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I calciatori figli d'arte con i cognomi più pesanti

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I calciatori figli d’arte con i cognomi più pesanti

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L’arte. Che splendida, sconfinata materia, l’arte. È l’essenza della vita catturata e tramutata in bellezza fruibile agli occhi di chiunque voglia vederla. Non è solo un dipinto o una scultura. È l’esistenza stessa in ogni sua sfumatura.

E anche nel calcio l’arte regna sovrana. Colora e rende viva ogni emozione con tonalità sempre nuove che non renderanno mai monotono questo sport.
Ci sono giocatori che hanno fatto dell’arte la loro vocazione. Hanno dipinto, più che giocato con un pallone, hanno scolpito la storia e l’hanno plasmata come Donatello plasmava le sue opere con qualsiasi materiale avesse a disposizione. Hanno sfidato le leggi del calcio in ogni situazione e le hanno in piccola parte riscritte.
In alcuni casi il DNA ha voluto che queste caratteristiche, seppur solo parzialmente, venissero tramandate al proprio figlio.

Sembra magnifico: un futuro garantito grazie a ciò che ha seminato il proprio padre. Peccato che a volte, firme artistiche di tale caratura, più che una benedizione possano assumere le sembianze di una condanna. Un fardello troppo pesante da portare sulle spalle. Perché un cognome troppo grande può diventare più importante di chi lo porta.
Ecco i più famosi casi di giocatori figli d’arte di questi anni: tra chi ce l’ha fatta e chi è sprofondato all’ombra del padre.

WEAH: GEORGE E TIMOTHY

L’infinita corsa di Weah contro il Verona. Un gol storico. Potenza, velocità, precisione, classe. C’è tutto.

Essere il figlio del Re Leone non è facile. George Weah è stato uno degli attaccanti più forti di tutti i tempi, uno di quelli che si prende senza troppi complimenti la sua fetta di storia. Il soprannome deriva certamente dalla forza animalesca contenuta nelle possenti gambe, che gli hanno permesso di diventare il prototipo di attaccante ideale degli anni ’90 tra accelerazioni da autovelox e tiri dalla potenza disumana. Lui che è stato chiamato a sostituire Van Basten al Milan dopo il precoce ritiro, ha vinto il pallone d’oro con la stessa maglia del 1999, divenendo il primo calciatore africano a vincerlo.

Fonte immagine: profilo Twitter Losc Lille.

Inevitabilmente ereditare un cognome del genere, porta ad ereditare una storia difficile da replicare. Di conseguenza le aspettative su Timothy Weah sono alle stelle. Timothy è venuto alla luce nel 2000, perciò è poco più che maggiorenne, ma ha già dimostrato grandi qualità. Recentemente ha firmato un contratto di 5 anni con il Lille, dopo esser stato tesserato per due anni con il Paris Saint Germain. In 34 presenze tra i professionisti ha gonfiato la rete per 10 volte, mostrando caratteristiche più atletiche e funamboliche che da attaccante puro.
Conservare i primi germogli di una carriera luminosa non sarà facile, data l’enorme attenzione mediatica a lui riservata, ma le carte sono in regola per spiccare il volo nel calcio del grandi. Ora la palla passa a lui: se riuscirà a dribblare l’imponente cognome del padre e la montagna di aspettative che lo attendono al varco, dinnanzi a lui non ci sarà altro che luce.

SIMEONE: DIEGO E GIOVANNI

Fonte immagine: profilo Instagram Diego Pablo Simeone.

Diego Simeone è conosciuto ai più con il soprannome di El Cholo: meticcio. Così chiamato perché ai tempi delle giovanili del Velez Sarsfield l’allenatore dell’epoca decise di rendere onore a un altro Simeone, Carmelo, che negli anni ’50 era stato un grande giocatore della stessa squadra. Nessuna sorpresa perciò, quando apprendiamo che il figlio di Diego, Giovanni, è da tutti conosciuto come Cholito. Un piccolo Cholo che ha ereditato dal padre più la sfera emotiva e caratteriale che non quella tecnica e calcistica. Diego è stato un vincente da sempre e lo è tutt’ora, perché certe cose ce le hai nel sangue e non le smarrisci mai. Prima da calciatore, un rognoso centrocampista abile a sradicare palloni agli avversari per poi buttarsi nell’area avversaria attivando un killer-instinct da attaccante puro, e poi da allenatore. Ha vinto in ogni veste.

Fonte immagine: profilo Instagram Giovanni Simeone.

Giovanni invece è un attaccante puro dagli occhi spiritati, gli stessi del papà. Garra è la parola che più gli si addice, così tanto che quasi si appiccica a loro. La garra è l’unione dello sforzo emotivo, dell’impegno fisico e della determinazione caratteriale. Tutte qualità presenti nei due argentini.
Giovanni Simeone oggi milita nella Fiorentina, squadra con la quale ha siglato 22 reti in 80 partite. Prima un’esperienza al Genoa, la prima in Europa dopo il percorso di crescita in argentina, con 12 gol segnati a soli 21 anni. Sembrava essere un predestinato senza limiti, ma a Firenze, soprattutto in quest’ultima stagione con soli 8 gol realizzati, si è arenato. Ha palesato troppe lacune tecniche e non è riuscito a mantenere la marcia inserita nel recente passato. Chissà se quel cognome da aristocrazia del calcio sia per lui un freno. Questa è la sua visione:

“Da quando sono nato sono sempre stato il “figlio di”. Nel corso del tempo ho voluto dimostrare che io sono Giovanni. Quando ero più giovane ho avuto problemi per questo.”

ZIDANE: ZINÉDINE, ENZO, LUCA

Fonte immagine: profilo instagram Zinédine Zidane.

Giocare nello stesso ruolo del padre e seguirne le orme non è affatto facile. Se poi questo padre di nome fa Zinédine e di cognome Zidane, allora pensare anche solo di muovere i primi passi sulla stessa strada del padre è pura utopia. E infatti Enzo Zidane non ce l’ha fatta. Dopo un percorso di formazione nelle giovanili del Real Madrid, è finito nel dimenticatoio calcistico, giocando prima in Spagna in serie inferiori e poi in Svizzera, terminando il contratto con il Lausanne-Sport e rimanendo svincolato proprio all’inizio di quest’estate.
Ricoprire il ruolo di trequartista è mestiere per pochi, ma farlo con il cognome Zidane stampato sulla casacca è materia solo di Zizou, per molti il miglior calciatore europeo della storia, con 3 riconoscimenti FIFA come miglior calciatore dell’anno e un Pallone d’Oro nel 1998.

Fonte immagine: profilo Instagram Luca Zidane.
I fratelli Luca ed Enzo ritratti in una foto insieme.

“Sono sotto pressione sin da piccolo”

Sono state le parole di Enzo, troppo più piccolo del cognome che porta. Sembra troppo piccolo per rimanere ad alti livelli anche Luca Zidane. Lui ha scelto di fare il portiere, distanziandosi il più possibile dal padre, ma la genetica evidentemente non gli ha reso giustizia. Il caso ha voluto che Luca ad oggi sia tesserato con il Real Madrid proprio quando il padre è allenatore dello stesso club. E in un paio di occasioni è anche capitato che il padre schierasse il figlio in campo. Ma i risultati sono troppo mediocri. La storia si ricorderà di un solo Zidane.

 

KLUIVERT: PATRICK E JUSTIN

Fonte immagine: profilo Instagram Patrick Kluivert.

Anche nella famiglia Kluivert il calcio è di casa. Patrick Kluivert è stato un grande centravanti, dotato di spiccata velocità, specialmente nel breve, con sprint mostruosi, tecnica sopraffina e un tiro molto preciso. Non a caso a fine carriera le reti battezzate sono state 142, che non sono un numero comune. La carriera realizzativa però è stata al di sotto delle aspettative degli albori. Dopo tre anni giocati su livelli elevatissimi con l’Ajax, squadra che lo ha svezzato e lo ha visto sviluppare, ha parzialmente fallito nella sola stagione al Milan, prima di vivere 6 anni al Barcellona di buon livello. Poi una serie di avventure minori.

Fonte immagine: profilo Instagram Justin Kluivert.

Justin invece è meno fisico e concreto sotto porta, ma ha una maggiore tendenza al dribbling e all’assist. Ne sono la prova i 6 passaggi vincenti firmati in questa prima stagione lontana da casa. Casa sarebbe l’Ajax, da cui Justin ha deciso di allontanarsi la scorsa estate per intraprendere una carriera gloriosa a livelli più elevati. La scelta di vestire la maglia della Roma è stata lungimirante, in quanto il suo obiettivo è quello di arrivare un giorno a giocare per il Barcellona, seguendo, e magari superando, la carriera del padre.

Tra di loro c’è un rapporto intenso e stretto, basti pensare alle innumerevoli dichiarazioni rilasciate dal padre-mentore riguardo al futuro del figlio. La sinfonia è sempre la stessa: Justin deve rimanere con i piedi per terra e proseguire nel processo di crescita, cosicché in breve tempo riuscirà ad andare al Barcellona. Le possibilità che ciò accada sono elevate, ma il 19enne dovrebbe concentrarsi più sul presente e meno sul futuro, per rendere quest’ultimo a tinte blaugrana. Solo allora il sogno diverrà realtà.

 

THURAM: LILIAN E MARCUS

Un giovane Lilian Thuram tiene tra le braccia il piccolo Marcus Thuram.
Fonte immagine: profilo Instagram Marcus Thuram.

Sono entrambi alti, muscolosi e fisicamente esondanti. Fisici del genere sono difficili da marcare per l’avversario. Solo che il padre era un roccioso difensore centrale, mentre il figlio è un veloce esterno d’attacco.
Definire Lilian Thuram una roccia non è una metafora, ma la semplice descrizione della realtà. Un giocatore di questo tipo è semplicemente perfetto per il ruolo di difensore centrale. Il francese ha garantito solidità prima al Monaco, poi al Parma e infine alla Juventus, che lo ha acquistato per la cifra record (per l’epoca), di 33 milioni, uno sproposito per un difensore. E invece lui si è impiantato lì dietro ed ha neutralizzato qualsiasi attacco avversario. Con la nazionale ha trionfato nel 1998 nel Mondiale e due anni dopo nell’Europeo, sconfiggendo proprio l’Italia in finale.

Fonte immagine: profilo Instagram Marcus Thuram.

Marcus invece, pur essendo simile, è completamente diverso. Nato a Parma nel periodo in cui il padre vestiva la maglia dei ducali, ha intrapreso anche lui la carriera di calciatore, partendo dalla Francia. Tutt’oggi gioca in Francia, in Ligue 2, con la maglia del Giungamp. In 115 partite ha segnato 18 volte, dimostrando una carenza di finalizzazione, ma ha dimostrato ottime doti soprattutto per quanto concerne la sfera fisica e il gioco nello stretto.
Le candeline spente sono appena 21, perciò il tempo è dalla sua. Ma far emergere il proprio cognome grazie alle imprese personali, non sarà facile.

 

CHIESA: ENRICO E FEDERICO

Fonte immagine: profilo Instagram Federico Chiesa.

Federico Chiesa è così veloce da aver superato il padre prima ancora che nascesse il paragone tra i due. Un raggio di luce così immediato da non aver dato neppure il tempo all’ombra di formarsi. Ormai parlare di Chiesa, significa parlare di uno dei più, se non addirittura il più importante talento italiano in rampa di lancio.
Federico ha solo 21 anni eppure già da tre stagioni milita costantemente nella prima squadra della Fiorentina, della quale è titolare inamovibile. 113 partite tra i professionisti, 22 gol e 29 assist. Numeri importanti per un classe ’97, che ad oggi è considerato il futuro della nazionale azzurra. Fisicamente assomiglia molto a papà Enrico, e lo si nota dal modo di correre, di tenere le spalle e predisporsi al tiro.

Fonte immagine: profilo Instagram @enricochiesaoficial.

Enrico però era diverso da Federico. Mentre il figlio crea il terrore nelle difese avversarie partendo largo, che sia destra o sinistra cambia poco, il padre era più finalizzatore. Un prima punta vera, anche se ha giocato anche come seconda punta. 139 gol in Serie A non sono briciole, tutt’altro, sono numeri da giocatore di caratura internazionale, tanto che nel 1996 e nel 1997 è stato candidato al Pallone d’Oro. Qualche bella soddisfazione, soprattutto con le maglia della Fiorentina e del Parma, e un posto nella storia italiana assicurata.
E se dovesse continuare così, si può trovare uno spazio anche per il figlio, che corre a grandi falcate per diventare sempre più imponente. Migliorare costantemente non sarà facile, ma Federico Chiesa sa quello che deve fare: correre senza voltarsi indietro a chiedersi se è in grado di essere all’altezza del padre.

 

ALONSO: MARQUITOS, MARCOS PEÑA, MARCOS IMAZ

Fonte immagine: profilo Instagram Marcos Alonso.

Quella degli Alonso è una vera e propria dinastia. Tale nonno, tale padre, tale figlio. Tre generazioni divise da tanti anni di differenza ma unite dalla capacità di giocare a calcio ad alti livelli. Tre figure separate solo dalla cronologia.
Marquitos, nonno di Marcos Imaz, attuale terzino del Chelsea, è stato un difensore centrale del Real Madrid negli anni ’60. Con i blancos ha vissuto lo storico periodo delle 5 Champions League vinte consecutivamente, oltre a vincere altrettanti campionati spagnoli e qualche altra coppa. Di quella squadra invincibile lui era un centrale fondamentale.

Papà Marcos Pena gioca con il giovane Marcos Inez.
Fonte immagine: profilo Instagram Marcos Alonso.

È stato un attaccante di destra invece Marcos Peña, che ha diviso la carriera soprattutto tra Atletico e Barcellona. Con i blaugrana ha vinto 5 campionati negli anni ’80, e anche se non è stato importante come il padre, ha certamente contribuito a scrivere la storia degli Alonso nel calcio.

Infine l’ultimo ramo dell’albero genealogico, almeno fino ad oggi, è Marcos Imaz Alonso, terzino sinistro a tutto campo del Chelsea. Dopo il trasferimento a Londra dalla Fiorentina per 23 milioni di euro tre estati fa, lo spagnolo ha migliorato costantemente le proprie prestazioni sino a diventare uno dei più forti ed ambiti terzini d’Europa.
Anche lui, proprio come il padre e il nonno, fa parte della nazionale spagnola. Una tradizione destinata a non estinguersi mai.
D’altronde le vie dell’arte sono infinite.
Ce ne sono di positive e negative, ma alla fine tutte hanno come sbocco finale la meraviglia.

 

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Gundogan: “Le mie parole dopo El Clasico? Critico anche me stesso”

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Gundogan

Il Barcellona continua la propria rincorsa alla volta del primo posto della classifica della Liga. I catalanti si trovano al momento al terzo posto in classifica, condiviso con l’Atletico Madrid che però ha una gara in meno. Domani sera in programma proprio la sfida rovente tra le due compagini, per decretare chi sarà, almeno per il momento, la principale forza inseguitrice alle spalle di Real Madrid e Girona, in tandem al primo posto e con un margine di vantaggio di 4 punti.

Si attende dunque la gara tra Atletico Madrid e Barcellona, quella che per alcuni sarà una sfida nella sfida (in primis per Joao Felix) e che per entrambi i gruppi squadra sarà l’occasione per mettere alla prova se stessi e le proprie ambizioni.

A proposito di ambizioni, è tornato a parlare Ilkay Gundogan. Il centrocampista, dopo aver lasciato il Manchester City da protagonista nelle vittorie dei tantissimi trofei degli ultimi anni e soprattutto della Champions League 2022/23, si è accasato in Catalogna. La scelta di approdare al Barcellona è dipesa dalla volontà di trovare nuovi stimoli, nuova voglia, una sfida ambiziosa e proiettata verso l’alto. La sua voce all’interno dello spogliatoio conta già molto, con i giovani che possono soltanto imparare dai gesti e dalle parole di un campione assoluto come Gundogan.

In particolare, le parole pronunciate dal centrocampista dopo la sconfitta con il Real Madrid sono diventate argomento di discussione pubblica. Nel corso di un’intervista ai microfoni di BeIN Sports, Gundogan è tornato sulla vicenda. Di seguito le sue dichiarazioni.

OPINIONE GUNDOGAN – “Non posso mettermi nei panni degli altri per sapere come l’hanno recepita, ma ho semplicemente detto onestamente la mia opinione e la mia intenzione non era quella di attaccare niente e nessuno. Voglio dire, ogni volta che critico la mia squadra, per qualunque cosa, includo me stesso. Comincio sempre da me stesso. Penso di avere abbastanza esperienza per sapere come funziona questo gioco, ma prima mi guardo sempre allo specchio e giudico prima me stesso e non gli altri. Voglio che facciamo il meglio che possiamo perché vedo in questo squadra con molto potenziale e molta qualità“.

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Flash News

Piquè favorevole alla riduzione di squadre in Liga: “Meno partite e più competitive”

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barcellona

L’ex difensore e capitano del Barcellona, Gerard Piquèè stato intervistato al Marca business sport Forum. L’argomento principale sicuramente quello riguardo la possibile riduzione delle squadre in Liga. Lo spagnolo è favorevole a questa iniziativa, prendendo come esempio i format usati in America, in particolare con la NFL.

LE DICHIARAZIONI

NUOVO FORMAT “Alla fine, lo sport sta andando verso competizioni più brevi e uniche. L’esempio chiaro è la NLF, ci sono quattro mesi di competizione e il Paese è paralizzato. Avete record di ascolti. Penso che il calcio dovrebbe andare in quella direzione.”

TROPPE PARTITE“Serve che tutte le organizzazioni si riuniscano e dicano: ‘non è possibile che ci siano 80 partite in un anno’. Ci sono troppe partite e la gente non sa nemmeno cosa si gioca. E poi a livello sportivo il livello scende.”

NUOVO CALENDARIO“Servirebbe un calendario con meno partite che però sarebbe più competitive. Invece di campionati da 20 squadre, passare a 16 o anche 14.”

 

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Flash News

Monza-Juventus, Allegri: “Da Locatelli e l’attacco al mio futuro, vi dico tutto”

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LE PAROLE DI MAX ALLEGRI IN CONFERENZA ALLA VIGILIA DI MONZA-JUVENTUS – Max Allegri ha parlato in conferenza alla vigilia del match tra Monza e Juventus. In attesa dell’esito del big match di giornata di domenica sera tra Napoli e Inter, i bianconeri, vincendo a Monza, potrebbero portarsi in testa alla classifica. Un campo tosto quello dei brianzoli che nella scorsa stagione hanno fatto bottino pieno contro la Juve. La squadra allenata da Max Allegri è ancora alle prese con diversi infortuni. Il tecnico toscano si è soffermato su questo aspetto, fornendo aggiornamenti su diversi giocatori oltre che approfondire anche il discorso riguardante il proprio futuro sulla panchina del club. Di seguito, tutte le dichiarazioni di Allegri alla vigilia di Monza-Juventus: 

LE PAROLE DI MAX ALLEGRI ALLA VIGILIA DI MONZA-JUVENTUS

DERBY D’ITALIA – “Cammino in discesa dopo il derby d’Italia? Sarebbe commettere un errore inspiegabile, noi sappiamo i nostri limiti. La classifica è buona, ma non si è fatto ancora nulla, appena lasci un attimo approccio e intensità rischi di perdere. Vincere partite non è facile, ne abbiamo 6 da qui al girone d’andata, di cui 4 sono trasferte. Ancora è tutto da giocare e bisogna fare un passo per volta. Il Monza fa la differenza nella fase difensiva e lo dicono i numeri: sarà una partita molto difficile”.

OBIETTIVI – “Ottimismo sullo scudetto? Io in spogliatoio non ci entro, è sacro. Il desiderio più importante deve essere la partita di domani. Non scordiamoci che rimanere fuori dalla Champions quest’anno è stato un danno tecnico ed economico. Noi abbiamo il dovere di costruire un’annata per tornare all’obiettivo minimo: giocare la Champions l’anno prossimo. Domani voglio vedere la Juve delle prime 13 giornate. Non possiamo permetterci di sottovalutare nessuno, ci vuole grande rispetto per tutti e dobbiamo giocare sempre da squadra come fatto finora. Noi guardiamo la quinta, bisogna scappare da chi c’è dietro e non guardare davanti. Resta motivo di orgoglio essere a 2 punti dall’Inter, ma bisogna guardare dietro perché nel calcio le cose cambiano in fretta. Non bisogna mantenere, ma migliorare di giorno in giorno”.

INFORTUNI – “Monza imbattuto in casa? Oltre che imbattuti, il Monza ci ha portato via 6 punti l’anno scorso e abbiamo fatto 0 gol a loro. Sarà una partita difficile e importante come quelle a seguire. È importante per dare seguito al pari con l’Inter. Danilo e Alex Sandro saranno a disposizione, seppur non al 100%. Per Locatelli valuteremo oggi, è un problema di dolore, l’altro giorno è entrato, vediamo oggi. Oggi dovrò vedere l’allenamento per capire su Manuel e su Nicolussi-Caviglia, che ha fatto una gara importante. Se no troveremo una soluzione e in qualche modo faremo”.

ATTACCO – “Monza imbattuto in casa? Oltre che imbattuti, il Monza ci ha portato via 6 punti l’anno scorso e abbiamo fatto 0 gol a loro. Sarà una partita difficile e importante come quelle a seguire. È importante per dare seguito al pari con l’Inter. Danilo e Alex Sandro saranno a disposizione, seppur non al 100%. Per Locatelli valuteremo oggi, è un problema di dolore, l’altro giorno è entrato, vediamo oggi. Oggi dovrò vedere l’allenamento per capire su Manuel e su Nicolussi-Caviglia, che ha fatto una gara importante. Se no troveremo una soluzione e in qualche modo faremo. Settimo attacco? 5 Vlahovic, 4 Chiesa, mancano quelli di Kean, Milik, Yildiz… L’importante è vincere le partite. Stiamo lavorando sui gol delle punte, cerchiamo di migliorare”.

GALLIANI – “Un amico, ci diamo del tu ormai, ci siamo dati del lei per tanti anni. È un dirigente di altissimo valore, sono fortunato ad aver lavorato con lui e ad avere ancora oggi un rapporto con lui. Siamo legati da un bel rapporto affettivo”.

PALLADINO – “Galliani come al solito non ha sbagliato allenatore. Sta facendo molto bene Palladino e sono certo che nella sua evoluzione può solo crescere, non parlo solo di campo. Potrà fare un’ottima carriera, ci son dei giovani allenatori bravi. E poi accanto ha Galliani, che è un dirigente di grande genialità”.

 

 

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Champions League

Rimonta da urlo dell’Inter, il Napoli crolla nel finale: i resoconti

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Serata di Champions dalle mille emozioni per Inter e Napoli. Primo tempo da dimenticare per i nerazzurri, sotto 3-0 all’intervallo col Benfica grazie alla tripletta dell’ex Joao Mario. Al rientro dagli spogliatoi, grande reazione gli uomini di Inzaghi che riescono a trovare una super rimonta con il 3-3 finale. Succede di tutto anche al Bernabeu. In casa del Real Madrid, il Napoli prima la sblocca, poi la riprende con Anguissa e, alla fine perde 4-2. I resoconti dei match.

IL RESOCONTO BENFICA-INTER

Serata che parte malissimo per l’Inter. Al Da Luz sembra essere la serata dell’ex Joao Mario, capace di annichilire i nerazzurri con una tripletta nei primi 34 minuti di gioco. La serata di grazia del portoghese si apre dopo soli 5 minuti, quando è abile a raccogliere la sponda di Tengstedt e mettere il pallone all’angolino. Il raddoppio del Benfica arriva in maniera anche abbastanza fortunosa: palla persa da Asllani a centrocampo e ripartenza culminata con un rimpallo tra Bisseck e Rafa. Il pallone arriva poi tra i piedi di Joao Mario che non sbaglia. La timida risposta interista è rappresentata dall’errore di Arnautovic nell’uno contro uno con Trubin. I padroni di casa non si fermano e arriva anche il 3-0, sempre propiziato da un ispiratissimo Tengstedt. Stavolta l’attaccante danese serve un cross delizioso sempre per Joao Mario che, da due passi, mette in rete di testa.

Quella del secondo tempo è tutta un’altra Inter. Gli uomini di Inzaghi ci mettono carattere e riescono a tornare in partita con il tap in vincente di Arnautovic. Sull’onda dell’entusiasmo arriva anche il 3-2 firmato da Frattesi. Gran gol dell’ex Sassuolo che, su cross di Acerbi, trova la rete con un gran tiro al volo. Dopo aver corso un enorme rischio con il salvataggio di Bisseck su Tengstedt, arriva il clamoroso 3-3. Pestone in area di Otamendi su Thuram: dal dischetto va un glaciale Alexis Sanchez che non sbaglia e trova un insperato pareggio. Emozioni anche nel finale con il grande intervento di Audero su Di Maria e l’espulsione di Antonio Silva. Match che però si chiude con un pirotecnico 3-3.

IL RESOCONTO DI REAL MADRID-NAPOLI

Avvio pazzesco al Bernabeu dove, dopo soli 9 minuti, a passare è il Napoli. I partenopei trovano il gol grazie a una bella azione chiusa con l’appoggi di Di Lorenzo per Simeone, bravo a farsi trovare pronto e mettere in rete. Giusto il tempo di ribattere e il Real ha già pareggiato: azione solitaria di Rodrygo e gran destro all’incrocio. Spinti dal proprio pubblico i Blancos trovano anche il raddoppio con il solito Bellingham. L’inglese si inserisce alle spalle di un incerto Natan e, di testa, batte Meret sfruttando al meglio il perfetto lancio di Alaba.

Dopo l’equilibrio di fine primo tempo, al rientro dagli spogliatoi ricominciano le emozioni ancora grazie al Napoli. La squadra di Mazzarri trova il pareggio grazie ad un gran destro di Anguissa che, dopo un primo tentativo murato, trova un grande angolo da posizione defilata. Il Real Madrid riesce a ritagliarsi subito l’opportunità per il nuovo vantaggio ma Joselu, da pochi passi, non riesce a coordinarsi. Il Napoli lotta ma crolla nel finale. Il Real, grazie ad una vistosa incertezza di Meret, trova prima il 3-2 con il destro dalla distanza di Nico Paz. Poi, mette anche il punto esclamativo con il tap in di Joselu su assist di Bellingham. 4-2 il risultato finale.

COME CAMBIANO LE CLASSIFICHE DEI GIRONI

GRUPPO D

  1. Real Sociedad 11
  2. Inter 11
  3. Salisburgo 4
  4. Benfica 1

GRUPPO

  1. Real Madrid 15
  2. Napoli 7
  3. Braga 4
  4. Union Berlino 2

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