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Il calcio in Israele

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Il calcio in Israele

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In un paese appannato dalla conflitto di Gaza, da tensioni politiche, sociali e religiose, il calcio non si ferma, continuando a regalare gioie e svago a un popolo spesso al centro dell’attenzione. Se Israele è, al giorno d’oggi, simbolo di guerra e lotta continua con la Palestina, il calcio israeliano è simbolo di pace, rispetto e speranza. Il fatto che in un paese come Israele il calcio sia una realtà ben affermata (tanto che negli ultimi anni abbiamo visto diverse quadre israeliane anche nelle coppe europee) è segno che, ancora una volta, questo sport si manifesta come espressione di valori positivi, contro ogni sorta di discriminazione e violenza; niente a che fare con “il calcio” di chi va allo stadio con una mazza o di chi aspetta i tifosi avversari fuori dai cancelli per mettere in scena una patetica lotta a chi fa più male all’altro, secondo ideali che sono diametralmente opposti a quelli del vero calcio. In Israele, dunque, il calcio va avanti nonostante tutto e tutti, mettendo in mostra nuovi talenti, portando alla ribalta squadre interessanti e mostrando al mondo il lato positivo di questo paese.

IL CAMPIONATO ISRAELIANO

Nel panorama calcistico di Israele sono presenti 5 livelli di campionati: Ligat ha’Al e Liga Leumit (corrispondenti alle nostre Serie A e B e organizzate a girone unico), Liga Alef (suddivisa in due gironi e corrispondente alla nostra Serie C), Liga Bet (quattro gironi, simile alla mostra Serie D) e Liga Gimel, divisa in sei gironi e corrispondente pressappoco al nostro Campionato d’Eccellenza. La Ligat ha’Al è ovviamente il campionato più importante ed è formata da 16 squadre che si affrontano in un girone all’italiana con andata e ritorno, al termine del quale le squadre vengono divise in due gruppi: le prime sei vengono inserite nel girone dei playoff, in cui si affrontano con partite di andata e ritorno, al termine delle quali la prima classificata raggiunge i preliminari di Champions League, mentre la seconda e la terza raggiungono i preliminari di Europa League, partendo rispettivamente dal terzo e dal secondo turno di qualificazione. Le ultime otto, invece, partecipano al girone dei playout con partite di sola andata, al termine delle quali le ultime due classificate retrocedono in Liga Leumit. In entrambi i gironi le squadre partono con i punti guadagnati nella stagione regolare. Quest’anno, nonostante manchino ancora due giornate, il Maccabi Tel Aviv ha già vinto il titolo, dopo aver concluso la stagione regolare a 66 punti (+22 sulla seconda classificata) e averne guadagnati altri 19 in 8 partite nei playoff. A giocarsi un accesso all’Europa League ci sono Maccabi Haifa, Maccabi Netanya e Hapoel Beer Sheva, distanziati pochi punti l’una dall’altra.

UNA REALTÀ EMERGENTE

Negli ultimi sette anni il titolo è stato una prerogativa di due squadre, Maccabi Tel Aviv e Hapoel Beer Sheva: questi club si sono divisi equamente le vittorie (quattro per il Maccabi e tre per l’Hapoel), arrivando nella maggior parte dei casi comunque sul podio, fatto che ha garantito loro l’accesso alle coppe europee. La realtà calcistica israeliana non è mai stata delle migliori, motivo per cui anche la storia europea delle squadre di questo paese è pressoché nulla (si possono citare i gironi di Champions raggiunti dal Maccabi Tel Aviv nella stagione 2004/2005); negli ultimi anni, però, le squadre israeliane hanno iniziato a ottenere discreti risultati – relativamente parlando – anche in Europa, come i sedicesimi di Europa League raggiunti dall’Hapoel Beer Sheva nella stagione 2016/17, anno in cui arrivò seconda nel girone con Sparta Praga, Southampton e Inter, battendo i nerazzurri sia in casa (3-2) che in trasferta (0-2), lasciando nei tifosi interisti un ricordo indelebile. Per quanto riguarda il Maccabi Tel Aviv, se si esclude la stagione attuale in cui la squadra si è fermata ai preliminari di Europa League contro i norvegesi del Sarpsborg, sono tre le stagioni in cui vengono raggiunti i gironi, tanto di Champions (stagione 2015/16) che di Europa League (2016/17 e 2018/19).

I GIOCATORI

Tutto questo dimostra come il calcio israeliano stia crescendo a livello di club, ma non vanno dimenticati i giocatori: un esempio è Munas Dabbur, punta centrale in forza al Salisburgo che in questa stagione ha totalizzato 35 gol e 15 assist in 47 partite tra campionato, coppa nazionale (cinque gol in cinque partite), qualificazioni di Champions League (quattro gol in quattro partite) ed Europa League, miglior marcatore della squadra nonché secondo miglior marcatore generale con 8 reti, alle spalle dei 10 di Giroud e Jovic e alla pari con Aubameyang e Ben Yedder. Il giocatore, inoltre, è già promesso al Siviglia, che a Gennaio ha ufficializzato il suo l’acquisto (posticipato a fine stagione) per circa 15 milioni di euro. Per quanto riguarda i giocatori attivi in patria, possiamo citare l’attuale capocannoniere del torneo, Ben Sahar, attaccante polacco-israeliano classe ‘89 dell’Hapoel Beer Sheva, che quest’anno ha segnato 14 gol in campionato; il suo nome ci suona familiare, perché Sahar ha avuto una lunga carriera in Europa tra Germania, Francia, Spagna, Olanda e Inghilterra, dove può vantare anche cinque presenze con il Chelsea nella stagione 2006/7, che gli hanno fruttato due trofei (FA Cup e EFL Cup). Un altro nome da citare è quello del portiere serbo del Maccabi Tel Aviv, Pedrag Rajkovic, giovane promessa classe ‘95 che quest’anno ha mantenuto la porta inviolata per ben 22 volte, subendo solo 24 gol in 43 partite (in particolare, in campionato ha subito solo 13 gol in 31 incontri, miglior statistica del torneo). Su di lui hanno già messo gli occhi molti club europei, a cominciare dai nostri Udinese e Bologna, pronti a investire sul gioiellino serbo. Insomma, possiamo dire che negli ultimi anni il calcio israeliano sta palesando una crescita che va oltre tutti i problemi esterni che la nazione sta vivendo, a dimostrazione del fatto che il calcio può e deve essere un modello di pace e rispetto, un qualcosa in grado di aiutare le persone a superare i problemi e le difficoltà politico-religiose.

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Gabigol sospeso per due anni: “Mai fatto uso di sostanze proibite”

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Gabigol

Nelle ultime ore la notizia che Gabigol sia stato sospeso per frode nei test antidoping ha fatto il giro del mondo. Un’indiscrezione che se fosse confermata avrebbe del clamoroso.

Intanto il calciatore brasiliano classe 1996 di proprietà del Flamengo è stato sospeso dall’attività per ben 2 anni dal Tribunale Sportivo Antidoping. Inflitta una pena che terminerà l’8 aprile del 2025 visto che l’episodio incriminante sarebbe avvenuto circa un anno fa.

Gabriel Barbosa dal canto suo non ci sta. L’ex Inter infatti sul proprio profilo X ha pubblicato un messaggio riguardo quanto accaduto in questi giorni. Ecco cosa ha detto:

LE PAROLE DI GABIGOL – “Vorrei pronunciare e chiarire sulle cose che sono uscite oggi, sul fatto che sarei stato sospeso per una tentata frode all’esame antidoping. Nonostante il rispetto che ho verso la giustizia, ribadisco che mai abbia tentato di ostruire o ingannare qualsiasi tipo di esame e confido di poter dimostrare la mia innocenza nelle prossime istanze. Fin dall’inizio della mia carriera ho sempre rispettato le regole del gioco e non ho mai fatto uso di sostanze proibite. Sono deluso dall’esito del procedimento ma continuerò a collaborare con le autorità sportive. Sono convinto che la mia innocenza sarà provata e ripristinata. Grazie a tutti per il sostegno in questo periodo difficile”.

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Shock Di Maria dall’Argentina: El Fideo e famiglia minacciati di morte

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Angel Di Maria e la sua famiglia sarebbero stati minacciati in questi giorni in cui il calciatore si trova in ritiro con la Seleccion Argentina. Minacce di morte con tanto di messaggio lasciato sulla porta della sua abitazione a Funes, vicino a Rosario.

Secondo quanto riportato dal giornale Infobae, il contenuto del messaggio è il seguente: “Di’ a tuo figlio Ángel di non tornare a Rosario perché altrimenti uccideremo un membro della famiglia. Nemmeno Pullaro (governatore della regione di Santa Fè, ndr) vi salverà. Noi non lanciamo carte ma piombo e persone morte”.

A questa vicenda il Clarìn aggiunge che la minaccia sarebbe stata recapitata intorno alle 2:30 del mattino e nella zona sembra si siano sentiti addirittura quattro spari. Inoltre, il contenuto dell’avviso di intimidazione non è stato confermato dalle autorità competenti per evitare di promuovere i gesti di queste persone.

La minaccia, secondo quanto trapela, potrebbe anche essere un tentativo di impedire a Di Maria di tornare a giocare nel Rosario Central. Squadra in cui il Fideo è cresciuto e con la quale ha esordito da professionista nella stagione 2005.

Un episodio orribile che era già accaduto lo scorso anno anche a Lionel Messi, anch’esso vittima di una minaccia intimidatoria.

 

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Antonello sul tema stadio: “Rozzano il futuro, San Siro fermo agli anni ’80”

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Alessandro Antonelloamministratore delegato dell’Inter, ha parlato del tema stadio ad un evento organizzato dallo studio legale ADVANT Nctm. L’AD durante la tavola rotonda “Impianti ed infrastrutture sportive: attori e processi – L’esperienza delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026”, ha analizzato la situazione dei vari progetti per il nuovo stadio, sottolineando come nel 2019 era stato presentato un piano che si interpellava alla legge sugli stadi. Successivamente l’AD dei nerazzurri ha parlato di San Siro e del fatto che sia fermo agli anni ’80 per le sue emissioni. Infine ha concluso affermando che l’Inter sta lavorando su Rozzano, definendolo come piano effettivo.

LE PAROLE

PROGETTO – Nel 2019 è stato presentato il progetto che si interpellava alla legge sugli stadi ma dopo cinque anni i due club si trovano ad attendere un interesse pubblico dall’amministrazione comunale visto che si sono inserite dialettiche che hanno allungato i tempi, come ad esempio la sovrintendenza”.

SAN SIRO – “C’è anche un obiettivo ambientale. San Siro ora è alimentato da una centrale termica produttrice di CO2. Siamo ben lontani all’essere vicini al pareggio di emissioni richieste e siamo fermi agli anni ’80“.

ROZZANO – “Noi stiamo lavorando su Rozzano che è il piano effettivo su cui ci siamo impegnati e per cui stiamo discutendo con la proprietà Cabassi. Abbiamo una opzione fino a fine aprile e su quello ci concentriamo, lavoreremo anche per una proroga. Rimaniamo in attesa della proposta di WeBuild che arriverà non prima di giugno quindi oggi non ci sono alternative se non continuare a lavorare su Rozzano”

 

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Marotta chiaro sul futuro: “Ecco cosa farò a fine contratto”

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Beppe Marotta, dirigente dell'Inter, Serie A, Champions League, Coppa Italia

Giuseppe Marotta, amministratore delegato dell’Inter, ha parlato del proprio futuro alla Sala Montanari di Varese. L’AD dei nerazzurri ha confermato, come già detto più volte, che l’Inter sarà la sua ultima avventura da dirigente sportivo. Tuttavia oggi ha parlato con più chiarezza di ciò che farà: occuparsi solamente dei giovani. Marotta è ancora legato all’Inter e lo sarà fino al 30 giugno del 2027, quando il suo contratto andrà in scadenza e lascerà il suo impegno.

In particolare, si batterà per rendere lo sport gratuito, dal momento che considera sbagliato far pagare i giovani per fare sport. In questo modo verrebbero coinvolte anche le famiglie meno abbienti, dove si celano i campioni, che magari non emergono perché oscurati da chi può permettersi di allenarsi con grandi squadre fin da bambini.

LE PAROLE

INTER – “Quando terminerà il mio contratto con l’Inter e lascerò il club, mi occuperò solo dei giovani”.

GIOVANI – “Il settore giovanile è il patrimonio più grande di una società, soprattutto dal punto di vista umano. Sono sempre più convinto che far pagare lo sport ai giovani sia sbagliato: dovrebbe essere gratuito, perché così si riuscirebbero a coinvolgere anche le famiglie povere, quelle in cui si nascondono i campioni, come accadeva una volta”.

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Giovani per il futuro

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