Calcio e dintorni
Heung Min Son ha vinto la sua battaglia
Pubblicato
4 anni fa:
“Coraggio lasciare tutto indietro e andare,
Partire per ricominciare
Che non c’è niente di più vero di un miraggio
E per quanta strada ancora c’è da fare
Amerai il finale”
Il coraggio di mollare tutto e partire, verso un ignoto destino, solo per inseguire il proprio sogno. La fa facile Cesare Cremonini con la sua celebre hit “Buon viaggio”, un ritornello cantato da molti ma da pochi effettivamente preso alla lettera. Ebbene sì perché non è facile essere coraggiosi, non è semplice decidere di abbandonare il proprio nido, i propri cari e le proprie certezze per avventurarsi nel pericoloso abisso dell’ambizione. Il rischio paga, è vero, ma spesso risulta anche fatale; per chi poi, potenzialmente, ha più da perdere che da guadagnare, il gioco non vale la candela. Ma la vita è una sola e va vissuta a pieno, senza rimpianti e senza paure ma soprattutto avendo la consapevolezza che “volere è potere”.
Seppur verità incontrastabile, la decisione di seguire questo precetto è soggetta a discrezione individuale: c’è chi preferisce le tranquille certezze e chi invece opta per le rischiose ambizioni. In questa ultima categoria, in particolare, c’è il calciatore che andremo a raccontare quest’oggi: Heung Min Son. La storia della stella del Tottenham è un racconto fatto di sacrifici, duro lavoro, cadute e risalite. Un percorso costellato dalle ambizioni che gli hanno permesso di sopportare fatiche fisiche e morali non indifferenti ma soprattutto di lasciare casa per avventurarsi nella crudele Europa, con la consapevolezza che avrebbe avuto solo una possibilità per conquistarla. Dietro il successo c’è sempre un background di fatiche e cadute che può essere superato solo grazie alla forza di volontà. Heung Min Son lo sapeva e lo sa, ed è per questo che lo ha raggiunto.

Fonte foto: fanpage Instagram del giocatore.
IL REGIME MILITARE DI CASA SON
Avete mai visto Karate Kid? Beh se non l’avete fatto, rimediate immediatamente. Questo film, considerato una pietra miliare della cinematografia, racconta la storia di un giovane allievo cresciuto ed educato alle arti marziali dal proprio maestro, tramite una rigorosa disciplina e duri allenamenti. In chiave calcistica e probabilmente più crudele, questa pellicola potrebbe essere riadattata tramite due nuovi protagonisti: Heung Min Son e suo padre. Son Woong Jun è stato anch’esso un calciatore di medio livello e di ruolo attaccante. Militò in alcune formazioni sud-coreane fino al 1990, quando un grave infortunio mise fine alla sua carriera. Da lì, quasi ossessivamente, il suo obiettivo divenne quello di avere figli e crescerli come calciatori. Una programmazione a tratti morbosa e inquietante ma che nasceva dalla volontà di riuscire dove lui aveva sfortunatamente fallito.
Quando Heung Min nacque nel 1992, il suo destino era quindi già scritto. Appena possibile il padre cominciò ad allenarlo duramente tramite esercizi di base, semplici ma ripetitivi. In una sorta di regime militare calcistico, ad ogni rifiuto o ad ogni errore corrispondeva una punizione corporale o sportiva che spingeva il ragazzo ad un’obbedienza impressionante. Tra le fissazioni del padre vi era l’importanza rivolta alla tecnica di base e alla proprietà di palleggio. In un’ottica di costante miglioramento Son Woong Jun organizzava sessioni di palleggio e di passaggi infinite che a volte potevano durare anche ore. Come ricorda la stella del Tottenham, una volta capitò che per punire un litigio tra lui e il fratello, il padre li costrinse a quattro ore di palleggi. Al termine della sessione Son ricorda che incominciò a vedere quattro palloni e il pavimento colorato di rosso.

Fonte foto: Koreantimes.it
Insegnamenti duri praticati tramite la costanza dell’allenamento che, tuttavia, non si limitavano solo all’aspetto fisico ma anche a quello mentale. Erano infatti quotidiane le lezioni di vita impartite al ragazzo dal padre. Massime che variavano da concetti come “Nessuno ti regalerà niente tramite capricci e lamenti. Il calcio è uno sport per duri in cui la differenza più che i piedi, la fa la testa. Tu devi essere più forte degli altri mentalmente e pensare a migliorarti ogni giorno.” a pensieri quali “se segni un gol con un avversario a terra dolorante, sei un codardo. Prima c’è il rispetto e poi il gioco.” Infine tra le pratiche più anticonvenzionali di allenamento vi era la limitazione, sempre da parte del padre, di fargli disputare le classiche partitelle alla fine di una sessione. Pensava infatti che tali esercitazioni potessero compromettere la stabilità fisica del ragazzo e potessero, in un certo senso, privarlo della “fame di segnare” necessaria durante le partite vere.
Son Woong Jun aveva una missione: crescere un guerriero calcistico audace, coraggioso e affamato di successo, distogliendolo da distrazioni o vizi in modo tale da porre la massima concentrazione sull’obiettivo. Quale? Quello di diventare il calciatore asiatico più forte di sempre e uno dei più forti del mondo. Come? Con costanza, rispetto e grande competitività.

Fonte foto: fanpage del giocatore su Instagram.
LA FAME DI PRENDERSI TUTTO
La voglia di raggiungere un obiettivo. Alla fin fine è solo quella la miscela necessaria per arrivare in alto e per trasformare il proprio sogno in realtà. Oppure la prospettiva di doversi portare il pesantissimo masso del rimpianto sulle spalle per tutta la vita. Ecco questa è un’altra motivazione che spinge a lasciare tutto indietro e andare. Un po’ come dice Cremonini, un po’ come ha fatto Heung Min Son. Sì perché il treno europeo dell’Amburgo è uno di quelli che passa una volta nella vita, specie in una terra calcisticamente povera come la Sud Corea. Un convoglio pieno di sogni e di speranze che, realisticamente, rappresentava l’unica possibilità per il coreano. Sì perché un biglietto di ritorno a casa si poteva trovare facilmente, tra rimpianti e fallimenti, mentre un’altra occasione sarebbe stata molto, molto difficile.
Con questa consapevolezza e memore degli insegnamenti del padre, Son quando arriva nel 2008, a soli 16 anni, all’Amburgo è una vera e propria furia. Da subito interessato a inserirsi in squadra, prende lezioni di tedesco e cerca di stringere ottimi rapporti con tutti i compagni. Il suo primo allenatore Von Ahlen rimase impressionato dalla sete di apprendimento e dalla disciplina del ragazzo tanto che lo promosse subito titolare. Tra le caratteristiche che avevano colpito gli scout tedeschi, oltre alla velocità e alle proprietà tecniche, vi era l’aggressività con cui attaccava la porta. Il ragazzo infatti, pur non essendo una prima punta, aveva l’istinto, la freddezza e la crudeltà di chi avrebbe segnato anche 10 gol se avesse potuto. Tra le altre peculiarità del ragazzo vi era per l’appunto la costanza: dopo ogni allenamento capitava di vedere Son allenarsi da solo, costantemente, su quelle proprietà di gioco che riteneva migliorabili.

Heung Min Son ai tempi dell’Amburgo: fonte foto fanpage ufficiale Instagram del giocatore.
I suoi incredibili numeri e il suo approccio positivo nei confronti dei compagni e dei tecnici spinsero l’allenatore della prima squadra a farlo esordire a soli 18 anni. Da lì in avanti, dopo una prima stagione di ambientamento, il rendimento del sud-coreano diventò impressionante al punto che alla sua terza stagione fu tra i protagonisti del settimo posto della squadra con 12 gol e 4 assist. Cifre che convinsero il Bayer Leverkusen a sborsare 13 milioni per aggiudicarsi il giocatore che sin da subito mostrò tutte le sue qualità. Nel tridente dietro la punta con Calhanoglu e Bellarabi, Son era libero di agire da esterno d’attacco abile a svariare con dinamicità e grande efficacia. E i numeri lo confermavano. Al suo primo anno, solo in Bundesliga, realizzò 10 gol e 4 assist mentre nel secondo tra campionato e coppe mise a referto 17 gol e tre assist di cui 5 reti segnate solo in Champions League. La crescita esponenziale di questo talento convinse il Tottenham, società in forte crescita, ad investire su di lui 30 milioni che lo portarono nel 2015 a trasferirsi a Londra.
A Londra arrivò con le pressioni di un potenziale craque tutto da valutare, ma soprattutto tra i pregiudizi di chi riteneva i calciatori asiatici inferiori a quelli europei. In un calcio fisico e dinamico come quello inglese, Son faticava ad ambientarsi: il primo anno, lanciato da Pochettino nel ruolo di ala destra, siglò la miseria di 8 gol e 5 assist in 42 partite, di cui solo 4 reti in campionato. Numeri miseri che andavano ad aggiungersi a prestazioni anonime e insoddisfacenti. Risvegliato e sospinto dal padre, trasferitosi nel frattempo a Londra, già alla seconda stagione la musica cambiò: nella seconda annata infatti furono 21 i gol e 10 gli assist, con una crescita esponenziale soprattutto in termini di incidenza nel gioco degli Spurs. Son, infatti, oltre a curare maggiormente l’aspetto muscolare, incominciò a fare della grande velocità il suo asso nella manica, riuscendo a sfuggire ai potenti e arcigni difensori della Premier League.

Fonte foto: profilo Instagram footbalhqs.
Qualcosa però ancora mancava per la definitiva consacrazione. La coinvolgente serenità di Son era come scomparsa, come se qualcosa lo turbasse o non lo rendesse sereno e ciò influiva anche sulle sue prestazioni in campo, di ottimo livello ma non ancora eccellenti.
http:/https://youtu.be/1hNMZLKwxfc
LIBERARSI DI UN PESO PER SPICCARE IL VOLO
Nel celebre volo verso il successo è necessario liberarsi di tutti quei fardelli fisici e morali che impediscono di librarsi verso il raggiungimento del proprio obiettivo. Questi ostacoli possono essere semplici da superare ma anche tremendamente difficili e rischiosi per la propria carriera. Il fardello di Son era inusuale ma soprattutto fatale per chi ambiva a raggiungere l’apice calcistico: l’obbligo di leva militare. In Corea del Sud, infatti, tutti gli uomini dai 18 ai 35 anni sono chiamati a prestare servizio per almeno 21 mesi. Una chiamata alle armi fondamentale per lo stato e che non risparmia neanche celebrità o grandi sportivi. Questo obbligo lo avrebbe tenuto lontano dai campi per circa due anni, vanificando tutti i sacrifici fatti e probabilmente ponendo la parola fine ai suoi sogni di gloria. Una giustificata fonte di preoccupazione quindi per un giocatore che non riusciva a trovare la consacrazione proprio perché annebbiato da questa tremenda prospettiva.
Un possibile avvenire evitabile, tuttavia, grazie a meriti sportivi come il raggiungimento di traguardi importanti con la nazionale. Tra gli obiettivi figurava la qualificazione agli ottavi di finale del mondiale, traguardo non raggiunto per poco dalla Corea agli scorsi campionati mondiali in Russia e causa del disperato pianto di Son. Lacrime asciugatesi a Settembre quando il 7 del Tottenham ha partecipato come fuori quota ai campionati asiatici Under 23. Questo torneo sarebbe stata l’ultima occasione per Son per evitare la leva e in tal senso la fame e la forza combattiva espressa in campo lo hanno dimostrato. Veder giocare la stella sudcoreana nella finale contro il Giappone era come rivivere un throwback di una puntata di Holly e Benji (immaginate chi potesse essere Holly) in cui la differenza tra la stella e i restanti giocatori era semplicemente abissale. Un successo arrivato grazie alle invenzioni del fenomeno sudcoreano che gli sono valse la vittoria ma soprattutto la liberazione da una prospettiva fatale.

Fonte profilo Instagram: footbalhqs.
Liberato di questo peso, Son ha preso definitivamente il volo verso l’olimpo dei più forti calciatori in attività. Quest’anno infatti, dopo essersi sbloccato con la bellissima rete al Chelsea, il sudcoreano ha attraversato un momento di forma incredibile fino ai primi di Marzo, contribuendo in maniera diretta a 15 reti in sole tredici partite. Ciò che tuttavia ha più colpito l’ambiente della Premier è stata la capacità del giocatore di assumersi maggiori responsabilità, soprattutto nel periodo di assenza di Kane. Durante l’infortunio dell’attaccante inglese, infatti, il sudcoreano grazie alla sua grande duttilità ha spostato il suo raggio d’azione oltre che sulla corsia esterna anche nella zona centrale del campo, svariando pericolosamente sulla trequarti offensiva e diventando uno spietato finalizzatore. E i numeri lo confermano: sette degli ultimi gol di Son sono arrivati dopo l’infortunio di Kane di cui quattro in quattro partite diverse e altri tre nella doppia spettacolare sfida con il Manchester City.
La partita contro i citizens, in particolare, ha segnato il definitivo battesimo di Son da calciatore talentuoso e promettente a campione e leader. Nel doppio confronto europeo, infatti, il 7 coreano è stato il vero trascinatore morale e tecnico della squadra assicurando oltre a tre splendidi goal anche un enorme contributo in difesa, agendo sul pressing della squadra di Guardiola e assicurando costanti rientri difensivi. Una definitiva e meritata consacrazione arrivata dopo anni di duro lavoro, cadute e risalite vissute sempre con il sorriso sulle labbra. Un volo verso il successo cominciato dopo la liberazione da un peso morale e oggettivo veramente sconcertante.
http:/https://youtu.be/DWKYcu-Czec
Son Heung Min ha vinto la sua battaglia, quella del riconoscimento tra i massimi esponenti del calcio mondiale e europeo, dopo anni di allenamenti e sacrifici impressionanti. E’ partito da casa a 16 anni senza mai voltarsi, senza mai una lacrima, senza nessun rimpianto. Ha raggiunto traguardi che nessun asiatico prima di lui aveva ottenuto. Si è preso il rispetto di colleghi e addetti ai lavori con umiltà, rispetto e grande disciplina. Ha ricevuto punizioni e mazzate morali impressionanti. Ha sconfitto la prospettiva di imbracciare un’arma con il pallone ad un piede. Ha affrontato con coraggio, determinazione e forza di volontà una serie di sfide impressionanti. Son Heung Min è stato ed è un vero guerriero calcistico ma soprattutto è la dimostrazione di come, anche partendo dal nulla, si possa raggiungere la vetta. Basta impegnarsi sempre e non mollare mai. Perché se ci credi, si avvera. Perché per quanta strada ancora c’è da fare, amerai il finale..
[Fonte foto copertina: profilo Instagram del giocatore]
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Calcio e dintorni
ESCLUSIVA – La ‘Brigata Mai 1 Gioia’ di San Marino raccontata dai suoi partecipanti
Pubblicato
7 giorni fa:
Novembre 22, 2023
Sembrerà strano a dirsi, ma – alla fine di questa pausa – la nazionale del San Marino vive uno dei momenti migliori della sua storia recente. È vero: i biancazzurri hanno concluso il loro gruppo di qualificazione ad Euro 2024 con nove sconfitte su nove partite giocate, ma nelle ultime tre gare del girone (contro Danimarca, Kazakistan e Finlandia) San Marino ha realizzato altrettanti gol, segnando a tutte e tre le compagini affrontate. Un vero e proprio record, considerando che non era mai successo nella storia della nazionale.
Ad essere felici, quindi, non sono solo i componenti dello staff tecnico e i giocatori, ma anche e soprattutto i tifosi del San Marino che, spoiler, sì, esistono. Ma non solo, la nazionale può vantare addirittura di un gruppo di tifosi organizzato, la ‘Brigata Mai 1 Gioia’, composta da appassionatissimi che da anni seguono le avventure della squadra anche all’estero. Abbiamo voluto conoscere meglio questo simpaticissimo gruppo intervistando Daniele e Davide, membri ormai navigati della Brigata.
POPOLARI LONTANO DA CASA
Proprio in virtù delle diverse trasferte, la Brigata si è fatta conoscere ed apprezzare fuori da San Marino e l’Italia, prendendo in simpatia tante tifoserie straniere, oltre che la stampa estera. Una cosa che ha tenuto subito ad evidenziare Daniele, l’attuale leader del gruppo.
“Effettivamente è molto strano. Le testate internazionali ci hanno cercato in ogni modo, ieri per esempio ero sul DailyMail, ma mi hanno chiamato anche BBC e altre testate di un certo livello. In Italia invece c’è gente che si domanda ancora cosa esista a fare San Marino e non ne comprendo il motivo. A conti fatti il nostro gruppo è quasi più conosciuto all’estero che in patria e spero che le cose possano cambiare e si capisca perché tifiamo San Marino. Il risultato non c’entra nulla, è una filosofia radicata”.
Una cosa confermata anche da Davide, che ci ha detto:
“A Belfast (contro l’Irlanda del Nord ndr.) i tifosi volevano conoscerci e fare foto con noi. È stato molto bello, alcuni addirittura ci mettevano di fianco i loro bambini per scattare fotografie di ricordo, incredibile. In Italia ci considerano quasi degli appestati!”.
UN GRUPPO NATO PER GIOCO
Chiaramente, per raccontare e conoscere meglio la storia della Brigata mai 1 gioia, abbiamo dovuto far luce sulle sue origini e sulle ragioni che l’hanno spinta a nascere. A spiegarci tutto nei dettagli è stato ancora una volta Daniele.
“Il gruppo è nato 11 anni fa da un’idea di Massimo, il suo fondatore. Per curiosità andò a vedere un match a San Marino e allo stadio si accorse che tutti gli spettatori erano seduti, esattamente come al teatro, e nessuno cantava. Questa cosa gli mise un po’ di tristezza e per gioco decise di fondare un gruppo che con il tempo si è espanso. Ora siamo circa in 30 e i nostri membri vengono da tutt’Italia, ma anche da paesi esteri come Germania e Austria”.
Sì, perché è importante specificare che dei circa trenta membri della Brigata, in pochi vengono da San Marino. Gli stessi Daniele e Davide non sono sammarinesi: il primo viene dalla Toscana e vive a Modena, il secondo è originario di Salerno. Doveroso, allora, chiedergli i motivi per i quali si sono avvicinati alla causa biancazzurra.
“Mi piace il calcio pulito, quello in cui non ci si picchia ma si fa amicizia, potremmo definirlo quasi un ‘calcio rugbistico’. San Marino è un unicum: incontri tifosi delle altre nazionali all’inizio e alla fine della partita, li conosci, ci scambi le sciarpe e magari ci vai anche a prendere una birra. È come se ci fosse un habitat incontaminato, dove tra l’altro è possibile conoscere anche i membri della nazionale. A Belfast per esempio abbiamo conosciuto tutti e sono diventato amico di Dante Rossi (calciatore della rappresentativa sammarinese ndr.). Contro la Finlandia, poi, abbiamo avuto modo di parlare anche con il CT, che ci ha raccontato come stessero lavorando e cosa era successo nella partita precedente in Kazakistan. È un clima irripetibile, chiaramente è impossibile fare questo con l’Italia o con qualsiasi altra nazionale: a San Marino trovi qualcosa che non si può fare da nessun’altra parte e questo mi ha spinto ad appassionarmi”.
Per quanto riguarda Davide, invece:
“Da anni mi piace il calcio sammarinese, per me la Champions League inizia a giugno con i turni preliminari, e non a settembre con i gironi. Diversi anni fa trovai la pagina della Brigata su Facebook e iniziai a seguirla perché la trovavo una bella iniziativa. Nel 2019, poi, mentre studiavo a Bologna, sul gruppo scrissero che c’era un posto disponibile per andare a vedere una partita e mi ci fiondai. In quella gara il San Marino riuscì anche a segnare un gol, così i membri della Brigata pensarono che portassi fortuna e mi inclusero immediatamente nel loro gruppo. In realtà da allora il San Marino non ha mai vinto e uno dei pochi pareggi mi ha fatto anche perdere una schedina perché avevo scommesso sulla sconfitta! Fu comunque un’esperienza molto divertente che mi ha fatto entrare in un gruppo di amici”.
L’AIUTO DELLA FEDERAZIONE
Quella della Brigata, insomma, è una realtà piccola ma vivace che, peraltro, nell’organizzazione di viaggi e nell’acquisto dei biglietti, ha potuto anche contare sulla federazione sammarinese. Come anticipato da Davide, a volte i membri del gruppo possono accedere a fasi di vendita anticipata dei biglietti, soprattutto contro gli avversari di lustro internazionale. Ancora una volta Daniele ci ha chiarito la questione.
“Il rapporto con la Federazione c’è sempre stato anche se siamo un gruppo indipendente che, in base alle situazioni, può anche criticare. Dallo scorso settembre, comunque, il nostro rapporto è passato dall’essere confidenziale a ufficiale. C’è stato un incontro tra i tifosi, il presidente federale, il segretario generale e il CT. È stata l’occasione per sederci ad un tavolo e iniziare a collaborare, i nostri obiettivi come gruppo sono affini a quelli della federazione e lo scopo è quello di portare gente allo stadio. Quando possibile loro cercano di aiutarci con i biglietti: chiaramente andare a vedere il San Marino non è gratis, ma si cerca di agevolare i tifosi che vengono più spesso. Anche per l’organizzazione logistica delle trasferte spesso parliamo e ci organizziamo con la federazione stessa, siamo entità distinte ma non estranee e anche questa è una cosa che non puoi trovare altrove”.
UN’ESPERIENZA DA PROVARE
Alla fine della nostra intervista, abbiamo voluto chiedere ai due ragazzi se si sentissero di consigliare l’esperienza di entrare a far parte della Brigata mai 1 gioia e quali fossero i lati positivi del tifare una squadra che, risultati alla mano, non vince da quasi vent’anni. Ci hanno risposto così.
“Tifare San Marino”, ci dice Daniele, “non è come tifare una qualsiasi altra squadra. Bisogna cambiare il punto di vista: chiaramente se si pensa solo al lato calcistico si vedrà una nazionale che, piuttosto che a vincere, ambisce a perdere con dignità, e questo non è chiaramente il massimo per una persona che guarda esclusivamente al campo. Si deve guardare al pacchetto completo: se si vuole sfruttare il calcio per fare nuove amicizie e portare valori allo stadio, allora l’esperienza è consigliatissima“.
“Nella battaglia tra Davide e Golia noi siamo Davide, personalmente sarebbe troppo facile tifare una squadra che vince sempre. Noi pensiamo ai ragazzi che scendono in campo: anche in caso di sconfitta, se alzano lo sguardo trovano gente pronta ad applaudirli e a riconoscere il merito di ragazzi come noi che hanno il coraggio di affrontare professionisti dieci volte più forti di loro. Sfido tutti i leoni da tastiera che attaccano con cattiveria il San Marino a giocare in uno stadio di 40 mila persone contro gente del calibro di Hojlund ed Eriksen, per me è un atto quasi eroico e va riconosciuto”.
Per quanto riguarda Davide, invece:
“Tifare San Marino non è per tutti ed è un’esperienza che consiglio solo a chi nella vita sa accettare bene le sconfitte. Sicuramente però è un qualcosa di molto costruttivo che, anche al di fuori del calcio, insegna a vivere in maniera più rilassata e a godere anche delle piccole cose. So che sembra esagerato, ma trovarsi nella Brigata può essere anche terapeutico e renderci delle persone migliori“.
Si ringraziano Davide e Daniele per la loro gentilezza e disponibilità.
Calcio e dintorni
ESCLUSIVA – Il dott.Pazzona approfondisce la psicologia in ambito sportivo

Pubblicato
2 settimane fa:
Novembre 14, 2023
PSICOLOGIA DELLO SPORT – Il ruolo dello psicologo dello sport è spesso sottovalutato. L’aspetto mentale è fondamentale, infatti, nel rendimento di un atleta. Ma quanto incide la psicologia nel calcio? Lo abbiamo chiesto al dott. Riccardo Pazzona, psicologo dello sport, che ha approfondito dettagliatamente l’argomento in questione.
QUANTO INCIDE LA PSICOLOGIA SUL CALCIO?
Quanto incide la psicologia sulla difficoltà di ambientamento di un calciatore, come ad esempio De Ketelaere, che ha deluso le aspettative al Milan e che è stato costantemente attaccato dalla tifoseria milanista?
“Sicuramente l’aspetto psicologico incide tantissimo nella prestazione. La prestazione è composta da 4 pilastri; se noi immaginiamo questi pilastri come le gambe di un tavolo, se una di questi cade, ecco che allora ci sono una serie di ripercussioni che vanno ad influire sulla prestazione come nel caso di De Ketelaere che adesso sta rendendo meglio all’Atalanta. Nel caso di una nuova realtà, una persona con difficoltà di ambientamento non riesce ad esprimersi al meglio”.
Spesso si sente parlare di giocatori che scendono in campo nonostante non abbiano una condizione mentale adatta: crede che un calciatore che non è sereno debba evitare di scendere in campo?
“Possiamo rispondere in due modi. O in base a come sta il giocatore, si decide se farlo scendere in campo o meno; oppure se vogliamo pensarla in maniera più strutturata, in funzione del suo stato d’animo e delle sue sensazioni, noi professionisti possiamo intervenire sulla regolazione emotiva. Per far ciò, è necessario monitorare una serie di parametri in prossimità della gara, e sulla base di essi, si interviene con specifiche tecniche”.
Parliamo del ritorno di Ibrahimovic al Milan: lo svedese è un grande motivatore, d’altra parte i rossoneri stanno vivendo un periodo negativo. Quanto potrebbero incidere la grinta e il carisma di Ibra al Milan?
“Certo, perché comunque parliamo di un leader tecnico e carismatico. All’interno di un contesto in cui si trovava fino a poco tempo fa, sicuramente avrà un bell’impatto. Il suo ruolo sarà presumibilmente quello di un trascinatore”.
Capitolo calcioscommesse: Fagioli e Tonali hanno subìto una squalifica piuttosto lunga. Quanto può incidere psicologicamente nella loro carriera?
“Non possiamo saperlo allo stato attuale. Quello che possiamo fare noi, da psicologi dello sport, è quello di gestire il momento, accompagnarli emotivamente in questo percorso complesso, ridefinendo gli obiettivi, perché ovviamente ci sarà un ritorno in campo e bisogna farsi trovare pronti”.
Abbiamo sentito parlare molte volte di “infortuni psicologici”, come nel caso di Nico Gonzalez quando fu accusato da Italiano di infortunarsi per problemi psicologici. Quanto effettivamente il fattore mentale può influire su un infortunio?
“A livello di probabilità di insorgenza di un infortunio, l’aspetto mentale incide in relazione allo stress che l’atleta sta sperimentando. Dal punto di vista del recupero dell’infortunio l’aspetto mentale pesa tantissimo ma, purtroppo, spesso non viene preso in considerazione. Un calciatore, infatti, per rientrare in campo, oltre ad essere pronto fisicamente, deve esserlo anche psicologicamente, perché l’infortunio è un vero e proprio trauma anche a livello emotivo. Questo può portare ad essere più limitati in campo magari per paura di farsi male”.
Calcio e dintorni
Il Monza si schiera contro la violenza sulle donne: l’iniziativa contro il Torino

Pubblicato
3 settimane fa:
Novembre 11, 2023Di
Simone Rippa
MONZA VIOLENZA SULLE DONNE – Il Monza, che stasera scenderà in campo contro il Torino in un match valido per la 12esima giornata di Serie A, ha deciso di giocare un ruolo importante sulla scena sociale.
Infatti, i brianzoli indosseranno una divisa speciale in occasione della partita odierna, posizionandosi attivamente nella battaglia contro la violenza sulle donne. I giocatori guidati da mister Palladino mostreranno una scritta particolare sul front delle loro maglie da gioco, riportanti la frase:
“Era l’uomo dei miei sogni, oggi è il mio incubo”.
L’iniziativa, volta a ricordare la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che cadrà il 25 novembre, avrà un importante valore non solo morale, ma anche economico. Pertanto, i biancorossi doneranno in beneficienza le divise al termine della gara per supportare le vittime coinvolte in questo grave fenomeno.
Calcio e dintorni
Juve ancora nei guai? CONSOB: “Bilancio non conforme”

Pubblicato
1 mese fa:
Ottobre 28, 2023Di
Matteo Sassi
La Juventus, già penalizzata lo scorso anno per il caso plusvalenze, potrebbe incappare in un’altra situazione del genere. Come riporta Calcio e Finanza, la CONSOB, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, avrebbe rilevato alcuni elementi non conformi nel bilancio della stagione 2022/2023 e nel semestrale 2023. L’autorità amministrativa ha segnalato tale irregolarità con una nota, alla quale non si è fatta attendere la risposta della Juventus, che ha cercato di spiegare il motivo di tali criticità. Inoltre il club bianconero ha dichiarato che continuerà a collaborare per risolvere queste eventuali incomprensioni, pur non condividendo tali giudizi e valutazioni proposte dalla CONSOB.
NOTA CONSOB – “Lo scorso 6 ottobre, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa ha rilevato alcune criticità con riferimento alla contabilizzazione operata da Juventus di talune operazioni e fatti di gestione relativi (a) al bilancio d’esercizio e al bilancio consolidato al 30 giugno 2022 e (b) al bilancio consolidato semestrale al 31 dicembre 2022, e ha dato formalmente avvio al procedimento volto all’adozione delle misure di cui all’art. 154-ter, comma 7, TUF (il “Procedimento 154-ter 2023”)”.
RISPOSTA JUVENTUS – “Le criticità riguardano 16 cosiddette “operazioni incrociate”, le “manovre stipendi” delle stagioni 2019/20 e 2020/21, oltre agli «effetti contabili da ricondurre ad alcuni “promemoria” o “memorandum”, attinenti a talune operazioni di calciomercato, risalenti agli esercizi 2017/2018, 2018/2019 e 2019/2020, le quali hanno condotto alla rilevazione di plusvalenze nei relativi bilanci”.
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