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I lavori del calcio

Calcio e dintorni

I lavori del calcio

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Il mondo del calcio è un universo tanto incantato quanto misterioso. In molti cercano di avvicinarcisi, ma in pochi sanno com’è fatto realmente. Negli ultimi anni questo mondo è cambiato tantissimo, aprendo tantissime porte d’accesso. Il campo è solo una di queste, molte altre sono a disposizione di chi non ha la fortuna di saper dare del tu al pallone. Vediamo dunque le principali figure lavorative all’interno di questo mondo.

ALLENATORE

È ovviamente il profilo principale in alternativa al calciatore. Poco c’è da dire sulle specifiche di questo ruolo, che sarà ben chiaro a tutti. Più utili possono essere alcune delucidazioni su come arrivare a sedersi su una panchina. In Italia ci sono tre tipi di patentino. Il primo, il brevetto Allenatore Base, l’Uefa B, permette di allenare in lega nazionale dilettanti e di fare l’allenatore in seconda in Lega Pro. Per conseguire questa abilitazione si deve seguire un corso regionale. Il secondo patentino, da allenatore professionista di seconda categoria, l’Uefa A permette di allenare in Lega Pro e di fare l’allenatore in seconda in Serie B e A. Questo titolo si consegue con un corso a Coverciano, a cui si accede avendo più di trent’anni e avendo già conseguito il patentino di base. L’ultimo patentino, l’Uefa Pro, permette di allenare in ogni categoria. Si consegue avendo già i patentini precedenti con un corso di 16 settimane. Il corso è aperto però solo a pochi e per entrarci bisogna per forza di cose aver giocato in Serie A o B, altrimenti non si raggiungerà mai un punteggio adeguato.

DIRETTORE SPORTIVO

Anche il direttore sportivo è una figura ormai ampiamente conosciuta, soprattutto con la crescente importanza del calciomercato negli ultimi anni. Egli si occupa, da regolamento, dei rapporti contrattuali fra calciatori e società e delle trattative con altre società per l’acquisizione delle prestazioni sportive di nuovi giocatori. Per diventare direttori sportivi occorre registrarsi all’albo dei ds, tramite corsi messi a disposizione dalla FIGC. È chiaro come per svolgere questo lavoro occorra avere enormi capacità relazionali, tecniche ed amministrative. È inoltre un lavoro estremamente meritocratico, che premia quasi esclusivamente i risultati che si ottengono, visto che ormai i direttori sportivi sono considerati, insieme all’allenatore, i principali fautori delle sorti delle squadre.

FISIOTERAPISTA

La figura del fisioterapista è molto recente nel calcio. Prima venivano utilizzati dei massaggiatori generici, non qualificati da alcun titolo di studio ad hoc. Con l’aumento frenetico delle partite che ha contrassegnato gli ultimi anni però la salvaguardia dell’integrità dei calciatori è diventata un’assoluta priorità. Oggi il fisioterapista è una figura altamente qualificata, contornata da tante altre figure mediche specializzate. Il fisioterapista che la domenica siede in panchina con la squadra deve essere molto preparato e avere anche nozioni di traumatologia, infortunistica ed infermieristica. Un altro tipo di fisioterapista molto prezioso è quello che si occupa dell’eventuale riabilitazione dei calciatori. Il compito di tutti i fisioterapisti in ogni caso è salvaguardiare l’incolumità fisica dei calciatori, consegnando i giocatori sani e salvi al preparatore atletico. Esistono ovviamente corsi specializzati con cui gli aspiranti fisioterapisti possono gettarsi nel campo sportivo.

RESPONSABILE DELLA COMUNICAZIONE

La spettacolarizzazione e aziendalizzazione del calcio negli ultimi anni ha introdotto in questo mondo nuove figure molto importanti, accentuando alcuni aspetti prima un po’ sottovalutati. Il responsabile della comunicazione si occupa di curare in ogni dettaglio l’immagine della società per cui lavora, mediando con i media per garantire visibilità e popolarità alla squadra. Le vie d’accesso per questa mansione sono numerose, da studi umanistici a studi in scienze della comunicazione passando per specializzazioni in marketing o in lingue. Sicuramente la dote primaria richiesta è una capacità relazionale importante. Essendo un lavoro ancora in pieno sviluppo ci sono ancora molte opportunità inesplorate. Una figura che si è affermata moltissimo negli ultimi, grazie alla crescente importanza dei social network, è quella del social media manager.

RESPONSABILE DEL MARKETING

Un’area che presenta parecchie affinità con quella della comunicazione è il marketing. Lo scopo del responsabile del marketing è la brandizzazione del prodotto e il raggiungimento del massimo profitto economico. Questa figura non può non prescindere da studi di economia, avendo il guadagno come unico spirito guida. Le varie attività di cui si occupa spaziano dalla gestione dei prezzi dei biglietti e del merchandising alla messa in atto di strategie volte a fidelizzare i tifosi. Soprattutto negli ultimi anni però la sua occupazione principale è la gestione dei rapporti con i vari sponsor, vera e propria fonte di sostentamento per i club di calcio.

RESPONSABILE DELL’AREA FINANZIARIA

Sopra al responsabile del marketing c’è quello che in Italia corrisponde al chief financial officer: il direttore finanziario. Questa figura si occupa della gestione finanziaria del club, in ogni suo aspetto. Con l’estrema ramizzazione del lavoro il suo è un compito più da supervisore, a cui rendono conto i responsabili delle varie aree legate all’aspetto finanziario. Anche questa è una figura di recente sviluppo, che si è dovuta specializzare con la crescente aziendalizzazione dei club di calcio. Si sono moltiplicate sia le entrate che le uscite e la gestione delle finanze anche di piccoli club è ormai delicatissima. Anche in questo caso studi di economia sono vitali per aspirare a questo ruolo.

MENTAL COACH

Figura che va di moda ormai da qualche anno, legata alle prestazioni di specifici giocatori tra cui l’esempio più illustre è sicuramente Leonardo Bonucci. Il calcio negli ultimi anni è diventato frenetico, tantissime partite e zero margine d’errore. A ciò si aggiunge un’attenzione mediatica estrema e la pressione che schizza alle stelle. Sempre di più le partite si giocano prima con la testa che con i piedi e quindi l‘aspetto psicologico è ormai importante almeno tanto quanto quello fisico. Curare quest’aspetto è importantissimo e ci si sta rendendo sempre più conto che non bisogna sottovalutare la dimensione mentale. Questa figura proviene ancora in prevalenza da studi di area medica, ben bilanciati ovviamente da studi di psicologia con una specializzazione nell’area sportiva.

MATCH ANALYST

L’esplosione della tecnologia ha reso possibile l’avanzata della figura del match analyst. Questo profilo collabora strettamente con l’allenatore, è una sorta di tattico 2.0. Osserva le partite, le analizza coadiuvato dal prezioso aiuto della tecnologia. Le competenze essenziali per questo ruolo sono due: profonda conoscenza tattica e precise abilità informatiche. Il match analyst deve saper leggere una partita, oggettivamente, ma deve anche saper usare gli strumenti tecnologici che consentano analisi più accurate e precise. Non esiste ancora una regolamentazione precisa per questo ruolo, non essendo la figura del match analyst ufficialmente riconosciuta dalla FIFA. Non esistono dunque albi o patentini. Ci sono però dei corsi privati che rilasciano delle certificazioni, la più importante è quella della SICS, che tiene i suoi corsi a Coverciano insegnando sia tattica che informatica. Accanto al match analyst può esserci il performance analyst, che studia le performance degli atleti in ogni aspetto, mentre il match analyst si concentra sull’andamento della singola partita.

OSSERVATORE

L’osservatore è colui che monitora giovani talenti proponendoli al club da cui dipende. Ogni club ha una rete di osservatori, che fanno riferimento a uno o più capi. È molto utile per una squadra avere più osservatori specializzate in diverse aree del globo. Si può arrivare a questo lavoro nei modi più disparati, il requisito essenziale è essere sempre attenti, in continua ricerca di opportunità. Occorre sviluppare una rete di agganci, conoscere il più possibili le realtà che si osservano e avere la capacità di capire preventivamente pregi e difetti di ogni profilo vagliato. Una buona dose di fortuna è poi fondamentale. perché al di là della bravura nel fare il proprio lavoro, i risultati spesso dipendono da fattori esterni alla sfera d’azione dell’osservatore.

PROCURATORE

I veri protagonisti del calcio del ventunesimo secolo sono i procuratori. Dettano ormai legge, fanno le fortune di squadre e assistiti, garantendosi inoltre enormi guadagni. Non è un caso dunque che questo sia uno dei profili più interessanti e ambiti. Per svolgere questo ruolo sono richieste innanzitutto importanti conoscenze legali, ovviamente di diritto sportivo ma anche di diritto privato e amministrativo. Per esercitare la professione occorre iscriversi allo specifico albo gestito dal CONI, essendo già precedentemente iscritti all’albo dei procuratori sportivi. Ovviamente c’è una prova da sostenere e altri requisiti da soddisfare, requisiti molto simili a quelli richiesti da altri concorsi. È naturale che l’iscrizione all’albo non garantisca proprio nulla e che alla fine ciò che conta moltissimo, al di là delle competenze, è instaurare una rete di rapporti tale che il procuratore possa gestire con facilità e proficuità i propri assistiti.

 

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Mourinho convocato in procura federale: squalifica in arrivo?

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Le designazioni arbitrali della 3ª giornata

MOURINHO PROCURA FEDERALE – Nelle scorse settimane le dichiarazioni di José Mourinho in merito all’arbitro Mercenaro e il capitano del Sassuolo, Domenico Berardi, hanno scatenato una reazione a catena nell’opinione pubblica e legale del mondo calcistico.

Le accuse rivolte dall’allenatore della Roma nei confronti dei due personaggi sopracitati hanno avuto un peso, considerando che sia gli organi arbitrali che il club neroverde hanno accusato lo Special One di aver violato l’art. 4 e l’art. 37 del codice di giustizia sportiva, sottolineando la mancanza di lealtà e di esempio disciplinare. Pertanto, Mourinho ha dovuto difendersi personalmente, presenziando presso la procura federale e avendo un colloquio diretto con Giuseppe Chiné, cercando di giustificare le sue dichiarazioni attraverso valutazioni frutto di evidenze, come riportato dal Corriere dello Sport.

L’esito dell’udienza è ancora ignoto, ma persiste la possibilità di una squalifica di Mourinho, presumibilmente nel nuovo anno, seppur di minore durata in relazione alla richiesta iniziale dell’accusa. Maggiori informazioni saranno comunicate nei prossimi giorni, ma gli scenari possibili sono ancora molteplici.

Nel frattempo la Roma si prepara ad accogliere la Fiorentina in un match che potrà dire molto sul percorso in campionato dei giallorossi. Con la sconfitta del Napoli di ieri sera, aumentano le possibilità per i capitolini di consolidare il quarto posto in classifica, ma occhio all’armata viola, anch’essa animata da forti speranze europee.

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Ennesimo atto vandalico alla targa di Valentino Mazzola: la denuncia del Torino

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Torino

MAZZOLA – Il Grande Torino è stato e sempre sarà nell’album dei ricordi del calcio italiano e non solo, venendo ricordato come uno dei più grandi gruppi della storia del gioco per risultati e, purtroppo, per la tragica fine capitatagli. Tra questi, uno dei personaggi di maggiore spicco è senza alcun dubbio il capitano Valentino Mazzola, leggenda eterna del Toro. L’affezione della città piemontesenei confronti di tale mito sportivo è sempre stata molto forte, tanto da dedicargli un parco in piazza Galimberti, con tanto di targa celebrativa ad honorem.

Tuttavia, questo elemento commemorativo è stato vittima di vandalismo nella giornata di ieri, essendo distrutto in mille pezzi. Considerando che non si tratta dell’unico precedente a riguardo, la risposta del club Torino non si è fatta attendere, denunciando fortemente l’accaduto sui social con un forte messaggio:

“Valentino Mazzola resterà nella storia, mentre i vandali resteranno tali”.

Sdegno e disgusto causato da un gesto deplorevole, che va contro il ricordo di un campione senza tempo che ha legato il proprio destino ad una maglia e ad un’intera città. Il ricordo di Mazzola rimane vivo nella mente e nello spirito del Torino in tutte le sue forme. Rimane la solidarietà unanime nei confronti dell’ambiente granata per gesti vergognosi come quello accaduto nella giornata di ieri.

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ESCLUSIVA – Lo sviluppo dei nuovi talenti di adidas studiando Bellingham

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La crescita e la formazione di nuovi talenti è da sempre uno dei punti cardini all’interno del progetto adidas. Il brand, infatti, ha fatto della crescita e l’accompagnamento verso i propri obiettivi di giovani calciatori una propria prerogativa. L’ultima importante iniziativa del Team Football Italia è stata quella di proporre un viaggio nella dimensione Real Madrid per studiare da vicino l’ambiente in cui lavora quello che al momento è il giovane più forte al mondo: Jude Bellingham. Sette giovanissimi calciatori seguiti dal brand, sono partiti alla volta della capitale spagnola per poi immergersi in un clima da grande calcio. Dalla visita al Bernabeu e al museo del club, fino ad assistere alla gara di Champions League Real Madrid-Napoli. Una vera e propria esperienza a 360 gradi, per arricchire il proprio bagaglio culturale oltre che calcistico.

Di seguito la lista completa dei giovani calciatori che ne hanno preso parte:
Jacopo De Vincenzo, Lazio
Lorenzo Hallidri, Verona
Francesco Paesanti, SPAL
Marco Damioli, Atalanta
Samuel Prendi, Atalanta
Gabriel Masullo, Monza
Gabriele Borsa, Milan

Noi di Numero Diez abbiamo intervistato lo Scouting Manager di adidas Kevin Cauet, che compone il team football SPOMA con Alfredo Freda, Senior Manager del brand tedesco. Siamo entrati nei particolari di quella che è stata questa importante esperienza, approfondendo il tema della crescita calcistica e soprattutto personale di questi ragazzi: dallo stile di vita sano alla mental health, indispensabili per raggiungere traguardi importanti. Di seguito l’intervista.

L’INTERVISTA A KEVIN CAUET, SCOUTING MANAGER ADIDAS

Quali sono i criteri utilizzati per la scelta dei talenti da seguire?

“È molto complesso. Fino a 17/18 anni si fa una valutazione prettamente calcistica: aspetto tecnico, tattico, fisico e mentale. In più di quello che può essere l’ambiente di crescita del ragazzo: famiglia, stile di vita ecc. Arrivati a una certa età ci dobbiamo ricordare che siamo un brand sportivo e non un club. Dobbiamo fare una selezione molto stringente: non solo di chi arriverà in Serie A, ma anche di chi un giorno potrà arrivare a vestire la maglia della Nazionale italiana o di un top club mondiale. Per quello è fondamentale valutare anche la realtà in cui cresce il ragazzo, il suo percorso di crescita e il progetto intorno a lui. Ci sono tantissimi aspetti di cui tenere conto”.

Anche Francesco Camarda è tra i talenti della scuderia di adidas Italia. Che idea si è fatto del suo avvicinamento alla prima squadra del Milan e il traguardo di più giovane esordiente di sempre in Serie A?

“Innanzitutto se lo merita. È un ragazzo d’oro, che viene da una famiglia spettacolare. Per lui ci sono dei presupposti di crescita importanti. Avere un quadro sano extra-calcistico è decisivo. Così il ragazzo può lavorare tranquillo, va a scuola e non è vittima dell’ossessione di arrivare. Lui sta vivendo questo momento a modo suo. È un ragazzo mentalmente molto preparato per la sua età. Tecnicamente, credo salti all’occhio di tutti, è a un livello molto avanzato se lo si paragona ai suoi coetanei. E anche tatticamente direi che ha una comprensione del gioco importante. Sa quello che può fare – e lo fa molto bene – e quello che non può fare. Ha ancora 15 anni e deve ancora formarsi dal punto di vista fisico: chiaro che, rispetto a quando giochi in Primavera, in prima squadra gli avversari sono molto più grossi e forti fisicamente. Lui però è un giocatore molto intelligente e lo sta facendo vedere: così riesce a compensare”.

Tornando sulla spedizione a Madrid e l’immersione nel mondo del Real Madrid: come nasce l’idea del viaggio e quali sono gli obiettivi dell’iniziativa?

È un’iniziativa in generale del Team Football, non solo in italiana. In tutto il mondo, Europa compresa, cerchiamo sempre di coinvolgere i nostri ragazzi con questo tipo di iniziative. L’idea è quella di dare a questi ragazzi un’esperienza extracalcistica. Questo viaggio non è né una selezione tra i nostri talenti né una ricompensa ai migliori. È semplicemente un viaggio, un’opportunità in più per i ragazzi di adidas per arricchirsi di un’esperienza, che li possa fare crescere dal punto di vista personale, facendoli lavorare sulla propria maturazione psicologica ed emotiva. Io credo che oggi questi ragazzi vengano considerati troppo presto come giocatori di calcio, quando hanno ancora 13 o 14 anni. Talvolta ci si dimentica che oltre a sapere giocare con i piedi, per essere professionisti c’è bisogno di una certa stabilità mentale. Per questo il tema di mental health è molto importante. A 13 anni sappiamo che siamo sempre condizionati dalle nostre emozioni, quindi ci si apre al mondo, si vedono altre culture, lingua diversa e si respira anche un calcio diverso. Non a caso siamo andati a vedere lo stadio, il museo e abbiamo conosciuto tante persone diverse. Quello che facciamo sulla nostra Next Gen è un progetto che permette di lavorare sulle attitudini individuali del ragazzo in termini di adattamento, prese di decisione, apertura mentale, tolleranza. Aspetti che servono nel calcio ma anche nella vita. E proprio per questo colgo l’occasione per ringraziare i club che hanno messo a disposizione i loro ragazzi, garantedogli la possibilità di vivere questo viaggio: non è una cosa scontata”.

Lavorando anche in paesi diversi, ha riscontrato differenze significative con l’Italia nel modo di rapportarsi ai giovani calciatori?

“Io credo che ogni Paese abbia il suo modo. Ogni paese ha una propria cultura, l’importante è capirne le caratteristiche e lavorarci sopra. Sarebbe presuntuoso e non da intenditore dire che dobbiamo allenare i ragazzi o le ragazze tutti allo stesso modo. I bambini e le bambine vanno capiti, ognuno di noi è fatto a modo suo e sta’ a noi farlo. È un dovere non solo nostro che siamo sponsor ma spetta ai club, alla scuola, ai genitori… ognuno deve trovare le chiavi di questi ragazzi per farli crescere nel miglior modo possibile. Sicuramente io ritrovo differenze nella metodologia non solo calcistica, ma anche nell’apprendimento scolastico. Io arrivo dal settore francese e quindi noto grande differenza da questo punto di vista. Da noi per esempio si cerca di trasmettere degli strumenti che permettano ai ragazzi di poter essere autonomi il più presto possibile. Quindi di prendere delle decisioni, avere la capacità di ragionare per quello che può essere l’ambiente che ci circonda, per arrivare all’obiettivo e trasmettere un certo stile di vita. Qui abbiamo un approccio diverso, perché siamo più su una metodologia direttiva. Con questo viaggio invece si cerca di far capire che possiamo comunque raggiungere obiettivi e fare cose ottimali senza per forza dover seguire un sistema solo, ma prendere il meglio da tanti sistemi e tante metodologie per creare qualcosa che arricchisca il proprio bagaglio. Sulle attività che organizziamo c’è sempre un fine: l’obiettivo in questo caso è veramente quello di creare un percorso per questi ragazzi e dargli la possibilità di crescere sotto tutti questi punti di vista. Altro esempio: recentemente, nell’ambito di un evento adidas è intervenuto Alessandro Nesta, un’icona del nostro calcio. Abbiamo deciso di affiancargli sul palco un difensore del domani, come Marco Palestra dell’Atalanta. Non c’era nessun intento pubblicitario, ma solo l’obiettivo di farli interagire. Il fatto che un aspirante calciatore possa confrontarsi con una leggenda come Nesta, chiedere consigli, imparare a parlare in pubblico: è una gran cosa. Esercitarsi nel public speaking aiuta a gestire lo stress ed è una skill che serve per la vita, non solo da calciatore”.

Il viaggio a Madrid ha permesso di studiare da vicino quello che probabilmente è il giovane calciatore più forte al mondo: Jude Bellingham? C’è un nome che secondo lei potrà ripercorrere le orme dell’inglese?

In questo caso faccio fatica a fare un nome. Parliamo di ragazzi giovanissimi e le variabili sono infinite. Prendiamo la storia di Bellingham: arriva al Real Madrid dopo un percorso calcistico realizzato in vari paesi. Parte dal Birmingham, poi va al Borussia Dortmund per poi arrivare al Real. Un viaggio. Ed è proprio questa la connessione che voglio fare con l’esperienza dei ragazzi a Madrid. Prendere un aereo significa sperimentare, in Italia ma anche all’estero. Ci permette di vedere come funziona il calcio altrove, di capire come si lavora cercando di migliorarsi tutti i giorni. Questa predisposizione, abbianata alla continuità mentale che Bellingham ha sempre avuto, è l’inizio del percorso. Quello che sta facendo Bellingham è qualcosa di eccezionale. Tra i nostri atleti ce ne sono diversi di grandissimo talento, con ottime predisposizioni; ma da qui ad arrivare a 18 anni passa tanto tempo. Ci vogliono tranquillità, umiltà e tanto lavoro. Questo è il mio consiglio più che dare un nome”.

Qual è il suo obiettivo con adidas per il futuro?

“L’obiettivo è continuare così come stiamo facendo. In Serie A è stato fatto un grande lavoro in termini di share of voice. Anche in ambito di Nazionale maggiore direi che siamo messi molto bene: è stato fatto qualcosa di davvero importante da parte del team football, e mi riferisco a Giacomo Zerella e Alfredo Freda, che hanno aumentato il portfolio dei calciatori per il nostro Paese selezionando tanti ottimi profili. Nello scouting vogliamo andare ad arricchire il nostro gruppo di giocatori con grande potenziale. Questo è qualcosa a cui tengo particolarmente: siamo una grande famiglia. Ci sono tanti ragazzi che fanno tutti parte di questo progetto e noi vogliamo ovviamente cercare quelli che arriveranno a questo livello qui. Ma con calma e pazienza, perché prima di tutto deve rimanere un piacere e non un’ossessione. Un altro esempio è Wisdom Amey, che ha esordito prima di Camarda e deteneva il record di più giovane debuttante di sempre in A. Bisogna continuare sempre a lavorare con questi ragazzi e far sì che arrivino a realizzare i propri obiettivi accompagnandoli tutti i giorni. La qualità del servicing, della famiglia, delle persone per adidas è sempre stata un must”.

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Cellino e l’incredibile retroscena ai tempi del Leeds: allenatore esonerato per colpa di… un divano!

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Cellino

CELLINO LEEDS – Massimo Cellino è da anni una delle personalità più controverse e particolari del calcio italiano, e non solo. Infatti, l’attuale presidente del Brescia è stato il patron del Leeds nel periodo compreso fra il 2014 e il 2017, periodo in cui il club alternata promozioni e retrocessioni in Premier League.

Alla base dei vari problemi vissuti in alcune situazioni vi erano incomprensioni tecnico-tattiche, ma anche linguistiche. Infatti, secondo quanto dichiarato ai microfoni del Daily Mail, la pronuncia inglese dell’originario cagliaritano non è mai stata impeccabile. Pertanto, a causa di questa insufficienza linguistica, le conseguenze sono state importanti anche nel percorso del Leeds.

Nello specifico, la richiesta del presidente di cambiare un divano presente nel suo ufficio ha subìto un’interpretazione del tutto erronea, spingendo i dirigenti del club a esonerare Brian McDermott, allenatore in carica fino a quel momento. Il problema di fondo è stato l’incomprensione fra il termine couch (divano) e coach (allenatore). Inoltre, secondo quanto sottolineato da Cellino stesso, l’equivoco non è stato mai noto, venendone a conoscenza solo il giorno della vigilia del successivo impegno.

Un episodio molto controverso, quindi, che ha portato all’esonero di un indifeso allenatore a causa di, incredibile ma vero, un divano. Questo episodio, dunque, è sempre rimasto incompreso dai tifosi, che non hanno mai visto di buon occhio Cellino.

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