiamo ragionato prettamente su questa stagione”.
SU BAJRAMI – “La sua cessione nasce appunto da un’opportunità delle ultime ore, abbiamo deciso di accontentare il giocatore perché dopo lo scorso campionato sicuramente le sue aspettative erano diverse. Questa estate non c’è stata per lui la possibilità di andare da un’altra parte, abbiamo quindi ritenuto opportuno che questa fosse la giusta chiusura per un ragazzo che ha dato tanto”.
SULL’IMPATTO DI CAPUTO- “Quando abbiamo perso Destro per infortunio, abbiamo ritenuto opportuno inserire un giocatore esperto e abbiamo subito pensato a lui. Quindi sì, mi aspettavo questo impatto. Lammers? Lo reputo un attaccante straordinario, ma non si è integrato con l’ambiente e abbiamo deciso questo scambio dal quale riteniamo di aver tratto vantaggio”.
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