Il Mondiale di calcio è ritenuto da ogni appassionato o esperto di questo sport la competizione più bella che ci possa essere. L’unica in grado di unire un paese, anche in momenti di crisi a livello politico o economico, e di tenerlo attaccato per trenta giorni agli schermi per vedere i risultati e i progressi della sua nazionale. Il torneo più romantico del mondo, in grado di deliziarci con il grande calcio espresso dai migliori giocatori del pianeta, che fa emergere le future stelle di tutto il panorama mondiale, come accaduto con James Rodriguez nel 2014 o Kylian Mbappé nell’attuale Coppa del Mondo. Il Mondiale è fantasia, gioia, pianti, divertimento, colore, incroci tra culture tradizioni ed etnie profondamente diverse l’una dall’altra. Ciò che però più di tutto ci fa emozionare ed incuriosire sono le storie dei vari calciatori che dal nulla o dopo tanti problemi sono riusciti a costruirsi una carriera e a far sognare i propri connazionali con prestazioni commoventi. Quest’ultima edizione della coppa iridata ne è un perfetto esempio, basti pensare a Romelu Lukaku, centravanti belga e stella della Premier League, dove milita con il Manchester United, che da piccolo quando vide la madre allungare il latte con l’acqua le promise che una volta diventato grande avrebbe fatto di tutto per migliorare la loro situazione economica e che mai più si sarebbe ritrovata in difficoltà. La promessa è stata mantenuta e ora il gigante buono sta facendo sognare un popolo intero. Alizera Beiranvand, portiere dell’Iran, dopo un’infanzia da pastore e mille sofferenze e sacrifici è riuscito a realizzare il suo sogno, parando anche un rigore ad un certo Cristiano Ronaldo. A questa lista va aggiunto anche il nome di Harry Maguire, che come il ben più noto compagno di nazionale e di club Jamie Vardy è dovuto ripartire dalle serie minori, per poi affermarsi nel proprio campionato e diventare membro della spedizione inglese in terra russa, fino a siglare il gol che manda i britannici in semifinale dopo ventotto anni.
“LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO”
Tutti i grandi tifosi di pallacanestro si ricorderanno questa frase, detta da Flavio Tranquillo,voce storica del basket italiano, durante le NBA Finals del 2008, che vedevano di fronte Boston contro Los Angeles, l’ennesimo capitolo di una rivalità infinta per lo sport americano. Mentre tutti gli occhi del mondo erano puntati su Paul Pierce, Kevin Garnett, Kobe Bryant e Pau Gasol, a prendersi la scena furono due giovani in maglia verde, Rajon Rondo e Kendrick Perkins, deliziando l’intero Boston Garden e contribuendo in maniera decisiva al 2-0 nella serie dei Celtics grazie agli assist e alle recuperate del primo e ai rimbalzi del secondo. Da lì in poi in ambito sportivo questa frase verrà sempre utilizzata all’indirizzo di quei giocatori o atleti, che pur non disponendo di un talento o doti fisiche straordinarie, erano in grado di dare tutto sul campo pur di contribuire al successo della propria squadra. Non agendo sotto i riflettori, facendo il lavoro “sporco” e “oscuro”, recuperando dei palloni o correndo da una parte all’altra del campo, mostrando quella voglia, quella adrenalina che i tifosi chiedono sempre in qualsiasi occasione. A tutto ciò si può ricollegare la storia di Harry Maguire, umile lavoratore, sempre a dare una mano, senza mai voler eccellere sugli altri ma rispettando sempre il suo ruolo. Il ragazzo di Sheffield sa bene come ci si deve comportare quando hai meno qualità tecniche rispetto al resto della squadra, tant’è che con le sue prestazioni si è guadagnato la chiamata del CT Gareth Southgate, dopo appena tre anni nella massima divisione inglese con un’esperienza in nazionale di nemmeno un anno, visto che ha disputato la sua prima partita con i Tre Leoni nell’ottobre scorso contro la Lituania. Oggi il giovane Harry è un “titolarissimo” dell’Inghilterra, che grazie al suo stacco imperioso contro la Svezia è approdata in semifinale, anche se lui in realtà agli Scandinavi gliel’aveva già promessa da due anni.

GLI INIZI
Maguire come calciatore si forma nelle giovanili dello Sheffield United, dove si mette subito in mostra per le sue ottime capacità di anticipo e di tenere sotto controllo giocatori anche più veloci di lui. I primi anni li gioca da terzino, ruolo che occuperà anche nelle sue uscite con la prima squadra, per poi affermarsi come difensore centrale grazie anche alla sua stazza. Nonostante il grande impatto che ha con i professionisti non riesce a portare la squadra alla salvezza, ma ne diventa un caposaldo durante la stagione successiva nella terza serie inglese. Lì l’allenatore gli dà il posto da titolare come centrale difensivo e nessuno glielo toglierà più, viste le sue 56 presenze stagionali, condite dal gol nella partita inaugurale. Per le due stagioni successive Harry si mantiene a quei livelli, mostrando però una maggiore vena realizzatrice che lo porterà a segnare ben undici volte in quell’arco di tempo, diventando uno degli idoli della tifoseria dei Blades.
Nel 2014 il giocatore passa alla corte dell’ Hull City, pronto a disputare la sua prima annata in Premier League, ma dopo una metà di stagione opaca con sole tre presenze, il club decide di mandarlo in prestito al Wigan in Championship dove il giovane ricomincia a solcare più frequentemente il campo con sedici presenze e un gol che convinceranno la dirigenza dei Tigers a riscattare il suo cartellino per la stagione successiva dopo la drammatica retrocessione. Da lì in poi verrà data molta più fiducia al ragazzo che ripaga le 75 presenze con ottime prestazioni e tre gol. Questo biennio si rivelerà fondamentale per lui, vista la sua crescita nell’impostazione del gioco ma soprattutto per la migliore lettura tattica della partita, che acquisisce prevalentemente sotto la guida di Steve Bruce.

IL GRANDE SALTO
Nell’estate del 2017 il talentino del South Yorkshire passa sotto la proprietà del Leicester City, squadra già ampiamente rodata in Premier League, dopo la sorprendente vittoria del titolo del 2016. Harry qui impara moltissimo e convince allo stesso tempo così tanto il suo manager Craig Shakespeare che viene schierato in tutte le 44 partite del club senza esser mai sostituito, riuscendo a segnare anche due reti e componendo con Wes Morgan una granitica linea difensiva. Durante la stagione è stato determinante in alcuni casi il passaggio alla difesa di tre, completata da Aleksandar Dragovic e in rare occasioni da Yohan Benolouane, che ha permesso nuove alternative tattiche a Shakespeare e più visibilità a Maguire in chiave nazionale. Alla fine il Leicester chiuderà nono grazie, oltre che alle solite prestazioni di Vardy e Mahrez, anche all’equilibrio difensivo datogli dal nativo di Sheffield.

LA CHIAMATA DALLA SUA AMATA INGHILTERRA
Harry ha sempre mostrato molta passione e sentimento per la sua nazionale, come dichiarato da lui stesso in una recente intervista prima dei Mondiali. Un amore così grande che ha portato l’allora giocatore dell’ Hull City a spendere un’ingente somma di denaro per seguire i Tre Leoni fino a Nizza per l’atteso ottavo di finale di Euro 2016 contro l’Islanda, che doveva essere il riscatto per l’eliminazione prematura ai gironi del mondiale brasiliano. Quel giorno però i britannici assaporarono la più grande ed umiliante disfatta della loro storia, vedendo sotto i loro occhi la piccola favola del torneo imporsi per 2-1 ed aggiudicarsi di fatto il pass per i quarti di finale. La disfatta toccò anche i moltissimi tifosi inglesi disposti sulle tribune dell’Allianz Rivera, tra cui vi era anche Harry Maguire, che certificò in prima persona l’ennesima delusione inglese in una competizione per nazionali, visto che in quell’europeo la truppa di Roy Hodgson aveva collezionato solamente una vittoria, arrivata in extremis con il Galles, e due spenti pareggi con Russia e Slovacchia.
Russia 2018 era la giusta occasione per ripartire da capo, sotto la guida di un giovane allenatore ma con già in mente un suo progetto di gioco e da giocatori nuovi, pronti per rappresentare l’Inghilterra nel mondo. Tra questi la scelta di Southgate ricade anche sul promettente Maguire, grazie alla sua malleabilità tattica e alla sua prestanza fisica, ma soprattutto alle sue grandi doti di saltatore, fondamentali per il Ct inglese, grande preparatore di schemi da calcio piazzato. Ad oggi Harry sembra aver ripagato in pieno la fiducia datagli in questi ultimi nove mesi con prestazioni eccellenti e il gol che ha dato il la alla vittoria contro la Svezia nell’ostico quarto di finale. Oltre a ciò il calciatore del Leicester si sta rivelando fondamentale nello scacchiere di Southgate, grazie alla capacità di adattarsi a diversi moduli e posizioni in campo. Su di lui sembrano già aver messo gli occhi Everton, Tottenham e Man City, che già in passato ha fatto vedere di non badare a spese per acquisti nel reparto arretrato.
Nel frattempo l’Inghilterra si gode il suo campioncino, che continua a far sperare tutto il popolo britannico, sempre più entusiasta della sua nazionale e con in mente una sola melodia: “Football’s coming home, it’s coming home, it’s coming!.
