Roberto De Zerbi ha parlato a “105 Kaos” della drammatica esperienza vissuta in Ucraina negli ultimi giorni. Il tecnico dello Shakhtar ha raccontato i momenti di paura sotto i bombardamenti e di come lui e il suo staff hanno vissuto quei giorni. Ecco le sue parole, estratte da Tuttomercatoweb.
Sullo scoppio del conflitto
“Il primo sentore di pericolo l’ho percepito quando Putin ha fatto la conferenza stampa riguardante il Donbass, il primo segnale era inequivocabile, io da quella sera sono andato a dormire nell’hotel dove di solito facciamo i ritiri pre partita. L’altra giornata in cui avevo capito che le cose si mettevano male era quando dalla Bielorussa continuavano ad arrivare delle truppe russe, la Bielorussia è sopra Kiev e non potevano essere le esercitazioni normali che diceva Putin”.
Sulle sue sensazioni in quei momenti
“Quando ero lì non ho avuto il tempo di pensare, adesso arrivato in Italia avrò il tempo di rivedere nella mia testa quello che è stato, probabilmente avrò il ritorno emozionale di quei momenti nei quali ho pensato solo che avevo delle responsabilità. È vero che faccio l’allenatore e l’allenatore non deve per forza averne fuori dal campo, però io e il mio staff tutto compatto ci siamo messi a servizio dei calciatori che hanno l’età dei nostri figli”.
Sul come viveva le sue giornate in quella situazione
“Le giornate erano di 24 ore, ma passavano molto molto lentamente anche perché non dormivi, la notte si sentiva di tutto. Io dormivo in camera per avere la possibilità di capire cosa succedeva fuori dall’hotel e solo all’occorrenza andavo nel bunker. Senza farsi prendere dall’ansia cercavamo di organizzare la fuga cercando di essere lucidi; la fuga uno poteva farla quando voleva, almeno fino a quando non è entrato in vigore il coprifuoco, però la fuga voleva dire anche stare 4, 5 giorni sulla strada senza scorte di cibo, di acqua, i benzinai erano presi di assalto e quindi non potevi fare scelte dettate solo dalla paura. Dovevi rimanere tranquillo, preparare le mappe degli itinerari che dovevi seguire. L’Ambasciata nostra ci ha aiutato per quello che poteva, eravamo oltre 2000 italiani. Siamo tornati a casa grazie all’impegno del presidente della Fifa Ceferin che è stato di un’umanità, di una sensibilità incredibile, ha organizzato tutto nei minimi dettagli e anche l’Ambasciata ci ha trattato bene”.
Sul popolo ucraino
“La gente dell’Ucraina mi ha molto stupito, a Kiev sono tutti pronti a combattere perché loro stanno difendendo la libertà e chi difende la libertà parte avvantaggiato. Poi è chiaro che la differenza di potenziale di armi sposta tutto. Io porto con me l’attaccamento al proprio territorio, l’orgoglio di queste persone. Per quello che ho visto io, possono continuare non si sa per quanto perché sono davvero tosti: il campione di pugilato si è messo a combattere, un mio magazziniere giovane, con una figlia piccola, ha preso il fucile pronto a combattere. E’ gente di un orgoglio, di una generosità…”