Una lunga ascesa, un rapido declino. E’ la storia degli Orange, di una nazionale che fatica a tornare ai gloriosi fasti di un tempo. Dal periodo d’oro fino all’attuale Nations League, l’analisi di pregi, difetti, errori e passi falsi della nazionale dei Tulipani.
INCOSTANZA
Gli inglesi hanno inventato il calcio, gli argentini la passione per questo meraviglioso sport e gli olandesi hanno contribuito a divamparlo e renderlo vivo, nel corso degli anni, attraverso vere e proprie rivoluzioni. Pressing a tutto campo, difesa a zona, creazione degli spazi e movimenti sincronizzati sono solo alcuni concetti introdotti per primi dall’Olanda, che hanno permesso al calcio di rinnovarsi, evitando l’estinzione.

Nozioni tattiche e organizzative che hanno origine nella cosiddetta “Arancia Meccanica” di Rinus Michels e Johan Cruijff, che al mondiale del 1974 portarono l’Olanda in una dimensione fin li sconosciuta: passato il girone davanti a Brasile, Germania Est e Argentina, l’Olanda dovette fermarsi soltanto in finale, perdendo con la Germania Ovest
Gioco e risultati, Tracollo assordante; Nuovamente esiti positivi e ancora un insuccesso sportivo: lo dice la storia dell’Olanda, contraddistinta da una mancanza di continuità che ha da sempre caratterizzato la nazionale dei Tulipani.
Tra le prime quattro d’Europa nel 2000 e nel 2004, con a cavallo la mancata qualificazione ai Mondiali di Corea e Giappone nel 2002. Una prematura uscita nei Mondiali 2006 – agli ottavi di finale contro il Portogallo – fino al secondo posto quattro anni dopo alle spalle della Spagna e al terzo posto nell’edizione successiva. Nel mentre, un goffo europeo, quello del 2012, caratterizzato da tre sconfitte in tre gare. Per rimanere nell’attualità, vanno ricordate le mancate qualificazioni a Euro 2016 e ai Mondiali 2018, che aggravano ancora di più la posizione moderna della nazionale dei Paesi Bassi.
MOTIVI
L’errore di per sé è insignificante se presente una volta sola, non tanto pericoloso se esibito due o tre volte, dannoso, invece, se protratto per più anni. E’ quest’ultimo è il caso in cui ricade l’Olanda. Il calo attuale ha radici lontanissime e, purtroppo, profonde.
Sono piuttosto svariati i motivi. Le principali colpe sembrano ricadere, per questioni in parte extra-campo, sulle spalle della federazione olandese. La KNVB – acronimo di “Koninklijke Nederlandse Voetbal”, in italiano “Reale federazione calcistica dei Paesi Bassi” – è stata accusata di politiche fallimentari e strategie contrastanti che hanno portato la nazionale in questo vortice di insuccessi sportivi. In primis sul banco degli imputati sono salite le valutazioni societarie, con cariche operative ricoperte sempre di più da nomi di facciata – come Gullit, Krol e Van Nistelrooy – che, con competenze minime dal punto di vista economico e organizzativo, hanno nel tempo frenato l’espansione del calcio olandese.

Così come per l’amministrazione societaria, anche per la direzione tecnico-tattica è venuto a mancare il buon senso da parte della federazione. Van Marwjik, Van Gaal, Hiddink, Blind, Grim, Advocaat e tutt’ora Koeman sono i commissari tecnici che si sono susseguiti sulla panchina della nazionale. Tanti se si pensa, troppi se si considera che si sono avvicendati in soli 8 anni. E qui, la discontinuità torna a galla: non c’è niente di male nel cambiare, ma non permettere ai giocatori di assimilare idee e correnti di pensiero dei vari allenatori ha portato la nazionale a una carenza di identità.
Il tutto, alimentato da un problema di ricambio generazionale. Considerando che non nascono ogni anno campioni del calibro di Robben, Van Persie e Sneijder, i nuovi innesti, per lo più giovani promesse e giocatori che nel loro club d’origine non rendono ad alto livello, non riescono a garantire quella stessa qualità degli anni passati che servirebbe per affermarsi ad alto livello. La colpa? Dei vivai che non sfornano talenti così come della carenza di giocatori olandesi nel campionato di casa: sempre più stranieri titolari nelle squadre olandesi portano, di conseguenza, il giocatore olandese a espatriare per trovare minuti e continuità.
E ORA?
“La qualità senza risultati è inutile. I risultati senza qualità sono noiosi” (J. Cruijff)
La tecnica a livello individuale è nella media, l’organizzazione corale non scarseggia, eppure i risultati continuano a non tornare. E alla fine ciò che manca è la cosa più importante, perché il risultato resta il metro di valutazione che separa, nell’analisi finale, un successo da un fallimento.

Rilanciarsi e riaffermarsi nel calcio che conta rimane l’obiettivo principale dell’Olanda, che può, e deve, sfruttare appieno la Nations League. Il destino, intenzionalmente o casualmente, ha fin da subito complicato i piani degli Orange: difatti, nel gruppo 1 della Lega A, l’Olanda è finita nel doversi confrontare con Francia prima e Germania poi.
Per guadagnare il pass a Euro 2020, il C.T Koeman ha deciso di creare un misto tra esperienza e maturità, mescolandole alla freschezza atletica e alla spensieratezza mentale dei giovani: tra i 34 convocati spiccano i nomi di Wesley Sneijder – nella sua ultima partita con la nazionale –, Daley Blind e Memphis Depay. Per quanto riguarda le giovani promesse, invece, saltano subito all’occhio umano i nomi di Justin Kluivert, Luuk de Jong, Matthijs de Light e Quincy Promes, che hanno le caratteristiche giuste per riportare in alto l’onore Orange.

Però, nel torneo che sostituisce le amichevoli, l’Olanda è partita con una sconfitta: 2-1 contro la Francia. Confrontarsi con i campioni del mondo è stato tanto importante per la crescita personale dei giocatori quanto difficile per la differenza tecnico-tattica delle due nazionali. In un 4-3-3 di partenza – spesso modulato in 3-4-3 – a specchio con i francesi, il C.T. Koeman ha optato per un calcio propositivo e coraggioso; La scuola calcistica e la corrente di pensiero rimangono sempre le stesse: l’Olanda non butta mai via il pallone. E’ nella sua indole, lo dice la sua storia.
Le serpentine di Mbappè, i cambi di passo di Griezmann, la centralità, seppur da centravanti, nella manovra francese di Giroud e la fisicità di Pogba hanno marchiato la differenza con l’Olanda, spesso troppo lenta nel giro palla e quindi prevedibile. Se la costruzione della manovra da dietro, oltre ad aprire spazi, rende consapevolezza ai propri giocatori, allo stesso tempo deve essere più fluida e rapida, che consenta di rubare il tempo della giocata all’avversario di turno. E’ principalmente su questo che deve lavorare l’Olanda per tornare nella storia dopo tanto tempo di buio totale.
Per anni non sono tornati i conti e non sono tornati i risultati, e seguendo la legge non scritta del “ciò che semini raccogli“, ora è arrivato il momento, per la Nazionale dei Tulipani, di rifiorire.
