Alisson Becker merita il pallone d’oro. L’affermazione è di quelle destinate a segnare il dibattito da qui a dicembre ma se anche Stefano Borghi si sbilancia timidamente nel suggerire il portiere brasiliano come erede di Yashin forse qualcosa di vero c’è.
Abbiamo stilato cinque motivi per cui il portiere campione d’Europa e del Sud America merita gli allori di miglior giocatore della stagione appena terminata e alcuni partono da lontano.
LE VITTORIE
Una Champions League alzata con la maglia del Liverpool, gigante europeo da tempo addormentato e scottato dalla sconfitta in finale della stagione precedente, una Copa America con un Brasile bisognoso di tornare ad essere se stesso dopo anni di vacche magre e smarrimento psicologico. Già in queste poche righe le vittorie basterebbero a porre Alisson come candidato al premio, soprattutto per l’importanza rivestita nel raggiungimento degli obbiettivi. Si, perché per il peso che il goleiro brasiliano ha avuto nel corso della stagione, qualsiasi maglia avesse addosso, fosse stato un attaccante non ci sarebbe stata storia sull’assegnazione del prossimo pallone d’oro.

LA CRESCITA CONTINUA
Poi c’è la crescita progressiva avuta nel corso delle ultime tre stagioni: spostatosi a Roma dai lidi dell’Internacional di Porto Alegre nell’estate 2016, Alisson ha vissuto un primo anno italiano alle spalle del compagno di reparto Szczęsny occupando il posto di portiere di Coppa. Se i primi risultati gli hanno dato l’occasione di prendere il posto del portiere polacco nella stagione successiva, è proprio nell’annata della semifinale di Champions giallorossa che raggiunge il primo apice della scalata ancora in corso: 28 goal subiti alla prima stagione da titolare in Serie A con 17 clean sheet, dove ottiene il premio come miglior portiere del campionato da due organi differenti; due goal subiti all’Olimpico in Champions con la Roma che assurge a miglior difesa casalinga della competizione raggiungendo la semifinale. Premiato come portiere migliore della stagione europea, si sposta a Liverpool dove diventa un’icona nel ruolo a livello internazionale: nella prima stagione in Premier vince il premio come miglior portiere del campionato subendo solamente 22 goal, supera l’errore contro il Leicester che, giunto a causa dell’enorme fiducia riposta nei propri mezzi tecnici, avrebbe potuto gettarlo nel calderone delle critiche di un calcio in cui era giunto solamente da pochi mesi. Ma sopratutto, in Champions League si dimostra fondamentale e sicuro di sé, nelle sue giocate semplici ma tremendamente efficaci.

L’IMPORTANZA NEL LIVERPOOL E NEL BRASILE
Queste caratteristiche, di tranquillità e assoluta sicurezza nei propri mezzi, lo rendono in breve tempo fondamentale per l’economia di Liverpool e Brasile, ergendosi a colonna portante del club campione d’Europa e della Seleçao. Con i Reds, aldilà dei freddi numeri, costruisce con Van Dijk un muro difensivo di livello assoluto, una solidità intrinseca che permette al compartimento offensivo di Klopp di liberarsi da pressioni psicologiche diverse dall’esigenza di segnare goal su goal. Il tridente composto da Salah, Mané e Firmino, decisivo per le sorti del Liverpool, ha giovato, come nelle migliori sinergie, della forza mentale e calcistica di Alisson, goleiro che in pochi anni ha raggiunto una maturità tale da assumersi il peso di un blasone tanto importante.
Poi, sopratutto nell’ultimo mese, è giunta l’ora della Seleçao. Il mondiale di Russia aveva già di per sé palesato al mondo la forza del portiere proveniente dall’Internacional ma la mancanza di forza psicologica, e l’assenza di Casemiro, aveva fatto crollare i favoriti verdeoro sotto i colpi dei diavoli del Belgio. Questa Copa America, al netto delle recriminazioni sul Var e sugli episodi, ha riportato il Brasile al centro del villaggio chiamato sudamerica, con cinque clean sheet su sei partite, un goal subito nella finale contro lo straordinario Perù di Guerrero e, sopratutto, una sicurezza nei propri mezzi che non si vedeva da tempo. Alisson in tutto questo ha ricoperto il ruolo che nel Liverpool si è guadagnato a suon di parate: colonna portante di una Seleçao alla ricerca di certezze. Nell’anno del desaparecido Neymar, Alisson ha preso il Brasile per mano conducendolo alla nona Copa della sua storia.

I COMPETITORS
Messi – Ronaldo, Ronaldo – Messi. Il duopolio durato un decennio si è interrotto lo scorso dicembre con la vittoria di Luka Modric, numero dieci della splendida Croazia mondiale. Quest’anno, complice la pessima stagione madridista, il balcanico non potrà ripetersi e per questo si aprono le porte a un successore che sia diverso, ancora una volta, dai due extraterrestri in antitesi continua.
Cristiano Ronaldo è molto lontano dal premio, a causa di una prematura uscita dalla Champions League con la Juventus e una stagione personale non completamente in linea con quanto fatto nel Real Madrid nonostante la vittoria della Nations League; Leo Messi, autore di una stagione encomiabile, ha affrontato Alisson con Barcellona e Argentina, uscendone sconfitto entrambe le volte. Il confronto con i due mostri sacri è dunque tutto, o quasi, a favore del portiere brasiliano che con la Champions League e la Copa America guadagna punti importanti verso il titolo di dicembre.
Ci sono poi i suoi stessi compagni, autori di una grandissima stagione e impegnati nelle varie competizioni internazionali: Virgil Van Dijk ha condotto l’Olanda fino alla finale di Nations League, persa poi contro il Portogallo di Ronaldo, ma guadagnandosi sul campo il titolo di miglior difensore del mondo in questo periodo storico. Salah e Mané, entrambi impegnati in Coppa D’Africa, sono parti costituenti della vittoria europea del Liverpool, ma il fallimento egiziano contro il modesto Sudafrica ha tagliato fuori Salah dalla corsa all’oro, mentre per il Senegal di Mané si attende una conclusione degna di un pallone d’oro per candidare l’ala al premio di miglior giocatore.
É dunque per questo che, dopo la vittoria in Copa, Alisson è diventato il primo candidato al Pallone d’oro, cinquantasei anni dopo Yashin.
EGEMONIA NEL RUOLO
L’ultimo grande capitolo scritto da Alisson negli ultimi tre anni parla della scalata progressiva e ancora in divenire al ruolo di miglior interprete del ruolo. Con Neuer fuorigioco da un paio di stagioni e i soli Oblak e Ter Stegen ad aver interpretato il ruolo nell’accezione moderna necessaria per sviluppare un tipo di gioco consono ai canoni odierni, Alisson ha dimostrato di avere qualcosa in più. Ancora una volta aldilà dei numeri, l’impatto che il portiere ha avuto sulle due squadre europee in cui ha militato è stato oltre ogni immaginazione. La Roma ha avuto la miglior difesa casalinga della Champions League 2017/2018 raggiungendo le semifinali, non subendo praticamente mai goal in casa e affondando il Barcellona all’Olimpico. Il Liverpool è risorto dalle ceneri delle ultime stagioni colmando la lacuna tecnica e di personalità che gli aveva impedito di competere ad armi pari con il Real Madrid nella finale di Champions di Kiev.
Alisson non ha portato solo le proprie qualità tecniche al servizio del raggiungimento del mero obbiettivo di Liverpool e Brasile, ma ha cambiato le due squadre nell’interpretazione delle partite. Una qualità che spesso si associa ai giocatori di movimento, centrocampisti e attaccanti con più frequenza perché più impattanti sul risultato finale. Alisson ha superato questo assunto che sembrava consolidato, diventando il fulcro della personalità delle sue squadre, semplicemente con la propria sicurezza.
Fonte immagine di copertina: profilo Instagram ufficiale di Alisson Becker